TAR Roma, sez. II, sentenza breve 2023-04-17, n. 202306599
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Testo completo
Pubblicato il 17/04/2023
N. 06599/2023 REG.PROV.COLL.
N. 05002/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex
art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 5002 del 2023, proposto da Voi Technology Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli Avvocati T M F e S B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocato Luigi D’Ottavi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso gli uffici dell’Avvocatura Capitolina siti in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
nei confronti
Emtransit S.r.l., in persona del suo legale rappresentante
pro tempore
, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- della nota di Roma Capitale, prot. QG/2023/0006787 del 17 febbraio 2023, con cui l’Amministrazione resistente ha rigettato l’istanza presentata da VOI Technology Italia S.r.l. in data 28 ottobre 2022, con cui la ricorrente chiedeva all’Amministrazione comunale di essere ammessa alla procedura per la selezione degli operatori autorizzati a svolgere il servizio di noleggio (c.d. sharing ) di monopattini a propulsione prevalentemente elettrica con sistema di free floating sul territorio comunale di Roma (doc. 36 e 37);
- ove occorra, dell’avviso pubblico di Roma Capitale del 24 agosto 2022 contenente la disciplina afferente alla sopra detta procedura selettiva, nella parte in cui prevede che l’inciso secondo cui “Il recapito dei plichi, indipendentemente dalla modalità utilizzata, rimane ad esclusivo rischio dei partecipanti” sia applicabile anche nell’ipotesi in cui il mancato recapito risulti imputabile all’Amministrazione e dunque del tutto estraneo alla sfera di controllo del partecipante;
- di ogni altro atto connesso, conseguente, presupposto conseguenziale, anche non noto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2023 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 20 marzo 2023 e depositato il giorno successivo presso la segreteria di questo TAR, parte ricorrente espone quanto segue:
- la società ricorrente appartiene al gruppo multinazionale Voi Technology e svolge il servizio di locazione di veicoli elettrici (quali monopattini e biciclette elettriche) in modalità sharing ;
- con avviso pubblico del 24 agosto 2022, Roma Capitale ha indetto una procedura per l’individuazione degli operatori autorizzati a svolgere il servizio di noleggio (c.d. sharing ) di monopattini a propulsione prevalentemente elettrica con sistema di free floating sul proprio territorio comunale;
- l’avviso pubblico indittivo della procedura prevedeva che gli operatori economici potevano trasmettere le rispettive manifestazioni di interesse anche “ tramite posta elettronica certificata (PEC) al seguente indirizzo: protocollo.mobilitatrasporti@pec.comune.roma.it” (cfr. art. 9.1 dell’avviso pubblico);
- detto avviso pubblico non specificava affatto che la casella PEC di Roma Capitale aveva una specifica limitazione dimensionale, tale per cui non poteva ricevere messaggi PEC di “peso” superiore ad una certa soglia;
- in data 23 settembre 2022, con diverse ore di anticipo (ore 15.20) rispetto al termine di scadenza delle offerte (ore 24.00), la ricorrente trasmetteva a Roma Capitale (utilizzando il proprio indirizzo PEC “ voitechnology@pec.it ” quale casella mittente, nonchè l’indirizzo PEC “protocollo.mobilitatrasporti@pec.comune.roma.it ” quale casella di destinazione) un messaggio di posta elettronica certificata contenente la documentazione completa per la partecipazione all’ iter indetto da Roma Capitale;
- sennonché, non avendo ricevuto alcuna conferma di avvenuta consegna di tale messaggio al destinatario (bensì soltanto il messaggio di presa in carico della comunicazione, c.d. ricevuta di accettazione), la società si premurava di effettuare, in pari data (23 settembre 2022), due ulteriori invii a Roma Capitale del medesimo messaggio dal proprio indirizzo PEC voitechnology@pec.it;
