TAR Brescia, sez. I, sentenza 2016-11-26, n. 201601613

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2016-11-26, n. 201601613
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201601613
Data del deposito : 26 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/11/2016

N. 01613/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01827/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1827 del 2015, proposto da:
Ecocalvina S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati G L P, G R, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio di quest’ultima, corso Cavour, 60;

contro

Provincia di Brescia, rappresentata e difesa per legge dagli avvocati M P, G D e R R, domiciliata in Brescia, p.zza Paolo VI, 29;

nei confronti di

Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Lombardia, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Lombardia - Brescia non costituiti in giudizio;

Comune di Visano e Comune di Calvisano, rappresentati e difesi dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Romanino, 16;

per l'annullamento

- dell’atto dirigenziale n. 5822 del 18 agosto 2015, con cui la Provincia di Brescia ha disposto la sospensione dell’attività di ritiro e trattamento di rifiuti allo stato liquido e/o fangoso per un periodo di sei mesi e comunque fino alla dimostrazione del superamento di tutte le inottemperanze e criticità evidenziate nelle relazioni di sopraluogo ARPA e nella diffida di cui alla nota della Provincia di Brescia P.G. n. 90403 del 24 luglio 2015 e la contestuale diffida all’ottemperanza alle prescrizioni e condizioni dell’autorizzazione di cui all’atto dirigenziale della Provincia di Brescia n. 2501 del 14 luglio 2011, integrato dall’atto dirigenziale n. 6111 del 1 settembre 2015, comunicato in pari data;

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale a quello impugnato e in particolare:

-- della nota della Provincia di Brescia P.G. n. 90403 del 24 luglio 2015;

-- delle relazioni ARPA del 4 e 9 giugno 2015;

-- della relazione finale della visita ispettiva straordinaria condotta dall’ARPA presso l’impianto nei giorni 23 e 24 luglio 2015;

-- della relazione dell’ARPA inerente la visita ispettiva straordinaria del 14 agosto 2015, non conosciuta.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e dei Comuni di Visano e Calvisano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2016 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società odierna ricorrente svolge attività di produzione compost, mediante recupero di rifiuti agroalimentari.

Al fine di individuare le cause e la rilevanza di impatti odorigeni e fenomeni di inquinamento delle rogge tra i Comuni di Calvisano e Visano, potenzialmente riconducibili a tale attività, l’impianto condotto dalla Ecocalvina è stato sottoposto a plurime visite ispettive di ARPA, in ragione degli esiti delle quali la Provincia di Brescia ha ritenuto sussistere le condizioni per avviare un procedimento di sospensione dell’AIA, ai sensi dell’art. 29 decies , comma 9, lett. B) del d. lgs. 152/06 e s.m..

Nonostante le osservazioni di cui alla nota dell’Ecocalvina del 10 agosto 2015 e le comunicazioni inviate in pari data, relative a modifiche non sostanziali e alla messa a regime dell’impianto di emissione in atmosfera, la stessa è stata destinataria di un provvedimento, incidente sulla possibilità di continuare l’esercizio di tale attività, il cui contenuto può essere riportato a due diversi gruppi di “ordini”, che hanno diversa natura e pregnanza ai fini di giustificare la sospensione dell’attività:

a) il primo gruppo riguarda violazioni o meglio, mancati adempimenti di obblighi facenti capo alla ricorrente e discendenti dall’originaria autorizzazione di cui all’atto dirigenziale della Provincia di Brescia n. 2501 del 14 luglio 2011 e s.m.i., che non incidono direttamente sulla pericolosità dell’attività svolta per l’ambiente, ma possono rendere più difficili le verifiche da parte degli organi preposti o non chiariscono gli eventi già accaduti e rilevati: si tratta della mancata trasmissione di copia dei “referti analitici” (cui non potrebbero essere equiparate, secondo l’Amministrazione, le tabelle riassuntive delle analisi inviate) e della documentazione relativa agli impianti sostituiti, della mancata tempestiva comunicazione di ogni eventuale evento accidentale, della omessa apposizione dei cartelli identificativi, dell’insufficienza dei chiarimenti in merito allo sversamento rilevato nel corso dell’estate;

b) nel secondo rientrano le reali contestazioni alle carenze strutturali e di gestione rilevate, le quali, giustificherebbero la sospensione dell’attività, in quanto la sua continuazione senza adempiere a quanto prescritto potrebbe ingenerare, in concreto, un pericolo per l’ambiente: si tratta dell’obbligo di eliminare le criticità evidenziate dall’ARPA e che renderebbero l’impianto inidoneo al trattamento dei rifiuti, dell’obbligo di svuotare le vasche di stoccaggio e trattamento dei rifiuti liquidi e/o fangosi per effettuare le necessarie verifiche di integrità delle vasche stesse e del loro stato di conservazione (da effettuarsi nel termine, ritenuto non prorogabile, ma eccessivamente breve, secondo la ricorrente, di sessanta giorni).

