TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-10-25, n. 201810330

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-10-25, n. 201810330
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201810330
Data del deposito : 25 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/10/2018

N. 10330/2018 REG.PROV.COLL.

N. 06023/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6023 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Viagogo AG, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati C M, E S, M M, E M e M V L R, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, corso Vittorio Emanuele II 284;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo :

del provvedimento n. 0033840 reso all'esito dell'Adunanza del 5 aprile 2017, notificato a mezzo PEC in data 13 aprile 2017, adottato dall'AGCM a conclusione del procedimento n. PS/10610 e con cui è stato deliberato inter alia che “la pratica commerciale […] posta in essere da Viagogo AG costituisce […] una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lettera b), e 22 del Codice del Consumo, e ne vieta la diffusione o continuazione” e, per l'effetto, ha irrogato a Viagogo AG una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad € 300.000,00 da pagarsi entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento;
e le ha intimato di interrompere la pratica contestata, concedendo termine di 60 giorni per depositare una relazione sulle attività svolte per ottemperare;

di ogni altro atto, presupposto o susseguente, comunque connesso, ivi inclusi la deliberazione di avvio del procedimento del 18 ottobre 2016, nonché la nota del 27 gennaio 2017, ricevuta in data 2 febbraio 2017, recante la “Comunicazione delle risultanze istruttorie e del termine di chiusura della fase di acquisizione degli elementi probatori”.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 10\5\2018:

- del provvedimento n. 27076 reso all'esito dell'Adunanza del 7 marzo 2018, con il quale l'AGCM ha irrogato alla ricorrente una sanzione pari ad € 1.000.000,00 per non avere quest'ultima ottemperato al provvedimento n. 26535 del 5 aprile 2017, impugnato con il ricorso introduttivo;

- di ogni altro atto, presupposto o susseguente, comunque connesso, ivi inclusa la delibera di avvio del procedimento del 18 ottobre 2017;

- e in particolare del provvedimento n. 26535 del 5 aprile 2017.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2018 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il provvedimento impugnato concerne il comportamento posto in essere dalla società Viagogo AG (in avanti, “Viagogo”), consistente nella diffusione, nell’ambito del servizio di compravendita on line di biglietti per eventi attraverso il sito internet della società, di contenuti pubblicitari ritenuti ingannevoli o comunque omissivi, riferiti al contenuto dell’obbligazione assunta nei confronti del consumatore e a talune condizioni e caratteristiche dell’acquisto, nonché alla presenza di claim di scarsità.

2. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (in seguito, anche “l’Autorità” o “Agcm”) comunicava in data 18 ottobre 2016 a Viagogo l’avvio del procedimento istruttorio n. PS10610, diretto a verificare, in rapporto alla pratica commerciale sopra descritta, la possibile violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo.

Veniva, in particolare, ipotizzata la diffusione di contenuti pubblicitari ingannevoli o comunque omissivi in relazione alla natura del professionista, le caratteristiche principali del servizio offerto, il relativo prezzo finale e la scarsità del bene.

3. Poiché la pratica commerciale oggetto del presente provvedimento era stata diffusa tramite mezzi di telecomunicazione, veniva richiesto il parere all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (in seguito, “Agcom”), ai sensi dell’articolo 27, comma 6, del Codice del Consumo;
l’Agcom riteneva, con il proprio parere, il mezzo internet uno strumento idoneo a influenzare significativamente la realizzazione della pratica commerciale oggetto del procedimento.

4. In considerazione delle risultanze istruttorie e preso atto del parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcm, con il provvedimento impugnato, deliberava che la condotta posta in essere da Viagogo costituiva una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lettera b), e 22 del Codice. Vietava pertanto l’ulteriore diffusione della pratica e irrogava alla società una sanzione di 300.000 euro.

5. Viagogo ha impugnato il provvedimento sanzionatorio, chiedendone l’annullamento, lamentando nel primo motivo di impugnazione l’omessa comunicazione di avvio del procedimento istruttorio, a causa della erronea indicazione dell’indirizzo della sede legale dell’azienda.

Si duole, nel secondo motivo, che i rilievi contenuti nel provvedimento di apertura dell’istruttoria sarebbero parzialmente diversi da quelli che l’Autorità ha mosso nel provvedimento di chiusura del procedimento.

