TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-05-30, n. 201806057
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Pubblicato il 30/05/2018
N. 06057/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03789/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3789 del 2017, proposto da:
M D S, rappresentata e difesa dagli avvocati F L, S F e G S, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. F L in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
contro
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Università di Catania, Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
G G M non costituito in giudizio;
per l'annullamento:
- del provvedimento di annullamento della prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell'odierna ricorrente “per assenza della sottoscrizione della dichiarazione di veridicità dei dati anagrafici e di corrispondenza dei codici etichetta in calce alla scheda anagrafica ai sensi dell'Allegato 1, punto 9, comma 4, del D.M. n. 546/2016”, conosciuto il 29 settembre 2016, in seguito alla sua pubblicazione nell'area riservata del sito “universitaly.it”;
- della graduatoria unica nazionale del concorso per l'ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria per l'anno accademico 2016/2017, pubblicata sul sito www.accessoprogrammato.miur.it il 4 ottobre 2016, nella quale parte ricorrente risulta collocata oltre l'ultimo posto utile e, quindi, non ammessa al corso, nonché dei successivi scorrimenti di graduatoria, pubblicati sul medesimo portale;
- dell'elenco del 22 settembre 2016, pubblicato sul sito www.accessoprogrammato.miur.it, riportante il punteggio dei candidati in elenchi suddivisi per singoli Atenei di svolgimento della prova, prima della graduatoria definitiva;
- della schermata personale, pubblicata sul sito www.accessoprogrammato.miur.it, in data 29 settembre 2016, dalla quale risulta che parte ricorrente ha ottenuto un punteggio non idoneo a consentirle l'immatricolazione al corso di laurea per cui è causa;
- del Decreto Ministeriale 30 giugno 2016 n. 546 con i relativi allegati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2016, dettante "Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato nazionale a.a. 2016/2017";
- degli avvisi di ammissione, anno accademico 2016/2017 – Bando di concorso per l'accesso ai corsi di laurea a numero programmato -dell'Università degli Studi diCatania,
- del decreto del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 20 maggio 2016, n. 312, con il quale è stata costituita la Commissione incaricata della validazione dei quesiti per le prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato nazionale per l'anno accademico 2016/2017;
- del decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 20 giugno 2016, n. 487, con il quale è stato costituito il Tavolo di lavoro per la proposta di definizione, a livello nazionale, delle modalità e dei contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. n. 264/1999, anche in conformità alle direttive dell'Unione Europea;
- del Decreto Interministeriale 25 luglio 2016 n. 592, avente ad oggetto la “definizione dei posti disponibili per le immatricolazioni al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia a.a. 2016/2017”;
- della rilevazione relativa al fabbisogno professionale per il Servizio sanitario nazionale di medici chirurghi per l'anno accademico 2016/2017 che il Ministero della Salute ha effettuato ai sensi del citato art.6-ter del D.Lgs. n. 502/1992, trasmessa alla Conferenza per i Rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome in vista dell'accordo formale;
- dell'Accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 9 giugno 2016, Rep. Atti n. 105/CSR sul documento concernente il modello previsionale e la determinazione del fabbisogno per il Servizio sanitario nazionale, per l'anno accademico 2016/2017, delle professioni sanitarie e dei laureati specialisti delle professioni sanitarie;
- del Decreto Ministeriale 26 luglio 2016 n. 598, avente ad oggetto la “Definizione dei posti disponibili per le immatricolazioni al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Odontoiatria e Protesi Dentaria a.a. 2016/2017”;
- del Decreto Ministeriale 26 luglio 2016 n. 597, avente ad oggetto la “Definizione dei posti disponibili per le immatricolazioni al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina Veterinaria a.a. 2016/2017”;
- dell'Avviso 26 gennaio 2016, protocollo n.2022, avente ad oggetto il “Calendario delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale ad accesso programmato nazionale a.a. 2016/2017”;
- della prova di ammissione consistente nel questionario delle domande somministrato ai candidati, nella parte in cui tutte le domande risultano copiate specificatamente, come da prospetto riepilogativo allegato, da: simulatore artquiz online – Edises editore (www.edises.it), Testbuster eserciziario – II e III edizione, Artquiz – simulazioni IX edizione – “Giurleo editore”, Alphatest medicina – VI edizione 2016/2017, Test ammissione Cdl Medicina e Chirurgia San Raffaele 2016 (cfr. documentazione allegata);