Dato il rigetto della richiesta, inoltrata alla Provincia, di procedere alla revoca della sospensione, così disposta, la Ecocalvina ha proposto il ricorso in esame, deducendo l’illegittimità del provvedimento impugnato per le seguenti ragioni di diritto:



1. Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, genericità della contestazione, perplessità della motivazione e contraddittorietà, nonché erronea e falsa applicazione dell'art. 29 decies , comma 9, lett. b), d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i.. Le inottemperanze ritenute dalla Provincia ancora sussistenti in seguito alla diffida del 24 luglio 2015, le criticità di cui alle Relazioni Arpa 9 giugno e 14 agosto 2015 e lo sversamento del 23 luglio 2015 non integrerebbero una situazione di pericolo attuale per l'ambiente tale da giustificare la sanzione della sospensione dell'attività;



2. Eccesso di potere per difetto di motivazione (art. 3, legge n. 241/1990), difetto di istruttoria e erronea e falsa applicazione dell’art. 29- decies , comma 5, d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i., con riferimento al rigetto della richiesta di proroga del termine di centoventi giorni;



3. Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, motivazione perplessa, erronea e falsa applicazione dell’art. 29 decies , comma 9, d.lgs. n. 152/2006 per mancanza dei presupposti e travisamento dei fatti, nonché del principio di proporzionalità, nell’imposizione dell’ordine di svuotamento delle vasche;



4. Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità nell’imposizione di una sospensione dell’attività per sei mesi: tale previsione non avrebbe formato oggetto della necessaria comparazione di tutti gli interessi contrapposti coinvolti nella vicenda;



5. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, correlato ad una non corretta interpretazione delle prescrizioni dell’AIA, ritenute non rispettate, relative ai ventilatori;



6. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e erronea e falsa applicazione di legge (art. 52, d.lgs. n. 104/2010), in quanto il mancato rispetto del termine per l’invio della documentazione (contestato, perché sarebbe scaduto di sabato e, dunque, la consegna il successivo lunedì sarebbe tempestiva), non potrebbe comunque avere alcun effetto sanzionatorio.

Alla prima camera di consiglio, fissata per la trattazione dell’istanza di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, questo Tribunale ha valorizzato il fatto che parte ricorrente sosteneva di aver, in parte, eliminato le violazioni tecniche contestate e di stare, per altro verso, provvedendo al superamento di altre, come nel caso dell’apposizione di separazioni dei lotti di maturazione (che secondo la ricorrente non sarebbe imposta dall’AIA) e dei relativi cartelli distintivi. Secondo Ecocalvina, inoltre, lo scarico del depuratore in corpo idrico superficiale era sospeso e le acque reflue smaltite presso impianti di terzi (secondo quanto imposto dalla disciplina che regola l’imprevisto della “impossibilità di trattamento” di cui all’AIA, prevedendo di gestire i reflui non suscettibili di essere trattati per carenze dell’impianto come rifiuti, autorizzando espressamente la fase di stoccaggio dei medesimi nelle vasche).

Infine, i trasudamenti dalle vasche sarebbero stati eliminati con un intervento di manutenzione ordinaria (perizia giurata documento n. 20) e non vi sarebbero state evidenze di cedimenti strutturali delle vasche del depuratore che avrebbero potuto determinare perdite (cfr. risultati allegati al doc. 16), come Ecocalvina ritiene dimostrato anche dall’insussistenza di infiltrazioni di rifiuti liquidi riscontrata dal monitoraggio eseguito in ordine alla tutela della falda.