Sostiene, poi, al terzo e quinto motivo, l’insussistenza della scorrettezza delle pratiche oggetto dell’istruttoria, anche sotto il profilo dei requisiti oggettivi richiesti dalle previsioni normative, e la mancata verifica della loro idoneità in concreto a raggiungere l’obiettivo di sviare la scelta dei consumatori.

Nel quarto motivo, afferma che è stata erroneamente attribuita alla società ricorrente, nella sua qualità di hosting provider , una responsabilità che non gli competerebbe a norma di legge e di condizioni contrattuali.

Infine, al sesto motivo la ricorrente formula censure relative alla quantificazione della sanzione irrogata, che sarebbe sproporzionata in rapporto a quanto Agcm ha applicato ad altri operatori per fattispecie analoghe e che non terrebbe conto del comportamento collaborativo della società e della assenza di lamentele dei consumatori.

In subordine all’accoglimento delle predette doglianze, Viagogo chiede sia rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale, in relazione alla direttiva 2000/31/CE, e in particolare agli articoli 14 e 15, alla direttiva 2005/29 e all’articolo 56 del TFUE, della compatibilità di una normativa nazionale che imponga a un fornitore di servizi nell’ e-commerce , e in particolare ad un hosting provider di offerte economiche nella vendita sul mercato secondario di biglietti per eventi, di controllare il contenuto delle offerte economiche rese pubbliche a mezzo del sito esercitato dallo stesso provider con riferimento al prezzo di vendita del bene nel mercato secondario, imponendogli l’indicazione di determinati contenuti nell’offerta;
nonché se dette norme comunitarie ostino a una normativa nazionale che escluda l’utilizzo di parole chiave quali “sito ufficiale” come strumento di individuazione del proprio sito mediante il ricorso ad “ AdWords ”.

6. Con successivi motivi aggiunti, Viagogo ha impugnato, chiedendone l’annullamento per invalidità derivata, il provvedimento con cui l’Autorità le ha irrogato una sanzione pari a € 1.000.000,00, per non avere ottemperato all’atto gravato con il ricorso introduttivo.

7. La domanda cautelare presentata unitamente ai motivi aggiunti, respinta con l’ordinanza di questa sezione n. 3397/2018 per l’assenza del presupposto dell’estrema gravità e urgenza richiesta dall’art. 119, comma 4, c.p.a., è stata accolta dal Consiglio di Stato (cfr. l’ord. n. 3643/2018), al fine di mantenere la res adhuc integra nelle more della definizione del giudizio.

8. Si è costituita in giudizio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato per resistere al ricorso e ai successivi motivi aggiunti, chiedendone il rigetto siccome infondati nel merito.

9. Alla pubblica udienza del 3 ottobre 2018, uditi per le parti i difensori presenti e su loro conforme richiesta, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. La controversia ha ad oggetto la pratica commerciale posta in essere da Viagogo e consistente nella diffusione, nell’ambito del mercato secondario della compravendita on line di biglietti per eventi ove la ricorrente opera, di un messaggio pubblicitario ritenuto ingannevole, in relazione all’omessa o non completa indicazione di alcune informazioni relative alla natura del professionista, alle caratteristiche essenziali del servizio pubblicizzato (quali valore facciale e collocazione del posto), al prezzo del biglietto e alla scarsità del bene offerto.

2. Vanno, in primo luogo, disattese le censure di carattere procedimentale sollevate tramite i due primi motivi di impugnazione del ricorso introduttivo.

Dalla documentazione versata in atti, si evince in maniera inequivocabile che la comunicazione di avvio del procedimento è stata trasmessa il 16 ottobre 2016 all’indirizzo della società ricorrente, che è stato correttamente riportato, ed è stata da questa ricevuta il successivo 25 ottobre.

