TAR Brescia, sez. I, sentenza 2015-01-14, n. 201500053

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2015-01-14, n. 201500053
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201500053
Data del deposito : 14 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01079/2009 REG.RIC.

N. 00053/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01079/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1079 del 2009, proposto da:
G M, rappresentato e difeso dagli avv. G C, Vittorio Arena, con domicilio eletto presso Vittorio Arena in Brescia, Via Gramsci, 30;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Brescia, Via S. Caterina, 6;
Direzione Generale del Personale Militare;

per l’annullamento

del provvedimento 7 maggio 2009 prot. n°172 III 9 2009, notificato il 2 luglio 2009, con il quale il Direttore della Direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa ha disposto nei confronti del maresciallo aiutante dell’Arma dei Carabinieri in congedo assoluto G M la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione;

di tutti gli atti antecedenti, consequenziali e comunque connessi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2015 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

G M, odierno ricorrente, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, ha ricevuto con il provvedimento meglio indicato in epigrafe la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione in quanto “all’epoca dei fatti in servizio quale Comandante della Stazione Carabinieri di Tavullia (Pu), attestava falsamente nei memoriali di servizio di avere svolto nelle ore notturne attività di perlustrazione e controllo, mentre in realtà si recava presso un hotel per ragioni private”, con ciò percependo straordinari non dovuti;
il provvedimento prosegue sottolineando come per il fatto fosse intervenuta sanzione penale – come da sentenza T. Pesaro 11 novembre 2004 n°860, confermata da ultimo da Cass. pen. 7 maggio 2008, che lo ha condannato alla pena di mesi nove di reclusione per falso ideologico – e come il fatto stesso avesse intaccato il rapporto fiduciario con l’amministrazione, in quanto contrario ai doveri di moralità e rettitudine del militare (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato;
copia della sentenza di primo grado è nella relazione 11 novembre 2009 della p.a., ove a p. 2 dell’all. 1 è menzione della conferma in Cassazione).

Avverso tale provvedimento, propone in questa sede impugnazione, con ricorso articolato in sette censure, corrispondenti in ordine logico nei seguenti otto motivi:

- con il primo di essi, rubricato come censura settima a p. 17 dell’atto, deduce violazione dell’art. 61 della l. 31 luglio 1954 n°599, in quanto a suo dire le sanzioni disciplinari come quella per cui è processo andrebbero disposte con decreto ministeriale e non del dirigente;

- con il secondo motivo, rubricato come censura prima a p. 5 dell’atto, deduce violazione dell’art. 65 della l. 599/1954, per esser stata l’inchiesta disciplinare disposta non da organi dell’Arma dei Carabinieri, ma da un ufficiale comandante di comando territoriale dell’Esercito, nella specie di Firenze;

- con il terzo motivo, rubricato come censura seconda a p. 7 dell’atto, deduce violazione della l. 2 maggio 1969 n°304, secondo la quale, a suo dire, la rimozione si potrebbe irrogare solo per una condotta di obiettiva eccezionale gravità e risonanza negativa, che nella specie non sarebbe ravvisabile;

- con il quarto motivo, rubricato come censura terza a p. 8 dell’atto, deduce violazione dell’art. 9 della l. 7 febbraio 1990 n°19, per esser stati a suo dire superati i termini massimi di durata del procedimento, previsti a pena di decadenza;

- con il quinto motivo, corrispondente alla prima parte della quarta censura a p. 11 dell’atto, deduce violazione dell’art. 24 Cost. in relazione al D.M. 1955 n°374, per non essere state a suo dire inviate le due diffide previste da tale normativa all’incolpato che non abbia presentato memorie scritte;

- con il sesto motivo, corrispondente alla seconda parte della quarta censura a p. 11 dell’atto, deduce violazione dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 111 ultimo comma t.u. 10 gennaio 1957 n°3, per non esser stato rispettato il termine a comparire avanti la commissione di disciplina;

- con il settimo motivo, corrispondente alla censura quinta a p. 13 dell’atto, deduce violazione dell’art. 73 della l. 599/1954, e in subordine la incostituzionalità della norma per contrasto con l’art. 24 Cost, per esser stato assistito in sede disciplinare da un collega ufficiale, e non , come da lui richiesto, da un avvocato del libero foro;

- con l’ottavo motivo, corrispondente alla censura sesta a p. 14 dell’atto, deduce infine eccesso di potere per irragionevolezza, perché i fatti a lui ascritti, a suo dire, non giustificherebbero la sanzione irrogata.