Data la natura strettamente tecnica degli aspetti ora rappresentati, però, il Collegio ha ritenuto necessario disporre una verificazione in contraddittorio tra ARPA, i Comuni resistenti, la Provincia e la ricorrente, al fine di stabilire se quanto affermato rispondesse al vero, quali fossero, allo stato, le esigenze di tutela dell’ambiente e quali le misure da ritenersi ancora necessarie al fine di garantire la sicurezza dell’ambiente e il rispetto delle autorizzazioni concesse. È stato, dunque, fatto carico alla Provincia di produrre una relazione, predisposta dalla stessa in esito ad apposito sopralluogo, in contraddittorio tra tutte le parti del giudizio e all’acquisizione delle osservazioni di tutte le parti interessate.

La Provincia ha, però, chiesto la revoca della misura cautelare, con specifico riferimento al punto in cui si sospendono gli effetti dei provvedimenti impugnati e in particolare dell’ordine di svuotamento delle vasche, perché dalla relazione tecnica depositata si sarebbe già evidenziato come le verifiche in contraddittorio non potrebbero avvenire se non previo blocco dell’attività dell’impianto e svuotamento delle vasche.

La Ecocalvina ha replicato sostenendo l’inammissibilità della richiesta, che, non trovando fondamento in nuove prove, non avrebbe potuto giustificare un riesame dell’istanza. Nel merito, la ricorrente ha dichiarato di essersi comunque astenuta, dopo l’ordinanza, dal ricevere conferimenti di rifiuti, in modo da non modificare lo stato dei luoghi. Inoltre, gli esiti dei campionamenti ARPA effettuati dopo il sequestro penale ( medio tempore sopravvenuto) avrebbero dimostrato una situazione “discreta” delle vasche e, dunque, in netto miglioramento e per tale ragione è stato richiesto, al giudice penale, il dissequestro.

Peraltro, sempre secondo la ricorrente, gli stessi verbali ARPA depositati precedentemente non avrebbero evidenziato alcuna necessità di svuotare le vasche. L’ARPA avrebbe, infatti, richiesto la sola verifica delle reti tecnologiche (e non di tutte le parti tecnologiche) e dell’indipendenza delle medesime: operazione che, secondo la ricorrente, avrebbe potuto essere compiuta mediante l’uso di traccianti o videocamere senza svuotare le vasche.

Alla camera di consiglio dell’11 novembre 2015, ritenuto di poter soprassedere rispetto all’eccezione di inammissibilità dell’istanza di modifica della misura cautelare ed evidenziato come l’obiettivo principale perseguito dall’ordinanza n. 1827 del 2015 fosse quello di stabilire, attraverso la disposta verifica in contraddittorio, proprio se fosse o meno imprescindibile lo svuotamento delle vasche per compiere gli accertamenti ritenuti necessari da ARPA, la pronuncia sull’istanza di revoca è stata respinta.

Questo Tribunale, infatti, dopo aver precisato che la misura cautelare concessa non poteva ritenersi, e non è stata ritenuta (come dimostrato dalla memoria della ricorrente), estesa fino ad ammettere la ripresa dell’attività con ritiro di rifiuti da parte di soggetti terzi, ha confermato la propria precedente pronuncia cautelare e ritenuto opportuno rimandare ogni ulteriore determinazione a un momento successivo alla pronuncia del giudice penale sulla richiesta di revoca, formulata dalla Ecocalvina, della misura che, oltre a disporre il sequestro, ordinava lo svuotamento delle vasche.

L’1 dicembre 2015, la Provincia ha depositato il provvedimento con cui, in data 20 novembre 2015, il GIP del Tribunale di Brescia ha respinto l’istanza di revoca del sequestro dell’impianto, anche rispetto alla domanda subordinata di sospensione dell’ordine di svuotamento delle vasche. A tale proposito, il GIP, rilevato che le analisi effettuate il 27 ottobre 2015 avevano evidenziato valori tali per cui, nonostante l’inoculamento di nuova carica batterica e ossigeno, non è stato ottenuto il risultato del ripristino della funzionalità dell’impianto, ha ritenuto dimostrata la permanenza delle ragioni di cautela sottese allo svuotamento delle vasche. Ciò anche alla luce della relazione di ARPA, del 9 novembre 2015, che, secondo la lettura fattane dal giudice penale, avrebbe individuato quale unica misura idonea a tutelare la salubrità dell’ambiente interessato dalla condotta lesiva della ricorrente lo svuotamento delle vasche di trattamento dei reflui.