- similmente a quanto avvenuto per il primo messaggio di posta elettronica, anche per tutti gli altri messaggi PEC inviati la ricorrente riceveva il relativo messaggio di presa in carico (cd. “Accettazione) da parte del proprio gestore PEC mittente, mentre non riceveva alcun messaggio di avvenuta “Consegna” da parte del gestore PEC del Comune di Roma;
- nel frattempo, la società ricorrente si premurava di verificare anche il corretto funzionamento del proprio provider Aruba, effettuando un tentativo di invio del medesimo messaggio PEC già trasmesso a Roma Capitale dal primo dei propri indirizzi di posta elettronica certificata “voiapp@pec.it” al secondo in uso alla medesima società “ voitechnology@pec” , accertandone il corretto funzionamento;
- con riguardo ai summenzionati messaggi PEC inviati a Roma Capitale, soltanto in data sabato 24 settembre 2022 (all’indomani della data di scadenza per l’invio delle offerte), la ricorrente riceveva sulla propria casella PEC l’avviso di mancata consegna;
- in data 23 ottobre 2022, all’esito di approfonditi esami tecnico-informatici, il consulente tecnico della ricorrente rilevava che la casella PEC di Roma Capitale non era idonea a ricevere messaggi di posta elettronica di “peso” superiore a 70 MB, da ciò dipendendo la mancata ricezione della PEC trasmessa dalla ricorrente in data 23 settembre 2022, essendo quest’ultima di “peso” pari a 84 MB (ciò come peraltro confermato da una specifica relazione tecnica ritualmente depositata in atti sub doc. 27 prodotto in data 21 marzo 2023);
- in data 28 ottobre 2022, sulla scorta degli esiti delle verifiche compiute, la società ricorrente chiedeva a Roma Capitale di essere ammessa alla procedura summenzionata, evidenziando che la ragione della mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata era imputabile ad una limitazione dimensionale della casella di posta elettronica della stessa Amministrazione, limitazione di cui non si faceva menzione alcuna nella lex specialis ;
- tenuto conto del silenzio inizialmente serbato da Roma Capitale sulla summenzionata istanza del 28 ottobre 2022, parte ricorrente notificava un primo ricorso del silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a. innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (R.G. 15904/2022), al fine di ottenere una condanna di Roma Capitale a provvedere sull’istanza;
- soltanto in data 17 febbraio 2023, giorno successivo alla data di ricezione dell’avviso di fissazione della camera di consiglio per la trattazione del ricorso per il silenzio, Roma Capitale, con nota prot. n. QG/2023/0006787 qui impugnata, rigettava l’istanza di ammissione presentata dalla ricorrente il 28 ottobre 2022;
- Roma Capitale adduceva, a giustificazione del proprio diniego, le seguenti motivazioni: (a) l’avviso pubblico del 24 agosto 2022 prevedeva tre distinte modalità di presentazione delle istanze di partecipazione alla selezione pubblica, ciò che renderebbe irrilevante il mal funzionamento di una di queste;(b) la società ricorrente avrebbe dovuto utilizzare un’altra modalità di invio contemplata dall’avviso pubblico, essendo previsto nello stesso avviso che il recapito dei plichi fosse ad esclusivo rischio dei partecipanti;(c) la società ricorrente avrebbe potuto chiedere chiarimenti all’Amministrazione capitolina in ordine ai limiti tecnici del sistema utilizzato da quest’ultima.
La società ricorrente è insorta avverso la summenzionata nota reiettiva prot. n. QG/2023/0006787 del 17 febbraio 2023, chiedendone l’annullamento per un unico motivo così articolato: “ violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost. – Violazione e/o falsa applicazione dei principi di imparzialità, trasparenza, efficacia, economicità e dei principi dell’ordinamento comunitario ex art. 1 della l. 241/90 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/1990 – Violazione e/o falsa applicazione dei principi di cui artt. 30 e 79 d.lgs. n. 50/2016 – Violazione e/o falsa applicazione dei principi sottesi alle regole dell’evidenza pubblica – eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, sviamento, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta – lesione della par condicio ”.
