TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-01-11, n. 201300034

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-01-11, n. 201300034
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201300034
Data del deposito : 11 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00325/2012 REG.RIC.

N. 00034/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00325/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 325 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M V, rappresentata e difesa dall'avv. L F, con domicilio eletto presso Avv. Chiara Scavo in Ancona, piazza Cavour, 29;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr. Dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;
Usr - Ufficio Scolastico Regionale Per Marche;

nei confronti di

M C P, A B, L P, C P, Pierluigi Addarii, Paola Andreoni, Cinzia Cipolletta, Massimo D'Elia, Gaia Gentili, Valentina Bellini, Anna Scimone, non costituite in giudizio;
M B, A M N, rappresentate e difese dall'avv. Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso Avv. Alessandro Lucchetti in Ancona, corso Mazzini, 156;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Andrea Boldrini, Francesco Savore, Fabiola Scagnetti, Ivano Dottori, Antonella Marcatili, Fabiola Fabbri, Corrado Marri, Ermanno Bracalente, Maria Vitali, Marina Marziale, Francesco Mezzanotte, Ado Evangelisti, Fabrizio Moretti, Annamaria Bernardini, rappresentati e difesi dagli avv. Alessandro Lucchetti, Elena Daniele, con domicilio eletto presso Avv. Alessandro Lucchetti in Ancona, corso Mazzini, 156;
Luigina Silvestri, Maria Rita Fiordelmondo, Francesco Bonelli, Nazario D'Amato, Mara Amico, Sabina Tombesi, Giovanni Soldini, Roberto Franca, rappresentati e difesi dall'avv. Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso Avv. Alessandro Lucchetti in Ancona, corso Mazzini, 156;
Cristina Corradini, Francesco Rosati, Sandro Luciani, Serena Perugini, Antonella Accili, Eleonora Maria Ausilia Augello, Roberto Lisotti, Ombretta Gentili, Pierina Spurio, Loretta Mattioli, Cinzia Biagini, Sergio Brandi, Annamaria De Siena, rappresentati e difesi dagli avv. Elena Daniele, Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso Avv. Alessandro Lucchetti in Ancona, corso Mazzini, 156;

per l'annullamento

- del Decreto del Dirigente dell'Ufficio Scolastico Regionale delle Marche prot.n.4958/C2a del 3 aprile 2012 con il quale è stato approvato l'elenco degli ammessi all'orale del concorso, per esami e titoli, per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi dal quale si evince la mancata ammissione alle prove orali della ricorrente;

- e di ogni altro atto presupposto, contestuale, successivo e conseguente, comunque connesso e correlato, anche non cognito, tra cui in particolare :

- di tutti i verbali della Commissione di Esame e, segnatamente, del verbale n. 6 con cui sono asseritamente stati fissati i criteri di valutazione delle prove concorsuali);
dei verbali n.ri 8 e 9 ove si è provveduto alla predisposizione delle tracce delle prove scritte concorsuali;
del verbale n.10 che riporta le operazioni poste in essere dalla Commissione di esame, preliminari alla correzione degli elaborati ;

- nonché di tutti i verbali relativi alla correzione degli elaborati delle prove scritte e segnatamente del verbale n.29 relativo alla seduta del 16.3.2012 da cui risulta l'intervenuta correzione delle prove scritte della odierna ricorrente, con l'allegata scheda concernente la correzione degli elaborati contraddistinti dal n.164 e, cioè, della odierna ricorrente, ed i voti ed i giudizio ivi espressi;

- della comunicazione effettuata dalla Commissione, all'esito della seduta del 3.4.2012, concernente l'esito delle prove scritte e la conseguente elencazione dei candidati ammessi a sostenere la prova orale.

