TAR Trieste, sez. I, sentenza 2013-01-02, n. 201300002
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Testo completo
N. 00002/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00083/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 83 del 2012, proposto da:
Societa' Agricola Castello S.S. di Marco Palu e C., rappresentato e difeso dagli avv. M Z, Giuseppe Sbisa', con domicilio eletto presso Giuseppe Sbisa' Avv. in Trieste, via Donota 3;
contro
Regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentato e difeso per legge dall'avv.to G D D, domiciliata in Trieste, piazza Unita' D'Italia 1; Arpa del Friuli Venezia Giulia Dipartimento Provinciale di Pordenone, Provincia di Pordenone, Conferenza dei Servizi; Asl n. 6 - Friuli Occidentale, rappresentato e difeso dall'avv. Vittorina Colo', con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R., Comune di Caneva, rappresentato e difeso dagli avv. Cristina Cittolin, Luca Mazzero, con domicilio eletto presso Paolo Parolin Avv. in Trieste, via Marconi 8;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Comitato Salvaguardia Dietro Castello, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Rebecca, Primo Michielan, Andrea Michielan, Gianni Sadar, con domicilio eletto presso Gianni Sadar Avv. in Trieste, via Filzi 8;
per l'annullamento
-del decreto della Direzione Regionale Ambiente, Energia e Politiche, n. 194, prot. STINQ-PN/AIA/33, dd. 2.2.2012, avente ad oggetto il diniego all'autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l'adeguamento alle disposizioni del decreto legislativo 152/2006, del funzionamento di un impianto di cui al punto 6.6 lettera a) dell'Allegato VIII, alla parte seconda, del decreto legislativo 152/2006 (impianti per l'allevamento intensivo di pollame con più di 40.000 posti pollame);
-del verbale della Conferenza dei Servizi dd. 20.9.2011;
-della nota dd. 14.2.2012, prot. n. 6209 della Direzione del Servizio Reg.le competente;
-per il risarcimento dei danni patiendi a seguito dell'adozione degli atti impugnati;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Friuli-Venezia Giulia e di Asl 106 - Friuli Occidentale e di Comune di Caneva;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2012 il dott. E D S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente, attuale proprietaria del compendio aziendale sito in Caneva e del fondo di oltre mq 30.000, su cui insistono 4 capannoni per mq 7200 di superficie coperta, vi ha installato, già nel 2007, un allevamento avicolo, oltre alla casa di abitazione del custode e pertinenze varie.
Detto compendio è stato acquistato nel 2003, quando era stata variata la destinazione urbanistica di zona da “zona agricola mista E7” a “zona E4 agricolo paesaggistica di ambito collinare” che si prefiggeva l’obiettivo del massimo contenimento della pressione insediativi a carattere residenziale.
La nuova normativa di piano non consentiva l’insediamento di nuovi allevamenti a carattere industriale e consentiva invece, per quelli esistenti, solo opere di manutenzione.
Tale variante è stata impugnata nel 2003 dalla società con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, accolto il 15.6.2009.
Si sono poi succedute negli anni onerose opere di manutenzione, per l’eliminazione dell’amianto e lavori di ammodernamento.
A seguito dell’entrata in vigore dei D. Lgs. 59/2005 e del D. Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente, sostitutivo del precedente) la società ricorrente, in quanto esercita un’attività di allevamento di pollame per oltre 40.000 capi, ha presentato domanda di autorizzazione integrata ambientale in data 29.3.2007, decisa negativamente appena in data 2.2.2012 con l’atto impugnato.
In tesi tale abnorme ritardo si spiegherebbe più per la considerazione delle lamentele dei residenti attorno all’allevamento che per oggettive deficienze nella conduzione dell’attività, che non è stata, del resto, messa in dubbio dalle autorità interessate, che invece hanno ritenuto come ostativi al rilascio della chiesta autorizzazione le immissioni di polveri e odori che si verificano, nel corso dell’anno, al termine di ognuno dei quattro o cinque cicli di allevamento, mentre per il resto non si verificherebbero inconvenienti di sorta.
Inoltre, nel corso della conferenza dei servizi, come risulta dai relativi verbali e dal provvedimento conclusivo, non risultano provate violazioni alle tecniche o alle normative vigenti. Solo da parte dell’ARPA si è illegittimamente sostenuta l’applicabilità di una normativa degli Stati Uniti d’America (E.P.A) in tema di ammoniaca, mentre non esisterebbe sul punto normativa italiana o europea di riferimento.