Successivamente, con decreto presidenziale monocratico ex art. 56 c.p.a. pubblicato in data 22 marzo 2023, il Presidente del Collegio ha sospeso l’efficacia del provvedimento impugnato sino alla camera di consiglio del 12 aprile 2023 e, per l’effetto, ammesso con riserva la società ricorrente alla selezione de qua sulla scorta delle seguenti motivazioni:
“ - alla luce dei dati concreti che connotano la fattispecie del gravame depositato e della posizione legittimante della società ricorrente, attualmente incisa dal provvedimento di rigetto dell’istanza per la propria ammissione alla procedura per la selezione degli operatori autorizzati a svolgere il servizio di noleggio (c.d. sharing) di monopattini a propulsione prevalentemente elettrica con sistema di free floating sul territorio comunale di Roma, si possono ritenere sussistenti i presupposti dell’estrema gravità ed urgenza richiesti dall’art. 56, primo comma, del c.p.a., stante l’oggettiva ed immediata lesività del provvedimento impugnato;
- si può senz’altro porre rimedio ai rappresentati pregiudizi differendo l’esecuzione del predetto provvedimento ai soli fini della ammissione con riserva della società istante alla selezione in argomento e sulla base della documentazione già predisposta ed inviata con apposita pec dall’indirizzo “voitechnology@pec.it” quale casella mittente e destinata all’indirizzo PEC “protocollo.mobilitatrasporti@pec.comune.roma.it” espressamente indicato nell’avviso pubblico della gara in questione, che sarà comunque posta a disposizione del competente ufficio di Roma Capitale sempre e a condizione che, allo stato, non sia stata già completata la conoscenza e la valutazione di tutte le offerte degli altri operatori ammessi a partecipare;
- tali circostanze in fatto inducono a concedere la misura cautelare richiesta con effetti sino e non oltre la data della camera di consiglio utile del 12 aprile 2023, nel cui contesto potranno essere assunte le eventuali determinazioni collegiali idonee alla definizione del giudizio nello stato in cui versa ”.
Roma Capitale si è ritualmente costituita in giudizio, instando per la reiezione del gravame, di cui ha eccepito sia l’inammissibilità che l’infondatezza.
Alla camera di consiglio del 12 aprile 2023 fissata per la trattazione dell’istanza cautelare in sede collegiale ex art. 55 c.p.a., il Collegio – dato avviso alle parti della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a. – ha introiettato la causa in decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito in esito all’udienza cautelare con sentenza ai sensi dell’articolo 60 c.p.c., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.
In limine litis , il Collegio ritiene di dover respingere le eccezioni di inammissibilità/irricevibilità del gravame opposte da Roma Capitale, atteso che:
(i) il messaggio automatico di posta elettronica certificata pervenuto alla ricorrente in data 24 settembre 2022 (comprovante la mancata consegna della PEC inviata dalla ricorrente a Roma Capitale in data 23 settembre 2022) non ha né la forma né la sostanza del provvedimento amministrativo, sicchè la circostanza che tale messaggio non sia stato impugnato in sede giudiziaria dall’odierna ricorrente non inficia in alcun modo l’ammissibilità dell’odierno gravame proposto avverso il successivo provvedimento di esclusione del 17 febbraio 2023;
(ii) irrilevante è la questione dell’applicabilità (o meno) dei termini dimidiati del rito appalti al caso di specie, atteso che pur a voler ammettere l’applicazione di tali termini, l’odierna impugnazione rimarrebbe comunque tempestiva, essendo stata notificata nel rispetto del termine dimezzato di 30 giorni dalla data di ricezione dell’atto impugnato (l’atto impugnato risulta infatti ricevuto il 17 febbraio 2023, mentre l’odierno ricorso è stato notificato nella giornata di lunedì 20 marzo 2023, nonché depositato il giorno successivo);
(iii) l’atto impugnato ha certamente efficacia provvedimentale (e non meramente endo-procedimentale), atteso che esso è obiettivamente idoneo ad escludere la ricorrente dalla procedura selettiva, o quantomeno ad arrestare definitivamente il procedimento di ammissione della ricorrente alla selezione indetta in data 24 agosto 2022.
