TAR Roma, sez. II, sentenza 2016-07-11, n. 201607927
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 07927/2016 REG.PROV.COLL.
N. 03434/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3434 del 2016, proposto da:
P G, rappresentato e difeso dagli avv.ti P Buti e D B, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Roma, Via Riccardo Grazioli Lante, 16;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi
ope legis
dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’esecuzione
del giudicato formatosi a seguito di sentenza n. 9646/2013 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, del 23.10.2013, depositata in Segreteria il 12.11.2013, non notificata.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla camera di consiglio del giorno 1 giugno 2016 il Cons. S M;
Uditi gli avv.ti, di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza n. 9646 del 23.10.2013, la Sezione ha accolto il ricorso proposto dal colonnello P G per l’accertamento del diritto alla corresponsione, sul trattamento di attività e sull’indennità di buonuscita, di maggiori emolumenti per due anni aggiuntivi di servizio, riconosciuti ai sensi dell’art. 117 del r.d. n. 3458/1929, e quindi per la condanna del MEF al pagamento delle relative differenze retributive e di indennità di fine rapporto maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria.
In particolare, ha osservato quanto segue.
“La questione di diritto posta dal ricorrente è stata già più volte affrontata sia dal Consiglio di Stato che da questo Tribunale amministrativo, ed è stata risolta nel senso che il beneficio previsto dall’art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928 non è riassorbibile con la successiva progressione economica (cfr. ad esempio, Cons. St., sez. IV, sentenza n. 1241 del 31 ottobre 1997, sia pure con riferimento alla progressione economica di cui all’art. 2, della l. n. 425 del 1984;cfr., anche, con riferimento agli Ufficiali dell’Esercito, la sentenza n. 10439 del 7.10.2004, del TAR Lazio, Sezione I^ bis).
Gli artt. 117 e 120 del R.D. 3458/28, di cui è invocata l’applicazione, hanno introdotto la concessione dell’abbreviazione di due, o di un anno, dell’anzianità di servizio, agli effetti della determinazione dello stipendio, in favore dei mutilati o invalidi di guerra, in relazione ad infermità ascritte alle differenti categorie di cui alla tabella annessa al decreto luogotenenziale 20 maggio 1917, n. 876, ovvero di cui agli artt. 100 e 101 del regio decreto 21 febbraio 1895, n. 70.
Con legge 15 luglio 1950, n. 539, i benefici spettanti, secondo le vigenti disposizioni, ai mutilati ed agli invalidi di guerra, nonché ai congiunti dei caduti in guerra, si applicano anche ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio.
Agli effetti della legge 539/50 si considerano mutilati od invalidi per servizio coloro che alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, hanno contratto, in servizio e per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137.
Quanto all’oggetto dell’equiparazione di cui all’art. 1, della legge in esame, è fuor di dubbio che essa riguardi anche tutte le pregresse norme, purché vigenti, tra cui dunque anche quelle di cui al R.D. 3458/1928.
Le invocate norme, relative all’abbreviazione dell’anzianità di servizio per gli scatti di stipendio, indicano quale presupposto l’avvenuto riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità, nonché l’ascrivibilità delle stesse ad una delle categorie ivi indicate.
Ed invero, dallo stesso dato testuale di cui all’art. 117, R.D. 3458/1928, si evince che nell’ambito di beneficiari dell’abbreviazione temporale agli effetti della determinazione stipendiale sono compresi tanto gli ufficiali in servizio permanente quanto quelli delle categorie in congedo.
Pertanto il diritto all’anticipazione delle progressioni stipendiali sorge dal momento in cui si è verificata la condizione giuridica prevista dalla legge, senza che possano essere poste limitazioni al riguardo, in ragione della costanza in servizio o meno del dipendente, dovendo essere ricondotta la realizzazione della fattispecie all’unico presupposto giuridico richiesto.
Va poi considerato che la norma che ha previsto il beneficio de quo, consistente in sostanza in una abbreviazione di carriera, non produce direttamente essa stessa un beneficio economico, derivando gli eventuali incrementi remunerativi dalla disciplina generale sul trattamento economico.
