TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2018-05-24, n. 201805773

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2018-05-24, n. 201805773
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201805773
Data del deposito : 24 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/05/2018

N. 05773/2018 REG.PROV.COLL.

N. 06815/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6815 del 2016, proposto da
P D C, rappresentato e difeso dall'avvocato G I, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A C in Roma, via P. Leonardi Cattolica, 3;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket e Antiusura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento,

previa sospensione,

del decreto 6/E/1.3.2016, notificato il 15 marzo 2016, con il quale il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura ha revocato la concessione dell'elargizione di euro 211.965,60, disposta con decreto n. 1/E/12.6.2014.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket e Antiusura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2018 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe P D C ha impugnato il decreto del I marzo 2016 con il quale il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura ha revocato la concessione dell'elargizione di euro 211.965,60, disposta con decreto del 12.6.2014.

Il ricorrente ha esposto di avere riscosso in data 9.10.2014 la somma di euro 211.965,60, elargitagli in forza del decreto n. 1 dell'11.09.2014;
il 16.10.2014 aveva stipulato con Vinvenzo Ceravolo, rappresentante legale della Cevimare s.r.l., un accordo in base al quale egli avrebbe conferito a quest’ultima società la somma di euro 200.000,00, dietro impegno del Ceravolo a trasferirgli il 20% delle quote sociali entro il 31 ottobre 2014 e a pagargli mensilmente, a partire dal 1 dicembre 2014, la somma di euro 999,99 (mille/00) a titolo di interesse sul conferimento, garantendo la restituzione del capitale conferito entro 45 giorni dalla richiesta.

Al fine di garantire tutti gli impegni assunti, Vincenzo Ceravolo aveva consegnato al Di Costa un assegno bancario dell'importo di euro 200.000,00.

Di tutto ciò era stata fatta regolare e documentata rendicontazione alla competente Prefettura di Vibo Valentia, che, tuttavia, con nota del 13.1.2016 aveva comunicato al Di Costa l'avvio della procedura di revoca dell'elargizione, facendo presente che la documentazione prodotta non era idonea a comprovare l'impiego della somma ricevuta in attività economiche imprenditoriali, in quanto le somme trasferite alla Cevimare avrebbero dovuto essere restituite e costituivano, pertanto, un prestito.

Nonostante le osservazioni presentate dall’interessato, tuttavia, il Commissario straordinario, aderendo al parere della Prefettura, aveva emesso il decreto n. 6/E/1.3.2016 di revoca parziale dell'elargizione di euro 211.316,60, oggetto del ricorso.

Si è costituita l’Amministrazione intimata resistendo al ricorso.

All’esito della camera di consiglio del 2 agosto 2016 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare, rilevando che il provvedimento impugnato appariva immune dalle dedotte censure, avuto riguardo alla motivazione in esso contenuta circa la non idoneità dell’attività posta in essere dal ricorrente a dimostrare il reimpiego in attività economiche di tipo imprenditoriale, avendo, in sostanza, valenza di prestito fruttifero la somma a suo tempo concessa con obbligo di restituzione del capitale.

Alla pubblica udienza del 10 aprile 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.

Osserva il Collegio come, in adesione alla prevalente giurisprudenza, in ordine alla determinazione del contributo previsto dalla l. 23 febbraio 1999 n. 44 per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura non sussiste un'attività discrezionale nella fase di quantificazione dell'indennità (T.A.R. Marche-Ancona, Sez. I, 23 febbraio 2016, n. 117;
Cass. Civ. Sez. Un., ord. 13 ottobre 2011, n. 21062).

In tal senso si sono pronunciate, da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 18983 del 31 luglio 2017, richiamando la giurisprudenza già formatasi (S.U. sentenza n. 1442/1998, n. 6007/99;
n.1377/2003) sulle disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, hanno riconosciuto in questi casi la titolarità, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all'erogazione della speciale elargizione prevista dalla normativa in materia, essendo la P.A. priva di ogni potestà discrezionale sia con riguardo all'entità della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti della erogabilità, rispetto ai quali l'Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, è estraneo al concetto di discrezionalità amministrativa.

Trasponendo i medesimi principi alla richiesta dei benefici previsti per le vittime di usura ed estorsione, la Corte ha affermato che l'indennità in questione è oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo, in quanto in ordine alla sua corresponsione non residua alcun margine di discrezionalità una volta che i competenti organi amministrativi abbiano compiuto, con esito favorevole per il richiedente, l'istruttoria prevista dalla legge.

A identiche conclusioni è pervenuto il Consiglio di Stato, con le decisioni del 7 marzo 2001, n. 1301 e del 14 marzo 2006 n. 1338.

La Cassazione ha chiarito, altresì, che per la concessione dei benefici di cui alla L. n. 44 del 1999 è prevista una procedura che si sviluppa in due fasi: una prima fase è di competenza del Prefetto che, una volta ricevuta la domanda per la concessione dell'elargizione, acquisisce gli elementi istruttori e fa una analisi e valutazione dei requisiti per la concessione del beneficio redigendo un rapporto sulla base delle risultanze istruttorie;
una seconda fase in cui Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura esamina il rapporto del Prefetto e la documentazione allegata e delibera l'accoglimento o meno della proposta;
il procedimento si conclude con un decreto a firma del Commissario straordinario del governo per il coordinamento delle inezie attive antiracket e antiusura.

Dall'esame di tale procedura, simile a quella prevista per la liquidazione del beneficio delle vittime del terrorismo, la Suprema Corte ha concluso che l'attività della pubblica amministrazione non è improntata ad alcun potere discrezionale.

Nella specie l'attività della Pubblica amministrazione non si estende alla valutazione di comparativi interessi pubblici e privati con la possibilità di valutare discrezionalmente se alla vittime di attività estorsiva spetta o meno il contributo, ma l'accertamento è limitato alla circostanza di fatto se il richiedente è stato o meno vittima di un delitto da attività estorsiva ed all'entità dei danni causalmente derivati da tale attività.

Di conseguenza, all'accertamento della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge segue necessariamente la concessione del beneficio, essendo stata già eseguita a monte dal legislatore la valutazione dell'interesse pubblico che giustifica la concessione del beneficio a tutti i soggetti colpiti da attività estorsiva.

Alle stesse conclusioni deve addivenirsi con riferimento al caso di specie, nel quale oggetto di impugnazione è il provvedimento di revoca del beneficio, fondato sul mancato corretto reimpiego delle somme elargite.

Infatti, secondo il costante orientamento della giurisprudenza (da ultimo T.A.R. Lazio, sez. I quater, 17/11/2017, n. 11368) rientrano nella cognizione del giudice ordinario le controversie instaurate avverso i provvedimenti di revoca, decadenza o risoluzione, con cui l’Amministrazione abbia revocato il finanziamento o disposto la restituzione della sovvenzione definitivamente concessi, adducendo l'inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo (Cass. Civ., SS.UU., 8 gennaio 2007 n. 117;
12 febbraio 1999 n. 57;
7 luglio 1988 n. 4480;
28 maggio 1986 n. 3600;
Cons. Stato,

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