TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-12-06, n. 202216240
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Pubblicato il 06/12/2022
N. 16240/2022 REG.PROV.COLL.
N. 04091/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4091 del 2018, proposto da
Telecom Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S C, A L, F M B e J N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S C in Roma, via Flaminia 133;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Fastweb s.p.a., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento AGCM n. 27062 del 28 febbraio 2018, notificato il 16 marzo 2018, con il quale l'Autorità:
ha accertato, ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), la scorrettezza della pratica commerciale posta in essere da Telecom e consistente “nell'aver utilizzato, in relazione alle campagne pubblicitarie 'TIM SMART FIBRA', 'TIM SMART FIBRA PLUS', 'TIM SMART FIBRA E MOBILE' e altre offerte similari, claim volti ad enfatizzare l'utilizzo integrale ed esclusivo della fibra ottica e/o il raggiungimento delle massime prestazioni in termini di velocità e affidabilità della connessione omettendo di informare adeguatamente i consumatori circa le caratteristiche della tecnologia di trasmissione utilizzata e le connesse limitazioni nonché le reali potenzialità del servizio in fibra offerto. Inoltre, nelle offerte commerciali della connettività in fibra, non è stata data adeguata visibilità all'opzione aggiuntiva, a pagamento dopo un primo periodo di gratuità, che consente di ottenere la massima velocità pubblicizzata”;
ha inibito a Telecom la continuazione della pratica commerciale in questione;
ha irrogato alla stessa società una sanzione amministrativa pecuniaria di € 4.800.000, da pagare entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, intimandole altresì di comunicare, entro centoventi giorni dalla notifica, le iniziative assunte per ottemperare al divieto di continuazione della pratica;
nonché di ogni ulteriore atto connesso, presupposto o consequenziale, ivi inclusi, l'atto di avvio del procedimento, il parere reso dall'AGCom, nonché il provvedimento di rigetto degli impegni presentati da Telecom.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2022 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe Telecom Italia s.p.a. ha impugnato il provvedimento con cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha accertato la scorrettezza della pratica commerciale consistente nell’aver utilizzato, nelle campagne pubblicitarie, claim volti ad enfatizzare l’utilizzo della fibra ottica e/o il raggiungimento delle massime prestazioni in termini di velocità e affidabilità della connessione, senza informare adeguatamente i consumatori circa le caratteristiche della tecnologia di trasmissione utilizzata e le connesse limitazioni nonché le reali potenzialità del servizio in fibra offerto, e ha irrogato alla stessa società una sanzione amministrativa pecuniaria di € 4.800.000.
La ricorrente ha dedotto che le contestazioni mosse dall'Agcm riguardavano i messaggi diffusi attraverso il sito internet di Telecom, nella parte relativa all'offerta "TIM SMART FIBRA PLUS", le affissioni con cui erano state pubblicizzate le offerte "TIM FIBRA PLUS" e "TIM SMART FIBRA", le comunicazioni c.d. "below the line" (principalmente opuscoli informativi), disponibili nei punti vendita Telecom e gli spot televisivi trasmessi nel periodo compreso tra gennaio e aprile 2017 relativi all'offerta "TIM Smart".
A fronte di tali contestazioni Telecom aveva presentato, in data 24 luglio 2017, una proposta preliminare di impegni, prevedendo il miglioramento ed ampliamento delle informazioni sul sito internet e l'inserimento, nei vari canali di comunicazione, di una nota di rimando alla pagine del sito dove veniva specificata la copertura del territorio con la fibra ottica e gli eventuali fattori tecnici limitanti la velocità, e di altra nota che illustrava in maniera specifica le modalità di funzionamento dell'opzione da scegliere per il raggiungimento della massima velocità reclamizzata (distinguendo il caso in cui la stessa era in promozione e, quindi, gratuita per un determinato periodo, oppure a pagamento).
L'Agcm aveva ritenuto gli impegni "parzialmente idonei a rimuovere i profili di scorrettezza della pratica commerciale oggetto di contestazione", chiedendo a Telecom interventi correttivi ulteriori e, in particolare: di rendere nota al consumatore l'esistenza di limiti e vincoli (geografici e/o tecnologici) tramite una frase di allerta inserita "con adeguata evidenza grafica" nelle campagne pubblicitarie, sul sito internet e in ogni caso in prossimità dei claim relativi alle singole offerte;di evidenziare chiaramente che il servizio alla massima velocità era a pagamento, specificando che esso veniva offerto gratuitamente solo per un arco temporale definito.