Ciò premesso in rito, e passando ad esaminare il merito, il ricorso appare fondato e va quindi accolto.
Al fine di comprendere le ragioni per le quali il ricorso merita di essere positivamente valutato, corre l’obbligo di rievocare la generale disciplina di legge in materia di tecnologie digitali e posta elettronica certificata.
Orbene, l’utilizzo da parte del privato delle tecnologie digitali nei rapporti di diritto pubblico non è demandata ad una scelta discrezionale della pubblica amministrazione, ma rappresenta un vero e proprio diritto del cittadino (cfr. da ultimo Cons. St., sez. II, 6 febbraio 2023, n. 1211).
L’art. 3 del codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. n. 82 del 2005), rubricato “ diritto all’uso delle tecnologie ”, sancisce che chiunque ha il diritto di usare, in modo accessibile ed efficace, la soluzione e gli strumenti informatici previsti dal codice ai fini, tra l’altro, della partecipazione al procedimento amministrativo.
E ciò a fortiori in un caso (come quello di specie) in cui è la stessa lex specialis della procedura selettiva pubblica a prevedere – claris verbis – che una delle tre possibili modalità di partecipazione dell’operatore economico a tale procedura consiste proprio nel ricorso alla tecnologia digitale della posta elettronica certificata.
Al riconoscimento di siffatto diritto fa da contraltare l’obbligo dell’amministrazione di renderne effettivo l’esercizio, dotandosi di un domicilio digitale e curandone con diligenza la funzionalità.
La telematica assurge infatti a modalità ordinaria di azione non solo nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, ma anche tra queste e i privati nell’ambito del procedimento ammnistrativo (art. 3 bis l. 241/1990), rappresentando lo strumento preferenziale di esercizio dei diritti e delle facoltà procedimentali che le amministrazioni sono tenute per legge ad incentivare e che conserva, anche nella particolare declinazione procedimentale, i connotati di un diritto del cittadino.
È evidente che siffatto diritto del cittadino verrebbe svuotato di contenuto ove si facessero gravare sul mittente le conseguenze del malfunzionamento del sistema per fatto imputabile al soggetto pubblico che non ne abbia curato l’uso diligente in violazione degli obblighi di legge sopra indicati, come accade nel caso di mancata consegna della comunicazione per limiti dimensionali della casella pec dell’amministrazione mai resi noti al soggetto privato mittente.
Proprio allo scopo di munire di effettività il diritto all’uso della telematica - a cui si correla un progressivo incremento dell’efficienza e della semplificazione dell’azione amministrativa che rappresenta il fine ultimo della sempre più spiccata trasformazione in senso digitale della pubblica amministrazione - il codice dell’amministrazione digitale (c.d. CAD, id est d.lgs. n. 82 del 2005) introduce una presunzione iuris tantum di consegna delle comunicazioni rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo (art. 6 CAD).
In particolare, l’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 82 del 2005 dispone che “ Le comunicazioni tramite i domicili digitali sono effettuate agli indirizzi inseriti negli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater, o a quello eletto come domicilio speciale per determinati atti o affari ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 4-quinquies. Le comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali di cui all’articolo 3-bis producono, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo. La data e l’ora di trasmissione e ricezione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida ”.
Ne discende che la presunzione di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata si perfeziona non soltanto se il mittente vede recapitarsi nella propria casella la ricevuta automatica di avvenuta consegna (c.d. RAC), ma anche se egli non riceve detta RAC, purchè però la mancata consegna del messaggio sia dipesa da un fatto imputabile al solo destinatario (cfr. da ultimo Cons. St., sez. II, 6 febbraio 2023, n. 1211).
Orbene, nel caso di specie è pacifico (oltre che documentalmente provato) che:
- la PEC con cui la ricorrente aveva esternato la propria volontà di partecipare alla procedura selettiva è stata trasmessa in data 23 settembre 2022, alle ore 15.20;
- tale PEC (il cui “peso” ammontava a 84 MB) non è stata ricevuta da Roma Capitale soltanto ed esclusivamente a causa del limite dimensionale della casella PEC dell’Amministrazione Capitolina (limite pari a 70 MB);
- l’esistenza di detto limite di 70 MB non era mai stato reso noto all’odierna ricorrente né con l’avviso pubblico né con successivi chiarimenti.