A ciò ha fatto seguito la fissazione di plurime camere di consiglio in cui, atteso il mancato completamento delle operazioni disposte dal giudice penale, la trattazione dell’incidente cautelare è stata rinviata.

Il 18 marzo 2016, la Provincia ha depositato il verbale della conferenza di servizi del 15 marzo 2016, dal quale emerge che la ricorrente non stava svolgendo alcuna attività, che le vasche erano in corso di svuotamento (ordine del pubblico ministero del 9 febbraio 2016, depositato il successivo 30 marzo 2016), in ottemperanza a quanto disposto dal giudice penale e che la ditta a breve avrebbe presentato una nuova proposta di modifica dell’impianto, corredata da verifica di assoggettabilità alla VIA, tesa ad ottenere l’autorizzazione alla copertura integrale dell’impianto e alla modifica dei quantitativi di trattamento e delle linee di recupero.

Alla camera di consiglio del 20 aprile 2016, il Collegio ha accolto la richiesta della fissazione di nuovi termini per il completamento della verificazione, resasi necessaria a causa del lungo periodo in cui non è stato possibile procedere agli accertamenti necessari, a causa del sequestro disposto dal giudice penale, individuando nel Dirigente della struttura che ha adottato il provvedimento impugnato il soggetto competente a condurre le operazioni di verifica e a redarre la relativa relazione.

La relazione è stata depositata il 26 maggio 2016.

Il 4 giugno 2016, in vista della camera di consiglio fissata per l’8 giugno 2016, Ecocalvina ha depositato una memoria, nella quale ha evidenziato come la verificazione fosse “finalizzata all'accertamento della permanenza di un pericolo concreto ed attuale per l'ambiente e, ove fossero accertate situazioni di pericolo collegate all'inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione contestate, il Verificatore (i.e. la Provincia di Brescia) avrebbe dovuto individuare in concreto le misure per eliminare le predette inosservanze”.

Ciò premesso, la relazione del verificatore sarebbe, secondo parte ricorrente, inutilizzabile, in quanto, come si desumerebbe dalla proposta di relazione di verificazione trasmessa alla Ecocalvina (all. 18 alla Relazione finale), essa sarebbe stata redatta sulla base della Relazione del Comune di Calvisano del 17 maggio 2016, ponendo in essere una sorta di avvalimento tra Provincia e Comune.

Ne deriverebbe la violazione delle ordinanze n. 1893/2015 e n. 303/20 l 6 che avrebbero attribuito, secondo la società ricorrente, il compito di procedere agli incombenti istruttori al solo Dirigente che ha sottoscritto la determinazione n. 5822 del 18 agosto 2015.

In ogni caso la verificazione non sarebbe comunque utilizzabile perché le considerazioni espresse in ordine alle presunte difformità dell'impianto rispetto al progetto autorizzato (da pag. 13 a pag. 15) sarebbero state inserite in violazione del mandato conferito con le ordinanze n. 1893/2015 e n. 303/2016.

Inoltre, l’attività di verificazione, oltre ad essere andata oltre il dovuto, sarebbe anche stata parziale, in quanto:

a) l’assenza tra i dipendenti della Provincia e dell’Arpa di un ingegnere strutturista, dalla stessa Provincia dichiarata, induce a concludere che le affermazioni contenute nella relazione siano indimostrate e prive di concreti riscontri;

b) la stessa Provincia ha dichiarato di non aver potuto concludere le attività di verifica e, in particolare, la valutazione della pendenza del fondo e la verifica della presenza di tubazioni/pozzetti sul fondo e, dunque, le conclusioni della verificazione sarebbero state tratte pur non essendo state completate le operazioni di verifica.

Per tutto ciò la ricorrente ha chiesto, oltre alla fissazione dell’udienza di merito, il contestuale completamento delle verifiche, anche in considerazione del fatto che la relazione sarebbe carente nel punto in cui ha omesso di indicare le misure ancora necessarie per eliminare le inosservanze riscontrate e nel dare conto dell’esame delle considerazioni del verificatore sulle osservazioni presentate.

