TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2009-11-19, n. 200900705
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Testo completo
N. 00705/2009 REG.SEN.
N. 00319/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 319 del 2008, proposto da:
Societa Cooperativa Edilizia "La Mia Casa" A.R.L. in Persona del Legale Rappresentante P.T., rappresentato e difeso dagli avv. M M, P N, con domicilio eletto presso P N in Campobasso, via Mazzini, 107;
contro
Comune di Campobasso in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso A C Avv. in Campobasso, Presso "Ufficio Legale" del Comune;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione n. 39 del 31.7.08 con la quale il Consiglio Comunale di Campobasso ha deliberato di non procedere alla localizzazione dell'intervento costruttivo presentato dalla Cooperativa ricorrente per la realizzazione di un complesso edilizio residenziale in c.da Macchie (F.44 p.lle n. 304 - 795 - 390 - 480 - 796 - 316 - 317 - 318 - 305);'
per l'annullamento di tutti gli atti e provvedimenti preordinati, presupposti, connessi o conseguenti, compresa l'allegata relazione del Dirigente l'Area n. 4 del Comune di Campobasso, nonchè il parere negativo della Commissione edilizia integrata adottato in data 27.6.08, il parere di rigetto adottato dalla Commissione Consiliare Urbanistica nella seduta del 4.7.08 con verbale n. 66 e la comunicazione prot. 0018323 del 3.7.08 di avvio del procedimento finalizzato all'emissione del provvedimento di non accoglimento della richiesta presentata dalla ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Campobasso in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21/10/2009 il dott. Massimiliano Balloriani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con la delibera impugnata, il Consiglio comunale di Campobasso ha respinto l’istanza della società ricorrente, datata 24.6.2008 e tesa ad ottenere la localizzazione di un intervento edilizio, ai sensi dell’articolo 51 della legge n.865 del 1971.
Il rigetto è motivato dalla circostanza che l’area di intervento non sarebbe da ritenersi classificata quale zona omogenea C o B ai sensi del d.m. n.1444 del 1968, e quindi non potrebbe essere considerata area residenziale, come invece richiesto, ai sensi dell’articolo 51 della legge n.865 del 1971, per la localizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica.
La prospettazione di parte ricorrente evidenzia invece dalla circostanza che le aree in questione rientrano nell’ambito della perimetrazione degli insediamenti abusivi realizzata dal Comune di Campobasso con delibera di giunta comunale n.509 del 1997, ai sensi dell’articolo 29 della legge n.47 del 1985 e dell’articolo 7 della legge regionale del Molise, n.17 del 1985.
Poiché, ai sensi di tali articoli, la perimetrazione doveva servire per l’adozione di varianti allo strumento urbanistico vigente, il presidente della giunta regionale (decreti n.106 del 1998;113 del 1998 e 16 del 1999) ha nominato un commissario ad acta, incaricandolo di provvedere all’adozione di tali varianti, in sostituzione del Comune inerte, in base all’articolo 9 della legge regionale n.17 del 1985.
Il commissario ad acta, come precisa la ricorrente, ha quindi adottato la variante urbanistica, con i contenuti e nei limiti della legge nazionale n.47 del 1985 e della legge regionale del Molise, n.17 del 1985, riqualificando le aree perimetrate come zona di tipo C.
Il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale n.17 del 1985, ai fini del recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, possono essere individuate e recuperate tutte quelle aree che contengono strutture edilizie formanti nuclei e/o aggregati urbani che necessitano di razionalizzazione o di integrazioni infrastrutturali;tali insediamenti devono comunque aver relazione con il contesto urbano circostante nonché dimensioni tali da giustificare la formazione di apposite varianti agli strumenti urbanistici nonché giustificare: per dimensione rivestita, per consistenza demografica, per presenza di attività produttive, commerciali, turistiche, direzionali ecc., interventi economici tesi al recupero urbanistico e sociale degli insediamenti stessi;la individuazione degli insediamenti abusivi, infine, deve consistere nella perimetrazione di ciascuno di essi su appositi elaborati grafici e realizzati su planimetria catastale.
L’articolo 13 successivo, poi, specifica che le aree oggetto di variante per il recupero urbanistico degli insediamenti abusivi sono classificate come zone omogenee di tipo B e C di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, in base alle caratteristiche dell'insediamento stesso.
Sulla base di tale vocazione residenziale, la ricorrente fonda la sua pretesa, atteso che l’articolo 51 della legge n.865 del 1971 prevede che, nei comuni che non dispongono dei piani previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, i programmi costruttivi sono localizzati su aree indicate con deliberazione del consiglio comunale nell'ambito delle zone residenziali dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione.
In realtà, come questo Tribunale ha già avuto modo di chiarire nella sentenza n.1149 del 2008, e come si evince dal contenuto degli articoli 10 e 11 della legge regionale n.17 del 1985, la perimetrazione in esame ha la funzione di recupero di una zona oggetto di insediamenti abusivi;ha cioè lo scopo di assegnare ad essa le urbanizzazioni e i servizi essenziali.
Non è invece previsto che detta zona possa essere aggravata da ulteriori carichi urbanistici, salvo che un atto di pianificazione di livello secondario non lo renda possibile, come si desume chiaramente dalla previsione dell’articolo 16 della medesima legge, che rimette solo al Comune la valutazione se destinare aree per l’edilizia residenziale pubblica all’interno di tali zone o, invece, nelle adiacenze, oppure, ancora, se provvedere solo all'ampliamento dei PEEP già esistenti.
La classificazione delle aree di recupero come zone di espansione o di completamento, di cui all’articolo 13 della citata normativa regionale, allora, è utile principalmente per applicare gli standards di riferimento.
Resta, cioè, ferma la mera funzione di recupero – in senso urbanistico - degli edifici abusivi già realizzati, e cristallizzati nell’attività ricognitiva e di perimetrazione, preliminare alla variante urbanistica.
Sarebbe l’attuazione di uno scopo ulteriore, e addirittura opposto, a quello previsto dalla legge, se si consentisse, sulla base del mero dato formale del mutamento della qualificazione urbanistica, la possibilità di uno sfruttamento ulteriore, a vantaggio di privati, delle aree abusivamente edificate.
Tali ragioni, anche se non corrispondono testualmente alle ragioni di diniego, espresse nell’atto impugnato, lo giustificano secondo una valutazione sostanzialistica, operata ai sensi dell’articolo 21 octies della legge n.241 del 1990.
Tutto ciò, ovviamente, a prescindere dalla verifica del presupposto ulteriore, contemplato dall’articolo 51 della legge n.685 del 1971, e cioè che l’intervento richiesto deve essere in attuazione di un programma costruttivo già finanziato e definito in tutte le sue parti essenziali, rispetto al quale esso deve operare come un vero e proprio piano particolareggiato, con valenza di intervento di edilizia residenziale pubblica ( cfr. Consiglio di Stato 18 giugno 2009, n. 4013).
La particolarità delle controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.