Quanto alla discrasia delle contestazioni presenti nella comunicazione di avvio rispetto a quelle presenti nel provvedimento sanzionatorio, che il professionista contesta con particolare riguardo alla asserita mancata indicazione del prezzo “facciale” dei biglietti paventata nella comunicazione di avvio, poi sanzionata sotto il profilo della incompletezza delle indicazioni fornite, giova rammentare che, per costante orientamento giurisprudenziale, “ la comunicazione di avvio della procedura è idonea se mette in grado il destinatario di apprestare difese pertinenti informandolo dei comportamenti contestati e sul quadro normativo di riferimento;
ciò comporta la migliore precisazione fin dall'inizio delle norme che si ipotizzano violate, essendo però anche sufficiente una specificazione dei fatti e del contesto normativo tale da consentire al professionista (che si suppone edotto del quadro giuridico in cui opera) di rendersi conto della violazione di norme ulteriori in quanto fondatamente ipotizzabile sulla scorta di quanto contestato;
essendo peraltro possibile che soltanto all'esito dell'istruttoria complessa dei procedimenti di cui si tratta risultino puntualizzate definitivamente tutte le norme in effetti violate…
” (così, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 14 giugno 2017, n. 2918).

Dalla lettura della comunicazione di avvio, risulta che la modalità di presentazione del valore facciale avrebbe costituito un preciso elemento di approfondimento istruttorio (il professionista, infatti, è stato chiamato a “ specificare le modalità di presentazione del valore facciale ”), sicché anche su questo elemento la parte ricorrente è stata messa nelle condizioni di comprendere il senso delle contestazioni formulate e rappresentare la propria posizione difensiva in maniera esaustiva.

Infine, quanto alla supposta violazione degli obblighi di coordinamento e consultazione con le Autorità UE e extra-UE previsti dal Regolamento 2006/2004 e sull’obbligo di notificazione preventiva alla Commissione delle misure restrittive contro gli operatori della società dell’informazione di cui all’art. 3 Decreto legislativo n. 70/2003 (di attuazione della Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico), fermo restando che la parte ricorrente non ha chiarito in che modo tali violazioni avrebbero negativamente interferito con il proprio diritto di difesa nell’ambito della procedura avviata dall’Agcm, occorre rammentare che l’Autorità non era tenuta ad adempiere a quanto prescritto dalle disposizioni sopra richiamate, che trovano espressa applicazione nei confronti dei prestatori di servizi stabiliti nel territorio dell’Unione Europea, mentre la società ricorrente ha la propria sede legale in Svizzera.

Il contraddittorio procedimentale non è, quindi, stato in alcun modo compresso e Viagogo ha avuto modo di esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa nell’ambito dell’istruttoria svolta dall’Autorità.

3. Passando alle doglianze riguardanti il merito delle contestazioni svolte dall’Autorità, queste si incentrano sulla non decettività e completezza delle informazioni veicolate da Viagogo sul proprio sito internet e sulla inapplicabilità delle disposizioni del Codice del Consumo nei propri confronti, in ragione della sua natura di hosting provider, come tale non tenuto a porre in essere la sorveglianza e il controllo preventivo sistematico delle informazioni che i terzi venditori caricano sul sito.

4. Scrutinando per prime, per ragioni di ordine logico, le censure relative alla assenza di responsabilità di Viagogo in ragione del suo concreto operare nel mercato secondario della vendita di biglietti, se ne osserva l’infondatezza, alla luce di quanto già condivisibilmente affermato nella sentenza di questa Sezione n. 464 del 15 gennaio 2018. In tale pronuncia si è preliminarmente osservato che, al fine di verificare se la posizione della società ricorrente nel mercato secondario sia o meno assimilabile a quella di una mera piattaforma ospitante, con conseguente operatività della clausola di esenzione da responsabilità dell’ hosting provider per le informazioni fornite ad un destinatario del servizio prevista dalla Direttiva 2000/31/CE, “ risulta decisivo verificare se l'intermediario online interessato possa essere qualificato come professionista e se, in tale veste, abbia o meno posto in essere una pratica commerciale direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori ”. La decisione ha richiamato, sul punto, la giurisprudenza europea (Corte di Giustizia, cause riunite C-236/08, C-237/08, C-238/08, Louis Vuitton, par. 113), in base alla quale “ Dal quarantaduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31 risulta, a tal proposito, che le deroghe alla responsabilità previste da tale direttiva riguardano esclusivamente i casi in cui l’attività di prestatore di servizi della società dell’informazione sia di ordine «meramente tecnico, automatico e passivo», con la conseguenza che detto prestatore «non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate» ”.