Nel merito:

- rispetto alla trasmissione dei certificati analitici, la ricorrente sostiene che, poichè la Provincia insiste sulle non corrette modalità di compilazione, questo confermerebbe che le verifiche sono state eseguite;

- la richiesta della trasmissione della documentazione d'acquisto e/o bolle di consegna del misuratore di pii e conducibilità è stata ottemperata;

- la ditta ha provveduto anche alla realizzazione dei richiesti interventi di mitigazione ambientale, ma la Provincia lamenta che siano state collocate piante troppo piccole;

- rispetto ai chiarimenti in ordine alle motivazioni che hanno portato ad uno scarico con valori superiori ai limiti dello scarico in CIS, la ricorrente avrebbe chiarito essersi trattato di un guasto ad una elettropompa avvenuto in data 22 aprile 2015, che ha determinato uno scarico di pochi litri di reflui provenienti dalla vasca di stoccaggio dell'acqua di prima pioggia. Più precisamente, la ricorrente ha comunicato che: “A causa di un guasto al teleruttore della elettropompa quest'ultima non ha completamente vuotato la vasca, e la relativa elettrovalvola, in posizione di chiusura, di scarico delle acque di seconda pioggia ha lasciato trafilare acqua reflua dalla guarnizione di tenuta per alcuni secondi. Gli interventi attuati sono stati la completa sostituzione del teleruttore di funzionamento della elettropompa posto all'interno del quadro elettrico, la taratura del regolatore di livello a galleggiante posto nella vasca in modo da ottenere un franco di sicurezza maggiore e la pulizia della guarnizione di tenuta della elettrovalvola”. Ciò precisato, la Provincia avrebbe dovuto chiarire quali fossero i chiarimenti mancanti, anche in considerazione del fatto che il giudice penale, invece, ha ritenuto che non vi fossero più esigenze cautelari con riferimento allo sversamento in questione;

- rispetto alla dimostrazione di avere superato tutte le criticità evidenziate da ARPA e che l'impianto biologico sia in grado di trattare i reflui in ingresso, la ricorrente si è limitata a lamentare i ritardi nel provvedere della Provincia, che avrebbe chiesto plurime integrazioni per poi annunciare l’archiviazione della richiesta di variazione non essenziale nel mese di dicembre;

- in relazione alla definizione dei criteri con cui vengono effettuate le verifiche di integrità strutturale delle vasche cui deve essere necessariamente subordinato il risanamento, parte ricorrente lamenta il fatto che la stessa provincia avrebbe riconosciuto la validità, in termini di prevenzione dell’inquinamento, dell’utilizzo di piziometri. In ogni caso la verifica dei dati dei piziometri sarebbe stata omessa perché avrebbe dato esito negativo e la Provincia avrebbe omesso di considerare che tutte le acque vengono raccolte e depurate, ad eccezione delle acque meteoriche provenienti dalle coperture (acque non contaminate) e le acque di seconda pioggia nel rispetto del d.lgs. 152/06 e del regolamento regionale n. 4/2006;

- lo stesso verificatore avrebbe definito irrilevante la verifica del funzionamento dei presidi relativi all’aspirazione, in quanto non legata alla sospensione dell’attività di cui si controverte;

- non corrisponderebbe al vero il fatto che la ditta non avrebbe mai dato concreta evidenza della reale volontà di effettuare lo svuotamento delle vasche e, in ogni caso le richiamate prescrizioni AIA, al paragrafo C4 e allo studio geologico sarebbero state rispettate (non vi sono elementi per ritenere il contrario) e il monitoraggio dei piezometri effettuato dalla ditta avrebbe confermato che non ci sono state dispersioni nel sottosuolo;
pertanto le vasche in muratura non hanno mai costituito un pericolo per l'ambiente;

- rispetto alla richiesta verifica del corretto rilievo di tutte le reti tecnologiche, la ricorrente ha affermato che i dettagli costruttivi non inficiano la bontà del progetto autorizzato e tanto meno rappresentano un pericolo per l'ambiente in termini di rischio di inquinamento concreto;

- rispetto ai temuti trasudamenti dalla vasche, i risultati dei piezometri, secondo la ricorrente, sconfesserebbero le preoccupazioni della Provincia e, ancora oggi, la Provincia/Verificatore non avrebbe dimostrato un pericolo concreto per l'ambiente. Inoltre, incomprensibilmente, si parla di dimensioni delle vasche non corrispondenti al progetto, ma le stesse sono state misurate in campo e l’affermazione non è stata ritenuta corretta. Peraltro, la eliminazione delle vasche V3a e V3b sarebbe un semplice accorgimento di processo, che non cambia, secondo la ricorrente, il rendimento di depurazione, lasciando invariati i volumi. In ogni caso, le vasche sono state completamente vuotate e, pertanto, la verificazione potrebbe essere completata.

