TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-03-07, n. 202202612

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-03-07, n. 202202612
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202202612
Data del deposito : 7 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/03/2022

N. 02612/2022 REG.PROV.COLL.

N. 12138/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12138 del 2018, proposto da
M C P, rappresentata e difesa dagli avvocati E S C, A F, e C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione esaminatrice del concorso a 300 posti di Notaio, non costituita in giudizio;

nei confronti

A D L, F C, non costituiti in giudizio;

per l'ottemperanza

al giudicato formatosi sulla sentenza n. 957/2018 del TAR Lazio e conseguente dichiarazione di nullità

ovvero per l’annullamento

del provvedimento di cui ai verbali del 3 e 12 Luglio 2018 (conosciuti, a seguito di accesso, in data 31 luglio 2018) della Commissione presso il Ministero della Giustizia per l'esame teorico pratico del concorso per la nomina a 300 posti di notaio indetto con decreto dirigenziale 26 settembre 2014, con il quale la ricorrente, in sede di rinnovazione delle operazioni concorsuali in esecuzione della sentenza n. 957/18 del TAR Lazio, è stata esclusa dal prosieguo della procedura e non è stata ammessa a sostenere le prove orali del concorso notarile suddetto;

delle operazioni e del giudizio risultanti dai predetti verbali del 3 e 12 luglio 2018, con i quali è stata espressa dalla Commissione valutazione negativa della prova "inter vivos" della ricorrente;

delle note, non conosciute, dell'Ufficio II Notariato del Dipartimento degli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia del 31 maggio 2018 e del 12 giugno 2018, menzionate nel verbale del 3 luglio 2018;

nonché, ove occorra,

della delibera della Commissione di cui al verbale del 28 aprile 2015 e del 29 aprile 2015, contenente i criteri di valutazione;

della graduatoria degli ammessi a sostenere la prova orale del concorso medesimo, mai comunicata alla ricorrente;

del provvedimento con cui la ricorrente non è stata ammessa a sostenere la prova orale per la nomina a 300 posti di notaio indetto con decreto del Direttore generale della Giustizia civile del 26 settembre 2014, come risultato dall'elenco alfabetico contenente i risultati delle valutazioni delle prove scritte elaborato dalla Commissione, pubblicato sul sito del Ministero della Giustizia in data 9 giugno 2016.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2021 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe M C P ha agito per l’ottemperanza al giudicato formatosi sulla sentenza n. 957/2018 del TAR Lazio, nonché per l’annullamento del provvedimento di cui ai verbali del 3 e 12 luglio 2018 con cui la Commissione del concorso per la nomina a 300 posti di notaio, indetto con decreto dirigenziale 26 settembre 2014, l’ha esclusa, in sede di rinnovazione delle operazioni concorsuali, dal prosieguo della procedura, non ammettendola a sostenere le prove orali.

La ricorrente ha esposto di aver partecipato al concorso bandito con D.D.G. 26 settembre 2014 a 300 posti di notaio;
la Commissione esaminatrice, con riguardo alla prima prova, relativa alla traccia "inter vivos" (elaborato contenuto nella busta n. 35), aveva ritenuto di non ammetterla al prosieguo della procedura e alle prove orali del concorso, ai sensi dell'art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 166 del 24 aprile 2006, ritenendola “non idonea” già in tale prova;
il giudizio di non idoneità era stato impugnato innanzi al Tar che, con sentenza n. 957/2018, passata in giudicato, aveva accolto il ricorso, ordinando la ricorrezione dei propri elaborati ad opera di Commissione esaminatrice "in diversa composizione".

La ricorrezione, in questa sede impugnata, era stata eseguita in data 12 luglio 2018.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1. Violazione e/o elusione del giudicato (art. 114, co. 4, lett. b, c.p.a., art. 21-septies, l. n. 241/1990 s.m.i.) - Violazione del d.lgs. n. 166/2006, artt. 5 e 10 – Incompetenza relativa della Commissione – Violazione dei principi di precostituzione, di imparzialità e di neutralità dell’organo giudicante (art. 25, comma 1, Cost.) – Violazione dei principi costituzionali di imparzialità, trasparenza e buon andamento – Eccesso di potere per sviamento della funzione tipica esercitata, arbitrarietà e illogicità manifeste – Disparità di trattamento.

La sentenza del TAR n. 957/2018, che aveva annullato la precedente valutazione, aveva stabilito il “conseguente obbligo della commissione giudicatrice in diversa composizione di quella della seduta pomeridiana del 20 maggio 2015 di rivalutare l’elaborato della dr.ssa P, con garanzia dell’anonimato”.