Telecom aveva presentato una versione aggiornata della proposta di impegni, elaborando la frase di allerta in ordine alle limitazioni tecniche di velocità e geografiche di copertura, l'informativa sull'opzione aggiuntiva gratuita per il primo anno, e poi a pagamento, e l'alert richiesto dall'Agcm ("L'offerta può essere soggetta a limitazioni tecniche di velocità e geografiche. Verifica prima su www.tim.it/verifica-copertura").
Il 9 ottobre 2017, Open Fiber, autrice della segnalazione da cui era scaturito il procedimento, aveva depositato una propria memoria, con la quale aveva mosso una serie di obiezioni agli impegni proposti, tanto che Telecom li aveva ulteriormente integrati.
Nel corso dell’audizione l’Autorità aveva poi richiesto a Telecom di porre in essere alcuni interventi correttivi ulteriori rispetto a quelli indicati nella terza versione consolidata degli impegni del 18 ottobre 2017, facendo sì che prima dell’attivazione delle offerte fosse possibile accedere in maniera immediata al contenuto degli alert e ai link di approfondimento sulle caratteristiche tecniche e che fossero indicate le prestazioni che il consumatore poteva ottenere utilizzando le differenti tecnologie.
Proprio sulla scorta di tali indicazioni Telecom aveva predisposto la quarta e definitiva versione dei propri impegni, depositata il 14 novembre 2017, che però l’Agcm aveva respinto, ritenendo le proposte non idonee "a rimuovere i profili di possibile scorrettezza contestati nella comunicazione di avvio del procedimento e nella successiva estensione oggettiva".
Acquisito il parere dell’Agcom, l’Autorità aveva quindi emesso il provvedimento impugnato.
A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:
1.Incompetenza - Contrasto tra l'art. 27, comma 1-bis, del Codice del consumo e i principi stabiliti dalla direttiva 2005/29/CE - Illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 1-bis, del Codice del consumo per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost.
La disciplina consumeristica generale (in questo caso, quella dettata dagli artt. 20 e ss. del Codice del consumo, adottato in attuazione della direttiva 2005/29/CE) non potrebbe trovare applicazione in relazione a quei settori che - come quello delle comunicazioni elettroniche - formano oggetto di una normativa speciale, anch'essa di derivazione europea (d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 – Codice delle comunicazioni elettroniche, con cui sono state recepite le direttive nn. 19-21/2002).
Ne conseguirebbe l’incompetenza dell’Agcm a provvedere su eventuali pratiche commerciali scorrette nei "settori regolati".
2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del Codice del consumo - Eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà, difetto dei presupposti, insufficienza ed erroneità dell'istruttoria e della motivazione, nonché per violazione del principio di proporzionalità.
Il provvedimento sarebbe illegittimo per la contraddittorietà della condotta tenuta dall'Autorità nel corso del procedimento sanzionatorio, dapprima impartendo indicazioni da recepire nelle proposte di impegni, e poi rigettando tali proposte, in violazione del legittimo affidamento della ricorrente.
3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del consumo. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell'istruttoria e della motivazione, travisamento dei fatti, nonché per lesione del principio di proporzionalità, sotto ulteriori profili.
Secondo l’Autorità, Telecom avrebbe usato in modo ingannevole il termine omnicomprensivo «fibra», che non consentirebbe al consumatore di "individuare gli elementi che caratterizzano in concreto l'offerta";di contro, la regolamentazione vigente considererebbe le diverse modalità tecniche di connessione mediante fibra ottica (FTTH, FTTC, FTTE, FTTB) come tutte egualmente riconducibili alle reti di nuova generazione, a prescindere dalle modalità tecniche di connessione (assicurando la fibra fino all’abitazione dell’utente o fino alla cabina sulla strada).
Ed infatti, la delibera n. 71/18/CONS pubblicata in data 5 aprile 2018 dall'AGCom aveva affermato che "per le offerte ultrabroadband [si esegue] una valutazione mediata tra le architetture FTTCab e FTTH, assumendone l’equivalenza a livello di offerta retail".
I messaggi utilizzati dalla ricorrente non esprimevano alcuno specifico dato prestazionale, anche in termini di velocità della connessione, né alcuna promessa di raggiungere una determinata velocità, ma erano generici e pienamente rientranti nell’ambito delle promozioni pubblicitarie.