- degli atti, non noti nei loro estremi, con i quali sono state predisposte le prove di esame e di tutta la documentazione di concorso, individuata all'Allegato 1 del bando di concorso;
- ove esistenti e per quanto di ragione, dei verbali delle Commissioni di concorso e delle Sottocommissioni d'aula delle Università presso le quali parte ricorrente ha espletato la prova di concorso;
- ove esistenti e per quanto di ragione, dei verbali di correzione redatti dal CINECA;
- delle disposizioni interministeriali del 22 marzo 2016 e successive modificazioni e integrazioni, recanti "Procedure per l'accesso degli studenti stranieri richiedenti visto ai corsi di formazione superiore del 2016-2017";
- di tutti i provvedimenti recanti le graduatorie pubblicate dalle Università citate in epigrafe nella parte in cui non redistribuiscono i posti non assegnati ai candidati non comunitari, non residenti in Italia, rintracciabili al seguente link http://www.studiare-in-italia.it/studentistranieri/elenco2016/cerca_corsi.php;
- della nota con la quale le Università hanno comunicato al MIUR i posti non assegnati ai candidati non comunitari, non residenti in Italia, rintracciabile al seguente link http://www.studiare-in-italia.it/studentistranieri/elenco2016/cerca_corsi.php;
- di ogni altro atto presupposto e/o consequenziale anche potenzialmente lesivo degli interessi dell'odierna parte ricorrente;
E PER L'ACCERTAMENTO
- del diritto di parte ricorrente di essere inserito nella graduatoria nazionale di merito nominativa che è stata resa pubblica lo scorso 4 ottobre, ed essere ammesso al Corso di Laurea in questione (Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria);
E PER LA CONDANNA IN FORMA SPECIFICA EX ART. 30 CPA
- all'adozione del relativo provvedimento di inserimento in graduatoria ed ammissione al corso di Laurea per cui è causa nonché, ove occorra e, comunque in via subordinata, al pagamento delle somme, con interessi e rivalutazione, come per legge.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e di Università di Catania e del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2018 il dott. C V e uditi per le parti i difensori: per parte ricorrente, l'Avv. F L e per le Amministrazioni resistenti, l'Avvocato dello Stato C P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente ha sostenuto la prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia per l’anno accademico 2016/2017;l’istante, tuttavia, non è stata inserita nella graduatoria di merito in quanto non ha sottoscritto la scheda anagrafica. Al riguardo, ha proposto impugnativa, chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione dell’esecuzione, in primo luogo, per il seguente motivo:
- “I) eccesso di potere sotto il profilo della proporzionalità;violazione e falsa applicazione dell’art. 1 Legge n. 241 del 1990;eccesso di potere per irragionevolezza e arbitrarietà dell’azione amministrativa;eccesso di potere per disparità di trattamento;eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti;violazione e/o falsa applicazione delle disposizioni sulla partecipazione procedimentale, del soccorso istruttorio e dell’art. 97 Cost.”.
Il D.M. 546/2016, deduce parte ricorrente, prevede tra le cause di esclusione, la mancata sottoscrizione della scheda anagrafica. Tuttavia, tale previsione sarebbe illogica in quanto l’abbinamento tra il modulo risposte e la scheda è assicurata dal doppio codice a barre, applicato su entrambi i fogli. Del resto, già nella precedente tornata, una tale “sanzione” è stata ritenuta illegittima dalla giurisprudenza che si è espressa sul punto, con argomenti che sono replicabili anche in questa sede. Quindi la mancata sottoscrizione deve essere ritenuta come una mera irregolarità di carattere formale che non può determinare l’esclusione dalla procedura selettiva;né può affermarsi che ciò non consente la corretta identificazione del candidato in quanto non è tale adempimento che garantisce tale esigenza.
Si è costituito in giudizio il Ministero resistente e gli Atenei indicati in epigrafe, per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 2985/2017, è stata accolta la domanda cautelare, ai limitati fini dell’inserimento della ricorrente nella graduatoria di merito.
Con successiva ordinanza collegiale n. 10551/2017, è stata invece disposta l’integrazione del contraddittorio con autorizzazione alla notifica mediante pubblici proclami. Parte ricorrente ha successivamente prodotto la documentazione attestante l’avvenuta integrazione del contraddittorio secondo le modalità prescritte dal Collegio.
Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2018, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. La questione relativa alla mancata sottoscrizione della scheda anagrafica – la quale assume ruolo preliminare e pregiudiziale rispetto all’esame dei restanti motivi di ricorso il cui vaglio è condizionato al riconoscimento del “diritto” della ricorrente di partecipare alla selezione fino alla formazione della graduatoria nazionale - è già stata affrontata dalla Sezione nella sentenza 2 novembre 2017, n. 10992, con argomentazioni che il Collegio condivide.