Declinando le suesposte considerazioni alla presente fattispecie, non può condividersi l’impostazione seguita da Viagogo volta a qualificare la sua posizione nel mercato secondario quale quella di “soggetto neutro”, il cui compito è circoscritto a fare incontrare domanda e offerta attraverso l’utilizzo della propria piattaforma elettronica. Infatti, come sottolineato nel provvedimento impugnato (cfr. par. 30) “ l’articolazione della condotta contestata è direttamente riconducibile all’attività della Piattaforma e le modalità di remunerazione in favore del professionista costituiscono espressione di un ruolo attivo e consapevole nella realizzazione della pratica medesima ”. In sostanza, il ruolo di Viagogo non è meramente passivo ma comporta un intervento diretto, per il tramite della piattaforma, nel rapporto tra i venditori e la clientela finale, che si sostanzia tra l’altro nel trattamento dei dati forniti dai consumatori e nella remunerazione per il servizio prestato nella sua qualità di intermediario.

5. Chiarita la natura di professionista della società ricorrente e l’applicabilità delle previsioni del Codice del consumo alla presente fattispecie, si rileva l’infondatezza delle ulteriori doglianze relative alla pratica commerciale contestata, che l’Autorità ha ritenuto scorretta in ragione della presenza di una serie di informazioni ritenute non esaustive o carenti, a fronte dell’esigenza di tutelare la possibilità per il consumatore di formare un giudizio consapevole sulla natura del servizio prestato dal professionista e sulle caratteristiche del bene oggetto di acquisto.

6. In primo luogo, vengono in considerazione i rilievi sollevati dall’Autorità in relazione alle informazioni ingannevoli circa la natura del professionista. In proposito, è opportuno premettere che l’Agcm non ha inteso sanzionare Viagogo in ragione dell’uso di “segni distintivi su AdWords tramite l’acquisizione di parole chiave”, come paventato nel gravame introduttivo, bensì in ragione della circostanza che, attraverso l’uso di Adwords, Viagogo ha fatto in modo che, dall'esito dell'interrogazione sul motore di ricerca “google”, la propria attività venisse pubblicizzata con la dicitura “Sito Ufficiale”.

Tale dicitura è stata ritenuta fuorviante e in grado di ingenerare confusione circa la natura dei servizi offerti da Viagogo, e in particolare che non si tratta della vendita diretta operata dal rivenditore ufficiale sul mercato primario, bensì di una piattaforma di biglietti offerti da terzi. L’Autorità ha, inoltre, valutato come lacunose le informazioni relative all’indicazione del prezzo complessivo del biglietto e alla cosiddetta “ seat location ”. L’incompletezza informativa in questione è stata correttamente ascritta alla società ricorrente, che non ha previsto nel proprio sito la predisposizione di un campo a compilazione obbligatoria in cui il venditore inserisca i relativi dati. Inoltre, la presenza di un claim quale “ meno del X% dei biglietti rimasti per questo evento ”, unito alla dicitura “sito ufficiale”, è stato ritenuto idoneo a ingannare il consumatore medio circa una scarsità nella disponibilità dei biglietti superiore a quella realmente esistente sul mercato.

Osserva il Collegio che le valutazioni espresse dall’Autorità in ordine alla scorrettezza della pratica in esame sono scevre dai vizi censurati, in presenza di una condotta caratterizzata da incompletezza informativa relativa ad elementi, quali la natura del servizio prestato, il prezzo, le caratteristiche principali del bene offerto e la sua effettiva disponibilità, necessarie per assumere una decisione economica consapevole sulla convenienza dell’offerta e non pregiudicare la libertà di autodeterminazione del consumatore stesso, che costituisce obiettivo primario del Codice del Consumo.

Non colgono nel segno, in proposito, le difese del professionista laddove afferma che le informazioni in questione erano comunque reperibili, ad esempio cliccando su specifiche sezioni del sito, quali “chi siamo” e “FAQ”.