A tanto consegue che l'’abbreviazione, involgendo i criteri di determinazione della carriera economica, quale risultante per il dipendente pubblico interessato della disciplina generale integrata con la norma agevolativa, non può dare origine a dislivelli retributivi suscettibili di “riassorbimento”.
Sul piano sostanziale va ancora considerato che l'agevolazione di cui al più volte richiamato art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928 si ricollega ad una situazione soggettiva di pregiudizio avente carattere permanente, quale lo stato di invalidità per causa di guerra o di servizio, per cui la temporaneità della erogazione, cui consegue l’assorbimento nei successivi miglioramenti retributivi, si porrebbe in contraddizione con il fine, in senso lato indennitario, perseguito dal legislatore.
Nessun ostacolo può infine derivare, nella fattispecie, dall’art. 118, R.D. 3458/1928, il quale dispone che l’erogazione del beneficio può essere concessa una sola volta nella carriera di appartenenza, con la conseguenza che nei confronti di coloro ai quali l’attribuzione era stata accordata in applicazione di una interpretazione più restrittiva delle norme, con il riassorbimento del beneficio al momento del conseguimento di un grado superiore, ovvero all’atto della maturazione di un aumento periodico stipendiale, la riconsiderazione dello stesso secondo il più recente indirizzo applicativo costituirebbe una non consentita reiterazione del beneficio.
Ed invero, anche nel caso di specie, come in quelli già affrontati dalla giurisprudenza richiamata, la domanda avanzata dal ricorrente non risulta finalizzata ad una reiterazione dello stesso in ordine ad un diverso fatto costitutivo del diritto, bensì ad una diversa valutazione degli effetti che il beneficio avrebbe dovuto comportare in ordine al trattamento economico, e che invece non ha avuto siccome riassorbito nel tempo.
In altri termini, la richiesta del ricorrente attiene alla ricostruzione della carriera economica in applicazione della corretta modalità di godimento del beneficio, pacificamente spettante e già attribuito, senza considerarne l’assorbimento verificatosi nel tempo, con ogni effetto in ordine al trattamento stipendiale già in godimento, ed al successivo trattamento di quiescenza.”.
Sulla scorta di tali argomentazioni, la Sezione ha quindi affermato “l’obbligo delle amministrazioni intimate di rideterminare il trattamento economico del ricorrente (ivi compresa l’indennità di buonuscita) alla luce dei sopra indicati principi e secondo la posizione rappresentata dal G nell’istanza del 23.12.1997.
Sulle somme eventualmente risultanti quali crediti di lavoro saranno dovuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria fino al soddisfo, non cumulabili, peraltro, in relazione alle somme maturate dal 1° gennaio 1995, in ragione del divieto di cumulo disposto dall’art. 16, 6° comma, legge 412/1991 e dall’art. 22, 36° comma, legge 724/1994.”.
Riferisce ora il Col. G che l’amministrazione non ha correttamente eseguito la sentenza che si è testé riportata, in quanto ha fatto applicazione di disposizioni sopravvenute all’art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928, ovvero gli artt. 1801 e 2159 del d.lgs n. 66/2010, i quali, tuttavia, regolano un beneficio nuovo e diverso da quello in esame, in considerazione del fatto che, con l’art. 70 del d.lgs. n. 112 del 2008, gli artt. 117 e 120 del regio decreto del 1928 sono stati abrogati.
Nel caso in esame, però l’art. 117 testé citato, rimasto in vigore fino al 31.12.2008, costituisce l’unica disciplina applicabile.
Il beneficio de quo consiste in una abbreviazione di carriera, che non produce essa stessa direttamente un beneficio economico, derivando gli incrementi remunerativi dalla disciplina generale sul trattamento economico.