Inoltre, il tachimetro raffigurato nell'affissione non era puntato esclusivamente sulla velocità di navigazione di 300 Mega, poiché all'interno del tachimetro veniva evidenziato in rosso uno spicchio ricompreso tra i valori di 100 e di 300.
Per quanto riguarda la censura della pubblicità affissionale che riproduceva l'U R questa, a differenza dalle altre offerte, era basata esclusivamente sulla soluzione tecnologica FTTH, ovverosia su una soluzione tecnologica di punta in cui, tra l'altro, i cavi in fibra ottica arrivano fin dentro l'abitazione del cliente, di tal che non poteva ipotizzarsi alcuna ingannevolezza del messaggio.
Quanto al sito internet della compagnia, le informazioni rilevanti di interesse del consumatore relative agli eventuali limiti tecnici dell'offerta erano riportate tutte sulla home page dell'offerta, ed anche negli spot televisivi le "informazioni tecniche" erano oggettivamente percepibili sia per grandezza dei caratteri utilizzati che per il tempo della loro permanenza.
Illegittime dovevano ritenersi anche le prescrizioni imposte dall’Agcm, che avrebbero potuto pregiudicare le future comunicazioni pubblicitarie di Telecom.
4. In subordine - Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del Codice del consumo e dell’art. 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, contraddittorietà e insufficienza dell'istruttoria e della motivazione, nonché per violazione del principio di proporzionalità.
Nella quantificazione della sanzione l’Agcm non avrebbe tenuto adeguatamente conto dell’affidamento riposto dalla ricorrente nella possibilità di accettazione degli impegni proposti, del fatto che la regolamentazione della comunicazione pubblicitaria dei servizi in fibra non era stata ancora portata a termine, e delle circostanze attenuanti, tanto che, nonostante i significativi interventi posti in essere dalla ricorrente sulla propria comunicazione commerciale e il riconoscimento dell’esistenza di un'attenuante, la riduzione operata sull'importo base della sanzione, fissato nel massimo edittale, era inferiore al 5%, mentre in altri casi erano state operate per le attenuanti riduzioni pari al 20% dell’importo.
Si sono costituite l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni resistendo al ricorso.
All’udienza pubblica del 26 ottobre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo la ricorrente ha contestato l’incompetenza dell’Autorità a provvedere in un “settore regolato”, quale quello delle comunicazioni elettroniche, oggetto di una normativa speciale, anch'essa di derivazione europea (d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, con cui sono state recepite le direttive nn. 19-21/2002);trattandosi di pratiche commerciali relative alla pubblicizzazione di servizi di comunicazione elettronica, regolamentati dall’art. 71, comma 1-bis d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (c.c.e.), l’Agcm avrebbe invaso la sfera di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, soggetto deputato all’irrogazione delle sanzioni per violazioni della richiamata disposizione, in forza dell’art. 98, comma 16 c.c.e..
Tale censura deve essere disattesa.
In tema di rapporto tra gli interventi delle Autorità di settore rispetto all’ambito dei poteri dell’Agcm, questa Sezione si è già espressa con argomentazioni che devono essere qui recepite (TAR Lazio, Sez. I, 3.2.20, n. 1418;19.9.19, n. 11097).
In tali pronunce si è osservato che la Corte UE, nella sentenza del 13 settembre 2018, in C-54/17 e C-55/17, ha affermato la prevalenza della disciplina di settore solo se sia individuabile un “contrasto” insanabile con quella di cui alla normativa generale (in Italia del Codice del consumo), nel senso che la nozione di “contrasto” denota un rapporto, tra le disposizioni cui si riferisce, che va oltre la mera difformità o la semplice differenza, mostrando una divergenza che non può essere superata mediante una formula inclusiva che permetta la coesistenza di entrambe le realtà, senza che sia necessario snaturarle.
Dunque, secondo la Corte, il contrasto sussiste solo quando disposizioni di stretta derivazione UE, disciplinanti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, impongono ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29, dando vita a una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi;ed infatti “…l’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva «servizio universale» prevede che le disposizioni di tale direttiva relative ai diritti degli utenti finali si applichino fatte salve le norme dell’Unione in materia di tutela dei consumatori e le norme nazionali conformi al diritto dell’Unione. Orbene, dall’espressione «fatte salve le norme [dell’Unione] in materia di tutela dei consumatori» risulta che l’applicabilità della direttiva 2005/29 non è pregiudicata dalle disposizioni della direttiva «servizio universale»” (punto 67).
