TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-03-28, n. 202305389

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-03-28, n. 202305389
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202305389
Data del deposito : 28 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2023

N. 05389/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02495/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2495 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Soc Unicredit Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A F, A G, C M, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Guarino in Roma, piazza Borghese, 3;

contro

Gestore Servizi Energetici Gse Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A P, E S, E C, M A F, F G, con domicilio eletto presso lo studio F G in Roma, via Sardegna, 14;
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Soc Energetic Source Polar Production S.r.l., Soc Eam Solar Italy Holding S.r.l., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento o la dichiarazione di nullità

per quanto riguarda il ricorso principale

della comunicazione n. p20150087407 del 20 novembre 2015 con la quale il GSE ha comunicato alla ricorrente, nella sua qualità di cessionario dei crediti sorgenti a favore di ESSP in conseguenza del riconoscimento del diritto alla tariffa incentivante per l'energia elettrica di origine fotovoltaica prodotta dall'impianto "Marrulli", la decadenza dal diritto alla predetta tariffa incentivante unitamente alla richiesta di restituzione delle somme percepite,

Per quanto riguarda i motivi aggiunti

Per l’annullamento o la dichiarazione di nullità della nota del GSE del 28 dicembre 2015 con cui è stata quantificata la somma oggetto di restituzione, dalla data di cessione del credito, pari a euro 666.363,86 al lordo della ritenuta di acconto, accertamento dell’insussistenza del titolo giuridico e risarcimento danni.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gestore Servizi Energetici Gse Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2023 il dott. Fabio Belfiori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 2.2.2016 e depositato il 29.2.2016 la ricorrente, chiedendone l’annullamento o la dichiarazione di nullità, ha impugnato l’atto in epigrafe - avente destinatarie la ricorrente quale cessionaria del credito e la società beneficiaria dei contributi, cedente del credito - con cui il GSE Spa ha disposto la decadenza dagli incentivi relativi a un impianto fotovoltaico e chiesto la restituzione – alla beneficiaria dei contributi, cedente del credito, e alla cessionaria del credito - delle relative somme.

La restituzione degli incentivi è stata chiesta dal GSE alla ricorrente in qualità di cessionaria dei crediti derivanti dal rapporto di incentivazione.

Anche la cedente il credito, originaria beneficiaria dei contributi, ha impugnato l’atto di decadenza in discorso e la controversia è stata decisa con sentenza di questa Sezione n. 6652/2016, non impugnata, reiettiva del ricorso proposto.

Con l’odierno gravame la ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto.

Primo motivo. Violazione della legge 241/1990, con specifico riferimento alle garanzie procedimentali, poiché, si dice, la cessionaria del credito sarebbe stata interessata dal recupero delle somme, sarebbe dovuta anche essere coinvolta durante il procedimento.

Secondo motivo. Violazione dell’art. 10 L. 241/1990 e dell’art. 10 D.M. 31 gennaio 2014, violazione del diritto di difesa e carenza di motivazione.

Si deduce, in sintesi, che il GSE, nel provvedimento adottato, avrebbe dovuto tener conto delle deduzioni procedimentali della parte privata.

Terzo motivo. Difetto di motivazione e, ancora, violazione del diritto di difesa, per, si dice, non essere stata la ricorrente a conoscenza delle informazioni inerenti il procedimento penale asseritamente posto a base delle decisioni del GSE, procedimento al quale la stessa ricorrente si dice del tutto estranea.

Quarto motivo. In sostanza, eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione perplessa oltre che violazione dei principi del processo penale.

Il GSE, si afferma, avrebbe acriticamente assunto le risultanze del procedimento penale inerente la cedente, alla stregua di fatti accertati, mentre così, si afferma, non sarebbe stato.

Quinto motivo. Violazione del D.M. 31 gennaio 2014, del D.M. 19 febbraio 2007, del D.lgs 387/2003, del D.M. 6 agosto 2010, della L. 129/2010, eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria e, ancora, motivazione perplessa.

Viene, in sostanza, criticato l’assunto secondo cui la beneficiaria dell’incentivazione avrebbe prodotto documenti falsi o dati non veritieri.

Sesto motivo. Violazione del D.lgs 28/2011, del D.M. 31 gennaio 2014, violazione del principio di legalità, eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria e, ancora, motivazione perplessa.