La correzione che era stata oggetto di precedente impugnazione, intervenuta nella seduta del 20 maggio 2015 (verbale n. 23), era stata una correzione "pilota", alla quale avevano partecipato 14 su 24 membri facenti parte della Commissione esaminatrice;
nella ricorrezione del 12 luglio 2018, invero, risultava essere presente la dott.ssa Maria Rosaria B, la quale faceva parte della Commissione che aveva proceduto alla correzione del 20 maggio 2015: ciò contrastava con quanto statuito dal TAR che, espressamente, aveva disposto che la Commissione designata alla ricorrezione avrebbe dovuto operare in diversa composizione e che fosse rispettata la garanzia dell'anonimato.

Inoltre, l'art. 5 del decreto legislativo n. 166/2006 disponeva che la Commissione esaminatrice doveva essere nominata con decreto dal Ministro della Giustizia, mentre nella fattispecie la Commissione per la ricorrezione non era stata oggetto di nuovo decreto.

2. Violazione e/o elusione del giudicato (art. 114, co. 4, lett. b, c.p.a., art. 21-septies, l. n. 241/1990 s.m.i.) - Violazione dell’art.7 della l. n. 241/1990 e dell’art. 9 del d.lgs. n. 166/2006 - Violazione dei principi costituzionali di imparzialità, trasparenza e buon andamento – Eccesso di potere per sviamento della funzione tipica esercitata, arbitrarietà e illogicità manifeste – Disparità di trattamento.

La pronuncia del TAR aveva prescritto la ricorrezione degli elaborati della dott.ssa P, in anonimato, “...contestualmente agli elaborati “inter vivos” di diritto civile di altri cinque candidati, da estrarre a sorte tra quelli giudicati idonei, depurati anch’essi da segni di riconoscimento …”, ma la Commissione non aveva assicurato gli accorgimenti necessari.

3. Violazione e/o elusione del giudicato (art. 114, co. 4, lett. b, c.p.a., art. 21-septies, l. n. 241/1990 s.m.i.) – Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 d.P.R. n. 487/1994 e degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006 – Violazione dei principi costituzionali di imparzialità, trasparenza e buon andamento – Eccesso di potere per sviamento della funzione tipica esercitata, difetto d’istruttoria, arbitrarietà e illogicità manifeste, difetto di motivazione – Disparità di trattamento.

Dal verbale in discussione si evincerebbe la violazione dell'art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 166/2006, che prevede la necessaria adozione, da parte della Commissione giudicatrice (ai fini di una corretta valutazione degli elaborati e "prima di iniziare la correzione..."), dei criteri di correzione che regolano la valutazione degli elaborati.

Infatti, dal verbale in discussione si legge chiaramente come la Commissione d'esame abbia proceduto alla valutazione dei compiti oggetto della fase di ricorrezione senza aver formulato, prima dell'inizio delle correzioni, i criteri guida e nemmeno acquisito quelli stabiliti originariamente.

4. Violazione e/o elusione giudicato (art. 114, co. 4, lett. b, c.p.a., art. 21-septies, l. n. 241/1990 s.m.i.) – Violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 d.lgs. n. 166/2006, nonché dell’art. 19 R.D. n. 1953/1926, in relazione alle garanzie d’anonimato nella ricorrezione e dei principi del necessario “rimescolamento” e di “individualità” dei singoli elaborati da tenere in plichi distinti – Violazione dei principi costituzionali di imparzialità, trasparenza e buon andamento – Eccesso di potere per sviamento della funzione tipica esercitata.

Dal verbale del 3 luglio si apprende quanto segue:

“Gli elaborati dei cinque candidati prescelti ed anche quelli della dott.ssa P, già resi anonimi dell'Ufficio del notariato nei giorni precedenti, sono inseriti in sei buste grandi, al cui interno è inserita anche una busta più piccola contenente un cartoncino, nel quale è riportata solo una lettera dell'alfabeto, ognuna delle quali è abbinata ad uno dei candidati;
solo nel cartoncino interno all'elaborato della dott.ssa P è riportato il nome e cognome. Le buste più piccole verranno aperte solo alla fine dei lavori e solo allora verrà riscontrata anche corrispondenza degli elaborati con il nominativo del candidato ricorrente. Gli altri elaborati corrispondono alle lettere dell'alfabeto da A ad E.

L'Ufficio consegna le 6 buste, rese anonime come sopra, ciascuna contenente gli elaborati dei candidati, nonché le buste piccole contenenti il cartoncino con i dati come sopra specificati.