La Provincia, inoltre, lamenta quelle che sono state indicate come "problematiche dell'impianto", quali, alcune variazioni nella gestione delle acque pluviali, alcune variazioni al processo di depurazione (che rimane invariato nella tipologia e nei volumi complessivi), alcune variazioni nel posizionamento di caditoie e della vasca delle acque di prima pioggia che non modificano il processo e la gestione delle medesime.

Tali variazioni non pregiudicherebbero, sempre secondo la difesa di Ecocalvina, il corretto funzionamento dell'insediamento, eppure la relazione di verificazione le analizza e dimensiona come causa delle criticità verificatesi in precedenza, senza minimamente tenere conto che le problematiche occorse, furono di tipo gestionale.

Alla camera di consiglio dell’8 giugno 2016, dopo la comunicazione del Presidente circa l’intenzione del Collegio di stabilire sin d'ora un'apposita Camera di consiglio per il 20 settembre 2016, al fine di esaminare nel contradditorio tra le parti i profili tecnici legati alla disposta verificazione e di sottoporre direttamente eventuali quesiti e chiarimenti al verificatore stesso (con convocazione, dunque del verificatore e dei tecnici già nominati dalle parti) così da esaurire ogni esigenza istruttoria in funzione della decisione nel merito della causa all'udienza pubblica del 9 novembre 2016, le parti hanno rinunciato all’ulteriore trattazione dell’incidente cautelare in vista della pronta definizione della controversia nel merito.

In esito alla camera di consiglio del 20 settembre 2016, nel corso della quale il Collegio ha acquisito i necessari chiarimenti al fine della decisione del merito della controversia, tutte le parti presenti hanno convenuto sull’opportunità di rimettere ogni ulteriore questione di natura tecnica e/o giuridica alla prossima udienza pubblica del 9 novembre 2016.

In vista dell’udienza pubblica, la Ecocalvina ha prodotto una memoria, nella quale ha sostanzialmente ribadito tutto quanto già osservato a seguito del deposito della relazione del verificatore, insistendo su come la concessione di una proroga dei termini per procedere agli adempimenti prescritti avrebbe potuto evitare il sequestro dell’impianto, oltre, che, verosimilmente, anche il giudizio amministrativo. L’insufficienza del termine assegnato sarebbe dimostrata proprio dal fatto che le operazioni di svuotamento delle vasche ordinate dalla Procura hanno richiesto più di tre mesi.

Peraltro, l’integrale svuotamento e la successiva ispezione avrebbero evidenziato come non sussistessero le paventate, da parte della Provincia, criticità, atteso che, come si può leggere nel verbale dell’1 settembre 2016, “non si sono riscontrate presenze di discontinuità e aperture evidenti” e “i pozzetti risultavano colmi di reflui…e sono risultati di una profondità max di circa 50 cm”.

In buona sostanza, dunque, secondo la ricorrente, “le inottemperanze ritenute dalla Provincia ancora sussistenti in seguito alla diffida del 24 luglio 2015, le criticità di cui alle Relazioni Arpa 9 giugno e 14 agosto 2015 e lo sversamento del 23 luglio 2015 non integrano una situazione di pericolo attuale per l’ambiente tale da giustificare, anche in ragione della gravità, la sanzione della sospensione dell’attività. Anche le risultanze delle verificazioni non hanno dimostrato alcun pericolo per l’ambiente.”.

I Comuni di Visano e Calvisano hanno, invece, sostenuto che la sussistenza delle criticità evidenziate da ARPA sarebbe confermata sia dall’esito della verificazione, che dalle numerose modifiche tecniche proposte dalla Ecocalvina, che, avendo così rinunciato a riprendere l’attività come originariamente configurata e autorizzata, avrebbe anche perso l’interesse alla pronuncia.

