TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-08-19, n. 202400598
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Testo completo
Pubblicato il 19/08/2024
N. 00598/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00284/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 284 del 2024, proposto da
A R G e EMADA s.r.l., rappresentati e difesi dagli avvocati L S e R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L S in Genova, via Roma, 11/1;
contro
Comune di Diano Marina, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Roma, 10/3b;
Regione Liguria e Agenzia del Demanio - Direzione Regionale Liguria, non costituiti in giudizio;
Agenzia del Demanio Filiale Liguria, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Genova, v.le Brigate Partigiane, 2;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
del provvedimento 2 febbraio 2024 prot. n. 3005/2024 del Responsabile del procedimento dell’Ufficio Demanio del Comune di Diano Marina, avente ad oggetto richiesta di pagamento indennizzo ai sensi dell’art. 8 D.L. n. 400/1993, nonché per l’annullamento, previa sospensione, della nota comunale 8 gennaio 2024, avente ad oggetto “ indennità risarcitoria da determinarsi ai sensi della vigente normativa ” e della nota comunale 9 gennaio 2024, recante comunicazione di avvio del procedimento di richiesta di indennizzo ai sensi dell’art. 8 D.L. n. 400/1993, nonché per l’accertamento dell'insussistenza dei presupposti previsti dall’art. 8 D.L. n. 400/1993 per la richiesta di indennità risarcitoria.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Diano Marina e dell’Agenzia del Demanio Filiale Liguria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2024 il dott. D M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Le ricorrenti G Anna Rosa e EMADA s.r.l. – titolari, rispettivamente, di concessione demaniale marittima (n. 13/2005) e di autorizzazione ex art. 45- bis cod. nav. concernenti una porzione di arenile a servizio dello stabilimento balneare “Baia Beach” (situato su proprietà privata) – hanno impugnato (unitamente a due note dell’8 e del 9 gennaio 2024) il provvedimento con cui il Comune di Diano Marina ha determinato (ai sensi dell’art. 8, decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494) l’indennizzo e l’imposta regionale sulle concessioni demaniali marittime (per complessivi euro 24.142,03) da corrispondere in relazione ad una pedana in legno realizzata per agevolare il passaggio delle persone con ridotta capacità motoria dallo stabilimento alla spiaggia, di dimensioni inferiori rispetto a quelle assentite con concessione edilizia n. 2340 del 13 dicembre 1995;è stato altresì richiesto l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’indennizzo.
2. Con i primi quattro motivi di ricorso si deducono, sotto diversi profili, la violazione di legge e l’eccesso di potere, argomentando in ordine all’insussistenza del presupposto di cui all’art. 8, decreto-legge n. 400/1993. Con un quinto motivo si evidenziano gli errori in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione comunale nel determinare l’importo dovuto. Con un sesto motivo si deduce la violazione di legge conseguente all’omessa considerazione delle osservazioni riversate in sede procedimentale dall’odierna ricorrente.
3. Si è costituito in giudizio il Comune Diano Marina, il quale ha chiesto dichiararsi il difetto di giurisdizione e, nel merito, che il ricorso venga rigettato, rilevando come l’opera in questione integri un’innovazione non autorizzata.
Si è altresì costituita in giudizio l’Agenzia del demanio.
Con memoria depositata in data 18 giugno 2024 la ricorrente G ha replicato all’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dal Comune,
Alla camera di consiglio del 5 aprile 2024 i ricorrenti hanno rinunciato alla domanda cautelare.
All’udienza del 19 luglio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Deve preliminarmente essere scrutinata l’eccezione di difetto di giurisdizione.
1.1. Il provvedimento gravato in questa sede, ritenendo che la realizzazione della pedana in questione integri un’utilizzazione difforme dal titolo concessorio (ai sensi dell’art. 8, decreto-legge n. 400/1993), ha determinato due importi: un primo importo (euro 19.313,62) a titolo di indennizzo dovuto in conseguenza della (ritenuta) utilizzazione difforme;un secondo importo (euro 4.828,41) a titolo di maggiore imposta.
