TAR Venezia, sez. II, sentenza 2018-09-25, n. 201800910

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2018-09-25, n. 201800910
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201800910
Data del deposito : 25 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/09/2018

N. 00910/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02053/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2053 del 1999, proposto da
M F, rappresentato e difeso dagli avvocati A T e F Z, con domicilio eletto presso lo studio A T in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati G V, A I, M B e N O, domiciliato ex lege in Venezia, S. Marco, 4091;

per l'annullamento

quanto al ricorso principale:

del provvedimento prot. n. 99/3456 prot. gen. 99/34293 del 15.6.99, del Comune di Venezia, di diniego rilascio concessione in sanatoria;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 6 novembre 2001:

del provvedimento n. 1999/4855/135 del 16.7.2001, comunicazione avvio di procedimento, e del parere formulato dalla Commissione Edilizia Integrata BB. AA. nella seduta del 3.3.2000;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 26 marzo 2002:

del provvedimento prot. n. 1999/4855/135 in data 15.11.2001, a firma del Dirigente Ufficio Edilizia Privata del Comune di Venezia ordinanza di demolizione delle opere eseguite in Favaro, del rapporto dell’ufficio redatto in data 16.4.99, del parere della Commissione Edilizia Integrata BB.AA. espresso nella seduta del 3.2.2000;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2018 la dott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e uditi per le parti i difensori F. Povelato, su delega di Zambelli, per la parte ricorrente e M. Ballarin per il Comune resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente deduce di aver realizzato, nell’area scoperta adiacente al fabbricato principale di sua proprietà, sita nel Comune di Venezia, in località Favaro Veneto, varie opere di arredo, tra cui tre pergolati, facendo precedere l’intervento da istanza di autorizzazione.

Riferisce di aver, successivamente, chiuso con pareti i pergolati, senza munirsi del necessario titolo abilitativo.

Ha, pertanto, presentato istanza di concessione in sanatoria.

Il Comune di Venezia ha rigettato l’istanza con provvedimento n. prot. Gen. 99/34293 del 15/6/1999, sulla scorta delle seguenti motivazioni: “l’intervento eseguito risulta in contrasto con l’art. 39, comma 4, del P.R.G. vigente in quanto i manufatti realizzati costituiscono ampliamento volumetrico del fabbricato residenziale esistente che supera già gli 800 mc max consentiti per i fabbricati esistenti nelle zone agricole”.

Con ricorso, notificato il 2 settembre 1999, il sig. M ha impugnato il provvedimento, formulando cinque motivi di censura.

Con il primo motivo ha dedotto il vizio di eccesso di potere e violazione degli artt. 76 e 94 della L.R. 61/1985. Afferma il ricorrente che i manufatti realizzati avrebbero natura pertinenziale e, pertanto, l’intervento sarebbe stato assentibile mediante autorizzazione, ai sensi dell’art. 76 L. R. 61/1985, che stabilisce, altresì, il rapporto proporzionale tra costruzione principale e pertinenze, indipendentemente dal limite di ampliamento volumetrico consentito.

Con il secondo mezzo, censura il provvedimento per difetto di motivazione, ritenendo insufficiente il richiamo all’art. 39, c. 4 PRG, non avendo l’Amministrazione specificato se intendesse far riferimento alla norma originaria o alle successive modificazioni.

Con il terzo motivo, è dedotta la violazione degli artt. 4 e 6 L.R. n. 24/1985 ed il difetto di motivazione. Afferma il ricorrente che il superamento del limite di edificabilità in zona agricola, pari a 800 mc, non sarebbe stato sufficientemente motivato, perché nel provvedimento non è specificato né l’indice volumetrico del fabbricato esistente, né la misura del superamento di tale indice. Si afferma, peraltro, che l’immobile considerato come parametro di riferimento per il calcolo della cubatura sarebbe costituito da due porzioni abitative distinte e, pertanto, il limite di edificabilità, tenendo conto dei due corpi di fabbrica, sarebbe individuabile in mc 1600.

Inoltre, la natura pertinenziale delle opere, consentirebbe di prescindere da tale limite, dovendosi applicare soltanto quello previsto dall’art. 6 L.R. 24/1985, che individua l’indice di copertura nel 5% dell’area agricola.