Resiste l’amministrazione, con memoria formale 9 novembre 2009 e memoria 14 gennaio 2014, in cui chiede che il ricorso sia respinto, e in particolare:

- in ordine al primo motivo, asserisce che in fatto di decreto ministeriale si tratterebbe;

- in ordine al secondo motivo, eccepisce che l’inchiesta sarebbe stata disposta dal comando dell’Esercito competente per il personale in congedo, quale era all’epoca il ricorrente;

- in ordine al terzo motivo, eccepisce che la l. 304/1969 non si applicherebbe al personale dei Carabinieri;

- in ordine al quarto motivo, eccepisce che il termine complessivo di duecentosettanta giorni dalla conoscenza della sentenza previsto dalla norma per completare il procedimento disciplinare sarebbe stato rispettato;

- in ordine al quinto e al sesto motivo, eccepisce che le norme di procedura sarebbero state pure rispettate;

- in ordine al settimo motivo, cita ampia giurisprudenza costituzionale per cui la difesa tecnica da parte di un avvocato nei procedimenti disciplinari non necessariamente è richiesta dalla Costituzione;

- in ordine all’ottavo motivo, evidenzia infine la gravità dei fatti commessi.

La Sezione, all’udienza del giorno 19 febbraio 2014, prendeva atto dell’astensione dei difensori;
alla successiva udienza del giorno 8 gennaio 2015 fissata di conseguenza, tratteneva infine il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.

2. Infondato è il primo motivo, incentrato sulla qualificazione formale del provvedimento, che a dire del ricorrente dovrebbe rivestire la forma di decreto ministeriale. Sul punto, è sufficiente ricordare che le competenze amministrative, come quella per cui è causa, già attribuite al titolare di un dicastero sono state trasferite ai dirigenti ancora con l’art. 3 del d. lgs. 3 febbraio 1993 n°29, che com’è noto ha introdotto un principio di separazione tra le funzioni di indirizzo politico, proprie dell’organo politico, e le funzioni di gestione, proprie invece degli organi burocratici.

3. Infondato risulta anche il secondo motivo, imperniato sulla presunta incompetenza dell’Ufficiale il quale ha emanato il provvedimento impugnato. Come correttamente dedotto dalla difesa erariale, la norma dell’art. 65 comma 2 della l. 599/1954 si applica al solo personale in servizio dell’Arma, là dove, come non contestato in fatto, all’epoca del procedimento disciplinare il ricorrente si trovava in congedo. Per tale categoria di personale, quindi, si applicava la regola generale del comma 1 dello stesso articolo, ovvero la competenza del comandante territoriale dell’Esercito, trattandosi di militare di terra.

4. Infondato è anche il terzo motivo, poiché come risulta già dalla rubrica la l. 304/1969 si applica ai sottufficiali dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e della Finanza, non già a quelli dell’Arma dei Carabinieri;
la tematica dell’adeguatezza della sanzione inflitta è poi oggetto anche del motivo settimo, cui si rinvia.

5. Infondato è ancora il quarto motivo. La norma citata, ovvero l’art. 9 della l. 19/1990, per cui il procedimento disciplinare conseguente a sentenza “ deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni ”. Come chiarito dalla giurisprudenza – a partire da C.d.S. a.p. 14 gennaio 2004 n°1- il termine effettivamente previsto a pena di decadenza, entro il quale l’eventuale provvedimento va emanato, è quello complessivo di duecentosettanta giorni;
in particolare – come chiarito, da ultimo, da C.d.S. sez. IV 19 febbraio 2013 n°1031 e 21 maggio 2013 n°2738- il termine di novanta giorni previsto dalla norma si computa dalla “scadenza virtuale” dei primi centottanta giorni, sì che gli interi duecentosettanta sono sempre disponibili.

6. Nella specie – v. copia della sentenza stessa nella relazione 11 novembre 2009- la p.a. procedente ha acquisito la sentenza il 25 agosto 2008, contestato gli addebiti il 25 novembre 2008, quindi entro i primi centottanta giorni, ed emanato il provvedimento il 7 maggio 2009, entro i duecentosettanta complessivi.

7. In ordine al quinto e sesto motivo, relativi anch’essi a presunta violazioni formali nella procedura, va rilevato in fatto che il rispetto delle formalità di cui alla circolare vigente – allegato alle pp.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi