TAR Torino, sez. I, sentenza 2020-12-31, n. 202000913

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2020-12-31, n. 202000913
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202000913
Data del deposito : 31 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/12/2020

N. 00913/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00752/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 752 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato R P, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Giacomo Medici n. 5 Pec robertopreve@pec.ordineavvocatitorino.it;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato -OMISSIS-, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, 21;

per l'annullamento

del provvedimento emesso dal Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, notificato in data-OMISSIS-con il quale è stata irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di due/trentesimi di una mensilità dello stipendio, in aggiunta alla deplorazione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2020 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente è assistente capo del Corpo di Polizia Penitenziaria presso l’Istituto Penale per i Minorenni -OMISSIS- “-OMISSIS-” dall’anno 2001.

In data 24.9.2018 formulava richiesta di congedo per il giorno 26.9.2018 per poter accompagnare la moglie in occasione di accertamenti medici e di un intervento chirurgico. In data 25.9 veniva informato che la sua richiesta era stata ritenuta non corredata di idonea documentazione, che egli si riservava di integrare. Il giorno seguente, ottenuta la documentazione da parte dell’ospedale, si recava presso l’istituto penitenziario di appartenenza chiedendo di interloquire con il comandante o il direttore, in quel momento non disponibili. Veniva ricevuto dalla vice direttrice che lo invitava a riformulare l’istanza allegando la documentazione;
contestualmente il ricorrente formulava una istanza di congedo relativa ai giorni dal 26 al 29 settembre, essendo stato previsto per il 27 un intervento chirurgico della moglie, cui sarebbero seguiti due giorni di degenza.

Veniva verbalmente autorizzato ad allontanarsi, salva integrazione della documentazione.

In data 26.9.2018 veniva più volte contattato telefonicamente ma non riusciva a rispondere;
nel pomeriggio, nuovamente contattato, gli veniva contestato di non essersi presentato in servizio e intimato di recarsi al lavoro. Egli replicava di avere chiesto congedo;
in serata, nuovamente contattato, gli veniva chiesto di riprendere servizio il giorno successivo ed egli replicava di non potere.

Il 29.9.2018 il ricorrente riprendeva regolarmente servizio nel turno pomeridiano.

In data 3.10.2018 gli veniva notificato un rapporto disciplinare e, in data 24.12, gli veniva formalmente contestato di essersi assentato arbitrariamente dal servizio nei giorni 26-29 settembre 2018 ed essersi rifiutato di presentarsi in servizio, pur essendovi stato formalmente intimato.

All’esito veniva irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare pari a due trentesimi di mensilità dello stipendio oltre alla deplorazione ex artt. 3 e 4 co. 3 del d.lgs. n. 449/1992.

Lamenta il ricorrente che la sanzione sarebbe frutto di una erronea valutazione dei fatti;
il provvedimento viene altresì censurato per violazione del principio di tempestività della contestazione disciplinare in quanto, a fronte di una asserita mancanza del 26.9.2018, la contestazione di addebito veniva formalizzata solo in data 24.12.2018;
lamenta infine la violazione del principio di proporzionalità in quanto l’amministrazione non ha contestato la sussistenza dell’esigenza familiare che ha dato luogo alla sanzione, non vi è stato alcun disservizio e il ricorrente, in buona fede, si era sentito autorizzato ad assentarsi.

Ha chiesto quindi annullarsi il provvedimento impugnato.

Si è costituito il Ministero della difesa con memoria di stile, depositando una relazione dell’amministrazione.

Con ordinanza n. 327/2019 l’istanza cautelare è stata respinta per assenza di profili di periculum.

All’udienza del 16.12.2020 la causa è stata discussa e decisa nel merito.

DIRITTO

L’esposizione in fatto ha già posto in evidenza la dinamica dei fatti, come ricostruita dal ricorrente.

Non risulta contestato che l’assenza sia stata determinata da documentate ragioni di salute della moglie.

Rispetto all’esposizione svolta in ricorso, dalla relazione dell’amministrazione, si evincono tuttavia alcuni aspetti che il ricorso ha tralasciato. In particolare l’amministrazione ha evidenziato come, non autorizzato all’assenza già per il giorno 26, il ricorrente veniva più volte contattato telefonicamente e, rintracciato solo alle 16:20 (ossia dopo l’inizio teorico del suo turno pomeridiano), veniva invitato a riprendere servizio rappresentando che, per la prima parte del turno, gli sarebbe stato concesso un permesso breve;
il ricorrente rifiutava affermando di dover assistere la moglie;
per il successivo giorno 27 gli veniva anche proposto un cambio di turno, che egli ugualmente rifiutava.

Risulta dall’allegato 2 alla relazione dell’amministrazione che, già in data 3.10.2018, veniva consegnato con regolare sottoscrizione per ricezione al ricorrente un “rapporto su comportamento di rilevanza disciplinare” in cui gli si contestavano le assenze ingiustificate e il rifiuto opposto all’ordine di riprendere servizio.

