TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-03-23, n. 201800666

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-03-23, n. 201800666
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201800666
Data del deposito : 23 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/03/2018

N. 00666/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02964/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2964 del 2017, proposto da:
V V, rappresentato e difeso dall’avv. M S, con domicilio digitale al seguente indirizzo pec: mscurria@pec.giuffre.it;

contro

Assemblea regionale siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via Alcide De Gasperi, n. 81, è domiciliata per legge;

nei confronti

- S C, M M, R C, F L G, M B, G C C, Nunzio Di Paola, Concetta Damante, Gianina Cicancio, Francesco Cappello, Angela Foti, Erminia Lidia Adorno, Joe Marano, Giampiero Santo Cono, Valeria Rosa Diana, Antonino Sapienza, Gionata Ciappina, Giuseppe Scarcella, Gaetano Nicolosi, Giovanni Cantarella, Giampiero Ercole Dimitri Alfarini, Elena Pagano, Valentina Zafarana, Leonardo Russo, Francesco Mazzeo, Carlo Fanara, Antonino De Luca, Alberto Laspada, Antonella Papiro, Angela Raffa, Giovanni Callea Quarto, Rosa Vilardi, Davide Aiello, Luigi Sunseri, Angelo Moscarelli, Lydia Angela Schembri, Roberta Schillaci, Carmela Trifirò, Antonio Parente, Maman Alì Listì, Giacomo Li Destri, Rosaria Lo Bianco, Gianluca Cimò, Vanessa Ferreri, Stefania Campo, Carmelo Spata, Patrizia Bellassai, Stefano Zito, Fabio Fortuna, Giorgio Pasqua, Paola Cassese, Teresa Lauria, Sergio Tancredi, Valentina Palmeri, Giovanni Inglese, Stefano Maria Rallo, Flavia Fodale, non costituiti in giudizio;
- G T, S S, rappresentati e difesi dagli avvocati Carmelo Giurdanella, Marco Antoci e Giovanni Antoci, elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Palermo, via Notarbartolo, n. 5;

per l’annullamento

- dei verbali degli Uffici centrali circoscrizionali di tutte le province siciliane, con i quali sono stati illegittimamente ammessi alle elezioni del 5 novembre 2017 i candidati e, conseguentemente, le liste del “Movimento 5 stelle”;

- del verbale delle operazioni elettorali dell’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’appello di Palermo, con il quale, previa verifica della soglia del 5 %, è stata illegittimamente disposta l’ammissione al riparto dei seggi della lista “Movimento 5 Stelle” e, contestualmente, la non ammissione al medesimo riparto della lista “Alternativa popolare - centristi per Micari”, per mancato raggiungimento della soglia del 5 % ai sensi dell’art. 2 bis, comma 2, della l.r. n. 29 del 1951;

- dei verbali di proclamazione degli eletti all’Assemblea regionale siciliana nei collegi di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani, degli Uffici centrali circoscrizionali, come previsto dall’art. 2 bis e dall’art. 55 della l.r. n. 29/1951, nella parte in cui, previa illegittima assegnazione dei seggi alla lista “Movimento 5 Stelle”, sono stati proclamati eletti alla carica di deputati regionale i seguenti candidati della lista “Movimento 5 Stelle”: Mangiacavallo Matteo, Di Caro Giovanni, Cancelleri Giovanni Carlo, Ciancio Gianina, Cappello Francesco, Foti Angela, Marano Jose, Alfarini Giampiero, Ercole Dimitri, Pagana Elena, Zafarana Valentina, De Luca Antonino, Trizzino Giampiero, Siragusa Salvatore, Sunseri Luigi, Campo Stefania, Zito Stefano, Pasqua Giorgio, Tancredi Sergio e Palmeri Valentina;

- conseguentemente, previo annullamento dell’ammissione in tutte le province di tutti i candidati e, quindi, delle liste del “Movimento 5 Stelle”, per la correzione della cifra elettorale regionale, espungendo i voti di lista assegnati nelle 9 province alla lista “M5S” e ricalcolando il numero dei voti corrispondenti al 5 % dei voti validi, e per escludere dall'assegnazione dei seggi la lista “Movimento 5 Stelle” ed ammettere, invece, la lista Alternativa popolare - centristi per Micari;

- e, in particolare, per la correzione, relativamente alla circoscrizione di Siracusa, del risultato elettorale in favore del ricorrente V V, che ha riportato la maggiore cifra individuale della lista “Alternativa Popolare – Centristi x Micari”, disponendone la proclamazione;

