TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2024-08-05, n. 202415702

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2024-08-05, n. 202415702
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202415702
Data del deposito : 5 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2024

N. 15702/2024 REG.PROV.COLL.

N. 04441/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4441 del 2020, proposto da L V, rappresentata e difesa dagli avvocati A R, F A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Filippo Satta in Roma, via Arenula, 29;

contro

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Università e della Ricerca, non costituito in giudizio;

nei confronti

Maria Vittoria Ferroni, Angelo Lalli, Carlo Gamba, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento:

- della nota prot. n. 0099737 del 14 novembre 2019 dell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, avente ad oggetto “Proff.ri Maria Vittoria Ferroni, Carlo Gamba, Angelo Lalli e L V. Istanza reinquadramento nel ruolo di professore di II fascia ai sensi dell'art. 29, comma 9, della Legge n. 240/2010”;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso con quello impugnato ivi compresa, ove occorrer possa, la nota prot. n. 0099779 del 14 novembre 2019 dell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, avente ad oggetto: “Proff.ri Maria Vittoria Ferroni, Carlo Gamba, Angelo Lalli, Domenico Rocco Siclari, Elena Tassi, L V e Franco Vallocchia. Giudizi di conferma nel ruolo di professori associati avviati come da comunicazione effettuata con nota prot. n. 2017-MIURAOODGFIS - 0014651 del 05/12/2017”;

e per la condanna:

dell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” alla ricostruzione della carriera della Prof.ssa L V come professore di ruolo di II fascia ai sensi dell'art. 29, co. 9, della legge n. 240/2010, con decorrenza giuridica ed economica dalla presa di servizio avvenuta il 27 dicembre 2012, con ogni conseguenza in termini di corresponsione delle differenze retributive e contributive dovute alla ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Roma “La Sapienza”;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2024 il dott. M G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Prof.ssa L V presentava ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso la nota di rigetto dell’istanza di reinquadramento come professore di seconda fascia a decorrere dal 27 dicembre 2012, restando confermato l’inquadramento quale professore di seconda fascia a decorrere dal 30 novembre 2016.

2. La vicenda ha origine nel 2011, anno in cui l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” bandiva una selezione per la copertura di 74 posti di Professore associato ai sensi dell’art. 29, comma 9, della L. 240/2010, alla quale partecipava anche la Prof.ssa V per l’area CUN 12, risultando tra i vincitori.

3. A seguito dell’approvazione degli atti l’attuale ricorrente veniva nominata professore associato confermato di Diritto del lavoro (SSD IUS/07) e prendeva servizio in data 27 dicembre 2012, cessando dal precedente impiego quale ricercatore confermato.

4. Gli atti della selezione veniva impugnati nel 2013 da uno dei concorrenti e al giudizio la Prof.ssa V partecipava in veste di controinteressata.

5. Con sentenza di questo TAR n. 8144/2016 veniva accolto il ricorso e venivano annullati gli atti della selezione.

6. La sentenza era appellata dall’Ateneo, il cui Consiglio di Amministrazione nelle more approvava l’integrazione della programmazione delle risorse relative al reclutamento del personale docente per l’anno 2016, consentendo di procedere alla nomina della Prof.ssa V quale professore associato non confermato ai sensi dell'art. 29, comma 4, della L. 240/2010, con decorrenza giuridica ed economica dal 30 novembre 2016.

7. Nel contesto di tale specifica procedura anche il concorrente, il cui ricorso era stato accolto in primo grado, otteneva il bene della vita anelato e, pertanto, il Consiglio di Stato dichiarava con sentenza n. 2012/2017 l’improcedibilità dell’appello, annullando senza rinvio la sentenza di primo grado.

8. Nel 2018 la Prof.ssa V presentava un’istanza per la ricostruzione di carriera come professore associato confermato con decorrenza giuridica ed economica dalla data della presa di servizio avvenuta il 27 dicembre 2012.

9. Nel 2019 l’istanza veniva rigettata dall’Ateneo, tenendo conto di interlocuzioni svolte per le vie brevi con il Miur.

10. Tale rigetto veniva impugnato con ricorso straordinario affidato ai seguenti motivi:

I. Sull’illegittimità del richiamo al parere reso ‘per le vie brevi’ dal Miur.

Viene contestata l’illegittimità del provvedimento di diniego in quanto sarebbe basato unicamente su un parere espresso per le vie brevi dal MIUR.

II. Sulla reviviscenza della procedura primigenia per effetto della sentenza del Cons. Stato, sez.VI, n. 2012 del 2 maggio 2017 .

All’annullamento senza rinvio disposto dalla pronuncia di appello sarebbe conseguita la reviviscenza della fattispecie originaria, rappresentata dalla nomina della prof.ssa V ai sensi dell’art. 29, comma 9, della L. 240/2010. Inoltre, la successiva nomina del 2016 è avvenuta mediante chiamata diretta ex art. 29, comma 4, della L. 240/2010, non avendo l’Ateneo indetto una procedura per rinnovare la procedura annullata dalla sentenza di primo grado.

III. Sull’illegittimità dei provvedimenti impugnati per disparità di trattamento.

Parte ricorrente lamenta la disparità di trattamento rispetto ad altro professore associato, in relazione al quale l’Ateneo avrebbe invece preso in positiva considerazione l’anzianità di servizio del periodo compreso tra il 2012 e il 2016 ai fini della nomina quale professore ordinario.

11. Si costituiva l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” a mezzo della difesa erariale e depositava documenti.

12. La ricorrente depositava memoria ex art. 73 del c.p.a.

13. Le parti costituite chiedevano il passaggio in decisione senza discussione.

14. All’udienza del 12 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Si esamina preliminarmente la questione relativa alla tempestività del ricorso.

1.1. Parte ricorrente articola le proprie difese con riferimento all’eccezione di tardività che, tuttavia, non è sollevata con memoria difensiva dall’Avvocatura dello Stato. La difesa erariale si è infatti limitata a produrre in giudizio una nota interna dell’Ateneo, proveniente dall’Area risorse umane e diretta all’Area affari legali, senza tuttavia produrre un atto difensivo a propria firma, nel quale l’eccezione prospettata dell’ufficio interno dell’Ateneo venisse fatta propria e, quindi, proposta nel rispetto delle norme processuali.

1.2. Non essendo stata formulata ritualmente attraverso scritti difensivi, l’eccezione non merita ingresso. Si osserva peraltro che, anche ove fosse stata proposta ritualmente, l’eccezione sarebbe stata comunque da rigettare in quanto infondata. Secondo la prospettazione dell’Ateneo, la tardività del ricorso deriverebbe dal fatto che l’attuale ricorrente non avrebbe impugnato la delibera del Consiglio di Amministrazione n. 287/2016, con la quale è stata disposta la rinnovazione delle selezioni annullate da questo TAR con sentenza n. 8144/2016. Oggetto del presente giudizio è il provvedimento di rigetto della richiesta di reinquadramento, che non ha carattere meramente confermativo della citata delibera del Consiglio di Amministrazione ma è stato adottato all’esito di una nuova istruttoria e, pertanto, è dotato di autonoma lesività.

2. Infondato è il primo motivo, con cui si contesta l’illegittimità del provvedimento di diniego in quanto sarebbe basato unicamente su un parere espresso per le vie brevi dal MIUR.

2.1. Nel provvedimento di rigetto dell’istanza di reinquadramento si precisa che il Miur, interpellato per le vie brevi, ha rilevato che la tesi sostenuta dalla ricorrente e dagli altri interessati, secondo cui le nomine ai sensi dell’art. 29, comma 4, della L. 240/2010 “avrebbero avuto natura solo provvisoria”, non trova riscontro né nella delibera del Consiglio di Amministrazione né nel preambolo dei singoli provvedimenti di nomina, “in cui non è presente la clausola in base alla quale i provvedimenti sarebbero stati adottati al solo fine di dare esecuzione alla sentenza del TAR del Lazio n. 8144/2016”. Inoltre, la provvisorietà dei citati provvedimenti è stata smentita dalla sentenza n. 2012/2017 del Consiglio di Stato, dalla quale emerge, al contrario, che essi hanno ridefinito l’assetto degli interessi coinvolti.

2.2. Dal contenuto del provvedimento di rigetto dell’istanza di reinquadramento si evince che l’Ateneo ha avviato per le vie brevi le interlocuzioni con il Ministero per avere un parere sulla questione. Si tratta di un parere che l’Ateneo riconduce alla competenza generale del Dicastero relativamente allo stato giuridico ed economico del personale docente e che, pertanto, non ha carattere né obbligatorio né vincolante.

Dalla nota avente ad oggetto il giudizio di conferma della ricorrente (all. 17 prod. Ateneo), di pari data rispetto a quella di rigetto dell’istanza di reinquadramento (14 novembre 2019), si evince che l’interlocuzione informale con il Ministero è avvenuta a luglio 2019.

In base all’art. 16, comma 1, secondo periodo, della L. 241/1990, “Qualora siano richiesti pareri facoltativi, gli organi consultivi sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso, che comunque non può superare i venti giorni dal ricevimento della richiesta”.

La natura facoltativa del parere è confermata dalla relazione tra potere di vigilanza ministeriale e autonomia universitaria ricavabile dalla normativa di settore. L’art. 6, comma 9, della L. 168/1989, letto in combinato disposto con l’art. 2, comma 7, della L. 240/2010, prevede che gli statuti e i regolamenti dell’Ateneo “sono trasmessi al Ministro che (…) esercita il controllo di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi essi sono emanati dal rettore”. Il successivo comma 10 contempla il potere del Ministro di rinviare gli statuti e i regolamenti all'Università, per una sola volta, “indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito”, cui corrisponde il potere dell’Ateneo di “non conformarsi ai rilievi di legittimità (…) ovvero ai rilievi di merito (…). Quale clausola di salvaguardia è prevista infine la legittimazione straordinaria del Ministro a “ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità”.

Secondo l’art. 16, comma 4, lettera d, della L. 168/1989, “Gli statuti devono comunque prevedere: (…) l'osservanza delle norme sullo stato giuridico del personale docente, ricercatore e non docente”.

La materia dello stato giuridico dei professori universitari è sottratta all’autonomia universitaria e, tuttavia, dalla sottrazione di tale materia non si può ricavare un potere ministeriale di interpretazione vincolante nei confronti delle Università, in quanto rappresenterebbe una deroga alla sopra descritta relazione tra potere di vigilanza e autonomia dell’Ateneo.

2.3. Nel caso specifico, anche volendo riconoscere al Miur una funzione consultiva in materia, quale espressione del più ampio potere di vigilanza, il Dicastero non si è espresso con un atto formale. Il successivo comma 2 dell’art. 16 della L. 241/1990 stabilisce che “In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere ((...)) o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l'amministrazione richiedente procede indipendentemente dall'espressione del parere”. Secondo la giurisprudenza, dalla richiesta di un parere facoltativo sorge un autovincolo per l'Amministrazione richiedente, non potendo questa procedere all’adozione del provvedimento se non dopo che l’organo consultato abbia formulato il chiesto parere e, inoltre, discostarsi dalle considerazioni e dalle conclusioni in esso rese senza esternare, mediante congrua motivazione, le ragioni che la inducono a disattenderne gli esiti ( ex multis , TAR Sicilia, Palermo, sez. III, n. 1851/2020;
TAR Lazio, Latina, sez. I, n. 475/2018;
TAR Umbria, sez. I, n. 588/2016). Tuttavia, nel caso in esame non si è mai formato un autovincolo a carico dell’Ateneo, che si sarebbe potuto desumere ex actis solo se la richiesta di parere fosse stata formalizzata a seguito dell’avvio delle interlocuzioni. In ogni caso, le interlocuzioni per le vie brevi tra l’Ateneo e il Ministero si sono concluse informalmente nel mese di luglio 2019, senza che venisse adottato un atto ministeriale. Dalla ricostruzione fattuale deriva che, a distanza di oltre tre mesi, l’Ateneo ha provveduto in autonomia sulla vicenda in esame, utilizzando impropriamente il richiamo ai contatti informali con il Miur, ed è giunto ad un esito sostanzialmente vincolato, in quanto compiutamente definito nelle motivazioni della sentenza di appello.

Si richiama l’orientamento secondo cui “I pareri richiesti infatti dall’università procedente non si configuravano come pareri obbligatori costituendo invece un mero supporto giuridico argomentativo, del quale l’Università così come in prima battuta ha ravvisato l’opportunità, ben poteva re melius perpensa ed approfondita la vicenda, decidere di farne a meno, esercitando una funzione di amministrazione attiva optimo iure , piena e non condizionata in alcun modo all’espressione di pareri non obbligatori, senza oltretutto la necessità di dar conto in motivazione delle ragioni per le quali avesse deciso di prescindere da tali pareri” (TAR Lazio, Roma, sez. III, n. 11172/2021).

3. Con il secondo motivo si sostiene la reviviscenza degli effetti della nomina del 2012 per effetto della pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2012/2017. Con tale pronuncia viene dichiarata l’improcedibilità dell’appello e del ricorso di primo grado a causa della sopravvenienza in fatto della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo in data 28 luglio 2016, che ha ridefinito l’assetto degli interessi coinvolti nella vicenda. Tale nuovo assetto di interessi e l’attivazione del procedimento di chiamata che il ricorrente in primo grado “mirava ad ottenere, mediante la rinnovazione che si sarebbe dovuta avere con l’annullamento degli atti impugnati”, hanno fatto venir meno il suo interesse sostanziale a tale annullamento, in quanto egli “non potrebbe ricavare più alcuna utilità da una pronuncia sulla domanda (…) da lui proposta in primo grado, perché sarebbero annullati atti ormai definitivamente superati”. Dall’improcedibilità dell’appello e del ricorso di primo grado la pronuncia del Consiglio di Stato fa conseguire l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata “nella parte in cui pronuncia sulle domande di annullamento proposte in primo grado”.