La erroneità delle dichiarazioni, si dice, non sarebbe sufficiente a decretare la decadenza dai benefici. Inoltre non sarebbe stato accertato che i lavori relativi all’impianto non erano stati ultimati entro il 31 dicembre 2010.

Settimo motivo. Violazione degli artt. 76 e 3 Cost. e della legge 96/10.

Nel motivo di deduce la illegittimità costituzionale dell’art. 42 del D.lgs 28/2011.

Ottavo motivo. Violazione del D.M. 19 febbraio 2007, del D.M. 6 agosto 2010, difetto dei presupposti e di istruttoria.

Secondo la ricorrente, la provenienza o l’importazione dei pannelli fotovoltaici non rileverebbe, alla stregua dei decreti richiamati.

Nono motivo. Difetto dei presupposti, di istruttoria e sviamento di potere.

Nel motivo, in sintesi, si critica, sotto altro profilo, il riferimento fatto dal GSE al procedimento penale inerente la società beneficiaria degli incentivi.

Decimo motivo. Incompetenza, si dice, per essere stato adottato l’atto da organo incompetente.

Undicesimo motivo. Violazione D.p.c.m. 11.5.2004 e del Dl.gs 79/99.

Si afferma carenza assoluta di potere del GSE di prescrivere autoritativamente alla ricorrente, quale cessionaria del credito, la restituzione delle somme derivanti dalla decadenza dagli inventivi da parte della società beneficiaria degli stessi.

Dodicesimo motivo. Si deduce carenza assoluta di potere in tema di diritti soggettivi in assenza di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Si dice che una volta discrezionalmente determinata la tariffa incentivante, la sua applicazione sarebbe demandata ad atti negoziali, che sfuggono alla giurisdizione amministrativa per essere demandata a quella ordinaria.

Il 26 febbraio 2016 sono stati notificati motivi aggiunti, depositati il 4 marzo 2016, per impugnare la nota del 28 dicembre 2015 con cui il GSE ha quantificato l’ammontare delle somme da restituire, a far data dalla cessione del credito a favore della ricorrente.

E’ stato, altresì, chiesto l’accertamento dell’insussistenza del titolo giuridico e il risarcimento dei danni.

Con i motivi aggiunti si deduce illegittimità derivata dai vizi indicati nel ricorso introduttivo avverso l’atto di decadenza e richiesta restituzione a monte della quantificazione (primo motivo).

Si deduce, inoltre, la mancata indicazione del titolo giuridico della pretesa del GSE e la sua insussistenza (secondo e terzo motivo).

In particolare, sotto questo profilo, con argomentazione poi sviluppata nella memoria depositata da parte ricorrente il 13 gennaio 2023 e ulteriormente approfondita nella discussione all’udienza pubblica del 15 febbraio 2023, si dice che “ Risulta documentalmente che la tariffa incentivante è stata sempre versata dal GSE ad ESSP sul suo conto corrente che essa aveva acceso presso Unicredit.

Non è stata mai versata ad Unicredit. La circostanza che da quel medesimo conto venissero pagate le rate di rimborso del finanziamento che Unicredit aveva concesso ad ESSP per la realizzazione

dell’impianto è del tutto irrilevante (…) È certamente vero che la cessione, anche se a garanzia, ha effetto traslativo a favore del cessionario del credito che ne forma oggetto. È altrettanto vero però che “se l’obbligazione è adempiuta” totalmente o parzialmente, il credito ceduto, per l’importo corrispondente, “si ritrasferisce automaticamente nella sfera giuridica del cedente con un meccanismo analogo a quello della condizione risolutiva, senza quindi che occorra da parte del cessionario un’attività negoziale diretta a tal fine” (Cass. n. 16837 del 25.5.2022). Pertanto, non si verifica l’effetto traslativo tutte le volte che la garanzia non viene concretamente azionata (Cons. di St. n. 4752 del 10.6.2022) (….) Nel caso attuale il GSE ha sempre concretamente versato la tariffa incentivante sul conto di cui ESSP ha sempre avuto la piena ed esclusiva titolarità. ESSP ha sempre regolarmente versato ad Unicredit le rate di rimborso del finanziamento via via che esse venivano a maturazione. Unicredit non ha mai richiesto al GSE di versare direttamente ad essa la tariffa

incentivante. Tutti i soggetti interessati – ESSP, Unicredit, e lo stesso GSE – hanno pertanto

ritenuto che la cessione non avesse funzione solutoria del debito contratto da ESSP nei confronti di Unicredit bensì funzione di garanzia e si sono comportati in maniera conseguente. ESSP ha sempre adempiuto alle proprie obbligazioni nei confronti di Unicredit. La garanzia non è mai stata azionata ”.