- con richiesta, in via cautelare, di ammissione con riserva alla prova orale relativa al medesimo concorso pubblico

ovvero

-con richiesta di pronuncia cautelare interinale e/o atipica con la quale venga disposta. entro un termine perentorio. una nuova correzione delle prove scritte sostenute dalla odierna ricorrente, entro un assegnando breve termine, al fine della rinnovazione della valutazione e del giudizio relativi ai predetti elaborati.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e di M B e di A M N;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 il dott. G R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha preso parte al concorso per il reclutamento di 2.386 dirigenti scolastici, indetto con decreto dirigenziale del

MIUR

13 luglio 2011. Il concorso era organizzato su base regionale e la ricorrente ha presentato domanda per i posti riservati alla Regione Marche (in totale 53).

La ricorrente non ha superato le prove scritte e non è stata quindi ammessi al prosieguo della selezione.

Con il ricorso introduttivo ha censurato l’operato dell’Ufficio Scolastico Regionale e della commissione esaminatrice per i profili che vengono riportati di seguito.

a) illegittimo accorpamento dei criteri di valutazione indicati nel verbale n. 6 (quelli relativi alla prima prova scritta da 4 sono diventati 3;
quelli relativi alla seconda prova da 5 sono diventati 4);

b) difetto di motivazione per quanto concerne il “peso” numerico attribuito a ciascuno di tali criteri.

c) difetto di motivazione per quanto riguarda il punteggio complessivo assegnato a ciascuna prova. Oltre al contestato “accorpamento” dei criteri, rileva il fatto che i criteri stessi sono generici e non accompagnati da “descrittori” dai quali si possa evincere, in relazione a ciascun indicatore, il percorso motivazionale seguito dai commissari. Inoltre, il giudizio riportato in calce a ciascuna scheda individuale è riferito alla prova nel suo complesso e dunque non consente di comprendere per quali dei criteri la prova viene considerata non sufficiente;

d) gli elaborati non presentano tracce di correzione, per cui non si comprende quali sono le parti ritenute insufficienti;

e) le schede di valutazione individuali sono prive delle firme dei commissari e del segretario;

f) le due prove scritte somministrate ai candidati non sono conformi a quanto prescritto dal bando. La prima prova, infatti, è estremamente generica e non affronta le aree tematiche previste dall’art. 8 del bando, mentre la seconda prova non è consistita nella soluzione di un caso concreto, relativo alla gestione di un’istituzione scolastica, ma chiedeva ai candidati di redigere un progetto.

Gli stessi atti sono stati impugnati con motivi aggiunti depositati il 15/6/2012, con richiesta di misura cautelare, lamentando che la violazione art. 10 DPR n. 140/2008 e l’illegittima nomina della commissione, in quanto il presidente non appartiene ad una delle categorie indicate in ordine preferenziale alla let. c) dell’art. 10 e non esiste prova che l’USR abbia accertato l’indisponibilità di soggetti appartenenti a tali categorie prima di nominare un soggetto appartenente alle categoria “di riserva” (dirigente tecnico o amministrativo o scolastico con almeno 10 anni di anzianità);

Con motivi aggiunti depositati in data 8/10/2012 sono stati impugnati i decreti dirigenziali con cui l’

USR

Marche ha approvato e poi riapprovato la graduatoria finale (anche in adeguamento alle ordinanze del TAR nn. 293/2012 e 394/2012, pronunciate, rispettivamente, nell’ambito dei giudizi di cui ai ricorsi n. 331/2012 e n. 489/2012), deducendone l’invalidità derivata da quella degli atti presupposti. Nell’atto di motivi aggiunti da ultimo citato la ricorrente ha altresì voluto specificare che l’interesse tutelato in via primaria è quello all’ammissione alle prove orali, mentre le censure volte a travolgere in toto la procedura sono da intendere proposte in via subordinata.

Va da ultimo precisato che, allo stato attuale, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha finanziato per il corrente anno scolastico la nomina dei primi 29 candidati della graduatoria finale (al che l’USR ha provveduto con il citato decreto n. 13635 del 30/8/2012, lasciando però vacanti due posti in attesa della decisione di merito sul citato ricorso n. 489/2012).