1.2. Con riguardo all’imposta regionale sulle concessioni demaniali marittime, il Collegio osserva come il ricorso non sia riferito a detta imposta (rispetto alla quale sussisterebbe la giurisdizione del giudice tributario, in quanto ai sensi dell’art. 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 “[a] ppartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali ”). Ne consegue che, con riguardo all’imposta, l’eccezione di difetto di giurisdizione è inammissibile, in quanto né la domanda di annullamento, né quella di accertamento hanno ad oggetto l’imposta regionale.
1.3. Con riguardo all’importo liquidato a titolo di indennizzo, contrariamente a quanto eccepito dal Comune, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi che, ai sensi dell’art. 133, co. 1, lett. b) cod. proc. amm., esulano dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, sono solo quelle “ contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico, come tali riferite alla quantificazione della misura dei canoni o degli indennizzi dovuti ”, ad esclusione delle ipotesi in cui il ricorrente sollecita “ la verifica dell’azione autoritativa pubblica sul rapporto concessorio sottostante, avuto segnatamente riguardo alla sussistenza ed alle modalità di esercizio del potere impositivo ”, venendo in tali casi il conflitto tra P.A. e concessionario attratto nella giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 20 aprile 2022, n. 293 e 1° settembre 2021, n. 788, nonché la giurisprudenza ivi menzionata). Nel caso di specie, poiché le ricorrenti contestano la stessa sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere, la controversia non ha un contenuto meramente patrimoniale, ma implica la verifica della legittimità (in particolare, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti) dell’esercizio del potere.
2. Il provvedimento del 2 febbraio 2024 indica (tanto nell’oggetto, quanto nel testo, laddove precisa che “ si ritiene che il D.L. 104/2020 eterointegri il D.L. 400/1993 ”) il fondamento normativo dell’indennizzo preteso nell’art. 8, decreto-legge n. 400/1993, il quale individua il presupposto di fatto sulla base del quale l’indennizzo può essere preteso, alternativamente, nelle “ utilizzazioni senza titolo ” (tra l’altro) “ dei beni demaniali marittimi ” o nelle “ utilizzazioni difformi dal titolo concessorio ”. In punto di fatto, il provvedimento precisa che la rampa in questione “ risulta realizzata difformemente da quanto autorizzato ”. Non vi è dubbio, pertanto, che la pretesa sia fondata sull’art. 8, decreto-legge n. 400/1993 e, in particolare, su una asserita utilizzazione difforme del bene demaniale dal titolo concessorio.
3. I primi due motivi di ricorso – che possono essere esaminati congiuntamente, perché contestano entrambi, ancorché sotto diversi profili, l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 8, decreto-legge n. 400/1993 (esistenza di un’utilizzazione difforme dal titolo concessorio) – sono fondati, in quanto per utilizzazione difforme dal titolo concessorio non può intendersi la realizzazione di una rampa che occupa una superficie del bene demaniale inferiore a quella indicata in concessione, dal momento che la ratio dell’indennizzo in questione deve essere individuata nel maggiore aggravio sul bene pubblico che l’opera realizzata o l’attività svolta producono, e non in qualsivoglia difformità rispetto a quanto assentito.
