TAR Torino, sez. I, sentenza 2009-06-05, n. 200901564

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2009-06-05, n. 200901564
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 200901564
Data del deposito : 5 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01666/2007 REG.RIC.

N. 01564/2009 REG.SEN.

N. 01666/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1666 del 2007, proposto da:
E S, rappresentata e difesa dagli avv. M E C, M C, con domicilio eletto presso il primo in Torino, via Mercantini, 6;

contro

Comune di Cambiano, rappresentato e difeso dall'avv. P F V, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via Cernaia, 30;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell'ordinanza n. 71 del 04.10.2007, a firma del Responsabile del Settore Urbanistica-Edilizia Privata del Comune, con cui é stato opposto alla ricorrente diniego dell'istanza di permesso di costruire in sanatoria ed é stato ingiunto alla stessa la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi relativamente ad opere presunte abusive realizzate presso l'area e l'immobile siti in Cambiano, via Carnia, 11.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cambiano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 21/05/2009 il Referendario Avv. A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

La signora Sacchini Elda allega che nelle more del giudizio sul ricorso di R.G. 239.07 interposto avverso una precedente ordinanza di demolizione n. 72.06 di opere asseritamente abusive da lei realizzate, il Comune le comunicava il diniego dell’istanza di sanatoria con ordinanza dell’11.4.07, sull’assunto del mancato rispetto delle distanze stabilite dalla normativa urbanistico – edilizia regolante la particella della ricorrente.

Richiamata la predetta ordinanza di diniego, con successiva ordinanza n. 20/2007 il Comune di Cambiano ingiungeva la demolizione delle opere de quibus.

Tale ultimo provvedimento veniva fatto oggetto di ricorso per motivi aggiunti sul suddetto gravame principale e veniva accolto con sentenza in forma semplificata dalla Sezione n. 2696 del 6.7.2007 limitatamente ai predetti motivi aggiunti e unicamente in relazione alla ritenuta fondatezza della dedotta violazione delle garanzie partecipative di cui all’art. 10-bis della l. n. 241/1990 per omessa comunicazione all’interessata dei motivi ostativi all’accoglimento della sua istanza di conservazione.

Conformandosi alla predetta decisione l’Ente locale comunicava alla deducente con nota del 13.7.2007 (doc. 9 ricorrente) i motivi ostativi in questione, sempre appuntati sul mancato rispetto delle distanze tra fabbricati e dal conine.

Malgrado una memoria procedimentale di osservazioni prodotta dalla Sacchini, il Comune, prendendo posizione sul relativo contenuto, si determinava adottando l’ordinanza n. 71 del 4.10.2007 con la quale ingiungeva la demolizione delle opere rilevate e il ripristino dello stato dei luoghi.

2. Insorge con il ricorso in epigrafe la ricorrente avverso la suddetta ordinanza, deducendo tre motivi che saranno appresso illustrati unitamente al loro scrutinio. Resisteva alla domanda di annullamento il Comune di Cambiano costituendosi con memoria e deposito di documenti del 15.1.2008.

Alla Camera di Consiglio del 16.1.2008 cui il gravame era stato assegnato per la trattazione dell’incidente cautelare la Sezione respingeva la richiesta di sospensione con Ordinanza n. 48 del 16.1.2008 argomentando la ritenuta sussistenza del requisito del fumus boni iuris nell’intentata azione.

Il Comune depositava ulteriore memoria il 5.5.2009 e alla pubblica Udienza del 21.5.2009, sulle conclusioni delle parti e la Relazione del Referendario Avv. A G il gravame è stato introitato per la definitiva decisione di merito.

3.1 Con il primo mezzo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 31 e 33 del Testo Unico sub specie di lesione dell’affidamento ingeneratole dalla circostanza che le opere abusivamente realizzate sarebbero state costruite all’epoca del rilascio della concessione edilizia del 27.12.1977 che autorizzava l’ampliamento di un basso fabbricato di proprietà della ricorrente.

Allega sul punto la ricorrente una relazione tecnica (doc. 11) che attesterebbe che sia la sopraelevazione e l’ampliamento del corpo principale dell’immobile, sia l’avancorpo sarebbero risalenti nel tempo, da collocarsi intorno al periodo di realizzazione dell’intervento assentito con la predetta concessione. Cosa che si evincerebbe dagli stessi accertamenti di cui dà atto l’Ente nel provvedimento opposto, per il quale il corpo principale, posto sul lato nord, “è di più antica costruzione, per il quale è stata rilasciata la licenza edilizia n. 501/716 del 28.7.1971”.

Con il terzo motivo il delineato argomento difensivo è sviluppato in termini di eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Dal canto suo la difesa del Comune oppone che è onere del ricorrente fornire concreti elementi di prova dell’anteriorità dell’abuso, non essendo sufficiente una mera relazione di parte, peraltro neanche giurata, corredata di rilievi fotografici orfani della certezza della data.

3.2. La Sezione deve dissentire dalla tesi della ricorrente, confermando gli approdi cui era pervenuta con l’Ordinanza cautelare n. 48/200.