- ove necessario, disporre, sulla scorta dei dati elettorali risultanti dalle attività superiormente indicate, in tutte le Circoscrizioni provinciali la redistribuzione dei seggi alle liste aventi diritto, procedendo alle conseguenti proclamazioni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per l’Assemblea regionale siciliana;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria dei signori G T e S S;

Vista la memoria del ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del 22 marzo 2018, il consigliere A L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso, depositato il 18 dicembre 2017, il signor V V esponeva di essersi candidato, alle elezioni tenutesi il 5 novembre 2017, alla carica di deputato dell’Assemblea regionale siciliana, per il collegio elettorale circoscrizionale della provincia di Siracusa, con la lista “Alternativa popolare – centristi per Micari”, che aveva ottenuto 13.696 voti, pari al 9,114 % di quelli validi, riportando 6.829 preferenze.

A conclusione delle operazioni elettorali, l’Ufficio centrale regionale aveva escluso la propria lista dal riparto dei seggi, ai sensi dell’art. 2 bis della l.r. n. 29 del 1951, in quanto non aveva raggiunto la soglia di sbarramento del 5 % dei voti validi.

Successivamente all’esclusione, era venuta a conoscenza del fatto che tutti i candidati della lista “Movimento cinque stelle” non avevano dichiarato l’insussistenza delle cause di incandidabilità previste dall’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 31 dicembre 2012 (c.d. legge Severino), come imposto dal successivo art. 9, ma si erano limitati a fare riferimento alla circostanza “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni”.

Conclusa l’esposizione dei fatti, ha precisato che l’esclusione del “Movimento 5 stelle” avrebbe comportato l’ammissione della lista “Alternativa popolare – centristi per Micari” al riparto dei seggi e la propria proclamazione quale deputato regionale, in quanto candidato con maggiori preferenze.

Ciò posto ha chiesto l’annullamento, vinte le spese, dei provvedimenti di ammissione alla competizione elettorale e al riparto dei seggi del “Movimento cinque stelle”, nonché di quelli di esclusione dal riparto della lista “Alternativa popolare – centristi per Micari”.

Ha dedotto il seguente unico articolato motivo:

Violazione del combinato disposto degli artt. 15 e 16 bis della l.r. n. 29 del 1951, 7 e 9 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

I candidati della lista Movimento Cinque Stelle avrebbero dovuto essere esclusi dalla competizione elettorale, in quanto avevano omesso di produrre la dichiarazione di accettazione della candidatura completa delle indicazioni richieste dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 235/2012.

Il ricorrente ha chiesto, oltre all’annullamento degli atti impugnati per le parti d’interesse, la correzione del risultato elettorale e la sua individuazione quale deputato eletto all’Assemblea regionale siciliana per il collegio elettorale circoscrizionale della provincia di Siracusa.

Ha avanzato, anche, istanza di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami.

Con decreto presidenziale n. 11 del 5 gennaio 2018, è stata fissata l’udienza per la discussione della controversia, onerando la ricorrente delle notifiche di rito, che sono state regolarmente eseguite.

Per l’Assemblea regionale siciliana si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato che ha depositato vari documenti.

Si sono costituiti in giudizio anche signori G T e S S, controinteressati, che hanno depositato una memoria con cui hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica alla Presidenza della Regione, parte necessaria del giudizio. Hanno, altresì, eccepito la disintegrità del contraddittorio, rilevando che avrebbero dovuto essere intimati tutti i candidati che non avevano espressamente fatto la dichiarazione richiesta dall’art. 9 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Ha, comunque, chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, rappresentando, tra l’altro, che: la dichiarazione resa era conforme a quella di cui all’art. 15 della l.r. n. 29 del 1951;
era stato fatto un espresso riferimento alle successive modificazioni dell’art. 15, comma 1, della l. n. 55 del 1990 e, pertanto, anche a quelle derivanti dal d.lgs.vo n. 235 del 2012;
si trattava di un’irregolarità formale inidonea a compromettere la validità del procedimento elettorale anche alla luce del principio di strumentalità delle forme.

In via subordinata, ha rilevato che l’Amministrazione regionale aveva dato chiare indicazioni nel senso della legittimità della dichiarazione resa senza un espresso riferimento all’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

In via ulteriormente subordinata, ha rilevato che dal riconoscimento della fondatezza del ricorso non sarebbe derivata la proclamazione del ricorrente quale deputato dell’Assemblea regionale siciliana, ma l’annullamento delle elezioni nel loro complesso, in quanto inficiate da una grave illegittimità coinvolgente una pluralità di candidati.