Si dà atto che le sei buste (corrispondenti ai candidati da ricorreggere) vengono numerate dall'1 al 6, sempre nell'ottica della garanzia di anonimato. A questo punto, la Commissione procede alla ricorrezione aprendo le buste secondo il loro ordine numerico progressivo”.

Tale modo di procedere viola il giudicato sotto il profilo delle prescritte garanzie di anonimato, giacché i tre compiti di ciascun candidato sono stati inseriti in un’unica busta grande senza effettuare il prescritto rimescolamento, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 166/2006 (e del successivo art. 10, comma 8), il quale prescrive che “dopo aver accuratamente rimescolate le buste, su ciascuna di esse viene apposto un numero progressivo”;
la Commissione stessa ha riposto in n. 6 buste grandi tutti e tre i compiti (che avrebbero dovuto essere custoditi in altrettanti pieghi separati e distinti, ai sensi dell’art. 10, comma 8, del medesimo d.lgs.) dei n. 6 candidati da correggere (compresa la dott.ssa P) e non, come aveva prescritto opportunamente il TAR, esclusivamente quello in materia di “inter vivos” di diritto civile.

La presenza nell’unica busta grande dei tre temi (si ribadisce, non chiusi in singoli pieghi, come invece prescrive la legge) aveva determinato la violazione dell’anonimato per la dott.ssa P, la sola candidata (in sede di ricorrezione) per la quale il secondo e il terzo elaborato non erano stati mai corretti e dunque si presentavano privi di alcun segno nella parte finale (spazio destinato all’annotazione del voto), a differenza degli altri cinque candidati, i cui temi risultavano tutti e tre essere stati corretti.

5. Violazione e/o elusione giudicato (art. 114, co. 4, lett. b, c.p.a., art. 21-septies, l. n. 241/1990 s.m.i.) - Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006 (anche con riferimento alla elaborazione dei criteri), come modificato dall'art. 34, comma 50, lett. f), della l. 17 dicembre 2012, n. 221 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179), nonché degli artt. 1 ss. l. n. 241/1990 – Difetto ed erroneità della motivazione - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, tra l'altro, per ingiustizia, difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, perplessità, travisamento dei fatti e sviamento di potere - Eccesso di potere per disparità di trattamento – Violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione.

La Commissione non aveva chiarito i criteri che avrebbe utilizzato ai fini della ricorrezione;
alla candidata la cui busta era segnata, nella rinumerazione, con il numero 5 (la ricorrente dott.ssa P) erano stati mossi dalla Commissione, dopo la correzione del solo primo elaborato relativo alla prova "inter vivos", i rilievi indicati ai punti 1, 3, 4, 7, 8 e 9 del relativo verbale.

I presunti errori e le "gravi insufficienze", rilevate dalla Commissione, non sussistevano, in quanto l'atto redatto presenta tutti i requisiti formali necessari e tutti gli elementi necessari per raggiungere le finalità richieste dalla traccia.

I motivi di bocciatura del verbale oggetto di ricorrezione aventi numero 3, 4, 7 e 9 coincidevano, quasi per intero, con quelli del verbale della prima correzione e, cioè, del verbale in data 20 maggio 2015.

Si è costituito il Ministero della Giustizia resistendo al ricorso.

All’udienza pubblica del 15 dicembre 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo la ricorrente ha lamentato che, a fronte del dictum giudiziale di rivalutazione dell’elaborato in composizione diversa da quella della seduta pomeridiana del 20 maggio 2015, la dottoressa B avrebbe partecipato sia alla commissione “pilota” del 20 maggio 2015, sia alla commissione che ha proceduto alla ricorrezione in data 12 luglio 2018.

La censura non può essere condivisa, come già affermato in analogo precedente da questo Tribunale e dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1718 del 10 marzo 2020.

Come rilevato dal giudice di appello, “nel verbale n. 23 del 20 maggio 2015 è attestata la presenza di 14 componenti della commissione d’esame, tra cui la dottoressa B, ed è indicato che la commissione avrebbe proceduto alla correzione degli elaborati con una composizione di cinque commissari, tra i quali non figura la dottoressa B.

Il detto verbale ha specificato che “gli altri componenti presenti partecipano ai lavori senza diritto di voto e di intervento”.

Ne consegue che l’indicazione della presenza di 14 componenti della commissione d’esame alla riunione del 20 maggio 2015 reca un evidente riferimento alla commissione complessivamente intesa, non certo alla commissione che avrebbe proceduto alla correzione degli elaborati, tra cui non figura la dottoressa B, la quale, peraltro, come gli altri presenti non componenti della commissione che ha proceduto alla correzione degli elaborati, ha partecipato ai lavori “senza diritto di voto e di intervento”.