Infine, l’Amministrazione avrebbe omesso di esplicitare le ragioni per cui non ha ritenuto applicabile l’art. 5 L.R. 24/1985 in materia di edificabilità nelle aree con preesistenze.

Con il quarto motivo, è ulteriormente dedotto il difetto motivazionale, sotto il profilo della mancata integrale riproduzione nel testo del provvedimento, del parere della Commissione edilizia del 3/6/1999, sulla scorta del quale l’istanza di concessione in sanatoria è stata rigettata. Tale riproduzione avrebbe, inoltre, reso possibile verificare se sull’istanza dovesse esprimersi la Commissione Integrata o la Commissione per la salvaguardia di Venezia.

Infine, con il quinto motivo, si duole della omessa comunicazione, in sede di istruttoria, del nominativo del funzionario responsabile del procedimento, nonché del mancato contraddittorio con la ditta istante.

Con un primo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 30 ottobre 2001, il sig. M ha impugnato anche la comunicazione di avvio del procedimento volto all’adozione dell’ordinanza di demolizione delle opere abusive ritenute non sanabili, notificata il 7/8/2001, formulando quattro motivi di gravame.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 21 marzo 2002, ha impugnato anche l’ordinanza di demolizione dei tre manufatti abusivi, adottata con provvedimento prot. N. 1999/4855/135 del 15 novembre 2001, notificato il 23 gennaio 2002, reiterando i motivi del ricorso originario e del primo ricorso per motivi aggiunti, poiché relativi a vizi propagatisi, per illegittimità derivata, sull’ordinanza di demolizione.

In via autonoma, censurava il provvedimento con ulteriori quattro motivi.

Con il motivo sub A), deduceva la violazione dell’art. 76 L.R. 61 del 1985 e degli artt. 4 e 5 L. R. 24 del 1985.

Le opere avrebbero natura pertinenziale e sarebbero contenute entro i limiti volumetrici previsti dall’art. 76 L.R. 61 del 1985. Trattandosi di “pertinenze urbanistiche” , non sarebbero soggette al regime concessorio, ma a quello autorizzatorio. La loro realizzazione in assenza del titolo, pertanto, non potrebbe essere sanzionata con la demolizione, ma con la sola sanzione pecuniaria.

L’ordinanza, peraltro, sarebbe priva di sufficiente motivazione. Infatti, non spiega le ragioni per le quali non è stato considerato che l’immobile principale è costituito da due residenze e che, pertanto, il volume edificabile massimo sarebbe di 1600 mc. Inoltre, trattandosi di opere pertinenziali, sarebbero applicabili solo i limiti previsti dal PRG, o dall’art. 6 della L. r. N. 24 del 1985 (entro il 5% del fondo rustico).

Con il secondo motivo, contraddistinto dalla lettera B), il ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere per erroneità del presupposto, carenza di istruttoria e violazione degli artt. 7 L. n. 47/1985 e 92 L.R. 61/1985.

Essendo l’abuso costituito dalla realizzazione di pareti su strutture previamente autorizzate, la sanzione non potrebbe essere costituita dall’integrale demolizione dei manufatti, non essendosi verificata alcuna variazione essenziale rispetto al titolo, ai sensi dei quanto previsti dall’art. 92 L.R. 61 del 1985.

Da tanto discenderebbe anche l’impossibilità di acquisire il suolo in caso di inottemperanza all'ordinanza di demolizione.

Con il terzo motivo, contraddistinto dalla lettera C), denunciava la violazione dell’art. 92 L.R. 61 del 1985 ed il difetto di motivazione del provvedimento, poiché non essendo state riportate in esso le prescrizioni del PRG in tema di indici di edificabilità dell’area in questione, ma solo la cubatura dell’edificio principale, non è stato consentito al ricorrente di verificare se residuasse un ulteriore margine di cubatura che consentisse la sanatoria dei manufatti.

Con il quarto motivo, contrassegnato dalla lettera D), è dedotto il vizio di difetto di motivazione e di violazione dell’art. 6 L. n. 171 del 1973.

Il provvedimento non sarebbe sufficientemente motivato non riproducendo il parere della Commissione Edilizia Integrata su cui si fonda. Inoltre, è denunciata l’incompetenza della Commissione Edilizia Integrata ad adottare il suddetto parere, essendo competente, ai sensi dell’art. 6 L. 171/1973 la Commissione per la Salvaguardia di Venezia.