Sempre nei motivi aggiunti viene, poi, censurata la richiesta dell’importo corrispondente alla ritenuta di acconto (quarto motivo), si deduce difetto di giurisdizione (quinto motivo), si avanza richiesta di risarcimento del danno.

L’11 marzo 2016 si è costituito per resistere il GSE, difendendosi con memorie e documenti.

Dopo lo scambio delle repliche e la discussione, alla pubblica udienza del 15 febbraio 2023 il ricorso è stato posto in decisione.

Il ricorso introduttivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

I motivi aggiunti sono in parte irricevibili (comunque inammissibili) e in parte infondati.

Ragioni della decisione.

Vanno preliminarmente scrutinati i motivi undicesimo e dodicesimo del ricorso introduttivo, volti a contestare il potere amministrativo - pubblicistico del GSE di richiedere le somme derivanti dalla decadenza del provvedimento di ammissione alle tariffe incentivanti e, quindi, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, dandosi per presupposto nella critica che non si verte nella specie in caso di giurisdizione esclusiva ex art. 133 c.p.a. (censura reiterata anche nel quinto motivo del ricorso per motivi aggiunti).

In tema va rilevato che, nella specie, la sussistenza di potere e della giurisdizione amministrativa sono stati acclarati dal Giudice della giurisdizione in giudizio analogo promosso proprio dalla ricorrente (Corte di Cassazione Sezioni unite n. 14653/2017, secondo cui la causa rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, primo comma, lettera o), c.p.a.).

Gli stessi motivi vanno, pertanto, respinti, in quanto infondati.

I motivi dal primo al decimo del ricorso introduttivo, volti a censurare il provvedimento di decadenza dagli incentivi accordati alla originaria beneficiaria, sono, invece, inammissibili, alla luce di quanto già statuito dalla Sezione in casi analoghi. Con riferimento al cessionario del credito è già, infatti, stato anche di recente ribadito che “ la società ricorrente non è legittimata a contestare il provvedimento del 3 novembre 2016 con cui il GSE ha dichiarato la decadenza di Canberra Energy S.r.l. dalla tariffa incentivante, poiché lo stesso produce effetti diretti esclusivamente nei confronti delle parti del rapporto incentivante e non impatta in via diretta ed immediata nella sfera giuridica della società ricorrente, fatti salvi ovviamente i rapporti interni di quest’ultima con la società cedente.

8.1. Questa Sezione ha già affermato in fattispecie analoghe, e in questa sede ritiene di dover ribadire, che “la legittimazione a ricorrere presuppone l'esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall'ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’amministrazione, investita dall'azione esperita;
di conseguenza, in sé considerata, la semplice possibilità di ricavare dall'invocata decisione di accoglimento una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, ricollegabile in via meramente contingente ed occasionale al corretto esercizio della funzione pubblica censurata, non dimostra la sussistenza della posizione legittimante, nel senso che siffatto possibile vantaggio ottenibile dalla pronuncia di annullamento non risulta idoneo a determinare, da solo, il riconoscimento di una situazione differenziata, fondante la legittimazione al ricorso;
occorre, invece, un’ulteriore condizione-elemento che valga a differenziare il soggetto, cui essa condizione-elemento si riferisce, da coloro che avrebbero un generico interesse alla legalità dell'azione amministrativa, essendo quest'ultimo interesse riconosciuto non al quisque de populo, ma solamente a quel soggetto che si trovi, rispetto alla generalità, in una posizione legittimante differenziata (così, di recente, Cons. Stato, sez. III, sent. n. 3829 del 2016)”, mentre “non risulta che l’atto impugnato, nella parte relativa alla determinazione di decadenza, abbia un’incidenza diretta nella sfera giuridica dell’istituto di credito ricorrente il quale non risulta essere titolare del rapporto controverso instaurato tra il GSE ed il soggetto responsabile dell’impianto fotovoltaico”;
“né sarebbe possibile ipotizzare una sostituzione soggettiva nell’esercizio della pretesa, in via di surrogazione, atteso che con la contestazione dei presupposti della disposta decadenza viene in rilievo non il mero esercizio di un diritto di credito, quanto, più complessivamente, l’attivazione di una pretesa di stampo pubblicistico al conseguimento di benefici teleologicamente orientati in una prospettiva di interesse generale (sentenza 24 gennaio 2017, n. 1239;
negli stessi termini, sentenze 15 marzo 2017, n. 3539 e 21 dicembre 2016, n. 12687).