L’Amministrazione resistente ha sottolineato come le modifiche da ultimo proposte dalla Ecocalvina fossero state già suggerite da ARPA e siano volte a consentire un corretto processo di abbattimento degli inquinanti e la mitigazione dell’impatto sul territorio. Ciò - congiuntamente ad un intervento di manutenzione sulle vasche volto a superare le problematiche legate al quadro fessurativo, che dovrà essere completato prima della messa in esercizio del nuovo impianto - determinerà, secondo quanto sostenuto nell’ultima memoria dell’Ente, il definitivo superamento del pericolo ambientale sotteso all’adozione dell’atto impugnato.

Proprio in ragione di ciò, la Provincia ha eccepito, in sede di replica, come la definizione del giudizio non possa che essere in termini di soccombenza virtuale, atteso il venir meno dell’interesse della ricorrente all’annullamento del provvedimento impugnato, a seguito dell’adozione del provvedimento prot. n. 5702/2016, approvato in data 12 ottobre 2016 e contenente le prescrizioni inerenti le modifiche impiantistiche chieste dalla società ricorrente e la cui attuazione è stata assunta, in sede penale, come condizione di efficacia del dissequestro.

Nel merito, nel giudizio non potrebbe trovare ingresso la censura connessa all’eccessiva brevità del termine assegnato, considerato che la Ecocalvina ha sempre avversato lo svuotamento delle vasche in sé, cui si è sempre fermamente opposta, e non anche l’eccessiva brevità del termine assegnato.

La necessità dello stesso, peraltro, sarebbe stata confermata dall’ordine in tal senso adottato dal giudice penale, in un’ottica di tutela preventiva e, a monte, giustificata da scarichi anomali dell’impianto, fessurazione esterna delle vasche e trasudamenti rilevati da ARPA e presenza di fortissimi odori che hanno determinato l’intervento dell’Amministrazione, così escludendo il lamentato vizio di carenza di motivazione rispetto al paventato pericolo di danno ambientale, a prescindere dall’esito negativo della verificazione rispetto alla temuta presenza di sistemi abusivi di dispersione dei reflui e di fessurazioni, il quale, avrebbe, comunque, dimostrato l’inadeguatezza dell’impianto e della sua gestione, così come ribadito nella memoria di replica della Provincia.

Così riassunte le posizioni delle parti, sinteticamente ribadite anche nel corso della pubblica udienza del 9 novembre 2016, la causa è stata trattenuta in decisione, su conforme richiesta dei procuratori delle stesse.

DIRITTO

Deve essere preliminarmente accertata la procedibilità del ricorso.

La relazione di verificazione, infatti, dà conto del fatto che il 18 maggio 2016 sono state prodotte, dalla ricorrente, integrazioni documentali volte in parte all’ottemperanza di quanto disposto dalla Provincia e, in parte, ad ottenere l’autorizzazione di una variante non essenziale all’AIA, comportante la, almeno parziale, modifica dell’attività svolta.

Tutto ciò, ha, secondo il Collegio, fatto venire meno l’interesse della Provincia al puntuale rispetto delle prescrizioni impugnate, in quanto la necessità dell’invio dei “certificati analitici”, il chiarimento delle ragioni che hanno determinato lo sversamento (connesse al già evidenziato guasto della pompa), la dimostrazione dell’aver superato le criticità evidenziate da ARPA, l’indicazione delle modalità di verifica dell’integrità delle vasche e la dimostrazione di essere in grado di trattare adeguatamente i reflui non hanno più rilevanza, essendo state proposte delle varianti all’AIA che modificano l’attività che sarà svolta, alla ripresa dell’attività, da parte della ricorrente.

Specularmente, quest’ultima non ha più interesse, dunque, a dimostrare di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge e dall’AIA per continuare a svolgere l’attività con essa autorizzata nel 2011, secondo le modalità ivi individuate (e, conseguentemente, ad ottemperare alle ora ricordate prescrizioni, necessarie in tal senso), avendo essa optato per una modifica del ciclo di produzione del fertilizzante da “ammendante compostato misto” a “correttivo calcio magnesiaco – gesso di defecazione”, con incremento della quantità avviata alla produzione di fertilizzante e la riduzione della quantità di biomassa liquida da avviare al recupero (da 289 t/g a 130 t/g), del refluo decadente da avviare alla depurazione e dello scarico in c.i.s. di acque reflue depurate. Ecocalvina ha, inoltre, rinunciato al ritiro di alcuni rifiuti e allo stoccaggio all’aperto dello strutturante e del prodotto finito e, contemporaneamente, scelto di installare un presidio aggiuntivo per l’abbattimento delle emissioni aeriformi all’interno del capannone e di realizzare la copertura integrale del fabbricato destinato al trattamento della biomassa liquida, finalizzata al mantenimento in ambiente confinato dell’intero volume.