Inoltre si evidenzia come solo in occasione dell’adozione dell’ordinanza di demolizione è stato acquisito il parere della Commissione integrata, mentre nel corso dell’istruttoria sull’istanza di concessione in sanatoria è stato acquisito il parere della Commissione in composizione ordinaria.

Inoltre, l’Amministrazione nulla avrebbe specificato sui motivi aggiunti già formulati dal ricorrente.

Si è costituito il Comune di Venezia, che, successivamente ha depositato una memoria con cui ha confutato nel merito tutti i motivi di censura.

L’istanza cautelare formulata dal ricorrente con il secondo ricorso per motivi aggiunti è stata rigettata per assenza di fumus boni iuris , con ordinanza del 3/4/2002 n. 251/2002, confermata in appello.

All’udienza del 5 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve dichiararsi l’inammissibilità per difetto di interesse del primo ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la comunicazione di avvio del procedimento preordinato all’adozione dell’ordinanza di demolizione, essendo stato impugnato un atto endoprocedimentale privo di autonoma capacità lesiva.

Il ricorso originario ed il secondo ricorso per motivi aggiunti sono, invece, infondati.

Le censure sviluppate nel ricorso originario e nel secondo ricorso per motivi aggiunti in via autonoma, benchè riferite a provvedimenti diversi, sono, almeno in parte, sovrapponibili. Per tale ragione, saranno trattati congiuntamente i motivi che attengono alle medesime censure.

Con il primo motivo del ricorso principale ed il motivo sub A) del secondo ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente ha dedotto il vizio di eccesso di potere e violazione degli artt. 76 e 94 della L.R. 61/1985. Afferma che i manufatti realizzati avrebbero natura pertinenziale e, pertanto, sarebbero stati assentibili mediante semplice autorizzazione, ai sensi di quanto previsto dall’art. 76 L. R. 61/1985. Ne discenderebbe, in linea astratta, l’inapplicabilità della sanzione demolitoria e la conseguente violazione dell’art. 94 L.R. 61/1985.

L’art. 76, sopra richiamato, inoltre, stabilisce il limite entro cui è ammessa la costruzione di pertinenze nelle zone agricole, in misura proporzionale rispetto alla volumetria della costruzione principale, indipendentemente dal limite di ampliamento volumetrico consentito per le nuove costruzioni.

Da tanto discenderebbe, l’illegittimità del provvedimento di diniego di concessione in sanatoria, poiché l’Amministrazione avrebbe dovuto verificare la compatibilità dei manufatti realizzati con i limiti volumetrici previsti dall’art. 76 L. R. 61/1985.

I motivi sono infondati.

Le opere realizzate non presentano i caratteri tipici delle pertinenze urbanistiche, così come individuati dalla costante giurisprudenza.

Infatti: “Il carattere pertinenziale in senso urbanistico va riconosciuto alle opere che, per loro natura, risultino funzionalmente ed esclusivamente inserite al servizio di un manufatto principale, siano prive di autonomo valore di mercato e non valutabili in termini di cubatura (o comunque dotate di volume minimo e trascurabile), in modo da non poter essere utilizzate autonomamente e separatamente dal manufatto cui accedono.” (cfr. T.A.R. Napoli, (Campania), sez. IV, 11/12/2017, n. 5822, cfr. anche, ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2016 n. 19: “gli elementi che caratterizzano le pertinenze sono, da un lato, l'esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l'assetto del territorio;
dall'altro, l'esistenza di un collegamento funzionale tra tali opere e la cosa principale, con la conseguente incapacità per le medesime di essere utilizzate separatamente ed autonomamente. Pertanto un'opera può definirsi accessoria rispetto a un'altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo da non potersi le due cose separare senza che ne derivi l'alterazione dell'essenza e della funzione dell'insieme”
).

Nel caso di specie, risulta dalla documentazione in atti che le opere oggetto dell’istanza di concessione in sanatoria e della successiva ordinanza di demolizione, sono costituite da tre manufatti prefabbricati con strutture portanti e capriate in legno e copertura in coppi, di dimensioni (mt.

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