TAR Potenza, sez. I, sentenza 2018-04-04, n. 201800232
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Pubblicato il 04/04/2018
N. 00232/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00468/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 468 del 2017, proposto da:
F M, rappresentato e difeso dall’avv. R R, con domicilio ex 25, lett. a), cod. proc. amm. presso la Segreteria di questo Tribunale;
contro
Comune di Lavello, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. A C, con domicilio eletto in Potenza Viale Marconi n. 75;
nei confronti
G C, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della Determinazione n. 206 del 5.6.2017 (notificata l’8.6.2017), con il quale il Responsabile del Settore Servizi del Territorio del Comune di Lavello ha annullato, ai sensi dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, la SCIA in sanatoria del 20.7.2015, unitamente alla relativa comunicazione di esito positivo prot. n. 15427 del 16.12.2015, ed il permesso di costruire del 15.12.2016;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lavello;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2018 il Cons. P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 13.8.2007 il Comune di Lavello, in accoglimento dell’istanza del 16.1.2006, rilasciava al sig. F M il permesso di costruire per la realizzazione in Via Alessandro Volta n. 47 di un fabbricato, destinato ad abitazione ed a locali commerciali.
In data 25.6.2008 iniziavano i lavori, ma con istanza del 24.11.2008 il sig. M chiedeva una variante, che veniva autorizzata con il rilascio del permesso di costruire del 15.6.2009, in seguito al sopralluogo dell’Ufficio Tecnico del 21.4.2009.
Successivamente, con atto del 23.8.2012 veniva autorizzata la proroga di 1 anno del termine triennale dall’inizio dei lavori ex art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001.
In seguito alla segnalazione del sig. G C, la Polizia Municipale e l’Ufficio Tecnico comunale prima con sopralluogo del 3.7.2014 riscontravano, in difformità dal suddetto permesso di costruire, l’ampliamento del 4° piano e l’installazione di una tettoia in legno a copertura di due lati della balconata e poi, in seguito ad un’ulteriore segnalazione, con sopralluogo del 17.6.2015 accertavano anche la difformità dal permesso di costruire dell’avvenuta realizzazione di una distribuzione interna del sottotetto non abitabile, unitamente a 3 abbaini ed al solaio di calpestio.
In data 20.7.2015 il sig. F M presentava una SCIA in sanatoria per l’ampliamento del 4° piano di 66,45 mq., l’installazione su tale piano di una tettoia su tre lati della balconata, la modifica della copertura del sottotetto con 2 abbaini ed anche delle distribuzioni interne e dei prospetti di tutti i piani.
Il Responsabile del Settore Servizi del Territorio del Comune di Lavello con atto del 4.8.2015 chiedeva al sig. M la “documentazione integrativa ed il pagamento del contributo di costruzione in misura doppia a titolo di oblazione” e, dopo che il M aveva contestato tale entità del contributo, il predetto Responsabile del Settore Servizi del Territorio prima con nota del 26.11.2015 comunicava che il contributo poteva essere versato in misura non doppia e poi con atto prot. n. 15427 del 16.12.2015 comunicava l’esito positivo della SCIA in sanatoria del 20.7.2015.
Lo stesso Responsabile del Settore Servizi del Territorio con permesso di costruire del 15.12.2016 autorizzava il cambio di destinazione dell’intero edificio in discorso da abitazione in albergo.
Con nota del 3.5.2017 il sig. G C chiedeva l’annullamento della SCIA in sanatoria del 20.7.2015 e del permesso di costruire del 15.12.2016, al fine di tutelare la sua proprietà da “affacci” illegittimamente autorizzati.
Con Determinazione n. 206 del 5.6.2017 (notificata l’8.6.2017) il Responsabile del Settore Servizi del Territorio, previa comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 6768 del 19.5.2017 (notificata il 22.5.2017) annullava, ai sensi dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, la SCIA in sanatoria del 20.7.2015, unitamente al relativo parere favorevole del 16.12.2015, ed il permesso di costruire del 15.12.2016, essendo il cambio di destinazione da residenza ad albergo basato sull’erroneo presupposto della legittimità della predetta SCIA in sanatoria del 20.7.2015, con l’espressa avvertenza che sarebbe stata emanata apposita Ordinanza di rimessione in pristino dello stato dei luoghi “così come assentiti” dal permesso di costruire del 13.8.2007, in quanto “l’interesse pubblico di tutelare il rispetto dell’ordinato sviluppo urbanistico del territorio in conformità alle leggi ed ai regolamenti in materia edilizia” doveva ritenersi superiore “rispetto all’interesse del privato”, richiamando la Relazione del Responsabile del procedimento, con la quale era stato evidenziato:
1) con riferimento all’ampliamento di 66,45 mq. del 4° piano, che ai sensi dell’art. 2, comma 3 bis, L.R. n. 25/2009 l’edificio in discorso, essendo di tipo residenziale e condominiale ed avendo una superficie complessiva superiore a 400 mq., poteva essere ampliato di massimo 40 mq.;
2) i 2 abbaini, realizzati nel sottotetto, non erano conformi a quanto previsto dall’art. 38 del vigente Regolamento Edilizio, in quanto eccedevano il limite numerico di 1 abbaino a falda ed avevano un’apertura finestrata maggiore di 1 mq. ed un terrazzino non ricavato all’interno della falda;
3) poiché tali varianti costituivano variazioni essenziali ai sensi dell’art. 32 DPR n. 380/2001 e dell’art. 3 L.R. n. 28/1991 ed avevano “rilevanza anche ai fini strutturali”, non potevano essere autorizzate con SCIA in sanatoria.