Pertanto - non avendo la dottoressa B partecipato ai lavori di cui alla riunione del 20 maggio 2015 in qualità di componente della commissione che ha proceduto alla correzione degli elaborati -- la commissione, in data 12 luglio 2018, ha proceduto alla rivalutazione dell’elaborato in composizione diversa da quella originaria e, quindi, nel pieno rispetto del dictum giudiziale”.

Parte ricorrente sostiene, poi, che mancherebbe l’atto di nomina della commissione chiamata alla ricorrezione dei compiti.

Anche questa non può trovare accoglimento, poiché dalla lettura del verbale del 3 luglio 2018 si evince che i nominativi dei commissari, diversi da quelli che avevano provveduto a correggere i compiti della ricorrente, sono stati designati dal Presidente della Commissione valutatrice, nominato in sostituzione del Presidente Proto;
né può ritenersi, al riguardo, che occorresse un nuovo decreto di nomina della Commissione, posto che la stessa era stata ritualmente nominata all’inizio delle operazioni concorsuali e la sentenza del TAR richiedeva esclusivamente che la Commissione rivalutasse i compiti in diversa composizione.

Con il secondo motivo la ricorrente ha lamentato la violazione del principio dell’anonimato, deducendo che la commissione nominata per procedere alla ricorrezione dei suoi compiti avrebbe potuto venire a conoscenza sin dall’inizio della procedura del suo nominativo.

Le doglianze sono smentite dalla lettura del verbale del 3 luglio 2020, depositato in giudizio, da cui si evince che sono stati posti in essere adeguati presidi a garanzia dell’anonimato, conformemente a quanto richiesto dalla sentenza n. 957/2018 e, specificatamente: la predisposizione di cartoncini numerati in numero pari ai candidati, il loro inserimento in una scatola, il rimescolamento dei cartoncini stessi e l’estrazione a sorte di cinque candidati i cui elaborati sono stati corretti unitamente a quelli della ricorrente. I verbali danno anche conto delle specifiche attività poste in essere al fine di anonimizzare tutti gli elaborati da sottoporre a ricorrezione, compresa la fotocopiatura finale per evitare le cancellature, sicché le censure formulate dalla ricorrente si basano su mere congetture, prive di alcun fondamento probatorio.

Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato la violazione dell'art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 166/2006, poiché la Commissione d'esame avrebbe proceduto alla ricorrezione dei compiti senza aver formulato, prima dell'inizio delle correzioni, i criteri guida e nemmeno acquisito quelli stabiliti originariamente.

In merito si osserva che i criteri da seguire per la valutazione degli elaborati non potevano che essere, per ovvie esigenze di par condicio, quelli stabiliti all’inizio della procedura, non potendo certo la Commissione procedere ad una diversa elaborazione dei parametri di giudizio rispetto a quelli utilizzati per gli altri candidati.

Non vi era quindi alcuna necessità di provvedere ad una nuova elaborazione dei criteri, né di richiamare espressamente quelli già predisposti.

Deve essere disatteso anche il quarto motivo, concernente la violazione dell’anonimato derivante dal fatto che il secondo e il terzo elaborato della ricorrente non erano stati corretti e, dunque, si presentavano privi di alcun segno nella parte finale (spazio destinato all’annotazione del voto), mentre quelli degli altri cinque candidati, i cui temi risultavano tutti e tre essere stati corretti, presentavano le annotazioni.

In merito è sufficiente richiamare quanto sopra riportato, con riferimento al verbale del 3 luglio 2018, dal quale risulta anche che le annotazioni sono state eliminate procedendo poi alla fotocopiatura dei compiti al fine di eliminarne le tracce.

Infine, sono prive di fondamento le doglianze sul giudizio di merito espresso dalla commissione.

Come più volte affermato in giurisprudenza, anche della Sezione (Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 172 del 2006;
Tar Lazio, sez. I, 6 settembre 2013, n. 4626).

Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà. Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.

Nel caso di specie, il giudizio espresso dall’organo di valutazione risulta scevro dai menzionati vizi di travisamento dei fatti o palese illogicità.

Deve ribadirsi che il giudizio negativo si fonda, come risulta dalla scheda valutativa allegata al verbale del 12 luglio 2018, sulla presenza di plurimi errori, alcuni anche di carattere “ostativo” alla prosecuzione della correzione, in ragione delle gravi insufficienze riscontrate. Infatti, si rammenta che anche la presenza di una sola grave insufficienza, ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 166/2006, è idonea a determinare la bocciatura del candidato.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura quantificata in dispositivo in favore del Ministero resistente.

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