Non può, però, ritenersi venuto meno l’interesse, sul piano processuale, alla pronuncia sulla legittimità degli atti impugnati. Sebbene, infatti, con provvedimento prot. n. 5702/2016, approvato in data 12 ottobre 2016 e contenente le prescrizioni inerenti le modifiche impiantistiche chieste dalla società ricorrente, la ricorrente non abbia più interesse all’annullamento della sospensione dell’attività (in quanto la sua ripresa, così come autorizzata nel 2011 non potrebbe più avvenire) non può escludersi la sussistenza dell’interesse di Ecocalvina all’accertamento dell’asserita illegittimità della sospensione dell’attività impostale dalla Provincia.

Ciò quantomeno in un’ottica di possibile azione risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione (cfr. la memoria di replica da ultimo depositata).

È pur vero che il sostanziale blocco dell’attività di compostaggio, a sua volta sospesa in parte qua da questo Tribunale, è, di fatto, intervenuta a causa del sequestro disposto dal giudice penale. Ciononostante tale provvedimento cautelare ha visto il proprio fondamento e la propria origine nell’ordine adottato in sede amministrativa dalla Provincia.

Non può, dunque, ritenersi venuto meno l’interesse alla decisione.

Appare opportuno precisare, peraltro, al fine di una puntuale pronuncia nel merito, come l’impugnato atto dirigenziale n. 5822 del 18 agosto 2015 avesse ad oggetto:

a) da un lato la sospensione dell’attività di ritiro e trattamento di rifiuti allo stato liquido e/o fangoso autorizzata nel 2011, a causa delle inottemperanze e delle criticità rilevate nei sopralluoghi ARPA e non superate nemmeno a seguito della diffida di cui alla nota della Provincia P.G. n. 90403 del 24 luglio 2015, con conseguente diffida a mantenere in costante funzione i presidi di aspirazione, a provvedere alla separazione dei lotti e a comunicare tempestivamente qualsiasi evento accidentale;

b) dall’altro, la comunicazione di avvio del procedimento di sospensione dell’attività di compostaggio, chiedendo, in tale ottica, che le vasche di stoccaggio fossero svuotate entro trenta giorni per consentire di verificare l’integrità strutturale delle vasche, con particolare attenzione alla verifica dello stato di conservazione del rivestimento interno dell’impianto biologico ed effettuazione dei necessari interventi di manutenzione.

Prima di procedere all’esame della fondatezza del ricorso, si deve, però, premettere che non può essere condivisa la tesi di parte ricorrente secondo cui i risultati della verificazione non sarebbero utilizzabili, perché parzialmente fondati sulla relazione redatta dal tecnico comunale, atteso che è facoltà del verificatore, che si assume la responsabilità delle conclusioni la cui formulazione spetta unicamente allo stesso, avvalersi della collaborazione di altri soggetti.

La correttezza delle conclusioni della relazione stessa pare, invece, confermata, in fatto, dalla scelta, operata dalla Ecocalvina, di rinunciare alla ripresa dell’attività secondo l’autorizzazione originaria e modificare in modo consistente, ancorchè non “sostanziale” in senso tecnico, ma conforme alle indicazioni fornite dall’ARPA, l’attività svolta all’interno dell’impianto e, a monte, l’autorizzazione alla stessa.

Ciò chiarito, rispetto all’impugnata sospensione dell’attività dell’impianto di ritiro e trattamento dei rifiuti, il ricorso non merita accoglimento laddove sostiene che la mancata produzione di quanto richiesto non poteva giustificare la grave misura imposta. La Provincia, infatti, aveva richiesto una pluralità di adempimenti, risultati inottemperati per quanto riguarda i seguenti aspetti:

A): la ricorrente non avrebbe trasmesso, come richiesto alle lettere b), c) e d) della diffida del 24 luglio 2015, i “certificati analitici” che avrebbero dovuto essere rilasciati da un laboratorio eventualmente disponibile in sito o, come previsto dall’AIA, da un laboratorio terzo. Parte ricorrente contesta la sussistenza dell’obbligo, discendente dalla prescrizione III del paragrafo E.

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