Il sig. F M con il presente ricorso, notificato il 6/7.9.2017 e depositato il 5.10.2017, ha impugnato la predetta Determinazione n. 206 del 5.6.2017, deducendo:
1) la violazione dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. d), L. n. 124/2015, entrato in vigore il 28.8.2015, tenuto pure conto dell’art. 2, comma 4, D.Lg.vo n. 222/2016, in quanto l’impugnato provvedimento di annullamento della SCIA in sanatoria del 20.7.2015 avrebbe dovuto essere adottato entro il termine perentorio del 20.2.2017 oppure entro il termine perentorio del 28.2.2017, tenuto conto delle recenti Sentenze C.d.S. Sez. V n. 250 del 19.1.2017 e Sez. VI n. 3462 del 13.7.2017, secondo cui per i titoli edilizi, come nella specie, formatisi prima 28.8.2015, il termine di 18 mesi, stabilito dalla predetta norma per l’esercizio del provvedimento di autotutela, inizia a decorrere dall’entrata in vigore di tale norma;
2) la violazione dei principi in materia di autotutela, in quanto il potere di autotutela può essere esercitato per tutelare un interesse pubblico specifico diverso dal mero ripristino della legalità violata, che deve anche essere prevalente rispetto all’interesse contrapposto del privato alla conservazione dell’atto;
3) la violazione dell’art. 2, comma 3 bis, L.R. n. 25/2009, in quanto ai sensi di tale norma gli edifici residenziali-condominiali, aventi una superficie superiore a 400 mq., potevano essere ampliati fino a 160 mq. per l’intero edificio, nel limite massimo di 40 mq. per unità immobiliare, per cui doveva ritenersi conforme a tale norma l’ampliamento del 4° piano di 66,45 mq. di cui è causa;la violazione dell’art. 3, comma 1, lett. c), L.R. n. 28/1991, in quanto ai sensi di tale disposizione costituisce variazione essenziale l’aumento del 6% della volumetria degli edifici, come quello in questione, eccedenti i 2.000 mc., mentre il predetto ampliamento del 4° piano di 66,45 mq. avrebbe determinato un incremento volumetrico del 5,52%;l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto il ricorrente ha realizzato 1 abbaino per falda, come previsto dall’art. 38 del vigente Regolamento Edilizio, mentre la maggiore ampiezza dell’apertura finestrata dei 2 abbaini non rientra in alcuno dei casi di variazione essenziali, previsti dal citato art. 3, comma 1, L.R. n. 28/1991;l’eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto l’impugnata Determinazione n. 206, del 5.6.2017, non spiega le ragioni per le quali le varianti della SCIA in sanatoria del 20.7.2015 avrebbero “rilevanza anche ai fini strutturali”.
Il Comune di Lavello si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso.
Nell’Udienza Pubblica del 21.2.2018 il ricorso è passato in decisione.
Il primo ed il secondo motivo di impugnazione vanno accolti.
L’art. 21 nonies, comma 1, L. n. 241/1990, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. d), n. 1), L. n. 124/2015, statuisce che il potere di autotutela di annullamento del provvedimento amministrativo, affetto da illegittimità diverse dalla violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti e/o per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, deve essere esercitato “entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 18 mesi, dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20” della stessa L. n. 241/1990, cioè i provvedimenti, formatisi mediante l’istituto del silenzio assenso.
E l’art. 2, comma 4, D.Lg.vo n. 222/2016 puntualizza che, in caso di SCIA, il termine di 18 mesi ex art. 21 nonies L. n. 241/1990 “decorre dalla data di scadenza del termine previsto dalla legge per l’esercizio del potere ordinario di verifica”.