In quella occasione, si è avuto modo di precisare, in particolare, che, come si desume dal punto 9, lett. g) dell’All.1 del D.M. 546/2016, la finalità della sottoscrizione della scheda è quella di porre l’attenzione del candidato sia sulla veridicità dei dati personali (trascritti comunque di pugno nella scheda medesima) sia sull’avvenuta verifica della corrispondenza delle etichette adesive contenenti i codici identificativi apposti sulla documentazione consegnatagli, al fine di evitare future contestazioni alla Commissione relativamente ad errori nell’abbinamento tra modulo delle risposte e scheda anagrafica.
Ne deriva, quindi, che alla mancata sottoscrizione della scheda anagrafica potrebbe attribuirsi rilevanza sostanziale esclusivamente nel caso in cui vi fosse contestazione sui dati ivi contenuti (comunque apposti di pugno dal candidato) o, in ultimo, sulla corrispondenza delle etichette contenenti il codice di abbinamento alle quali soltanto il D.M. n. 546/2016 attribuisce il ruolo di attribuire la paternità del modulo risposte al soggetto i cui dati identificativi sono indicati nella scheda anagrafica.
Ed invero, se in linea teorica una scheda anagrafica contenente i dati del candidato, ove non sottoscritta, potrebbe essere “sostituita” ex post, ciò in concreto è impedito dal fatto che ogni modulo risposte è abbinato alla sua scheda anagrafica sulla base di una etichetta contenente un codice perfettamente coincidente, il che vale a dimostrare che quel determinato modulo risposte è stato compilato proprio dalla persona i cui dati sono trascritti nella scheda (pur se non sottoscritti).
Nel caso in esame, pertanto - in cui non vi è alcuna contestazione né sui dati identificativi della candidata, né sulla coincidenza delle etichette adesive apposte sul modulo risposte e sulla scheda anagrafica - all’assolvimento dell’adempimento relativo alla mancata sottoscrizione dei dati contenuti nella scheda anagrafica, pur obbligatoriamente previsto a carico del candidato per le finalità già evidenziate, deve essere riconosciuto un mero rilievo di irregolarità formale.
3. In conclusione, poiché la omessa sottoscrizione della scheda anagrafica per le ragioni esposte costituisce una mera irregolarità formale e poiché, pertanto, la sanzione escludente prevista nella predetta clausola del decreto ministeriale n. 546/2016 si rivela irragionevole, il motivo deve essere accolto per il profilo qui esaminato con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, ovvero: il punto 9 comma 4 dell’all. 1 del D.M. n. 546 del 30 giugno 2016 e la graduatoria finale nella parte in cui la ricorrente non è stata inserita nella graduatoria nazionale di merito nominativa relativa ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia per l'anno accademico 2016/2017.
4. Ciò statuito in merito alla validità della prova nonostante il vizio formale riscontrato, il Collegio può passare ora all’esame degli ulteriori motivi di gravame, a partire dal secondo, con il quale parte ricorrente deduce: “II) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.m. 30.06.2016 n. 546, del d.m. 20 maggio 2016, n. 312 e del d.m. 20 giugno 2016, n. 487 e dei principi di legge e regolamento in materia di svolgimento di prove concorsuali e di selezione dei concorrenti;eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta;eccesso di potere per violazione dei canoni di congruità, adeguatezza, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa – eccesso di potere per difetto dei presuppposti e per sviamento dell’azione amministrativa dalla funzione tipica. Illegittimità della graduatoria pubblicata per le domande copiate”. La ricorrente rileva che i quesiti utilizzati per la prova di ammissione oggetto di giudizio sono stati elaborati e predisposti in modo irregolare e risultano altresì inidonei ad assicurare un’adeguata ed imparziale selezione dei concorrenti, con conseguente invalidità degli atti impugnati. Tutti i sessanta quesiti sottoposti ai candidati per la prova sarebbero infatti identici – non solo nella struttura logico/formale ma talora pure nella formulazione testuale – a quelli contenuti in alcuni “eserciziari” precedentemente editi da enti privati che organizzano appunto corsi di preparazione ai test di accesso ai corsi universitari a numero chiuso (pubblicati da “Artquiz”). La totalità delle domande del test di accesso alle facoltà di medicina, chirurgia ed odontoiatria per l’anno accademico 2016/17 era presente, con contenuto identico o simile, all’interno dei manuali di preparazione distribuiti dalla succitata casa editrice.