Le suesposte circostanze confermano, pertanto, che la mancata ricezione della PEC è dipesa soltanto da un fatto imputabile a Roma Capitale, ciò che consente di applicare la presunzione legale di regolare e tempestiva ricezione della PEC prevista dall’art. 6 del CAD.
Ne discende che è irrilevante che Roma Capitale, non avendo ricevuto un messaggio di mancata consegna, sia rimasta completamente ignara dell’impossibilità di recapitarle la pec, poiché la presunzione legale sopra indicata esclude qualsivoglia indagine in ordine all’effettiva conoscenza o conoscibilità della mancata recezione, facendo gravare sul destinatario le conseguenze dell’uso non diligente della casella, tenuto conto che la causa del malfunzionamento (o del limite di funzionamento) rientra nella sfera di controllo di quest’ultimo e non del mittente, secondo un criterio razionale di ripartizione dei rischi connessi all’uso delle tecnologie in questione.
Né ha alcun pregio l’argomentazione di Roma Capitale secondo cui la ricorrente avrebbe dovuto – una volta constatata l’incertezza della ricezione della PEC da parte dell’Amministrazione capitolina – ricorrere in extremis ad una delle altre due modalità di invio contemplate dall’avviso pubblico.
L’obiezione risulta superata dal fatto che la PEC – se non recapitata per un fatto imputabile al destinatario – si presume comunque ricevuta da quest’ultimo ex art. 6 del d.lgs. n. 82 del 2005, sicchè la società ricorrente non poteva essere tenuta ad inviare con altri mezzi una comunicazione che, come detto, si presume legalmente ricevuta.
Né può sostenersi che la società ricorrente doveva chiedere preventivamente a Roma Capitale se esisteva un limite dimensionale della casella PEC indicata nell’avviso pubblico.
In tal modo si finisce per far gravare sul soggetto privato, infatti, un rischio che è sottratto alla sua sfera di controllo e che rientra in quella dell’amministrazione e si impone in capo al primo un onere aggiuntivo di comunicazione che non solo vanifica il diritto all’uso delle tecnologie digitali e frustra la ratio di efficienza e semplificazione che lo ispira, ma contrasta con la presunzione legale di cui all’art. 6 CAD, oltre che con il divieto di aggravamento del procedimento amministrativo previsto dall’art. 1 comma 2 l. 241/1990.
In relazione alla gestione della pec da parte di chi esercita un’attività professionale la giurisprudenza ha elaborato principi suscettibili di applicazione anche all’azione del soggetto pubblico (equiparabile, nel rapporto con il privato, ad un operatore professionale), sancendo che la mancata tempestiva ricezione dei documenti è imputabile esclusivamente a fatto omissivo del destinatario il quale - avendo indicato un indirizzo pec per la ricezione di atti inerenti ai rapporti con i cittadini e gli utenti - ha l’onere conseguente di mantenere pienamente funzionale la propria casella di posta, nonché di informare il pubblico di eventuali limiti di funzionamento di quest’ultima.
In un’ottica più generale di reciproca buona fede e leale collaborazione, non è possibile dapprima consentire al cittadino l’uso della telematica quale strumento di dialogo con l’ente, in conformità alla previsione di legge (art.3 bis l. 241/1990), e successivamente - e contraddittoriamente - imputare ad esso di non essersi attivato ulteriormente o diversamente per mancato funzionamento della pec causato dall’ente medesimo.
Le suesposte considerazioni conducono, pertanto, all’accoglimento del ricorso e all’annullamento del provvedimento di esclusione impugnato, con conseguente riammissione della società ricorrente alla procedura selettiva, impregiudicato ovviamente il potere di Roma Capitale di determinarsi sull’esito di tale selezione.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.