8.2. Il ricorso, nella parte diretta a contestare il provvedimento di decadenza, deve essere pertanto dichiarato inammissibile” , (questa Sezione, 18 marzo 2022, n. 3154).

Nel merito, comunque, va tenuto conto che la legittimità della decadenza disposta con riferimento all’impianto in discorso è stata accertata con sentenza passata in giudicato (questa Sezione n. 6652/2016);
che la comunicazione di avvio del procedimento alla cessionaria del credito, in disparte la sua necessarietà o meno, non avrebbe modificato gli esiti del provvedimento adottato dal GSE, il quale, assodata la non debenza degli incentivi, era obbligato a determinarsi nel senso in cui ha proceduto, rivolgendosi a entrambi i debitori.

Ancora, che dal tenore del provvedimento impugnato non può desumersi alcuna acritica sussunzione nell’atto gravato delle evenienze penali citate, che nessun sospetto di illegittimità costituzionale emerge con riferimento alle norme citate, che l’asserita incompetenza dell’organo emanante l’atto non ridonda, nella specie, in illegittimità dell’atto stesso.

Per cui, anche nel merito, le censure proposte sarebbero, ad ogni modo, infondate.

Il ricorso introduttivo è, quindi, in parte inammissibile (motivi da primo a dieci) e in parte infondato (motivi undici e dodici).

Quanto ai motivi aggiunti.

Il primo motivo è infondato, posto che nessuna illegittimità derivata è ravvisabile, vista l’infondatezza e inammissibilità delle censure portate con il ricorso introduttivo.

Il secondo e terzo motivo sono irricevibili (e comunque inammissibili), posto che non deducono vizi propri dell’atto (del 28 dicembre 2015) meramente esecutivo e di quantificazione aritmetica degli importi dovuti, la cui restituzione era già stata disposta (con atto del 20 novembre 2015) a seguito della decadenza, bensì mirano a contestare tardivamente l’atto con cui è stata decisa la decadenza e restituzione.

L’atto a valle di quantificazione, salvo che per gli eventuali vizi propri, non è, autonomamente lesivo, essendo esso la pedissequa esecuzione dell’atto a monte, le cui censure, come visto si sono rivelate in parte inammissibili e in parte infondate.

Pertanto, da un lato, le censure recate con il secondo e terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti, nella misura in cui deducono l’assenza del “titolo giuridico” in base al quale viene effettuata la quantificazione a valle, si risolvono in realtà in censure dirette proprio contro il “titolo” a monte che ha disposto la decadenza e restituzione, cioè contro il provvedimento del 20 novembre 2015, notificato il 7 febbraio 2016. Essendo stati i motivi aggiunti notificati il 26 febbraio 2016, gli stessi sono, in parte qua , irricevibili perché tardivi.

D’altro lato, poiché l’atto sostanzialmente lesivo è quello a monte, le censure focalizzate su quello a valle, non fondate su vizi propri, sarebbero, comunque, inammissibili.

Ad ogni modo, nel merito, il fatto che i pagamenti da parte del GSE sia stato effettuato sul conto corrente acceso presso Unicredit nella disponibilità della società cedente il credito, non rileva, alla luce di quanto previsto dall’art. 6 c. 2 dell’Accordo quadro di cessione dei crediti tra banca cessionaria e GSE, secondo cui la prima manleva il secondo per qualsiasi responsabilità relativa ai pagamenti che questi effettua a seguito del negozio di cessione del credito.

Non rileva, altresì, alla luce di quanto previsto dall’art. 4 e dall’art. 5 del contratto di cessione di credito registrato all’Agenzia delle Entrate di Milano il 5 dicembre 2011, clausole che richiamano la Convenzione di incentivazione sottoscritta tra originaria beneficiaria degli incentivi e GSE, firmata l’11 novembre 2011.