Sulla censura in esame il Collegio osserva quanto segue (cfr. le sentenze di questa Sezione nn. 10129 e 10130 del 2017;nonché TAR Lazio, sez. III, 2 novembre 2017, n. 10925). La Sezione ritiene che l’argomentazione, benché in effetti, almeno in parte, documentata, non appare sufficiente ad invalidare l’intera procedura, anche se potrebbe essere considerata dall’Amministrazione come inadempienza del CINECA, in rapporto agli obblighi assunti: obblighi che si riferivano, appunto, alla elaborazione di quesiti di volta in volta nuovi, non recepiti dai manuali di cui trattasi (questi ultimi forse redatti, a loro volta, con riferimento a prove somministrate negli anni precedenti). Contrariamente però a quanto affermato dalla ricorrente, non è comunque possibile determinare quali candidati siano stati avvantaggiati dalla circostanza sopra indicata, né quanto l’avere avuto accesso ai manuali e agli eserciziari in questione (ove peraltro erano presenti migliaia di quesiti, impossibili da memorizzare “in toto” anche per il più mnemonico degli studenti) abbia facilitato la prova, fermo restando che non possono considerarsi vizianti la ricerca di canali di preparazione, a disposizione di qualunque soggetto interessato, né lo studio approfondito dei testi disponibili, tutti più o meno noti agli aspiranti studenti di medicina. La scelta dell’interessato di accedere all’una o all’altra fonte di studio rientra, a ben vedere, nell’ambito della normale “alea” di un qualsiasi concorso pubblico.
Da ciò consegue l’inaccoglibilità della domanda diretta ad ottenere una rettifica dei punteggi, mediante attribuzione di punti in aumento, in corrispondenza delle domande edite a cui ciascuno dei ricorrenti che non ha risposto o ha risposto invece in modo errato, essendo inammissibile la richiesta rivolta a questo Giudice di ricostruzione dei risultati della prova di ognuno dei ricorrenti, sulla base di dati meramente ipotetici e non dimostrati (la non utilizzazione delle pubblicazioni da parte dei ricorrenti, la circostanza che ove mai essi avessero consultato una delle pubblicazioni denunciate avrebbero certamente risposto in modo esatto).
Quanto sopra non esclude che, in una prospettiva di maggiore trasparenza, la stessa Amministrazione possa in futuro suggerire testi di preparazione o un archivio pubblico dei quesiti al quale l’Amministrazione potrà attingere in modo esclusivo con salvaguardia della parità (almeno potenziale) delle condizioni di partenza, ma, allo stato degli atti, la censura prospettata appare priva di fondatezza.
5. Il motivo di gravame sub III) è così rubricato “Violazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della costituzione;violazione e falsa applicazione della legge n. 264/1999;violazione e falsa applicazione della direttiva 96/16 cee;eccesso di potere per illogicità manifesta nonché per difetto di motivazione;eccesso di potere per sviamento;violazione del principio del giusto procedimento, sotto il profilo della carenza di istruttoria;violazione e falsa applicazione dell’art. 6 ter del d.lgs. n. 502/1992;violazione delle norme e principi in materia di rilevazione del fabbisogno di professionalità (tavolo tecnico per la definizione posti disponibili – accordo formale conferenza per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome);eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità sotto altro profilo;eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di istruttoria;violazione della direttiva 2006/123/ce del 12.12.2006 relativa al mercato interno dei servizi (direttiva Bolkestein)”.
Secondo parte ricorrente si sarebbe svolta in modo insufficiente ed approssimativo l’istruttoria relativa alla programmazione del numero “chiuso”, il che avrebbe determinato un ingiustificato ridimensionamento del numero dei posti disponibili, sia rispetto al fabbisogno economico e sociale, sia rispetto alla capacità di offerta formativa dei singoli Atenei italiani. Ciò ha avuto un impatto fortemente penalizzante per tutti gli aspiranti all’accesso al numero chiuso, che hanno visto arbitrariamente limitare le loro “chances” di successo.