Si è costituito il Ministero dell’Istruzione. Si sono altresì costituiti le contro interessate M B e A M N. Altri soggetti che hanno superato le selezioni sono intervenuti ad opponendum, come specificato in epigrafe.

Alla pubblica udienza dell’8 novembre 2012 le cause sono state trattenute per la decisione di merito.

La ricorrente deduce sia motivi di ricorso volti a contestare la valutazione che la commissione ha dato alle loro prove scritte, sia censure finalizzate a provocare la ripetizione parziale o integrale della procedura.

1 Il Tribunale ritiene infondate tutte le doglianze formulate dall’odierna ricorrente, per le ragioni che si vanno ad indicare.

1.1 Iniziando quindi la trattazione dalle censure volte a provocare la ripetizione del concorso, il Tribunale osserva quanto segue.

1.2 Sono infondate le doglianze relative alla composizione della commissione esaminatrice

La mancanza di motivazione sulla nomina dei componenti della Commissione, non dà luogo ad alcuna illegittimità.

In effetti, in tema di scelta dei commissari che debbono esaminare i candidati in pubblici concorsi (e il discorso vale anche per le commissioni giudicatrici nelle gare d’appalto), non esiste alcuna norma o principio che impongono di motivare la scelta del singolo commissario, così come non esiste alcuna norma che imponga un analogo onere motivazionale nel caso in cui i commissari possono essere scelti fra soggetti appartenenti a categorie professionali diverse.

1.3 E’ ben vero che esistono norme che limitano la scelta dell’amministrazione, ma tali disposizioni riguardano:

- per l’appunto, l’individuazione delle categorie professionali da cui attingere i commissari (vedasi, ad esempio, l’art. 84, comma 8, del D.Lgs. n. 163/2006 e l’art. 9, commi 2 e 4, del DPR n. 487/1994);

- le modalità di formazione degli elenchi da cui attingere tali soggetti (vedasi i commi 8 e 9 del citato art. 84);

- ovviamente, le fattispecie di incompatibilità (vedasi i commi 4, 5, 6 e 7 dell’art. 84 del Codice di contratti pubblici, il comma 4, ultimo periodo, dell’art. 9 del DPR n. 487/1994, nonché l’art. 51 c.p.c.);

- il rispetto del principio di rotazione degli incarichi (art. 84, comma 8, D.Lgs. n. 163/2006).

Ma una volta che sono rispettate tali disposizioni e osservate le limitazioni da esse poste, non esiste alcun obbligo di motivare circa la scelta del singolo commissario, in quanto si dà per assodato che ciascuno dei soggetti prescelti è ugualmente idoneo a svolgere il compito. Naturalmente in alcuni casi può accadere che venga contestata la scelta dei commissari, ma questo accade quando mancano i predetti “paletti” e/o quando si contesta la specifica preparazione professionale e culturale dei commissari in relazione alla complessità dell’appalto oggetto di affidamento – questo per le procedure ad evidenza pubblica - o delle materie di esame – questo nel caso dei concorsi pubblici.

1.4 Venendo al caso in esame, l’art. 10 del DPR n. 140/2008, a dispetto della formulazione letterale, non pone alcuna gerarchia nella scelta del presidente della commissione di concorso. E’ vero che dalla norma si evince che il legislatore mostra preferenza per i soggetti appartenenti alle categorie dei professori di prima fascia di università statali o equiparate, dei magistrati amministrativi o contabili, degli avvocati dello Stato e dei dirigenti di amministrazioni pubbliche che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali, ma ciò non vuol dire che i dirigenti tecnici, amministrativi e scolastici sono considerati dal legislatore “figli di un dio minore”.