Da tali clausole emerge chiaramente che la banca cessionaria del credito, pur indicando l’Iban della cedente quale destinazione dei pagamenti, manteneva sul credito ceduto il potere proprio del “proprietario”, dal momento che si riservava, con semplice lettera raccomandata inviata al GSE, la facoltà di modificare il conto corrente su cui “appoggiare” i pagamenti (cfr. art. 4 comma 2 del contratto di cessione).

Di modo che, l’indicazione del conto corrente del cedente, lungi dal rappresentare una retrocessione del credito (peraltro specificamente disciplinata dall’art. 5 del contratto di cessione, che impone formalità specifiche qui assenti) costituisce una semplice indicazione del destinatario del pagamento (art. 1188 c.c.), in base al visto regolamento contrattuale, revocabile ad nutum e riconducibile ai rapporti interni tra banca cessionaria odierna ricorrente e società cedente i crediti oggetto dell’incentivazione, a cui il GSE rimane estraneo.

Ciò considerato e stante l’immediato effetto traslativo della cessione del credito anche con causa di garanzia (“ la cessione del credito, quale negozio a causa variabile, può essere stipulata anche a fine di garanzia e senza che venga meno l'immediato effetto traslativo della titolarità del credito tipico di ogni cessione, in quanto è proprio mediante tale effetto traslativo che si attua la garanzia, Cassazione civile sez. I, 03/07/2009, n.15677;
Cassazione civile sez. I, 16/11/2018, n. 29608;
questa Sezione, 13 marzo 2017, n. 3421, non impugnata), ne deriva la legittimità della richiesta di restituzione delle somme anche al cessionario del credito effettuata dal GSE.

Quindi, in disparte l’irricevibilità (e l’inammissibilità) i motivi ridetti sarebbero, comunque, infondati.

Con il quarto motivo aggiunto si censura, invece, un vizio proprio dell’atto di quantificazione, nella parte in cui chiede la restituzione anche della ritenuta di acconto effettuata dal GSE.

Tale motivo si palesa infondato.

Occorre rilevare che in sede di erogazione dei contributi, vista la loro natura, il GSE opera in qualità di sostituto di imposta effettuando ritenuta alla fonte a titolo di acconto e versandone l’importo all’erario, in acconto, appunto, rispetto all’adempimento degli obblighi tributari del beneficiario, connessi al contributo erogato (cfr. art. 85 c. 1 D.P.R. 917/1986;
art. 28, comma 2, D.P.R. n. 600/1973;
art. 20, comma 2, del D.P.R. n. 605/1973;
art. 4 D.P.R. n. 322/1998). Quando, a seguito di decadenza dal diritto agli incentivi, il GSE recupera le somme erogate indebitamente, lo fa, anche, con riferimento a quanto versato all’erario, per conto dell’indebito beneficiario degli incentivi. In tal modo il totale del pagamento rivelatosi indebito può essere integralmente recuperato, mentre l’indebito beneficiario potrà regolare i propri rapporti di debito credito con l’erario, secondo le vigenti disposizioni fiscali.

Pertanto, non è censurabile l’operato del GSE nel caso di specie, andando, quindi rigettato anche il quarto motivo aggiunto di ricorso.

Sul quinto motivo aggiunto di ricorso volto a dedurre difetto di giurisdizione, da un lato valga quanto già esposto con riferimento ai motivi undici e dodici del ricorso introduttivo, dall’altro ne deve essere qui rilevata l’inammissibilità, posto che, come già visto, l’atto di quantificazione aritmetica qui impugnato con i motivi aggiunti dà esecuzione all’atto di decadenza a monte, in relazione al quale, avrebbe eventualmente avuto astrattamente senso dubitare della giurisdizione, non potendolo farsi tardivamente contro pedissequo atto esecutivo, privo di autonoma lesività.

Infine, posto che alcuna illegittimità è ravvisabile nel caso di specie nell’operato del Gestore, va respinta la domanda di risarcimento del danno.

In conclusione ricorso e motivi aggiunti vanno dichiarati, nei sensi di cui in motivazione, in parte irricevibili, in parte inammissibili e in parte vanno respinti in quanto infondati.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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