Il Collegio ritiene infondata la doglianza, per quanto di seguito esposto (al riguardo si vedano, in particolare, gli argomenti già sviluppati nella sentenza di questa Sezione n. 10962 del 2017):
- nel decreto interministeriale del 25 luglio 2016 con cui veniva individuato il numero (“chiuso”) di posti disponibili nei corsi di laurea di che trattasi (9.224), oltre ad essere richiamato l’Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 9 giugno 2016, veniva riportato anche il riferimento al parere espresso dall’ANVUR (nella seduta del 13 luglio 2016);
- in quella sede, il Consiglio Direttivo dell’ANVUR ha rilevato che, nell’ambito delle professioni sanitarie, sussiste un disallineamento (definito “preoccupante”) tra le diverse professioni in quanto, in alcune di esse (nella laurea in infermieristica ed anche nelle lauree per tecnico audioprotesista, assistente sanitario, tecnico audiometrista, podologo e terapista occupazionale), l’offerta formativa è risultata essere “decisamente inferiore” ai fabbisogni;
- sempre l’ANVUR evidenzia, poi, che, negli Atenei, rispetto ai reali fabbisogni, sussiste un esubero dell’offerta formativa con riferimento ai corsi di laurea in medicina, odontoiatria (e veterinaria);
- in questo quadro, l’Agenzia Nazionale ha auspicato una revisione delle politiche di investimento da parte degli Atenei nonché una riflessione da parte del Ministero resistente per ricercare prassi virtuose che riescano a far incrementare il numero di iscritti nelle professioni sanitarie “meno note” di quelle in cui è stato previsto il c.d. “numero chiuso”;
- ora, anche alla luce di tali indicazioni, richiamate nelle premesse del decreto interministeriale del 25 luglio 2016, assume ancora maggiore valenza l’affermazione contenuta nella sentenza della Sezione n. 10129/2017 laddove si sostiene che la valutazione discrezionale effettuata nel caso di specie dalle Amministrazioni resistenti non risulta sindacabile, essendo stata ampiamente esercitata nei limiti previsti dal potere ad esse attribuito nonché dalla legge che, come noto, prevede che la programmazione dei posti disponibili si deve basare, non solo sulla valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, ma anche sul “fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo” (cfr art. 3 della legge n. 264 del 1999).
Peraltro, come già osservato dalla sentenza 10129/2017 con riguardo all’istruttoria ministeriale svolta al fine, “tale istruttoria – complessa e articolata, con costituzione di un apposito tavolo tecnico e in accordo con la Conferenza per i rapporti fra Stato, Regioni e Province autonome – rientra (…) in un’attività di programmazione, in rapporto alla quale sono attribuiti all’Amministrazione ampi poteri discrezionali, non sindacabili per mera e indimostrata affermazione di presunta maggiore capacità formativa degli Atenei, che emergerebbe anche a seguito delle migliaia di immatricolazioni con riserva, ottenute in via giudiziale in anni precedenti. Quanto sopra, in assenza di qualsiasi reale riscontro, in merito alle difficoltà organizzative affrontate, in tale contesto, dagli Atenei e ai livelli di formazione conseguenti. E’ già stato in precedenza illustrato, inoltre, il carattere secondario e comunque non illegittimo del criterio, rapportato alla capacità di assorbimento nel mercato del lavoro, a livello nazionale, delle professionalità in questione (cfr. anche, al riguardo, la citata sentenza CEDU del 2 aprile 2013)”.
Deve infine osservarsi che, in realtà, i diversi protagonisti istituzionali pubblici chiamati “ex lege” a concorrere, con i rispettivi “pareri” e le rispettive posizioni, nella determinazione annuale del numero chiuso, hanno in effetti partecipato attivamente alla relativa procedura, atteso che il Ministero della Salute ha effettuato le rilevazioni e le statistiche di sua competenza per la definizione dei fabbisogni del SSN (vedi i numerosi allegati al doc. 2 ric.);è stato aperto un apposito Tavolo tecnico;si è pervenuti ad accordo all’interno della Conferenza tra Stato e Regioni e province autonome;tutte le università coinvolte hanno dichiarato la rispettiva offerta normativa ed il numero di studenti ai quali avrebbero potuto assicurare servizi adeguati. Non va, infine, dimenticato che quelli impugnati dal ricorrente con il primo motivo sono atti a carattere programmatorio e di natura generale (qualificazione che vale anche per le delibere di determinazione del numero di posti resi disponibili, assunte dai singoli Atenei) ai quali, pertanto, si applica la deroga di al dovere generale di motivazione, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della Legge n. 241 del 1990 secondo cui “2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale”.
Per le suesposte ragioni, il terzo motivo si rivela infondato e va respinto.