1.5 Fra l’altro, se così fosse, si dovrebbe approdare all’inaccettabile conclusione per cui i dirigenti tecnici, amministrativi e scolastici vanno in generale reputati idonei a svolgere l’ufficio presidenziale, salvo che non esista la disponibilità di soggetti appartenenti alle altre categorie, nel qual caso tale idoneità viene meno. E si dovrebbe anche concludere che le commissioni presiedute da un dirigente tecnico, amministrativo o scolastico siano per definizione non in grado di giudicare i candidati che aspirano all’incarico di dirigente scolastico (per cui il concorso partirebbe “zoppo”, ossia esposto ad un prevedibile contenzioso proprio sul punto).

1.6 Evidentemente tali conclusioni non sono accettabili.

Se il legislatore avesse voluto che tutte le commissioni regionali fossero indefettibilmente presiedute perlomeno da un soggetto rivestente la qualifica di dirigente generale, avrebbe previsto, ad esempio, che in assenza di dichiarazione di disponibilità da parte di soggetti rivestenti le qualifiche professionali di professore universitario, magistrato o avvocato dello Stato o dirigente generale, le commissioni sarebbero state presiedute da dirigenti generali del MIUR appositamente “precettati”.

1.7 Peraltro, la ricorrente non contesta apertamente la competenza professionale dei commissari a valutare le prove di esame, se non in relazione alla questione della asserita modifica dei criteri di valutazione ed ai punteggi attribuiti a singole prove (questioni sulle quali ci si soffermerà nel prosieguo della trattazione). Ma tale contestazione appare ben difficile, se si pone mente al fatto che il presidente della commissione è un dirigente dell’amministrazione pubblica (anche se non dirigente generale) e che gli altri commissari sono dirigenti scolastici (e quindi, iuris et de iure, idonei a valutare le prove d’esame di aspiranti dirigenti scolastici, così come, ad esempio, un magistrato amministrativo è ritenuto per legge idoneo a far parte della commissione d’esame per il reclutamento di referendari TAR – vedasi l’art. 16 della L. n. 186/1982).

1.8 Per quanto concerne le questioni relative alle modalità di conservazione delle buste contenenti gli elaborati, alla mancata sottoscrizione delle schede valutative allegate ai verbali ed all’asserita falsità del verbale relativo alla seduta del 29/2/2012, si osserva che:

- seppure è incontestabile che le schede valutative individuali non sono state sottoscritte dai commissari, è altrettanto vero che le stesse erano spillate al verbale a cui accedevano (questo sottoscritto regolarmente dai commissari e dal segretario) e che i voti riportati nei verbali per ciascun candidato corrispondono esattamente a quelli riportati nelle schede valutative. Ciò è sufficiente per ricondurre alla volontà dei commissari i punteggi e i giudizi globali riportati nelle schede;

2 Si deve ora passare all’esame dell’altro gruppo di censure, il cui accoglimento implicherebbe la rinnovazione parziale della procedura.

2.1. Il Tribunale, in primo luogo, non ritiene né che nella specie vi sia stata una illegittima modifica, in corso d’opera, dei criteri di valutazione delle prove, né che la commissione abbia confusamente richiamato i criteri medesimi in sede valutativa.

Principio generale in subiecta materia, come è noto, è che i criteri di valutazione possono o essere fissati direttamente dal bando (come ormai è stato precisato in materia di pubblici appalti, risolvendo l’annosa questione della ammissibilità di una integrazione dei criteri da parte della commissione di gara) oppure rimessi alla discrezionalità della commissione esaminatrice, l’unico vincolo tassativo essendo costituito dal fatto che i criteri medesimi – i quali debbono ovviamente essere attinenti all’oggetto della gara d’appalto o del concorso – siano fissati prima dell’avvio delle operazioni valutative.

2.2 Una volta che tali vincoli siano stati osservati, è del tutto irrilevante che essi siano fissati in un’unica seduta oppure siano oggetto di successivi affinamenti.

