TAR Milano, sez. IV, sentenza breve 2022-07-06, n. 202201599
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Pubblicato il 06/07/2022
N. 01599/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01016/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1016 del 2022, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
U.T.G. - Prefettura di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, con domicilio legale presso gli Uffici in Milano, Via Freguglia, 1;
per l'annullamento
previa sospensione cautelare dell’efficacia,
del decreto d’inammissibilità inerente la domanda di cittadinanza -OMISSIS-.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Data per letta nella camera di consiglio del giorno 29 giugno 2022 la relazione della dott.ssa Katiuscia Papi, e udito per l’Amministrazione l’Avvocato dello Stato, come specificato nel verbale, anche ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor -OMISSIS-, cittadino dell’-OMISSIS-, titolare di protezione umanitaria sussidiaria, con propria istanza del 20 febbraio 2018 chiedeva che gli venisse concessa la cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lettera ‘f’ L. 91/1992. A supporto della domanda presentava documentazione, comprensiva di atto di notorietà attestante la propria nascita, in sostituzione dell’atto di nascita originale del Paese di provenienza.
Con decreto del 21 marzo 2022 la Prefettura di Milano « Visto l’art. 1 comma 3 del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 362 che ha individuato la documentazione da produrre a corredo della domanda;Riscontrato […] che l’interessato non ha prodotto i certificati di nascita e penale del Paese di origine, debitamente legalizzati e con relative traduzioni in italiano anch’esse legalizzate, il riepilogo della propria domanda debitamente sottoscritto, copia del documento d’identità, marca da bollo […];[…] i titolari di protezione umanitaria non possono avvalersi, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, degli esoneri documentali previsti per i veri e propri rifugiati, rientrando nella generale disciplina prevista dagli articoli 5 e 9 della citata L. 91/1992;Riscontrata pertanto la permanente carenza documentale e la mancata sussistenza dei presupposti per il completamento dell’istruttoria di rito […] » dichiarava inammissibile l’istanza del signor -OMISSIS-.
2. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il signor -OMISSIS- impugnava il suddetto atto dichiarativo dell’inammissibilità, chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia, per i seguenti motivi:
I) « Violazione e mancata applicazione dell’art. 7 L. 241/1990 ed art. 2 DPR 362/1994 », per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento;
II) « Difetto di legittimazione della Prefettura di Milano all’emissione del decreto impugnato », ove si affermava la competenza del Ministero dell’Interno in luogo della Prefettura;
III) « Titolarità della protezione internazionale dell’istante e legittimità dei documenti formati in Italia », col quale si deduceva la parificazione tra le due tipologie di protezione (rifugiato politico e beneficiario della protezione sussidiaria) ai fini dell’esonero dall’obbligo di produrre la documentazione in originale formata nel Paese di provenienza;
IV) « Violazione ed errata interpretazione dell’art. 9 L. 91/1992 ed art. 1 D.P.R. 362/1994 – Divieto di rientro nel Paese d’origine », con riferimento ai rischi per l’incolumità del ricorrente derivanti da un eventuale ritorno in -OMISSIS-.
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, instando per la reiezione del ricorso.
3. All’udienza camerale del 29 giugno 2022, dato avviso alle parti presenti circa la possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa veniva trattenuta in decisione.
4. Si procede con la disamina delle censure articolate nell’atto introduttivo del giudizio.
4.1. Il primo motivo di gravame non è fondato.
L’Amministrazione, che si è pronunciata nell’ambito di un procedimento avviato su istanza del signor -OMISSIS-, non era tenuta ad effettuare la comunicazione di cui all’art. 7 L. 241/1990. La ratio che ispira la disposizione de qua è infatti da ricondurre alla necessità di informare dell’esistenza di un procedimento i soggetti destinatari del provvedimento finale, o comunque incisi da quest’ultimo, che siano ignari della circostanza. Ove invece il procedimento sia iniziato su istanza del destinatario del provvedimento finale (ciò che è accaduto nel caso di specie), la prefata comunicazione non ha rilevanza, e la relativa carenza non può in alcun modo inficiare la validità della condotta della P.A. e degli atti adottati. In tal senso è costante l’orientamento della giurisprudenza amministrativa: « Non sussiste la lamentata violazione degli artt. 7 e 8, della L. n. 241/1990, che impongono la comunicazione dell'avvio del procedimento ai destinatari del provvedimento finale, nonché l'indicazione dell'organo competente e dell'ufficio ove prendere visione degli atti;perché se ratio legis è quella di rendere edotti gli interessati dell'esistenza di un procedimento che li riguarda, è di tutta evidenza che la norma si riferisca ai procedimenti che vengono avviati su iniziativa d'ufficio, ovvero comunque di soggetti diversi dai destinatari del provvedimento finale. Non ha invece alcuna utilità pratica comunicare l'avvio del procedimento ai soggetti che, con la loro istanza, a quel procedimento hanno dato avvio, e dunque sono già a conoscenza del procedimento medesimo, perché in tal caso vengono meno le esigenze di conoscenza e trasparenza sottese alla previsione normativa » (TAR Lazio, Roma, II, 2 gennaio 2015 n. 10;cfr: TAR Sicilia, Palermo, III, 2 dicembre 2013 n. 2334;TAR Emilia-Romagna, Bologna, II, 24 novembre 2014 n. 1123).