6. Il motivo sub IV) verte invece sulla illegittima mancata riassegnazione dei posti rimasti disponibili, la quale integrerebbe violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. a) della l. n. 264/1999. L’Amministrazione, con il bando impugnato, avrebbe stabilito, in chiara violazione dell’art. 3, comma 1 della legge n. 264/1999, di non riassegnare i posti ancora disponibili in molti Atenei. Afferma parte ricorrente che, se il fabbisogno nazionale per il 2015/2016 eÌ€ pari a 9.224 posti (oltre che di 561 destinati agli extra-comunitari residenti all’estero), il Ministero avrebbe dovuto garantire l’immatricolazione a 9.224 più i posti residui dei 561 messi a disposizione degli studenti non comunitari. Ciononostante, con il D.M. in esame, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha previsto, oltre che la chiusura della graduatoria del Corso di Laurea che qui ci occupa, anche la mancata ri-assegnazione dei posti eventualmente rimasti disponibili anche a seguito di eventuali rinunce effettuate dopo l’immatricolazione nonché la mancata assegnazione dei posti rimasti destinati ai non comunitari non residenti sebbene rimasti vacanti. Così facendo, secondo la ricorrente, l’Amministrazione intimata ha di fatto ridotto i posti messi a bando per l’anno accademico 2016/2017, non soltanto del tutto arbitrariamente, ma, cosa ancor più grave, in totale dispregio della legge sull’accesso programmato che condiziona, così come chiaramente statuito da consolidata giurisprudenza amministrativa, la legittimità della compressione del diritto allo studio alla previa individuazione dei posti disponibili per ogni anno accademico per l’ammissione ai corsi c.d. a numero chiuso, quale è quello in esame.
Il Collegio osserva che, sebbene la Sezione abbia ritenuto legittima la pretesa di alcuni candidati di ottenere, previo scorrimento delle loro rispettive posizioni nella graduatoria nazionale, ove spettante e in base al punteggio conseguito, l’assegnazione di posti rimasti vacanti perché inoptati tra quelli in origine destinati a studenti extracomunitari non residenti in UE (TAR Lazio, sez. III, 14 novembre 2017, n. 11314;in precedenza Cons. Stato, Sez. VI: ordinanza n. 2416 del 9.6.2017 e, in tempi più risalenti, sentenza n. 5434 del 10 settembre 2009), va detto che nella specie la ricorrente, con i suoi 47 punti, è ben lontana dal superamento della “prova di resistenza”, da intendere come concreta possibilità di ottenere il bene della vita sperato (ammissione ai corsi di laurea ad accesso limitato) sulla cui base soltanto si può fondare un effettivo interesse al ricorso (non trattandosi, in questo caso, di censura meramente demolitoria bensì connotata da evidente intento “pretensivo”).
Nel caso recentemente deciso dalla Sezione - in cui analoga censura svolta dall’unico ricorrente è stata accolta (TAR Lazio, sez. III, 14 novembre 2017, n. 11312) - il Collegio, tuttavia, ha prima accertato “che vi sono effettive e concrete “chances”, per il ricorrente, di accedere in via definitiva al corso di laurea presso la sede da lui optata (Università di Messina), ovvero in subordine, presso altra sede universitaria tra quelle indicate in ordine di preferenza nella domanda di partecipazione a suo tempo presentata. Infatti, dagli ultimi dati ministeriali disponibili e rammentando comunque la “fluidità” delle informazioni in materia soggette a frequenti aggiornamenti a causa di molteplici fattori “in itinere” (decisioni individuali di singoli candidati come rinunce, scorrimenti successivi della graduatoria nazionale, provvedimenti giurisdizionali incidenti sulle posizioni in graduatoria ecc.), risulta che, da ultimo, vi erano n. 296 posti vacanti nell’ambito delle distinte graduatorie universitarie, destinate a cittadini extracomunitari residenti all’estero, ripartiti tra le diverse Università italiane mentre il ricorrente, per la sua collocazione in graduatoria, dista soltanto 108 posti dall’ultima posizione utile, sicché la riserva dei posti ancora disponibili nel contingente degli extracomunitari potrebbe probabilmente essere capiente. Inoltre, non tutti i soggetti che lo sopravanzano in graduatoria (a differenza sua) hanno indicato tutte le sedi universitarie e deve tenersi conto del fisiologico “tasso di rinuncia” che si aggira, approssimativamente, intorno al 35% (vedi memoria conclusionale ric. 29.8.2017 e relativi allegati)”.
Il ricorrente, nel caso citato, aveva ottenuto un punteggio di 61,40 e dunque sopravanzava la odierna ricorrente (che ha conseguito 47,00 punti) di migliaia di posizioni, sicché il numero dei posti vacanti - disponibili (meno di 300) presso tutte le Università italiane, per gli studenti extracomunitari non residenti in UE - non appare in alcun modo sufficiente al soddisfacimento delle aspirazioni dell’odierna ricorrente.