Né è imposto un livello minimo di segmentazione dei criteri valutativi, e ciò sia perché la scelta attiene al merito amministrativo, sia perché un’eccessiva frammentazione dei criteri può dare luogo a risultati contrari al pubblico interesse a che la gara o il concorso vedano vincitori i soggetti più meritevoli.

2.3 In effetti, in una vicenda relativa ad una gara d’appalto (sentenza n. 675/2011), il Tribunale ha avuto modo di svolgere le seguenti considerazioni: “... Il Collegio ritiene che, dal punto di vista sostanziale, la commissione non abbia operato male laddove ha fatto ricorso alla cross valutation [ossia, alla applicazione simultanea di due o più sub-criteri valutativi al fine di attribuire il punteggio parziale per un altro sub-criterio – N.d.R.], in quanto un esame parziale e segmentato delle varie componenti di un’offerta tecnica rischia di condurre a risultati paradossali, non sempre evitabili dal successivo raffronto fra le offerte economiche (in effetti, spesso capita che il gap maturato in sede di valutazione delle offerte tecniche non sia più recuperabile nel prosieguo della gara, il che deve far riflettere sull’importanza di un’attenta calibrazione, in sede di redazione del bando, del punteggio complessivo fra le varie componenti di un’offerta).

2.4 Si pensi, ad esempio, ad un appalto per la gestione di una mensa scolastica, in cui un concorrente presenti un’offerta che prevede la fornitura di derrate di qualità mediocre (ma comunque rientrante nel range di tollerabilità previsto dal capitolato) e, nel contempo, un servizio ottimale e numerose prestazioni aggiuntive.

2.5 Questo concorrente, laddove la commissione valuti separatamente le singole componenti dell’offerta e assegni a ciascuna di esse il sub-punteggio previsto dal bando e laddove l’offerta economica sia competitiva, “rischia” di aggiudicarsi l’appalto. Un tale risultato, però, non appare coerente con le finalità di pubblico interesse che la P.A. persegue anche quando agisce con gli strumenti del diritto privato. Pertanto, la cross valutation (a cui molto spesso le commissioni fanno implicitamente o anche inconsapevolmente ricorso) non è di per sé illegittima……..”. E’ vero che nel caso esaminato dalla sentenza n. 675/2011 il ricorso proposto dalla ditta non aggiudicataria è stato accolto, ma questo perché “….nella presente vicenda, la valutazione incrociata non era prevista dal bando e quindi vi è il concreto rischio che la commissione abbia in qualche modo - ad offerte tecniche già note - voluto rimediare al potenziale problema cui si è accennato. […].Ciò però rifluisce sulla legittimità dell’operato della stazione appaltante, in quanto, non potendosi in questa sede nemmeno sospettare possibili favoritismi, anche il semplice dubbio circa la legittimità dell’operato della commissione implica l’annullamento della gara. In effetti, pur volendo condividere gli argomenti difensivi della Regione e dell’a.t.i. controinteressata, non si potrà mai stabilire, dati i fatti, se la commissione ha proceduto nella valutazione delle singole offerte senza alcun pregiudizio mentale o se i criteri valutativi e motivazionali elaborati in corso di gara e i conseguenti punteggi assegnati a [….] siano la conseguenza di una (anche inconscia) volontà di evitare problemi tecnici in sede di esecuzione dell’appalto….”.

2.6 Come si vede, l’elemento discriminante è costituito dal momento in cui i criteri valutativi sono stabiliti o affinati, il che nel presente giudizio depone per il rigetto delle doglianze in esame, visto che la commissione ha fissato ed ha poi affinato i criteri in un momento in cui i plichi contenenti gli elaborati erano ancora sigillati. Inoltre, e questo è un altro fatto decisivo, nella seduta del 12/12/2011 (verbale n. 6) non era stato fissato il peso di ciascun criterio, per cui a rigore non si può nemmeno parlare di accorpamento, visto che solo nella seduta del 9/1/2012 (verbale n. 10), con l’attribuzione dei pesi, i criteri sono stati definitivamente fissati.