Come noto, in materia di pubblicità ingannevole, la giurisprudenza di questo Tar ha sempre evidenziato che rileva il messaggio che “prende l’attenzione” al primo contatto, che i relativi “claims” pubblicitari devono sempre essere connotati da tutti gli elementi essenziali per un corretto e obiettivo discernimento (Tar Lazio, Sez. I, 12.6.15, n. 8253) e che la decettività del messaggio promozionale può anche riguardare singoli aspetti dello stesso e le specifiche modalità di presentazione del prodotto al fine di “agganciare” (l’attenzione de) il consumatore al primo contatto, senza che possa rilevare in senso contrario la circostanza per la quale, in altri momenti, lo stesso consumatore potesse approfondire la modalità di fruizione del prodotto stesso e le sue effettive qualità in relazione a quanto enfatizzato al primo contatto con evidenza grafica primaria (Tar Lazio, Sez. I, 21.1.15, n. 994 e 16.11.15, n. 12979).

E’ nota e consolidata, poi, l’ulteriore giurisprudenza amministrativa sul punto, anche della Sezione, ove è rimarcato che è riconducibile al “claim” principale il pericolo o l’effetto di “aggancio” del consumatore, il quale, allettato dall’offerta in esso contenuta, massimamente visibile, corre il rischio di omettere l’integrale lettura delle parti meno evidenziate del messaggio pubblicitario recanti la integrale e completa descrizione del prodotto e dei suoi effetti di assunzione. Che, stante tali modalità, vengono così rese disponibili e forse apprese in un momento successivo a quello in cui il consumatore deve, secondo il paradigma individuato dagli articoli del Codice del consumo posti massimamente a tutela della libertà di scelta del medesimo, disporre contestualmente di tutte le informazioni utili ad assumere la decisione di natura commerciale. E ciò anche perché, come molte volte chiarito da consolidata giurisprudenza amministrativa, “…una volta determinato il c.d. aggancio pubblicitario del consumatore, il solo fatto che questi sia indotto a consultare il sito per ottenere ulteriori informazioni aumenta le possibilità che egli possa poi effettivamente decidere di fruire delle prestazioni del professionista (per cui l'intento promozionale, una volta che egli consulta il sito, può dirsi raggiunto: analogamente a quando la tecnica di “aggancio” muova dalla pubblicità, televisiva, radiofonica o su quotidiani, e induca il consumatore a consultare il sito internet o a recarsi personalmente ad accertare la reale portata dell’offerta o addirittura direttamente l’acquisto” (TAR Lazio, Sez. I, 30.1.14, n. 1171;
Cons. Stato, Sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6204).

Quanto alla asserita inadeguatezza delle lacune informative a trarre in inganno il consumatore medio, che sarebbe dimostrata, secondo la ricorrente, dalla mancanza di lamentele da parte dei consumatori, si rammenta che, nell’assetto di interessi disciplinato dal decreto legislativo n. 206/2005, le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di “ pericolo”, essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all'Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 4 febbraio 2013, n. 1177).

Nel caso di specie, l’Autorità ha adeguatamente motivato circa la potenzialità decettiva della condotta del professionista, che, incidendo su elementi fondamentali del servizio prestato, non consentiva la formazione di una scelta consapevole da parte del consumatore sulla natura e sulla reale convenienza del bene offerto.

7. In ordine alla richiesta di parte ricorrente di sollevare talune questioni pregiudiziali alla Cgue, il Collegio ne osserva l’infondatezza, trattandosi di questioni non rilevanti ai fini della risoluzione della presente controversia. Da un lato, infatti, tali quesiti si fondano su una errata ricostruzione del ruolo effettivamente svolto dalla società nel mercato secondario della vendita di biglietti per eventi, che non assume la veste di mero hosting provider e che, pertanto, non beneficia della clausola di esenzione da responsabilità presente nelle norme comunitarie richiamate da Viagogo. In secondo luogo, la richiesta di rinvio presuppone la sussistenza di un obbligo in capo al soggetto che opera sul mercato secondario di controllare tutte le informazioni memorizzate sul proprio sito, mentre l’Autorità, lungi dall’imporre una simile condotta all’operatore, si è limitata a chiedere l’introduzione di talune modifiche nella modalità di funzionamento della piattaforma, in modo da presentare in maniera chiara fin dall’inizio il prezzo e prevedere l’inserimento di alcuni campi obbligatori riguardanti le caratteristiche dei biglietti.