Il motivo sub IV deve ritenersi pertanto inammissibile per mancato superamento della c.d. “prova di resistenza”.
7. Il motivo di ricorso sub V è così rubricato: “violazione e falsa applicazione del principio di anonimato delle prove di cui all’art. 14, comma 6 del d. p. r. 9 maggio 1994, n. 487;violazione e falsa applicazione del d.m. 546/2016;violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 3 Cost. per violazione del principio di uguaglianza nonché dell’art. 97 Cost. per violazione dei principi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità della p.a.;eccesso di potere per arbitrarietà ed irrazionalità dell’azione amministrativa. Violazione delle istruzioni contenute nel video informativo pubblicato sul sito del MIUR”.
A dire di parte ricorrente: - le Amministrazioni resistenti non solo non si sono preoccupate minimamente di garantire con certezza la regolare ed univoca riconducibilità della prova al candidato, ma hanno anche assunto comportamenti totalmente violativi del principio del buon andamento e dell'anonimato;- secondo consolidata giurisprudenza amministrativa, il principio dell’anonimato s’impone in tutte le procedure concorsuali, ed anche a quella in esame relativa all’accesso al corso di laurea in Medicina, in cui più concorrenti gareggiano al fine di ottenere il medesimo bene della vita;- il rispetto del principio in parola risponde all’esigenza di salvaguardare la segretezza degli autori delle prove scritte fino a quando la correzione non sia stata ultimata al fine di garantire la parità di trattamento tra i candidati, che postula una valutazione obiettiva dei loro elaborati;- la tutela di tale principio, pertanto, postula che gli atti riferibili ai candidati, in particolare gli elaborati, non siano riconoscibili e oggettivamente attribuibili a ciascuno di essi, se non dopo l’avvenuta correzione degli stessi.
Segue, nel testo del ricorso, l’esposizione delle modalità in cui le prove si sono svolte e dei precedenti giurisprudenziali ritenuti pertinenti al tema.
Sulla violazione del principio dell’anonimato di cui al motivo sub 3 il Collegio richiama quanto già ampiamente argomentato in modo del tutto pertinente al caso in esame dalla Sezione, nelle pronunce nn. 10129, 10130 e 10925 del 2017.
Le regole sullo svolgimento delle operazioni, prescritte dal Ministero alle diverse Università sede delle prove ed al CINECA (quest’ultimo incaricato di attribuire i punteggi ai moduli di risposta, mentre schede anagrafiche, moduli di domanda e fogli di controllo dei plichi restavano in possesso dell’Ateneo) prevedevano che le operazioni di chiusura e riapertura dei plichi sigillati, si svolgessero con adeguata pubblicità nelle singole fasi. Sui moduli di risposta, tuttavia, compaiono due codici alfanumerici: uno sottostante al codice a barre, era contenuto nell’etichetta, applicata dagli stessi candidati al foglio risposte e alla scheda anagrafica dopo l’espletamento della prova, al momento della consegna;l’altro – già presente sulla scheda – risultava destinato a consentire la riformazione del plico, da attribuire ai singoli concorrenti dopo l’abbinamento con la scheda anagrafica. Entrambi detti codici – o in particolare il primo, connesso alla scheda anagrafica identificativa del concorrente – potendo essere trascritti o memorizzati avrebbero sostanzialmente vanificato, secondo i ricorrenti, il carattere apparentemente anonimo dei moduli di risposta. Quanto sopra, in corrispondenza dell’astratta possibilità di comunicazione del codice stesso, da parte del concorrente interessato, ad uno o più addetti alle fasi di raccolta e controllo dei moduli in questione, e/o di verifica di esattezza delle risposte fornite. Tale non preclusa possibilità, secondo i medesimi ricorrenti, vizierebbe di per sé l’intera procedura. Il Collegio ha valutato attentamente le argomentazioni, al riguardo spese, tenuto conto di alcune carenze documentali che permangono, nonostante l’accoglimento di svariate istanze di accesso, con ulteriore emanazione di ordinanze istruttorie di questo Tribunale, cui sono state fornite risposte non del tutto esaustive. Pur risultando auspicabile, nell’interesse pubblico, una maggiore collaborazione della parte resistente, tuttavia, il Collegio non ravvisa adeguati presupposti per l’annullamento dell’intera procedura sotto il profilo in esame. Non solo, infatti, manca qualsiasi principio di prova su intervenute manipolazioni, che avrebbero rilevanza anche penale, ma le garanzie procedurali previste sembrano escluderne la concreta possibilità, nei