2.7 Che poi nei successivi verbali sia richiamato solo il verbale n. 6 è da addebitare a mera sciatteria redazionale dei verbali medesimi, visto che dalle schede valutative allegati ai verbali si evince chiaramente che la commissione ha applicato i criteri e attribuito i punteggi di cui al combinato disposto fra i verbali n. 6 e n. 10.

2.8 Per quanto concerne invece la coerenza intrinseca dell’accorpamento dei criteri, oltre alle considerazioni di ordine generale desumibili dalla citata sentenza n. 675/2011, si deve osservare che in materia di concorsi pubblici il discorso vale a fortiori, in quanto non c’è dubbio alcuno sul fatto che l’aspetto preminente sui quali i candidati debbono essere valutati è la rispondenza degli elaborati scritti alle tracce sorteggiate e la coerenza delle argomentazioni esposte nei temi. Anche qui l’eccessivo peso attribuito al rispetto delle regole grammaticali e della sintassi a scapito dei contenuti rischia di premiare candidati che, pur “andando fuori tema”, presentino elaborati perfetti dal punto di vista della sintassi e della grammatica.

2.9 Pertanto, a giudizio del Collegio è legittima la ripartizione dei punteggi fra i tre criteri previsti per la valutazione della prima prova scritta e i quattro previsti per la valutazione della seconda prova scritta.

2.10 Non sussiste nemmeno il dedotto difetto di motivazione circa il “peso” numerico attribuito a ciascuno dei criteri di valutazione, essendo del tutto evidente che la commissione, nell’ambito della sua discrezionalità tecnica, ha ritenuto più importanti taluni profili rispetto ad altri. E poiché nemmeno la ricorrente giunge a sostenere che qualcuno dei criteri in argomento sia estraneo rispetto all’oggetto della valutazione, ne consegue che, per la parte sindacabile dal G.A., la scelta della commissione si rivela immune dai vizi dedotti.

2.11 Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche con riferimento all’annosa questione della sufficienza del punteggio numerico ad assolvere all’onere di motivazione ex art. 3 L. n. 241/1990. Seppure il Tribunale non intende rifugiarsi dietro al richiamo di consolidate massime giurisprudenziali, che da sole sarebbero sufficienti a motivare il rigetto della censura (vedasi ad esempio la recentissima sentenza della Sez. V del Consiglio di Stato n. 5831/2012, in cui si afferma addirittura che “….nei concorsi a posti di pubblico impiego, la Commissione esaminatrice deve stabilire preventivamente ed in astratto i criteri di massima solo in relazione alla valutazione dei titoli e non anche per la valutazione delle prove scritte o pratiche, che è rimessa alla sua discrezionalità tecnica (C.d.S., Sez. IV, 24.7.2003, n. 4238;
Sez. V, 11.5.2009, n. 2880)…”), le presenti censure non meritano accoglimento in quanto:

- non si può in primo luogo considerare decisivo il riferimento al modus operandi adottato da altre commissioni regionali, e ciò in ragione dell’autonomia di giudizio che il bando lasciava alle singole commissioni;

- in secondo luogo, il Tribunale non ritiene necessario indicare i c.d. descrittori, ossia i parametri in base ai quali si possono collegare fra loro il voto numerico e il giudizio sintetico, intendendo la scala di giudizi in base alla quale si possa dire, ad esempio, che un tema ritenuto “sufficiente” merita il voto di 6/10 oppure che un tema “scadente” merita il voto di 3/10.

Ma se così è, ne consegue la superfluità dei descrittori, essendo del tutto nota, nell’ambito scolastico, la scala di giudizi che si accompagna ai voti numerici. E il concorso in argomento è inerente proprio all’ambito scolastico e la ricorrente è una docente che quotidianamente, nella valutazione dei compiti scritti e delle prove orali dei propri studenti applicano tale scala di punteggi e di giudizi.