La Corte di Giustizia ha quindi concluso nel senso che: “…non vi è contrasto tra le disposizioni della direttiva 2005/29 e le norme sancite dalla direttiva «servizio universale» per quanto concerne i diritti degli utenti finali”, con la conseguenza che, in presenza di pratiche commerciali sleali anche nel campo delle comunicazioni elettroniche, la sanzionabilità non è del Regolatore ma dell’autorità competente ai sensi della direttiva 2005/29 cit. e, quindi, del Codice del consumo.
Non essendo ravvisabile nessun contrasto, il rapporto tra le due discipline non è di specialità e le stesse possono dunque trovare applicazione parallela;ne consegue l’infondatezza anche della questione di costituzionalità per contrasto con il diritto comunitario.
Deve rilevarsi, altresì, che l’art. 71, comma 1-bis c.c.e. si limita a demandare all’Agcom la definizione delle «caratteristiche tecniche e le corrispondenti denominazioni delle diverse tipologie di infrastruttura fisica», chiarendo che «ogni comunicazione al pubblico dell’offerta di servizî di comunicazione elettronica che non rispetti le caratteristiche tecniche» costituisce pratica commerciale scorretta, soggetta all’accertamento dell’Agcm in forza dell’art. 27, comma 1-bis cod. cons..
La ricorrente ha poi dedotto che le condotte contestate sono state poste in essere quanto ancora non era stata adottata la delibera Agcom attuativa dell’art. 71 citato (intervenuta solo successivamente all’avvio della pratica commerciale), sicché non avrebbe potuto essere operata la distinzione tra le varie connessioni in fibra, con la conseguenza che i messaggi pubblicitari incentrati sul claim che richiamava la connessione in fibra ottica non potevano ritenersi ingannevoli.
Al riguardo va rilevato che la contestazione in esame non si esaurisce nel mancato rispetto della disciplina settoriale, bensì afferisce ad una pratica ingannevole, ossia concerne una condotta commerciale posta in essere senza la dovuta diligenza professionale ed idonea a falsare la determinazione del consumatore. In altri termini, la violazione della delibera Agcom costituirebbe ex se (presunzione iuris et de iure ) pratica commerciale scorretta mentre, per il periodo antecedente all’adozione della stessa, la condotta del professionista deve essere esaminata caso per caso, verificando se risulta o meno violato il generale precetto fissato dagli artt. 20 ss. cod. cons. (Tar Lazio, sez. I, 1° agosto 2019, n. 10193), che assume autonomo rilievo.
È infondata anche la seconda censura, incentrata sulla contraddittorietà dell’operato dell’Autorità che, dapprima, avrebbe chiesto più volte l’integrazione degli impegni e, poi, avrebbe disatteso le proposte messe a punto dalla ricorrente.
Al riguardo deve rilevarsi che, secondo costante giurisprudenza, l'istituto degli "impegni" - disciplinato dall'art. 27, comma 7, del Codice del Consumo - trova un limite nella gravità e nella manifesta scorrettezza della pratica in accertamento (Consiglio di Stato, 17 dicembre 2018, n. 7107) e si caratterizza per un'ampia discrezionalità dell'Autorità nell'accogliere o respingere tali proposte, sia su tale punto sia sulla effettiva idoneità degli impegni proposti a rimuovere le situazioni che hanno dato causa alle contestazioni, "rientrando la valutazione tecnico - discrezionale degli impegni presentati nella sfera di esercizio dell'ampio potere che compete all'Autorità" (Tar Lazio, Roma, sez. I, 20 febbraio 2020, n. 2245;8 febbraio 2018, n. 1523;11 settembre 2018, n. 9269;9 aprile 2019, n. 4621;16 aprile 2019, n. 4923).
Nella fattispecie, nella determinazione di rigetto l’Autorità ha rappresentato che “ sebbene la Parte abbia proposto modifiche migliorative ai contenuti e alle presentazioni delle offerte promozionali dei servizi di connettività in fibra ottica rispetto a tutti i canali di comunicazione commerciale, gli impegni presentati non sono stati adeguatamente integrati con riferimento alle indicazioni in merito alle differenze, in termini di prestazioni e qualità del servizio fruibile dal consumatore, in funzione del tipo di tecnologia (FTTC e FTTH) disponibile. Si tratta di un profilo di centrale rilevanza poiché solo comprendendo il diverso tipo di prestazioni connesse alla tecnologia sottesa all’uso generico del termine “fibra” il consumatore viene messo in condizione di esercitare una scelta consapevole ”.