Pertanto – data per acquisita la corresponsione dell’importo riferito al periodo 1.7.1979 – 31.12.1980 - parte ricorrente ritiene che, secondo la normativa all’epoca vigente, debbano essergli erogati gli ulteriori e dovuti trattamenti stipendiali, di quiescenza e di buonuscita come di seguito indicato:
- dall’1/01/1981 al 30/09/1982, ulteriore scatto convenzionale del 2,50% determinato sul trattamento economico relativo al grado posseduto;
- dall’1.10.1982 al 31.12.1983 (data di passaggio al trattamento economico dirigenziale di cui al terzo comma dell’art. 1, della l. 17 aprile 1984, n. 79), maggiorazione di ulteriore scatto convenzionale del 2,50 determinato sul trattamento economico relativo alla posizione economica del colonnello;
- dall’1/01/1984 al 30/09/1984, progressione di una ulteriore classe aggiuntiva di stipendio del 6% sul trattamento economico dirigenziale;
- dall’1.10.1984 al 30.09.1990, ad ogni scadenza biennale, progressione di ulteriori classi aggiuntive di stipendio del 6% sul trattamento economico dirigenziale;
- dal 1° ottobre 1990 al 17 dicembre 1996 (data di collocamento in congedo), ad ogni scadenza, biennale progressione di una ulteriore classe aggiuntiva del 6% sul trattamento economico dirigenziale (generale di brigata);
- dal 18 dicembre 1996, trattamento pensionistico e di buonuscita calcolato sulla base del trattamento economico del generale di brigata, classe 4^.
Ha domandato, inoltre, che le amministrazioni intimate vengano condannate al pagamento delle somme spettanti a titolo di rivalutazione ed interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché alle c.d. “astreintes” per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato.
Il MEF e il Comando Generale della Guardia di Finanza, si sono costituiti, per resistere, con comparsa di stile.
Il ricorso è stato assunto in decisione alla camera di consiglio del 1° giugno 2016.
2. In primo luogo, rileva il Collegio che non è stata contestata dalla resistente amministrazione (art. 64, comma 2, c.p.a.) l’affermazione del ricorrente secondo cui, nel dare esecuzione alla sentenza in epigrafe, essa abbia applicato l’art. 1801 del Codice dell’ordinamento militare, il quale dispone che “Al personale dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare che, in costanza di rapporto di impiego, ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per infermità ascrivibile a una delle categorie indicate nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, compete una sola volta, nel valore massimo, un beneficio stipendiale, non riassorbibile e non rivalutabile, pari al:
a) 2,50 per cento dello stipendio per infermità dalla I alla VI categoria;
b) 1,25 per cento dello stipendio per infermità dalla VII alla VIII categoria.”.
La norma in questione, però, è entrata in vigore solo nel 2010, mentre la fattispecie per cui è causa è disciplinata, ratione temporis , dall’art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928.
E’ quindi sulla scorta di tale disposizione che l’amministrazione deve provvedere a ricostruire il trattamento economico del Col. G, dall’1.1.1981, fino alla data di collocamento a riposo, oltre che a rideterminare l’indennità di buonuscita.
Al riguardo, va poi evidenziato che l’abbreviazione di carriera di cui art. 117 cit. - come affermato nella sentenza n. 9646/2013 - “non produce direttamente essa stessa un beneficio economico, derivando gli eventuali incrementi remunerativi dalla disciplina generale sul trattamento economico”.
Essa comporta quindi una maggiorazione temporale dell’anzianità di servizio che segue tutta la carriera retributiva successiva al riconoscimento del beneficio e che deve essere tenuta presente ad ogni modifica stipendiale determinata da progressioni di grado, aumenti contrattuali, etc..
Ciò posto, il ricorso merita accoglimento, dovendo per l’effetto ordinarsi alle intimate amministrazioni di provvedere correttamente alla ricostruzione economica della carriera del col. G e a rideterminare, di conseguenza, anche l’indennità di buonuscita, come prescritto dalla sentenza n. 9646/2013.
All’uopo, appare congruo il termine di giorni sessanta, decorrenti dalla comunicazione e/o notificazione, se anteriore, della presente pronuncia.
Come già prescritto dalla sentenza n. 9646/2013, sulle somme ancora dovute al ricorrente debbono essere calcolati interessi legali e la rivalutazione monetaria, tenendo tuttavia presente la decorrenza del divieto di cumulo previsto dalle leggi n. 412/1991 e n. 724/del 1994.
La Sezione si riserva, nel caso in cui il termine di cui sopra decorra inutilmente, di nominare un commissario ad acta .
Per il momento, non appare equa la concessione di astreintes , in quanto l’amministrazione si è comunque tempestivamente attivata, sia pure in maniera non integralmente satisfattiva.
Le spese, seguono come di regola la soccombenza e si liquidano in dispositivo.