Si evidenzia quindi che, ad integrazione di quanto esposto in ricorso, deve rilevarsi come il ricorrente sia stato più volte invitato e riprendere servizio e gli sia stato proposto di avvalersi di istituti diversi dal congedo (permesso breve, cambio turno), rifiutando ogni alternativa, pur essendo stato edotto che l’amministrazione lo avrebbe a quel punto considerato assente ingiustificato.

D’altro canto, tuttavia, non vi è alcuna contestazione circa il fatto che il ricorrente si sia assentato per comprovate ragioni di salute della moglie ad abbia rappresentato tale fatto sin dalle (pur poi non approvate) prime richieste di congedo;
è stato anche confermato dall’inchiesta disciplinare che, il giorno 26 mattina, nell’impossibilità di avere una interlocuzione con altri superiori, egli rappresentava le proprie problematiche alla dott.ssa -OMISSIS- che gli consentiva provvisoriamente di allontanarsi a fronte della natura prioritaria delle problematiche di salute, salvo riservare ad un momento successivo l’individuazione del corretto istituto da applicare.

L’amministrazione afferma poi, nella contestazione, che la condotta del ricorrente avrebbe indotto un disservizio;
in cosa concretamente questo disservizio sia costituito non è tuttavia in alcun modo chiarito. Fermo infatti che pacificamente egli non è rientrato in servizio pur a fronte degli inviti rivoltigli, non si rinviene in atti alcuna indicazione circa un qualsivoglia concreto disservizio manifestatosi nel turno. Né la mancata presentazione integra necessariamente e di per sé un disservizio (ove in ipotesi questo sia stato riorganizzato), tanto che, anche la normativa disciplinare, considera il fatto di avere provocato un disservizio per mancata presentazione una fattispecie autonoma e, appunto, aggravata, della semplice mancata presentazione.

Al ricorrente sono state addebitate le infrazioni disciplinari di cui all’art. 5 comma 3 d.lgs. n .449/1992 lett: i) “omessa o ritardata presentazione in servizio per un periodo superiore a quarantotto ore e inferiore a cinque giorni o, comunque, nei casi in cui l’omissione o la ritardata presentazione in servizio di cui all’art. 3 comma 2 lett. e) provochi gravi disservizi ovvero sia reiterata o abituale;
lett c) “violazione degli ordini superiori, quando non abbia rilevanza penale”;
lett h) “comportamento che produce turbamento nella regolarità o nella continuità del servizio di istituto”. La normativa invocata con la contestazione preludeva ad una possibile sospensione disciplinare;
all’esito dell’istruttoria gli è stata applicata una pena pecuniaria con deplorazione.

Ora si ritiene provato che il ricorrente non abbia ottemperato ad ordini del superiore e non si sia presentato in servizio pur richiamato;
come già detto non si ritiene per contro provato che ciò abbia automaticamente comportato un disservizio posto che, come già osservato, non è scontato, al di là della mancata ottemperanza all’ordine di rientro, che tale condotta incide negativamente sul servizio tanto più che i superiori erano certamente edotti delle sue intenzioni e gli era stato comunicato che le stesse sarebbero state oggetto di valutazione. Si osserva poi come, per contro, sia pacifico che il ricorrente non avesse precedenti disciplinari ed avesse valutazioni positive;
si ritiene altresì provato che la causa dell’allontanamento (nota anche ai superiori che per la fattispecie hanno in prima battuta anche manifestato comprensione) fosse un oggettivo e comprovato problema di salute della moglie.

In tale complessivo contesto, fermo che non si condivide la censura di intempestività della contestazione (è documentale che il primo rapporto scritto è stato notificato al ricorrente pochi giorni dopo l’infrazione, dopo di che si è svolto il procedimento disciplinare con connessi necessari accertamenti istruttori che di fatto si è chiuso in pochi mesi dai fatti), la ricostruzione prospettata dall’amministrazione appare eccessivamente severa ed in particolare si ritiene non proporzionata non aver tenuto conto né del buon curriculum del ricorrente né delle peculiari, pacifiche ed oggettivamente critiche condizioni che hanno dato luogo alla sua condotta.

E’ infatti pur vero che, nel corso del procedimento, l’amministrazione ha derubricato la sanzione rispetto a quanto originariamente prospettato, tuttavia è ugualmente vero che non paiono essere state valorizzate le circostanze specifiche in cui la condotta è maturata e la stessa plausibile aspettativa del ricorrente di vedersi concesso il congedo, dopo avere avuto un colloquio non ostile con un superiore nella mattina del 26.

In particolare ritiene il collegio, ferma la pena pecuniaria applicata, che appaia sproporzionata l’applicazione dell’ulteriore sanzione della deplorazione.

La normativa infatti prevede (art. 4 del d.lgs. n. 449/1992) che la deplorazione possa essere inflitta in aggiunta alla pena pecuniaria (fattispecie disciplinare di cui in definitiva l’amministrazione ha ritenuto sussistere i presupposti) “in relazione alla gravità della mancanza”;
ora il fatto, come già contestualizzato, non sembra potersi connotare di particolare gravità essendo anche assistito da una più che plausibile giustificazione di necessità.

In definitiva il ricorso deve trovare accoglimento limitatamente alla deplorazione.

Il solo parziale accoglimento del ricorso giustifica la compensazione delle spese di lite.

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