Per giurisprudenza consolidata, la portata precettiva di una sentenza va infatti individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione (Cons. Stato, sez. VI, n. 3320/2017). Le affermazioni e gli accertamenti contenuti nella motivazione concorrono con il dispositivo a determinare il contenuto decisorio della pronuncia, in quanto integrano una necessaria premessa od un presupposto logico indefettibile della stessa ( ex multis , Cass., sez. V, n. 29794/2023).

Pertanto, non è condivisibile la tesi della parte ricorrente, secondo cui dall’annullamento senza rinvio disposto dalla pronuncia di appello sarebbe derivata la reviviscenza della nomina della ricorrente quale professore associato ai sensi dell’art. 29, comma 9, della L. 240/2010, poiché basata su una lettura volta ad isolare il dispositivo della pronuncia di appello dalle motivazioni.

3.1. La nomina che ha fatto seguito della deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 2016 è avvenuta mediante chiamata diretta ex art. 29, comma 4, della L. 240/2010, non avendo l’Ateneo indetto il rinnovo della procedura ex art. 29, comma 9, annullata dalla sentenza di primo grado.

Si è trattato di due procedure differenti, poiché nel primo caso si è configurata una chiamata diretta, mentre nel secondo caso - primo in ordine cronologico - v’è stata una selezione pubblica.

La lettura congiunta del dispositivo e delle motivazioni della sentenza n. 2012/2017 chiarisce che la chiamata diretta ex art. 29, comma 4, della L. 240/2010 è stata deliberata dall’Università al fine di creare un nuovo assetto di interessi a seguito dell’annullamento degli atti del concorso disposto dal TAR nel 2016 e, inoltre, che essa ha costituito la forma di riesercizio del potere, destinata a regolare stabilmente i rapporti di lavoro tra i docenti interessati e l’Ateneo.

Questo è in sintesi il dictum della sentenza di appello, adottata ad esito di un giudizio cui ha preso parte in qualità di controinteressata anche l’attuale ricorrente. Ne deriva l’insostenibilità della tesi alternativa della reviviscenza degli esiti del concorso a seguito della pronuncia di appello, poiché dopo la sentenza di primo grado è sopravvenuto un nuovo assetto di interessi che ha superato il precedente. L’anzianità di servizio del periodo 2012-2016 avrebbe potuto essere riconosciuta solo se il giudice d’appello avesse adottato una diversa soluzione giuridica, basata sulla reviviscenza degli atti annullati in primo grado dal TAR, la quale avrebbe consentito agli interessati - indipendentemente dal carattere provvisorio ovvero definitivo del nuovo assetto di interessi del 2016 - di optare per la nomina con data anteriore, essendosi venuti a trovare in una situazione sopravvenuta di cumulo di impieghi. La diversità funzionale delle due nomine e la possibilità che l’Ateneo “ritenga validi o recuperi anche in parte gli atti della procedura selettiva del 2011, conservandone i relativi effetti, al fine d’evitare (o ridurre) i danni procurati ai docenti incolpevoli, (…) dall’illegittimità di quegli atti che li riguardarono” è stata affermata dal Consiglio di Stato, sez. VI, nella successiva sentenza n. 6620/2019, non estensibile alla vicenda in esame, coperta dal giudicato della citata sentenza n. 2012/2017.

3.2. Il motivo è infondato.

4. Del pari infondato è il terzo motivo, con cui parte ricorrente lamenta la disparità di trattamento rispetto ad altro professore associato, in relazione al quale l’Ateneo avrebbe invece preso in positiva considerazione l’anzianità di servizio del periodo compreso tra il 2012 e il 2016 ai fini della nomina quale professore ordinario.

4.1. Secondo la giurisprudenza amministrativa il vizio di eccesso di potere non può essere dedotto sotto il profilo della disparità di trattamento utilizzando come tertium comparationis un provvedimento illegittimo, non essendo possibile estendere il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole (Cons. Stato, sez. V, n. 523/2023;
sez. VI, n. 4868/2014;
n. 2548/2013;
n. 4124/2011;
TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 1435/2019;
n. 8206/2017).

Si osserva inoltre che la vicenda invocata dalla ricorrente è risalente nel tempo ed ha ad oggetto un provvedimento di nomina, la cui legittimità non può più essere oggetto di accertamento in sede giurisdizionale ovvero di esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione a causa della consolidazione dei relativi effetti per il decorso dei termini di legge.

5. In conclusione, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

6. La peculiarità della vicenda e la complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di giudizio.

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