In via ancora subordinata, ha chiesto che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 del d.lgs. n. 235 del 2012 nella parte in cui estendeva alle Regioni a statuto speciale l’applicazione dell’art. 9, comma 2, in quanto in contrasto con gli artt. 3, 9, 14 e 15 dello statuto della regione Sicilia approvato con l. cost. n. 2 del 26 febbraio 1948, n. 2.

Alla pubblica udienza del 22 marzo 2018, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

1. La controversia ha ad oggetto le elezioni regionali 2017, relativamente alla circoscrizione di Siracusa, che il ricorrente assume essere illegittime, in quanto tutti i candidati del Movimento cinque stelle avrebbero dovuto essere esclusi per non avere reso espressamente la dichiarazione imposta dall’art. 9 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Si è, in particolare, verificato che tali candidati, confidando nella modulistica e nelle indicazioni date in proposito dall’Amministrazione regionale, avevano dichiarato “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni”.

L’ufficio elettorale circoscrizionale li aveva ammessi alla competizione elettorale e, successivamente allo svolgimento delle elezioni, aveva acquisito i certificati del casellario giudiziale, da cui non erano risultate condanne ostative.

2. Così ricostruiti i fatti di causa, va precisato che non si ritiene opportuno disporre l’integrazione del contraddittorio considerato che il ricorso si appalesa manifestamente infondato alla luce dei recenti precedenti sfavorevoli della sezione e delle esigenze di celerità immanenti al rito elettorale.

Può, pertanto, prescindersi anche da tutte le eccezioni in rito, in quanto il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni che seguono.

3. Invero, la sezione si è già pronunciata in senso sfavorevole al ricorrente su questioni identiche con le n. 464, n. 465 e n. 470 del 2018, da cui non intende discostarsi e alle cui ampie motivazioni si rinvia.

In tali sentenze è stato chiarito che il problema da affrontare era se fosse necessario un espresso riferimento alla norma sopravvenuta (i.e. art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012) o sufficiente l’indicazione di quella previgente (i.e. art. 15 della l. n. 55 del 1990) anche tenuto conto delle indicazioni date dalla Regione e dell’assenza di condanne ostative.

Si è poi precisato che in ordine a tale problema si registravano in giurisprudenza due diversi orientamenti.

Secondo un primo, maggiormente rigoroso, espresso nella decisione della V sezione del Consiglio di Stato n. 5224 del 29 ottobre 2013, la dichiarazione “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, l. n. 55/1990 e successive modificazioni” non era incompleta, ma mancante, in quanto non conteneva l’attestazione dell’assenza di cause di incandidabilità previste dalla vigente disciplina. Si è, pertanto, ritenuto che tale requisito non era colmabile dall’assenza in concreto di tali cause, tanto più che quelle di cui al d.lgs.vo n. 235/2012 erano diverse e maggiori di quelle di cui al precedente art. 15 della l. n. 55/1990 (in senso conforme Consiglio di Stato, V, 9 maggio 2014, n. 2388).

Secondo l’altro orientamento, più sostanzialista, espresso nella decisione della III sezione del Consiglio di Stato n. 1983 del 16 maggio 2016, le dichiarazioni dei candidati, anche se contenevano l’erroneo richiamo all’abrogato art. 58 del T.U.EE.LL. non potevano considerare “inesistenti” o “carenti”. Si era, infatti, in presenza di un contenuto semplicemente incompleto, in quanto era incontestabile che i candidati, al di là dell’erroneo riferimento normativo, avevano manifestato la loro volontà di certificare l’assenza, in via generale, delle cause ostative all’incandidabilità, nella consapevolezza delle conseguenze amministrative e anche penali che ne conseguono (in senso conforme Consiglio di Stato, III, 23 maggio 2016, n. 2123).

Nei citati precedenti della sezione, si è deciso di aderire al secondo orientamento, in quanto maggiormente rispondente al principio di strumentalità delle forme che governa il procedimento elettorale;
e ciò anche per una ineludibile esigenza di rispetto della volontà popolare così come espressa nella tornata elettorale in questione.

Si è, tra l’altro, affermato, che l’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 (identico al successivo art. 10) era la naturale continuazione dell’art. 15 della l. n. 55 del 1990 (corrispondente agli artt. 58 e 59 del TUELL) e che poteva trovare applicazione l’affermazione fatta dalla V sezione del Consiglio di Stato secondo cui tale rapporto doveva ragionevolmente orientare l’interprete anche nel valutare le dichiarazioni erroneamente rese dai candidati con riferimento a una norma che l’art. 17 aveva inteso, oltre che abrogare, interamente sostituire, già sul piano normativo.