Già in quella sede il Tribunale rilevava che le allegazioni di parte ricorrente intorno alla pretesa risalenza nel tempo delle opere contestate, erano generiche ed indimostrate e collidenti con le “risultanze, esplicitamente illustrate, di cui al sopralluogo comunale e allegata relazione del 13.10.2006”.

A maggior ragiono oggi in sede di plena cognitio propria della presente fase di merito, il Collegio esterna gli argomenti e gli elementi di convinzione da cui scaturiva la riportata affermazione dell’Ordinanza cautelare reiettiva.

Invero, da un lato occorre prestare adesione all’orientamento del Giudice amministrativo che in subiecta materia ha più volte attinto il principio di diritto in ossequi al quale “in materia edilizia , l'onere della prova in ordine all' epoca di realizzazione di un abuso edilizio grava sull'interessato che intende dimostrare la legittimità del proprio operato e non sul Comune che, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge”(T.A.R. Sicilia - Palermo, sez. III, 26 ottobre 2005 , n. 4099).

In tal senso anche T.A.R. Umbria, 10 luglio 2003, n. 589;
T.A.R. Basilicata, 29 aprile 2003, n. 370). Tale onere poi, può ritenersi a sufficienza soddisfatto solo quando le prove addotte risultano obiettivamente inconfutabili sulla base di atti e documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrono la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto (cfr. T.A.R. Umbria, 10 luglio 2003, n. 589).

Giova ricordare che tempo addietro già la Sezione si era posta sul rassegnato indirizzo esegetico, avendo affermato che l’onere della prova della data del’abuso incombe sul suo autore: T.A.R. Piemonte, I Sez., 25 febbraio 1999 n.105. In precedenza altri Collegi di primo grado avevano espresso la delineata interpretazione: T.A.R. Marche 23 ottobre 1992 n.633;
T.A.R. Valle d'Aosta 2 agosto 1990 n.68.

Segnala il Collegio che più di recente la giurisprudenza ha riproposto la riferita ermeneusi evidenziando che l’onere de quo trasla sull’amministrazione solo dopo che il responsabile abbia fornito concreti elementi, altamente probanti in ordine alla data di realizzazione dell’opus (T.A.R. Puglia- Lecce, sez. III, 13 settembre 2008 , n. 2541). Si è al riguardo affermato, infatti che “l'onere della prova in ordine alla data di realizzazione dell'immobile abusivo ricade su chi ha commesso l'abuso, nel mentre solo la deduzione, da parte di quest'ultimo, di « concreti elementi a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all'Amministrazione ». L'onere per il privato di dimostrare che l'opera è stata completata entro la data utile, comporta che anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio non è sufficiente a tal fine, essendo necessari ulteriori riscontri documentali, eventualmente anche indiziari, purché altamente probanti” (T.A.R. Campania - Napoli, sez. VII, 24 luglio 2008 , n. 9347).

Solo la deduzione da parte del ricorrente di siffatti elementi probanti trasferisce, come detto, l’onere indicato in capo all’Amministrazione ((Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2110).

Ora, nel caso all’attenzione della Sezione non può dirsi certo che la ricorrente abbia offerto al giudicante elementi altamente probanti in ordine alla data di realizzazione dell’abuso. Nessun valore può all’uopo annettersi alla relazione tecnica (doc.11) di parte, attesa la provenienza dalla parte ricorrente e l’assenza di elementi di supporto a corredo delle allegazioni ivi contenute.

Per converso, è invece altamente significativo, come del resto già accennato dalla Sezione con l’Ordinanza cautelare, quanto emerge dal sopralluogo del 13.10.2006, assunto a base del provvedimento di demolizione gravato.

A ben leggere le notazioni colà riportate emerge infatti, intanto che il fabbricato n. 2 (posto sul confine nord – est), il più corposo , era, all’atto del sopralluogo, “in fase di ristrutturazione”. Inoltre, si riferisce nel verbale in esame che i verbalizzanti rilevavano che “all’interno dei locali sono in fase di completamento tutte le finiture, sono stati posati i sanitari dei bagni e risultano installati impianto elettrico e termosanitario”.

Non occorrono particolari sforzi deduttivi per affermare che emerge dalle riportate affermazioni un quadro di attività costruttiva in fase di realizzazione, visto che veniva rilevato che erano in fase di completamento le finiture, che erano stati posati i sanitari e che, più in generale, il corpo 2 versava “in fase di ristrutturazione”.

Ma rafforzano gli assunti appena riportati anche i rilievi fotografici a stampa a corredo del predetto verbale. La prima serie di due fotografie, concernente il fabbricato 2, raffigura infatti un corpo di fabbrica in palese stato di recente realizzazione, tuttora in corso, com’è inequivocabilmente comprovato dalla presenza, ritratta fotograficamente, accanto alla due foto, di una macchina impastatrice di malta. Nella terza serie di fotografie, sempre riferite al fabbricato 2, in quella in alto è raffigurato in basso a sinistra, nella nicchia aperta, un secchio per vernice o malta. Ancora: nelle fotografie alla pagina successiva, inerenti sempre il fabbricato 2, si evince un locale bagno in stato di recente completamento, individuandosi il WC e il bidè.