Per tale ragione gli impegni proposti non sono stati ritenuti idonei a rimuovere i profili di possibile scorrettezza contestati nella comunicazione di avvio del procedimento e nella successiva estensione oggettiva.
Tali valutazioni, sindacabili in sede giurisdizionale ab estrinseco, non risultano irragionevoli, né viziate da travisamento: come sopra accennato, nelle ipotesi quali quelle in esame, l’Autorità, sulla base dell’ampio potere discrezionale di cui dispone, anche relativamente alla determinazione delle proprie priorità di intervento, è chiamata a valutare l’idoneità delle misure correttive proposte e la sussistenza di un rilevante interesse pubblico all’accertamento dell’eventuale infrazione.
Nella specie la motivazione addotta, incentrata sulla permanenza delle ambiguità informative, risulta espressione di un corretto utilizzo del potere discrezionale (Cons. Stato, 21 marzo 2018, n. 1820;T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 22 marzo 2018, n. 3186).
Né la suddetta discrezionalità viene meno a seguito dell'interlocuzione procedimentale in concreto intervenuta, che non è idonea a creare uno specifico affidamento del professionista in ordine all'accettazione degli impegni (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 22 luglio 2019, n. 9700).
Con il terzo motivo è stata censurata la valutazione dell’Autorità in merito all’ingannevolezza della pratica commerciale posta in essere dalla ricorrente.
Anche tale doglianza è infondata.
L’Agcm ha rilevato, al riguardo, che i messaggi pubblicitari predisposti dalla ricorrente sui vari canali utilizzati (spot, cartellonistica, sito internet), nel loro complesso, inducevano il consumatore a ritenere di poter usufruire, pagando il prezzo pubblicizzato, di una connessione a internet presso il proprio immobile ad alta affidabilità e massima velocità, in quanto sviluppata integralmente in fibra ottica, circostanza che non era sempre sussistente e per la cui verifica doveva darsi luogo a operazioni di controllo non immediatamente accessibili.
I collegamenti in fibra ottica, infatti, presentano diverse possibilità tecniche di realizzazione alle quali corrispondono livelli più elevati delle prestazioni a seconda di quanto vicino all’unità immobiliare del cliente giunga il collegamento in fibra: lo stesso può arrivare “fino all’abitazione” (c.d. FTTH - Fiber to the home), “fino agli armadi” della rete di distribuzione (Fiber to the Cabinet-FTTC) o “fino all’edificio” (Fiber to the Building - FTTB), utilizzando per la trasmissione del segnale in banda larga nel tratto dagli armadi o dall’edificio fino all'abitazione la rete telefonica tradizionale in rame. La soluzione "fino all'abitazione" è intrinsecamente migliore di quella “fino alla cabina”, considerato che quando la tecnologia è FTTC o FTTB il tratto tra la cabina o l’edificio e l’abitazione dell’utente è coperto da una porzione di rete in rame: tanto è più lunga la porzione di rete in rame utilizzata, quanto è più lento e “inaffidabile” il servizio di connessione a internet.
L’Autorità ha quindi contestato l’uso “ onnicomprensivo del termine «fibra» ”, utilizzato genericamente per indicare una rete cablata costituita in tutto o in parte, ma non esclusivamente, da elementi ottici, al fine di sfruttare la potenzialità di attrattiva del messaggio, senza specificare adeguatamente e in modo facilmente comprensibile le diverse modalità tecniche di connessione e la maggiore o minore resa delle stesse.
Se la definizione di “fibra” può ben ricomprendere, genericamente, le diverse tipologie di reti in fibra e miste, il suo utilizzo richiede, infatti, che il consumatore venga posto in condizione di comprendere la reale capacità ed efficienza della rete oggetto del servizio, mentre, nella fattispecie, ciò che viene stigmatizzato nel provvedimento è l’utilizzo di tale termine per attrarre il consumatore senza metterlo nelle condizioni di individuare gli elementi che caratterizzano, in concreto, l’offerta.
In particolare, con riguardo alla cartellonistica relativa alle offerte “TIM SMART FIBRA”, “TIM SMART FIBRA PLUS” e “TIM SMART FIBRA E MOBILE”, nel provvedimento si è rilevato come la relativa grafica (raffigurazione del fascio di cavi in fibra ottica e del tachimetro della velocità di internet con l’indicatore puntato sulla misura di 300 Mega;U R e rete in fibra), unitamente ai claim “ la tua casa viaggia alla massima velocità con la FIBRA di TIM. Scopri tutti i vantaggi della navigazione ultraveloce ” o “