Parimenti irrilevante è il quesito, dalla parte ricorrente correlato alla direttiva 2000/31/CE e l’articolo 56 del TFUE, relativo all’utilizzo della parola chiave “sito ufficiale” tramite Adwords, trattandosi di una questione che afferisce alla possibile portata ingannevole della dicitura in questione, e quindi sulla tutela dei diritti del consumatore, e non sulla prestazione di servizi nel mercato elettronico.

8. Infine, sono infondate le censure, di cui al sesto mezzo del ricorso introduttivo, relative alla quantificazione della sanzione.

Deve osservarsi come nella determinazione della sanzione l’Autorità si è attenuta ai parametri di riferimento individuati dall’art. 11 della legge n. 689/81, in virtù del richiamo previsto all'articolo 27, comma 13, del d.lgs. n. 206/05: nello specifico, quelli della gravità della violazione, dell'opera svolta dall'impresa per eliminare o attenuare l'infrazione, della personalità dell'agente, nonché delle condizioni economiche dell'impresa stessa.

Quanto alla gravità della violazione, l’Autorità ha tenuto conto della dimensione economica del professionista, della circostanza che la condotta illecita riguardava elementi fondamentali dell’offerta promozionale e che, essendo stata posta in essere attraverso l’uso del mezzo internet, era caratterizzata da una elevata potenzialità offensiva.

La quantificazione appare, quindi, conforme ai parametri normativi e ad un criterio di adeguatezza, anche sotto il profilo della deterrenza, oltre che ai principi di logicità e ragionevolezza che regolano l'azione amministrativa, ponendosi su un importo contenuto rispetto a quello, pari a 5.000.000,00 di euro, previsto come sanzione massima applicabile (Tar Lazio, Sez. I, 3.1.17, n. 60).

In proposito, non possono essere accolte le doglianze relative alla presunta disparità di trattamento rispetto alle sanzioni irrogate ad altri soggetti operanti nel mercato secondario, alla luce del consolidato orientamento della Sezione secondo cui l’eventuale sussistenza di tale vizio di disparità di trattamento rispetto ad un diverso professionista nell'ambito di un differente procedimento postula in ogni caso l'identità, o almeno la totale assimilabilità delle situazioni di base poste a raffronto e la completa sovrapponibilità di tutti gli elementi di rilievo delle fattispecie sanzionate, occorrendo quindi una oggettiva verifica della completa sovrapponibilità delle fattispecie sanzionate, concretamente non percorribile (in tal senso, cfr. Tar Lazio, sez. I, 2 febbraio 2016, n. 1436).

Conclusivamente, la valutazione effettuata dall’Autorità al fine della determinazione dell’importo della sanzione applicata con il provvedimento gravato con il ricorso introduttivo appare operata in maniera logica e correttamente correlata a tutti i richiamati parametri normativi.

9. Passando all’esame dei motivi aggiunti, con cui è stata impugnata la sanzione applicata a Viagogo a seguito dell’accertamento dell’inottemperanza alle prescrizioni contenute nel precedente provvedimento dell’Autorità, vanno in primo luogo disattese le censure sollevate per invalidità derivata, alla stregua delle considerazioni sopra formulate in relazione al ricorso introduttivo.

Quanto alle specifiche doglianze relative alla quantificazione della sanzione per inottemperanza, il Collegio osserva che la stessa risulta congrua, in ragione della elevata potenzialità offensiva della pratica oggetto di reiterazione, che è stata posta in essere da uno dei più importanti operatori del mercato secondario. L’Autorità, inoltre, ha correttamente tenuto conto della circostanza che l’inottemperanza ha riguardato tre profili, tra i cinque contestati al professionista, che assumono una particolare importanza, poiché riguardano le informazioni sul prezzo del biglietto e la seat location , ossia gli elementi essenziali del bene oggetto di vendita.

Dunque, anche con riferimento alla sanzione per inottemperanza, il processo di quantificazione operato dall’Autorità si sottrae alle censure formulate dalla parte ricorrente.

10. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore dell’Autorità resistente.

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