Vi è poi da dire che la contestazione nel merito della valutazione di un elaborato concorsuale non può (salvo che la commissione non abbia in alcun modo motivato i propri giudizi o abbia palesemente errato nell’applicazione dei criteri che essa stessa si è data) ridursi nella semplice censura della insufficienza dei criteri di valutazione. E’ invece onere del ricorrente esporre nel dettaglio le ragioni per le quali il proprio elaborato merita più del punteggio assegnato dalla commissione, e ciò tanto più quando la commissione ha comunque motivato il punteggio.

2.12. E’ poi del tutto irrilevante che la commissione non abbia apposto segni di correzione sugli elaborati, non essendo ciò imposto da alcuna norma ed essendo invece importante che il giudizio finale corrisponda al contenuto dell’elaborato.

3 Sono anche infondate le censure relative all’asserita difformità delle prove scritte predisposte dalla commissione ed estratte dai candidati rispetto alle prescrizioni del bando.

A parte il carattere chiaramente strumentale della censura (visto che i ricorrenti non giungono a sostenere che gli argomenti delle prove fossero estranei alle materie indicate dal bando, il che vuol dire che, anche a prescindere dal modo in cui sono state formulate le tracce, si trattava comunque di argomenti che i candidati erano tenuti a conoscere) e fermo restando che il margine di sindacabilità delle scelte discrezionali della commissione non è molto ampio, si osserva che:

- in relazione alla prima prova, l’art. 10 del bando stabiliva solo che essa, finalizzata ad accertare la preparazione dei candidati sotto il profilo teorico e pratico, in relazione all’incarico di dirigente scolastico, doveva vertere su una o più delle aree tematiche di cui all’art. 8 del bando. La traccia estratta chiedeva ai candidati di indicare, in sostanza, quali siano le competenze professionali che deve possedere un dirigente scolastico, facendo però riferimento anche ai vari compiti che l’ordinamento assegna al dirigente (la traccia, in effetti, va letta nel suo complesso, altrimenti non si spiegherebbe il lungo preambolo che precede la formulazione dello specifico quesito). Pertanto, nello svolgimento del tema, i candidati erano liberi di spaziare fra tutte le aree tematiche indicate dall’art. 8, trattandosi di una traccia che implica un approccio multidisciplinare. Quanto al livello di genericità della prova si tratta evidentemente di questione di merito non sindacabile dal giudice, anche perché la censura non è stata suffragata dalla produzione di elaborati dalla cui lettura si potesse evincere la fondatezza della doglianza;

- la seconda prova scritta è chiaramente riferita ad un caso concreto. La traccia, infatti, prende in considerazione il caso di un istituto professionale plurindirizzo collocato in un contesto ambientale e sociale difficile e in cui opera un corpo docente poco motivato e professionalmente di non eccelso livello, e chiede al candidato di indicare quali sono le possibili misure che il dirigente scolastico può mettere in atto per tentare di invertire il trend negativo, agendo sia sul senso di responsabilità del corpo docente, sia sulle modalità di approccio con gli studenti e le loro famiglie, sia valorizzando al massimo le risorse professionali e materiali presenti nell’istituto. Ora, che ai candidati fosse stato richiesto di predisporre un progetto oppure di dare la soluzione ad un caso concreto è questione meramente formale, visto che fornire la soluzione ad un caso concreto presuppone di necessità la predisposizione di una serie di misure e dunque di un progetto, inteso il termine in senso lato. In ogni caso, anche riguardo a questa censura vale il discorso relativo ai limiti entro cui il giudice può sindacare le scelte che la commissione di concorso può assumere nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica.

4. In conclusione, il ricorso introduttivo e i due ricorsi per motivi aggiunti vanno respinti.

4.1 Sussistono tuttavia giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese fra le parti costituite.

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