limiti delle verifiche affidate a questo giudice, in tema di legittimità delle procedure amministrative. Non può essere trascurata infatti, in primo luogo, la differente configurazione del principio di anonimato nelle prove scritte di un concorso, richiedenti la stesura di elaborati originali e nella verifica di prove a quiz con risposte predeterminate, potendo il favoritismo, nei confronti di un candidato noto, esprimersi nel primo caso con un giudizio discrezionale insindacabile nel merito (con accresciuta necessità di escludere “a priori” ogni possibile riconoscimento), mentre nel secondo l’esito – oggettivamente verificabile anche “ex post” – potrebbe essere alterato solo attraverso vere e proprie falsificazioni, di cui non si ha alcun riscontro nel caso di specie. Per la tipologia di prove concorsuali di cui si discute, pertanto, la mera, “astratta configurabilità” di violazione del principio di anonimato potrebbe ritenersi invalidante (cfr. in tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 20 novembre 2013, nn. 26, 27 e 28), con riferimento, però, non solo alla teorica possibilità di attribuire singole schede ai relativi compilatori, ma anche alla concorrente, oggettiva possibilità di manipolazione delle schede stesse, nel corso della procedura prevista, non potendo il principio di anonimato – benché rispondente ad un’astratta “illegittimità da pericolo” – restare avulso dalle finalità (tutela dell’imparzialità del giudizio e della par condicio dei concorrenti), cui lo stesso è preordinato e, dunque, dalla concreta fattibilità di interventi manipolativi dei risultati.
La stessa giurisprudenza sopra richiamata esclude che si debba dimostrare l’effettiva violazione del principio di imparzialità nel caso concreto, ma riconosce che il vizio di procedura è ravvisabile solo in presenza di violazione “non irrilevante” del principio di cui trattasi: appare innegabile, d’altra parte, che la rilevanza in questione debba rapportarsi anche alle concrete modalità procedurali previste (ben diverse da quelle attuali, all’epoca delle pronunce sopra citate). Nella situazione in esame dette modalità – implicanti raccolta e successiva correzione, attraverso lettore ottico, di migliaia di moduli (per i quali il codice alfanumerico, affiancato al codice a barre, costituisce presumibilmente misura di sicurezza, in vista del successivo abbinamento con le schede anagrafiche) – sono state predisposte, ad avviso del Collegio, con il massimo delle possibili garanzie dal d.m. n. 546 del 2016: schede anagrafiche e moduli di risposta dovevano essere depositati infatti – al termine delle prove e in presenza dei commissari di esame – in appositi contenitori, che successivamente sono stati separatamente chiusi, sigillati e controfirmati (anche da concorrenti estratti a sorte);i plichi contenenti i moduli di risposta poi – previa verifica della relativa integrità – sono stati consegnati al CINECA, che ne ha effettuato la correzione in modo automatico, tramite lettore ottico, in base alle risposte prestabilite da ritenere esatte, alla presenza del responsabile del procedimento o di un delegato dello stesso per ciascuna Università. Non si vede in che modo, risultando le schede disponibili, materialmente, solo in fasi procedurali pubbliche, singoli soggetti avrebbero potuto effettuare la ricerca, la sottrazione e l’alterazione o sostituzione di alcune di esse. In tale contesto, il Collegio ritiene di poter respingere il motivo di gravame in questione, senza ulteriori integrazioni istruttorie, risultando comunque non configurabile una generalizzata, grave penalizzazione di tutti i concorrenti, solo in corrispondenza di verbalizzazioni non puntualmente analitiche (ma comunque sussistenti) per ogni singola fase, di cui si attesta la conformità alle direttive ministeriali.
Il motivo, in definiva, va respinto.
8. Il ricorso, in conclusione, merita di essere accolto limitatamente al primo motivo di gravame (relativo all’omessa sottoscrizione della scheda anagrafica), con conseguente stabilizzazione dell’effetto, interinalmente prodotto dall’ordinanza cautelare, di inserimento del nominativo della ricorrente nella graduatoria per cui è causa secondo il punteggio dalla stessa conseguito. Vanno invece respinti i restanti motivi.
L’esito della controversia ed il rilievo che l’omessa sottoscrizione della scheda anagrafica, pur integrando una irregolarità formale, è comunque evento dipeso da una disattenzione della ricorrente, inducono a disporre l’integrale compensazione delle spese di causa tra le parti.