TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2022-11-25, n. 202207315
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Pubblicato il 25/11/2022
N. 07315/2022 REG.PROV.COLL.
N. 04926/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4926 del 2020, proposto da
M C, C C, B C, rappresentati e difesi dagli avvocati E O A, G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, A A, B C, A C, G P, B R, E C, A I F, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Maria Cristina Carbone in Napoli, p.zza Municipio, P.zzo San Giacomo;
per l'annullamento
-della ingiunzione di demolizione di manufatti abusivi, emessa dal Comune di Napoli, n. 124/A in data 20.05.2020 e notificata ai ricorrenti in data 05 ottobre 2020;
-della disposizione dirigenziale n. 21/1997, notificata per la prima volta ai ricorrenti, unitamente alla determina sub. 1) e con cui era stata disposta la demolizione di opere realizzate dal padre dei ricorrenti, sig. Cerrone Antonio, “su suolo agricolo di ca 1600 mq” e consistenti in “in aderenza
al proprio appartamento di ca 50 mq, in struttura di legno con annesso wc in blocchi di lapilcemento, uno scavo in trincea di 0,50 cm ove erano state realizzate n. 3 travi rovesce in c.a. aventi spessore di cm 25, da cui fuoriuscivano ferri di attesa”;
3) del verbale di sopralluogo U.O.T.E. del 22.03 2018, citato ma i cui contenuti non sono conosciuti
4) di ogni altro atto connesso presupposto e/o consequenziale comunque lesivo degli interessi della ricorrente
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2022 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono divenuti proprietari, giusti atti testamentari dei genitori, di un terreno agricolo e sovrastanti manufatti sito in Napoli alla via Righi 10. Espongono, quindi, che, con disposizione dirigenziale n. 21/1997, il Comune aveva ingiunto al de cuius, sig. Antonio Cerrone, la demolizione di opere abusive realizzate sul predetto suolo, consistenti in una “struttura di legno con annesso wc in blocchi di lapilcemento, uno scavo in trincea di 0,50 cm ove erano state realizzate n. 3 travi rovesce in c.a. aventi spessore di cm 25, da cui fuoriuscivano ferri di attesa”. Successivamente, con ordinanza n. 124/A, emessa in data 20.05.2020 e notificata in data 05 ottobre 2020, il Comune avvea, invece, ingiunto la demolizione del manufatto realizzato in “sopraelevazione di superficie in pianta di 30 mq. sfruttando il sottostante manufatto di 4X4m oltre uno sottostante”.
I ricorrenti hanno, quindi, impugnato la suindicata ordinanza unitamente all’ingiunzione n. 21/1997, denunciando, in primo luogo, la violazione dei principi in materia di contradittorio e partecipazione procedimentale, anche in considerazione della risalenza delle opere sanzionate, quantomeno di quelle di cui alla contestazione del 1997 peraltro conosciuta soltanto in tempo più recenti. Hanno, poi, rilevato l’illegittimità dei provvedimenti gravati per difetto di motivazione e di istruttoria deducendo che si tratterebbe, nella specie, di opere di modesta rilevanza oggi insistenti in zona agricola, non sottoposta a vincolo ambientale e di cui non era stata indicata la difformità rispetto agli standard volumetrici previsti dal P.R.G. del Comune di Napoli. Emergerebbe, ancora, una evidente discrasia tra il verbale di sopralluogo del 2018, richiamato nel provvedimento gravato, e l’ordinanza di demolizione del 20.05.2020 atteso che, mentre nel primo si parla della sostituzione di una preesistente lamiera di copertura con un’altra, nell’ambito dell’ordinanza, invece, la stessa viene qualificata come nuova edificazione. Si tratterebbe, infine, di opere meramente pertinenziali, non incidenti sul carico urbanistico né comportanti aumento volumetrico o di superfici utili e, come tali, non necessitanti del previo rilascio del permesso di costruire, poste, peraltro, in una zona già fortemente urbanizzata. Da ultimo, i provvedimenti gravati erano stati emessi in violazione dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 che consente al responsabile dell’abuso di ottenere il permesso di costruire in sanatoria.
Si è costituito in giudizio il Comune di Napoli insistendo per il rigetto del ricorso.
Il ricorso è infondato per le considerazioni che seguono.
I ricorrenti impugnano, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza n. 124/A del 20.05.2020, notificata in data 5 ottobre 2020, di demolizione delle opere edili realizzate in via Righi 10, unitamente alla disposizione dirigenziale n. 21/1997, con cui era stata disposta la demolizione di opere realizzate al medesimo indirizzo dal padre, sig. Cerrone Antonio, e di ogni altro atto connesso presupposto e/o consequenziale. Trattasi, in particolare, rispettivamente, della realizzazione su suolo agricolo, “in aderenza al proprio appartamento di ca 50 mq”, di una “struttura di legno con annesso wc in blocchi di lapilcemento, uno scavo in trincea di 0,50 cm ove erano state realizzate n. 3 travi rovesce in c.a. aventi spessore di cm 25, da cui fuoriuscivano ferri di attesa” e della realizzazione in “sopraelevazione di superficie in pianta di 30 mq. sfruttando il sottostante manufatto di 4X4m oltre uno sottostante”. Il tutto come da verbale di sopralluogo del 22.02.2018.