Nella specie, non risulta condivisibile la prima tesi del ricorrente, relativa alla retroattività del suddetto art. 21 nonies, comma 1, L. n. 241/1990, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. d), n. 1), L. n. 124/2015, secondo cui l’impugnato provvedimento di annullamento della SCIA in sanatoria del 20.7.2015 avrebbe dovuto essere adottato entro il termine perentorio del 20.2.2017, tenuto conto del termine di 30 giorni, previsto dall’art. 23 DPR n. 380/2001 per l’esercizio da parte del Comune del controllo inibitorio sulla SCIA edilizia, attesoché le Sentenze C.d.S. Sez. V Sent. n. 250 del 19.1.2017 e C.d.S. Sez. VI Sent. n. 3462 del 13.7.2017, richiamate dal ricorrente, hanno statuito che per i provvedimenti illegittimi emanati anteriormente al 28.8.2015, cioè prima dell’entrata in vigore dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. d), L. n. 124/2015, il termine massimo di 18 mesi, stabilito da tale norma, entro cui va adottato il provvedimento di autotutela, “comincia a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione normativa”, precisando che “il termine dei diciotto mesi per l’esercizio del potere di annullamento di ufficio previsto dal vigente art. 21 nonies L. n. 241/1990 non può applicarsi in via retroattiva, nel senso di computare anche il tempo decorso anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6, comma 1, lett. d), L. n. 124/2015, che ha modificato l’art. 21 nonies, introducendo il predetto termine perentorio di 18 mesi, in quanto tale esegesi, oltre a porsi in contrasto con il generale principio ex art. 11, comma 1, Disp. Prelim. al C.C. di irretroattività della legge, finirebbe per limitare in maniera eccessiva ed irragionevole l’esercizio del potere di autotutela amministrativa”.
Invece, risulta fondata la seconda tesi del ricorrente, ai sensi della quale l’impugnato provvedimento di annullamento della SCIA in sanatoria del 20.7.2015 avrebbe dovuto essere emanato entro il 28.2.2017, in quanto, in applicazione del suddetto orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, dopo la scadenza del termine di 30 giorni per l’esercizio del controllo inibitorio ai sensi dell’art. 23 DPR n. 380/2001 inizia a decorrere il suddetto termine di 18 mesi ex art. 21 nonies L. n. 241/1990, ciò anche perché il contrasto tra il ricorrente ed il Comune sull’entità del contributo da versare non può spostare artificiosamente in avanti il più volte citato termine di 18 mesi per l’esercizio del potere di autotutela.
Pertanto, deve ritenersi che l’impugnata Determinazione n. 206 del 5.6.2017 non è stata tempestivamente adottata.
Al riguardo, va precisato che non può condividersi la tesi difensiva del Comune di Lavello, secondo cui l’Amministrazione ha sostanzialmente applicato l’art. 19, comma 6 ter, L. n. 241/1990, ai sensi del quale, poiché la SCIA non costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabile, “gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3, cod. proc. amm.” (cioè il ricorso avverso il silenzio inadempimento ex art. 117 cod. proc. amm.). Ed invero, sebbene il procedimento sia iniziato dopo la ricezione dell’istanza del sig. G C del 3.5.2017, dall’impugnata Determinazione n. 206 del 5.6.2017 risulta che con tale istanza è stato chiesto l’intervento in autotutela. Inoltre il predetto provvedimento impugnato è stato emanato ai sensi dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, come, peraltro, previsto anche dal comma 4 dello stesso art. 19 L. n. 241/1990.
Come dedotto con il II) motivo, il Comune resistente, nella specie, ha, in ogni caso, violato anche sotto altro profilo i principi di in materia di autotutela, confermati anche dalla recente Sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 17.10.2017 (cfr. pure, per quanto riguarda l’annullamento della SCIA, TAR Liguria Sez. I Sent. n. 970 del 3.10.2016), giacché non ha indicato quale interesse pubblico specifico diverso dal mero ripristino della legalità violata (che deve anche essere prevalente rispetto all’interesse contrapposto del privato alla conservazione dell’atto) stia alla base del disposto annullamento d’ufficio.
Infatti, con l’impugnata Determinazione n. 206 del 5.6.2017 il Responsabile del Settore Servizi del Territorio del Comune di Lavello si è limitato a richiamare “l’interesse pubblico di tutelare il rispetto dell’ordinato sviluppo urbanistico del territorio in conformità alle leggi ed ai regolamenti in materia edilizia”, ritenuto “da porsi in posizione di superiorità rispetto all’interesse del privato”.
Ma le suddette violazioni dell’art. 2, comma 3 bis, L.R. n. 25/2009, per soli 26,45 mq., dell’art. 3, comma 1, lett. d), L.R. n. 28/1991 e dell’art. 38 del vigente Regolamento Edilizio non assumono la configurazione di un interesse pubblico specifico diverso dal mero ripristino della legalità violata e, comunque, tenuto conto della circostanza che il ricorrente aveva già realizzato le varianti, indicate nella SCIA in sanatoria del 20.7.2015, e ritenute legittime dal Responsabile del Settore Servizi del Territorio con l’atto prot. n. 15427 del 16.12.2015, nella specie doveva ritenersi prevalente l’interesse privato del ricorrente, di evitare la demolizione di tali opere edilizie già interamente costruite.
A quanto sopra consegue l’accoglimento del ricorso in esame, rimanendo assorbite le censure avanzate con il terzo motivo, attinenti l’originaria legittimità o meno delle opere realizzate dal ricorrente. Con riferimento a quest’ultima, rimane ovviamente ferma la possibilità per il controinteressato sig. G C di adire il Giudice Ordinario, per tutelare il suo interesse al rispetto delle norme del Codice Civile in materia di distanze dalle vedute.
Va pertanto disposto l’annullamento dell’impugnata Determinazione n. 206 del 5.6.2017.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio, mentre il Contributo Unificato va posto a carico del Comune di Lavello.