E’ di cristallina evidenza, dunque, che dal complesso del verbale di sopralluogo, in uno con le relative stampe fotografiche, emerge un quadro di realizzazione delle opere contestate da collocare all’epoca del sopralluogo effettuato.

A fronte di tali significative risultanze documentali, inesorabilmente scolora la portata probatoria, già minima, che il ricorrente pretende di attribuire alla relazione tecnica prodotta all’epoca del deposito del gravame nonché alla relazione depositata successivamente alla pronuncia dell’Ordinanza cautelare di rigetto dell’istanza di sospensiva.

E’ d’uopo , peraltro, a parere del Tribunale, svolgere anche una riflessione giuridica diversa in merito alle allegazioni di parte ricorrente.

Ebbene, anche qualora le stesse avessero rinvenuto elementi di sostegno di natura probatoria, e dovesse pertanto concludersi che le opere erano state realizzate trenta anni or sono, non per questo discenderebbe eo ipso l’illegittimità dell’ordinanza dei demolizione.

È appena il caso di ricordare, infatti che la giurisprudenza che annette rilievo alla risalenza nel tempo della realizzazione dell’abuso, fa discendere da siffatta circostanza solo un onere di motivazione particolarmente attenta dell’attualità dell’interesse pubblico alla adozione della misura demolitoria. La giurisprudenza, quindi, fa derivare dall’accertata vetustà dell’abuso, solo un quid pluris del corredo motivazionale dell’ordinanza di demolizione, la quale dovrà dar conto della perdurante sussistenza di un interesse pubblico attuale alla demolizione del manufatto, non coincidente con il generico interesse pubblico al ripristino della legalità violata.

La Sezione ha già aderito a più riprese, anche in sede cautelare al riferito indirizzo (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 2.3.2009, n. 618;
T.A.R. Piemonte, Sez. I, 31.1.2009, n. 108, Ord.) secondo il quale il caso della accertata vetustà dell’abuso rispetto alla data di adozione dell’ordinanza di demolizione è “ipotesi questa sola, in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche alla entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato”.(Consiglio Stato , sez. IV, 06 giugno 2008, n. 2705;
T.A.R. Campania - Napoli, sez. III, 18 settembre 2008, n. 10345;
in terminis, Consiglio di Stato, Sez. V, 4 marzo 2008 , n. 883).

La vetustà dell’abuso rispetto all’epoca della sua rilevazione e sanzione non inibisce dunque all’Ente locale l’esercizio dei poteri di repressione e sanzione e non determina illegittimità dell’ordine di demolizione se lo stesso enuncia adeguatamente la sussistenza dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione.

Nel caso all’esame del Collegio, invece, il provvedimento impugnato offre adeguata motivazione dell’attualità dell’interesse pubblico alla demolizione, là dove afferma che “il tipo di abuso contestato non consente il consolidarsi di un interesse privato prevalente rispetto a quello pubblico, essendo inderogabili le norme relative alle confrontano tra pareti finestrate ai sensi del D.M. 1444/68”.

Il primo ed il secondo motivo di gravame vanno pertanto disattesi siccome infondati.

4. Né miglior sorte si profila per il terzo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 9 del D.M. n. 1444/68, assumendo che all’epoca della realizzazione della sopraelevazione e dell’avancorpo, l’immobile fronteggiante era di proprietà della stessa ricorrente, essendo stato trasferito a terzi solo con decreto di trasferimento del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Torino del 11.5.2005.

Ne conseguirebbe che i fabbricati all’epoca della loro edificazione, essendo di proprietà dello stesso soggetto, non erano soggetti ai disposti dell’art. 9 del D.M. n. 1444/68 sui c.d. standard.

L’infondatezza della censure discende automaticamente dall’infondatezza dei primi due scrutinati motivi di ricorso.

Invero, va qui solo rilevato che ciò che conta è che alla data del 13.10.2006 in cui fu effettuato il sopralluogo da parte del Comune, i due immobili fossero di proprietà di soggetti diversi, essendo stato l’uno trasferito a terzi l’11.5.2005 in forza del citato decreto del Tribunale civile.

Affinché la censura potesse dirsi fondata, dunque, necessitava alla ricorrente fornire la prova certa che la sopraelevazione e l’avancorpo fossero stati realizzati prima di detta ultima data. Ma si è già illustrata l’assenza di elementi altamente probanti in merito alla pretesa vetustà dell’abuso, assenza a fronte della quale campeggiano invece le risultanze del sopralluogo del 13.10.2006 sopra profusamente enucleate.

Era onere della ricorrente fornire elementi di prova ancora più specifici di quanto assunto nei prime due motivi, e cioè la prova che la sopraelevazione e l’avancorpo sono stati realizzati anteriormente al maggio 2005. Prova che non stata minimamente fornita.

Ne consegue il rigetto anche del terzo ed ultimo motivo di gravame.

In definitiva, il ricorso, per le ragioni finora illustrate si profila infondato e va per l’effetto respinto.

Sussistono peraltro eque ragioni per derogare al principio della soccombenza disponendo la compensazione delle spese di lite.

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