TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-05-31, n. 201906927
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Testo completo
Pubblicato il 31/05/2019
N. 06927/2019 REG.PROV.COLL.
N. 12054/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12054 del 2017, proposto da
Comune di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Romanenghi, Alberto Fossati e Giovanni Corbyons, elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone 44, presso lo studio dell’avv. Giovanni Corbyons;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Comune di Grosseto, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
1. del DPCM 10.3.2017 “Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 1, comma 439, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017)” pubblicato il 29.5.2017, in relazione all’art. 3, c. 4, e allegata tabella D nella parte interessante lo stanziamento disposto a favore del Comune ricorrente;
2. per quanto occorrer possa, dell’Intesa raggiunta nella conferenza unificata del 23.2.2017 rep. 18/CU sullo schema del predetto DPCM;
3. in via subordinata, della nota del Direttore Generale del Ministero della Giustizia del 10.8.2017;
4. di ogni eventuale altro atto preordinato, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2019 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’art. 3, comma 4, del d.P.C.M. del 10 marzo 2017, avente ad oggetto “ Disposizioni per l’attuazione dell’art. 1, comma 439, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ”, ha stanziato, in favore dei comuni sede di uffici giudiziari, la somma di 10 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2017 al 2046, da attribuirsi agli stessi, nella misura indicata nell’allegata Tabella D, a titolo di definitivo concorso dello Stato alle spese sostenute degli enti locali ai sensi del comma 1 dell'art. 1 della legge 24 aprile 1941, n. 392 fino al 31 agosto 2015.
Con il ricorso in esame, a seguito di trasposizione di ricorso straordinario, il Comune di Brescia ha impugnato il citato art. 3, comma 4, e la tabella D, nella parte in cui definiscono il contributo ad esso spettante.
Ha impugnato, altresì, l’intesa raggiunta nella Conferenza unificata del 23 febbraio 2017 sullo schema di D.P.C.M. e, in via subordinata, la nota del Direttore generale del Ministero della giustizia dell’8 agosto 2017, con la quale è stato fissato il termine perentorio del 30 settembre 2017 per l’inoltro della documentazione relativa alla rinunzia alle azioni future e pendenti, alla presentazione della quale il medesimo comma 4 dell’art. 3 del d.P.C.M. subordina l’erogabilità del contributo.
Sottolineata l’esiguità e l’inadeguatezza del contributo attribuito ad esso ricorrente rispetto alle spese complessivamente anticipate per gli uffici giudiziari, sia in ragione dell’oggettiva entità, sia a causa della rateizzazione trentennale prevista quale modalità di restituzione, e rilevata l’impugnabilità del provvedimento gravato, in quanto atto amministrativo, il Comune ricorrente articola i seguenti motivi di doglianza:
1. Violazione degli artt. 97, 110, 118, 119 Cost.; falsa applicazione della l. 392/1941; eccesso di potere per irragionevolezza ed ingiustizia manifeste, contraddittorietà, difetto di istruttoria e difetto di motivazione.
Il d.P.C.M. impugnato, nel determinare l’importo del contributo in misura inferiore al 50% delle spese a suo tempo sostenute, produrrebbe l’effetto di porre a carico dei Comuni costi corrispondenti all’esercizio di funzioni statali.
Tanto comporterebbe la violazione dell’autonomia finanziaria degli enti locali, costituzionalmente tutelata dall’art. 119 della Costituzione.
La censurata “ distrazione di risorse comunali a favore dello Stato ”, inoltre, opererebbe in maniera retroattiva, atteso che le spese oggetto di parziale rimborso sono state sostenute dai Comuni nel periodo tra il 2011 e il 2015.
Tanto comporterebbe la violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione, sancito dall’art. 97 della Costituzione.
L’illegittimità del provvedimento risulterebbe, a contrario, dalla stessa motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 150/1986, che ha ritenuto la legittimità costituzionale degli articoli 1, 2 e 3 della legge n. 392/1941 sul presupposto che l’erogazione del contributo da parte dello Stato copra la maggior parte delle spese anticipate dai comuni.
Il d.P.C.M. avrebbe pure immotivatamente trascurato le osservazioni formulate dai comuni tramite l’Anci in sede di Conferenza unificata.
Da ultimo, il Comune ricorrente invoca un vaglio di legittimità costituzionale delle disposizioni sulla cui base è stato emanato il d.P.C.M. impugnato e quindi sull’art. 1, c. 1, della l. 392/1941 e sull’art. 1, c. 433-439, della l. 232/2016, per violazione dei principi, sopra richiamati, di buon andamento dell’amministrazione e di autonomia finanziaria degli enti locali.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 97 e 113 Cost., degli artt. 1229 e 1965 c.c.; eccesso di potere per ingiustizia manifesta e mancanza dei presupposti.
La previsione, contenuta sempre all’art. 3, comma 4, del d.P.C.M., secondo cui la possibilità di ricevere il contributo statale è subordinata alla presentazione, da parte dei Comuni, “ di una dichiarazione di rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa per il medesimo titolo, unitamente al provvedimento di estinzione del giudizio o della procedura esecutiva, ovvero dichiarazione di inesistenza di giudizi o procedure esecutive pendenti ”, comprimerebbe illegittimamente il diritto di difesa degli enti creditori, tutelato dagli artt. 24 e 113 della Costituzione.
La previsione sarebbe pure contraria al principio di buon andamento della p.a., perché obbligherebbe una pubblica amministrazione a rinunciare al diritto di difendersi, nonché agli artt. 1229 e 1965 del codice civile, perché introdurrebbe una limitazione preventiva della responsabilità dello Stato, la quale, in violazione del principio di leale collaborazione, sarebbe pure imposta unilateralmente.
3. Eccesso di potere per irragionevolezza ed ingiustizia manifeste; violazione del principio di buona fede e leale collaborazione; violazione dell’art. 97 Cost. e del DPR 187/1998.
L’irragionevolezza della misura, oltre che dalla bassa percentuale del rimborso di spese già sostenute (fin dal 2010),