Ciò detto, il Collegio è dell’avviso che le censure proposte in sede di gravame non consentano di provare in alcun modo la legittimità dei manufatti in contestazione e non siano, quindi, in grado di superare i rilievi mossi dall’Ufficio.
In primo luogo, infatti, è noto che, in materia di abusi edilizi, l’ordinanza di demolizione, per la sua natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento Ciò, tanto più che, in relazione ad una simile tipologia provvedimentale, può trovare applicazione l’art. 21 octies della l. n. 241/1990, che statuisce la non annullabilità dell’atto adottato in violazione delle norme sul procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente enucleato (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, 25/05/2020). E’ noto anche che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi costituiscono atti dovuti, in dipendenza dall’accertamento dell’abuso e della sua riconducibilità ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge. Ciò comporta che essi non richiedono una particolare motivazione, essendo sufficiente il semplice riferimento al fatto storico dell’esistenza della costruzione e al dato giuridico del suo carattere abusivo. Deve anche escludersi che l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata. Non si richiede, quindi, una specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico sotteso all’intervento sanzionatorio, dato che quest’ultimo trova la sua giustificazione alla luce dell’interesse alla corretta gestione del territorio, interesse leso dalla trasformazione con abusi del territorio In tal caso, è del tutto congruo che l’ordine di demolizione sia adeguatamente motivato in relazione al comprovato carattere abusivo dell’intervento, senza che si impongano sul punto ulteriori oneri motivazionali, applicabili nel diverso ambito dell’autotutela decisoria” (Cons. St. n. 3352 del 2020).
Stante il carattere permanente dell’illecito edilizio, poi, l’interesse al ripristino dello stato dei luoghi non viene meno per il mero decorso del tempo, che risulta insuscettibile di ingenerare affidamenti nel soggetto trasgressore (cfr., ex multis, Cons. Stato, ad. plen., n. 9/2017;sez. IV, n. 3955/2010;sez. V, n. 79/2011;sez. IV, n. 2592/2012;sez. V, n. 2696/2014;sez. VI, n. 3210/2017;TAR Campania, sez. VI, n. 17306/2010;sez. VII, n. 22291/2010;sez. VIII, n. 4/2011;n. 1945/2011;sez. III, n. 4624/2016;n. 5973/2016;sez. VI, n. 2368/2017;sez. VIII, n. 2870/2017).
Nella specie, infine, il Collegio rileva anche come i provvedimenti impugnati rechino la compiuta descrizione delle opere abusive sanzionate unitamente al richiamo agli accertamenti effettuati dai competenti agenti della Polizia Municipale nel corso dei sopralluoghi eseguiti (v. verbale di sopralluogo del 22.02.2018).
Non si ravvisa, quindi, quanto alla indicazione delle opere abusive, alcuna contraddizione tra l’ordinanza di demolizione del 20.05.2020 ed il verbale di sopralluogo ivi richiamato atteso che il Comune ha inteso, per l’appunto, sanzionare la realizzazione, sine titulo, del manufatto destinato a civile abitazione in sopraelevazione al precedente manufatto abusivo già contestato al sig. Cerrone Antonio, manufatto che, per le dimensioni e caratteristiche sopra descritte, comportanti la sua indubbia rilevanza ai fini urbanistici ed edilizi, non poteva che necessitare del previo rilascio del titolo edilizio e, pertanto, essere soggetto alla gravata sanzione demolitoria.
Deve, altresì, aggiungersi, come sopra già rilevato, che a nulla potrebbe rilevare, a sostegno della legittimità dei manufatti abusivi, lo stato di diffusa edificazione del territorio circostante;parte ricorrente, del resto, non ha dedotto né provato alcunchè con riferimento alla presunta natura pertinenziale delle opere in esame.
Del tutto infondata, infine, si appalesa la doglianza concernente la presunta violazione dell'art. 36 DPR 380/2001 secondo l'ordine di demolizione sarebbe intervenuto in pendenza dei termini per chiedere la sanatoria volta all' accertamento di conformità urbanistica delle opere abusive, atteso che la facoltà concessa dal legislatore di presentare la suindicata istanza di sanatoria non consente di ritenere di per sé illegittima l’ordinanza di demolizione, anche in considerazione del fatto che, nella specie, tale istanza di sanatoria non risulta proposta.
Per quanto sin qui esposto, il provvedimento impugnato risulta immune dalle censure dedotte oltre che sorretto da adeguata motivazione ed istruttoria. Il ricorso va, quindi, respinto siccome infondato.
Le spese di lite seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.