Sotto questo profilo, si è rilevato che, pur non potendosi accogliere la prospettazione secondo cui l’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 doveva qualificarsi come “successiva modifica” dell’art. 15 della l. n. 155 del 1990, in quanto lo stesso era stato espressamente abrogato, doveva, comunque, ritenersi che tra le due norme vi era un rapporto di continuità, che consentiva di estendere la dichiarazione riferita alla norma abrogata a quella sopravvenuta.

Si è, inoltre, precisato che l’ufficio elettorale nulla aveva eccepito in ordine alle dichiarazioni rese dai candidati del Movimento 5 stelle ai fini dell’ammissione della candidatura e che nessun ricorso era stato presentato avverso tale determinazione, cosicché non si poneva più un problema di integrazione delle dichiarazioni, ma di verifica del possesso dei requisiti normativamente richiesti da parte dell’Ufficio elettorale.

Così inquadrata la questione, si è rilevato che, nell’esercizio di tale potere, l’Ufficio elettorale circoscrizionale aveva provveduto ad acquisire i certificati del casellario giudiziale di tutti i candidati e aveva verificato che nessuno di essi aveva subito condanne ostative.

Conseguentemente, anche sotto questo profilo, si è ritenuto applicabile il principio di diritto affermato dalla III sezione del Consiglio di Stato che, adattato alla fattispecie in esame, poteva essere espresso nel senso che le dichiarazioni, opportunamente verificate dall’Ufficio elettorale, erano regolari, sicché correttamente la lista del Movimento 5 stelle era stata ammessa alla competizione elettorale e la controinteressata proclamata eletta.

Accertato che i precedenti della III sezione del Consiglio di Stato contenevano principi applicabili alla fattispecie in esame, si è evidenziato che l’orientamento espresso nelle stesse era condiviso dal collegio in quanto maggiormente in linea con il principio di strumentalità delle forme il quale, come noto, imponeva di attribuire valore preminente al favor partecipationis in tutti quei casi in cui la certezza sul rispetto della finalità, alla quale la forma era preordinata, era, comunque, stata raggiunta (sul principio in generale ex plurimis, Corte Europea dei diritti dell’uomo, del 16 marzo 2006, n. 58278;
Corte Costituzionale, 13 gennaio 2014, n. 1;
Consiglio di Stato, III, 23 maggio 2016, n. 2119 e V, 15 maggio 2015, n. 2920;
V, 15 luglio 2016, n. 3166;
III, 23 maggio 2016, n. 2119).

Si è, infine, rilevato che la fattispecie presentava delle peculiarità che inducevano, anche su un piano di giustizia sostanziale, a propendere per una soluzione che consentiva di ritenere non carente la dichiarazione resa dalla controinteressata e dagli altri candidati del Movimento 5 stelle.

Dagli atti di causa risultava (come risulta nella controversia in esame) che nel “modello di dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di deputato regionale in una lista provinciale” approntato dal servizio V elettorale del Dipartimento delle autonomie locali dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica risultava espressamente previsto che il candidato “dichiara, inoltre, di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall'art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni” senza alcun riferimento all’art. 7 della d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Risultava, altresì, che la medesima Amministrazione, il 5 ottobre 2017, aveva pubblicato un comunicato stampa in cui aveva confermato che la dichiarazione sostitutiva “resta(va) definita nel modello allegato alle istruzioni” e che come tale sarebbe stata accettata dagli uffici elettorali, fermo restando “i poteri di verifica degli stessi uffici elettorali della Sicilia circa le cause di incandidabilità previste dalla normativa regionale come anche dalla normativa nazionale vigente” e, in particolare, dall’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Se ne è tratta la conclusione che era stata la stessa Amministrazione a fare (probabilmente inconsapevolmente) propria la tesi della III sezione del Consiglio di Stato e a ritenere che la dichiarazione riferita all’art. 15 della l. n. 55 del 1990 e successive modifiche era idonea a ricomprendere anche le cause ostative di cui all’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Si è concluso, altresì, nel senso che i candidati avevano fatto ragionevolmente affidamento sulle indicazioni provenienti dall’Autorità preposta alla gestione delle elezioni e che non avevano nessun intento fraudolento di eludere le stringenti prescrizioni della legge Severino, come dimostrato, peraltro, dall’assenza di condanne ostative risultanti dai certificati del casellario giudiziale.

Erano, infatti, stati resi edotti del fatto che l’Amministrazione avrebbe verificato l’assenza di cause ostative ai sensi dell’art. 7 più volte citato.

Si ritiene opportuno compensare le spese tenuto conto dell’oggettiva complessità delle questioni dedotte e dei contrasti giurisprudenziali in ordine alla loro soluzione.

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