In ogni caso la Conferenza dei servizi si è conclusa negativamente con verbale 20.9.2011, che non solo è stato anch’esso impugnato, ma ha provocato alcune osservazioni della ricorrente alla Regione, di cui la prima, inoltrata entro il termine previsto dall’art. 10 bis della L. n. 241/90, in data 28.9.2011 e la seconda, in data 19.12.2011, che, prendendo spunto dalla disponibilità manifestata dall’amministrazione comunale di Caneva per una diversa dislocazione dell’allevamento in un sito alternativo, la quale non risulta allo stato possibile per l’indisponibilità di un’area con idonea classificazione urbanistica, proponeva la variazione gestionale del medesimo insediamento avicolo per passare dall’attuale allevamento di polli da carne a quello di pollastra della gallina pesante (uova da cova).
Peraltro il procedimento, dopo l’acquisizione delle ulteriori determinazioni delle amministrazioni interessate in ordine alle controdeduzioni della ricorrente al preavviso di rigetto, presentate in data 13.10.2011, si concludeva con l’impugnato provvedimento del Direttore del servizio per la tutela da inquinamento, con cui anche tale istanza della ricorrente veniva rigettata, con conseguente rovina dell’azienda.
Di conseguenza la ricorrente deduce i seguenti motivi:
1) Difetto di motivazione in ordine alle osservazioni da essa proposte
Fra le numerose osservazioni proposte si dà atto, nel decreto impugnato, di quelle che riguardano il verbale della conferenza dei servizi dd. 20.9.2011, presentate dopo la notifica del preavviso di rigetto, ex art. 10 bis L. n. 241/90 in data 13.10.2011, mentre invece, inspiegabilmente, di quelle proposte successivamente, ma comunque ben prima dell’atto impugnato, rispettivamente in data 10.12.2011, 20.12.2011 a firma del legale rappresentante della società, e 20.12.2011 a firma del consulente, si dà atto solo del ricevimento della prima, riscontrata dal Direttore competente, autore del decreto impugnato per primo, con l’atto impugnato per ultimo, mentre non risultano riscontrate le altre due osservazioni, come ben si sarebbe dovuto e potuto fare, anche con un lieve ritardo della decisione finale, in un procedimento durato così tanti anni.
Non troverebbe invece alcuna giustificazione non aver risposto alle proposte dell’azienda, che apparirebbero connotate da serietà, e che si proponevano di venire incontro alle lamentele degli abitanti delle case circostanti con il mutamento del tipo di allevamento con altro, meno impattante, né sarebbe accettabile il diniego ad un’autorizzazione condizionata – qual è quella temporanea – istituto di larga e generale applicazione, anche se non espressamente previsto nella normativa, in quanto idoneo a coniugare la tipicità dell’atto con la concreta particolare situazione, del tutto idoneo a verificare la possibilità di dislocare altrove l’azienda.
Per quanto riguarda la nota del 13.10.2011 dal decreto impugnato risulta che il Comune di Caneva, l’ARPA e l’ASS n. 6 si siano limitate a richiamare le valutazioni esposte nella Conferenza dei servizi, violando la L. n. 241/90, che obbliga a una espressa considerazione, in sede di contraddittorio procedimentale, delle argomentazioni che risultano dalle osservazioni proposte dagli interessati, e non alla mera ripetizione di quanto già espresso in precedenza, non trattandosi, nel caso di specie, di attività vincolata ma discrezionale.
Inoltre appare impropria e insufficiente la motivazione della Regione a detta osservazione, non potendosi dedurre che la mancata espressa previsione, nelle norme regolatrici della fattispecie, di un’autorizzazione integrata ambientale temporanea, non consenta di adottare misure che consentano di raggiungere lo scopo di risolvere i problemi derivanti dall’emissione di polveri e dall’odore di ammoniaca, scaglionandole nel tempo, in mancanza di soluzioni immediate, diverse dalla chiusura sic et simpliciter dello stabilimento.
2) Violazione di legge e difetto di motivazione
Al momento di presentazione della domanda di rilascio dell’AIA vigeva ancora il D. Lgs n. 59/2005, che è stato abrogato soltanto con l’art. 4 del D. Lgs. 29.6.2010 n. 128 con l’espressa previsione, all’art. 4, 5° comma, che “Le procedure di VAS, VIA ed AIA iniziate precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento”.
La procedura in esame risulta pertanto ancora regolata dal D. Lgs. n. 59/2005 che, all’art. 5, 10° comma, prevede la convocazione di apposita conferenza dei servizi c.d. istruttoria, ai sensi della L. n. 241/90, in cui la Regione acquisisce i pareri delle amministrazioni interessate ma poi, ai sensi del successivo 12° comma, è essa che rilascia o nega la chiesta autorizzazione, determinandosi autonomamente rispetto a quanto emerso in