3.1. È pacifico, infatti, che la realizzazione della rampa in questione era compresa nella concessione del 13 dicembre 1995, n. 2340 (doc. n. 13 delle produzioni delle ricorrenti) e che la pedana effettivamente realizzata (con i materiali previsti e per lo svolgimento della funzione prevista, ossia l’accesso al mare delle persone con ridotta capacità motoria) occupa una superficie inferiore (per effetto tanto di una minore lunghezza quanto di una minore larghezza) di quella assentita. Tanto è vero che in occasione del sopralluogo eseguito in data 13 maggio 1998 dall’Ufficio tecnico comunale (cfr. verbale doc. n. 1 delle produzioni delle ricorrenti) si dà atto, senza formulare osservazione alcuna, dell’esistenza della rampa in dimensioni (lunghezza: 5 m;larghezza: 1,35 m) inferiori a quelle assentite (lunghezza: 38 m;larghezza: 1,50 m). Soltanto a seguito della presentazione in data 22 maggio 2023, da parte delle odierne ricorrenti, di una S.C.I.A. in sanatoria, il Comune ha adottato i provvedimenti impugnati: in un primo momento (cfr. nota dell’8 gennaio 2024;doc. n. 6 delle produzioni delle ricorrenti) “costituendo in mora” le ricorrenti e ravvisando “ un’ipotesi di innovazione abusiva su area in concessione con impianti di facile/difficile rimozione ”;successivamente (cfr. nota del 9 gennaio 2024;doc. n. 7 delle produzioni delle ricorrenti) avviando il procedimento volto alla determinazione dell’indennizzo ex art. 8, decreto-legge n. 400/1993, concluso con il provvedimento del 2 febbraio 2024 che ha stabilito l’ammontare dell’indennizzo (e dell’imposta regionale) sul presupposto, come detto, della realizzazione della rampa in difformità da quanto autorizzato.
3.2. Che la rampa sia stata realizzata “in difformità” da quanto realizzato è pacifico, in quanto trattasi di circostanza ammessa dalle stesse ricorrenti. Tuttavia, poiché da tale difformità (la cui rilevanza ai fini edilizi e paesaggistici, cui si riferisce la S.C.I.A. presentata, è estranea all’oggetto della presente controversia) consegue unicamente l’occupazione di una superficie inferiore a quella assentita, essa non costituisce né, come sembra pretendere il provvedimento del 2 febbraio 2024, un’utilizzazione del bene demaniale marittimo difforme dal titolo concessorio (in quanto non è stato accertato alcun mutamento di destinazione d’uso, né della porzione di arenile nel suo complesso, che rimane asservita allo stabilimento balneare insistente su proprietà privata, né della rampa in questione), né, come presuppone la nota del 9 gennaio 2024 (e come ritiene il Comune in base alle argomentazioni svolte nel presente giudizio), un’innovazione abusiva, posto che la rampa era prevista dalla concessione del 1995 (non si tratta, dunque, di un’opera realizzata ex novo ) e la mera realizzazione della stessa in dimensioni inferiori a quelle assentite non comporta un’innovazione abusiva ai sensi (e per gli effetti) dell’art. 8, decreto-legge n. 300/1994, con la conseguenza che nessuno dei presupposti stabiliti da detta disposizione risulta integrato. La giurisprudenza citata dal Comune non è pertinente, in quanto riguarda ipotesi in cui il concessionario ha realizzato opere nuove (ancorché di carattere tenue), ossia non contemplate dalla concessione, laddove nel caso di specie, come detto, la rampa era contemplata dalla concessione del 1995.
4. Dalle considerazioni sopra esposte consegue altresì l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per il preteso indennizzo.
5. Ne conseguono l’assorbimento: del terzo motivo di ricorso, inerente alla prospettata qualificazione della pedana come area scoperta;del quarto motivo di ricorso, con cui si afferma la non debenza dell’indennizzo anche nell’ipotesi in cui la rampa venga qualificata come opera di facile rimozione;del quinto motivo di ricorso, con cui si contesta la quantificazione dell’importo dell’indennizzo;del sesto motivo di ricorso, con cui si deducono censure di carattere meramente procedimentale. Dall’eventuale fondatezza dei suddetti motivi, infatti, non discenderebbe alcuna conseguenza, né in punto di utilità conseguibili dai ricorrenti (risultando accertato che l’indennizzo non è dovuto), né con riguardo all’effetto conformativo (risultante dalla pronuncia di accertamento).
6. In definitiva, il ricorso deve essere accolto, con conseguente accertamento dell’insussistenza dei presupposti per la pretesa dell’indennizzo e annullamento, sotto questo profilo, del provvedimento impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, come in dispositivo, in favore della titolare della concessione.