TAR Salerno, sez. I, sentenza 2018-02-21, n. 201800281

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2018-02-21, n. 201800281
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201800281
Data del deposito : 21 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/02/2018

N. 00281/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00289/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 289 del 2006, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato E F, con domicilio eletto in Salerno, largo Dogana Regia, 15, presso Brancaccio;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t ., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Salerno, corso Vittorio Emanuele, 58;
Comando Interregionale Carabinieri Ogaden, Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta, Carabinieri Compagnia di Amalfi, Commissione di disciplina, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

del decreto del Direttore Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa n. 446/111-7/2005 dell’8 novembre 2005, recante la sanzione disciplinare della perdita del grado, ai sensi dell’art. 60, n. 6, legge n. 599/1954;
nonché

per l’accertamento

del diritto alla ricostruzione della carriera e alla restituzione delle somme non percepite durante il periodo di sospensione dal servizio;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2017 la dott.ssa Valeria Ianniello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

Con l’impugnato provvedimento in data 8 novembre 2005, notificato il 28 novembre successivo, il Ministero della Difesa - Direzione generale per il Personale militare:

« Vista la sentenza irrevocabile datata 20 aprile 2004, del Tribunale di Catania, che lo ha ritenuto colpevole [dei reati contestati] a seguito di patteggiamento ha applicato al Maresciallo Capo dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente -OMISSIS- la pena sospesa di anni uno, mesi dieci, giorni tre di reclusione ed € 667,00 (seicentosessantasette) di multa;

Visti gli atti dell’inchiesta formale, disposta in data 29 giugno 2005 dal Comandante del Comando Interregionale Carabinieri “Ogaden”, a conclusione della quale lo stesso Comandante ha disposto il deferimento dell’inquisito al giudizio di una Commissione di disciplina;

Visto l’esito della Commissione di Disciplina che, nella seduta del 05 ottobre 2005, ha ritenuto il Maresciallo Capo dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente -OMISSIS-, “non meritevole di conservare il grado”;

Condivise le conclusioni della Commissione di disciplina … »;

decretava, nei confronti dell’odierno ricorrente « la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado, per rimozione, per motivi disciplinari, ai sensi dell’art 60, n. 6 della legge 31 luglio 1954, n. 599, per la seguente motivazione:

“Maresciallo Capo dell’Arma dei Carabinieri, con abuso dei poteri ed in violazione dei doveri attribuitigli, poneva in essere, in tempi diversi, più condotte illecite nell’ambito di un’associazione a delinquere dedita alla ricettazione ed al riciclaggio di auto rubate”.

Tale comportamento, già sanzionato penalmente, è da ritenersi biasimevole sotto l’aspetto disciplinare, in quanto contrario ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato ed ai doveri di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare e di appartenente all’Arma dei Carabinieri, nonché altamente lesivo del prestigio dell’Istituzione. I fatti disciplinarmente accertati sono di rilevanza tale da richiedere l’applicazione della massima sanzione disciplinare di stato ».

Con ordinanza del 23 marzo 2006, questo Tribunale - « Ritenuto, all’esito della istruttoria disposta dal Collegio [con ordinanza del 23 febbraio 2006] , che risulta assistito da fumus boni iuris il primo motivo di ricorso [violazione dei termini perentori del procedimento disciplinare] ;
Ritenuta, altresì, la sussistenza di un danno grave ed irreparabile
» - accoglieva la domanda incidentale di sospensione.

Il ricorso è fondato.

Con censura assorbente, il ricorrente rileva la violazione dell’art. 9, co. 2, legge n. 19/1990, il quale - premesso che « il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale » - stabilisce che: « La destituzione può sempre essere inflitta all’esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto ».

Nel caso in esame, risulta agli atti che:

a. con nota proc. n. 1132/97 R.G. mod. 21 in data 15 novembre 2001, la Procura distrettuale della Repubblica di Catania ha informato il Comando provinciale dei carabinieri di Catania, ex art. 129, co. 3, disp. att. c.p.p., di aver avanzato richiesta di rinvio a giudizio nel confronti dell’odierno ricorrente in ordine ai reati di cui agli artt. 61, 110 e 416 c.p.;

b. con raccomandata indirizzata al Ministero della Difesa Direzione generale per il Personale militare e consegnata il 4 agosto 2004, il ricorrente (nelle more sospeso precauzionalmente dall’impiego con decreto n. 93/III-7/2002 del 25 aprile 2002) ha:

- chiesto l’avvio delle procedure di riammissione in servizio, « vista la sentenza n. 440/2004 del Tribunale di Catania …, depositata in data 27 febbraio 2004 (all. 2), con la quale veniva applicata la pena di anni uno, mesi dieci, giorni tre di reclusione ed euro 667,00 di multa con il beneficio della sospensione condizionale della pena »;

- trasmesso, in allegato alla richiesta, copia della predetta sentenza penale « irrevocabile il 20-4-2004 »;

sicché deve ritenersi che a tale data (4 agosto 2004) l’Amministrazione abbia avuto notizia della sentenza stessa;
all’istanza di riammissione in servizio, l’Amministrazione ha risposto (negativamente) con lettera M_DGMIL_040010680 del 16 agosto 2004, notificata all’interessato in data 30 settembre 2004;

c. il procedimento disciplinare è stato avviato solo in data 29 giugno 2005, con nota n. 216/39-2000 del Comando Interregionale Carabinieri “Ogaden”, recante nomina dell’Ufficiale inquirente ai sensi degli artt. 64 e ss., legge n. 599/1954 (cfr. nota n. 306/3 del 6 luglio 2005 indirizzata al ricorrente), vale a dire dopo oltre 10 mesi dall’intervenuta conoscenza della sentenza del Tribunale di Catania da parte dell’Amministrazione.

Il provvedimento in questa sede impugnato deve, pertanto, essere annullato.

Quanto alla ricostruzione della carriera e alla restituzione delle somme non percepite durante il periodo di sospensione dal servizio - che il ricorrente chiede « fatta eccezione per il periodo di “anni uno, mesi dieci, giorni tre di reclusione” irrogati dal Giudice penale » (pag. 8 del ricorso) - il Consiglio di Stato ha ritenuto che:

« Come affermato dall’Adunanza Plenaria, sul piano letterale sono da considerare due punti: a) ambedue gli artt. 91 e 92 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, stabiliscono la natura cautelare del provvedimento di sospensione dal servizio del dipendente, tanto se sia sottoposto a procedimento penale, quanto se sia colpito da misura restrittiva della libertà personale (art. 91, prima e seconda ipotesi), quanto se sia sottoposto o sottoponibile a procedimento disciplinare (art. 92);
b) la prima e la terza delle ipotesi suddette prevedono la misura sospensiva su valutazione discrezionale della P.A. Il carattere cautelare dà al provvedimento che dispone la sospensione un’impronta di provvisorietà, che esige, di regola, un riesame, più approfondito e definitivo, allorché abbia a verificarsi l’evento, al quale la temporaneità della misura è esplicitamente e logicamente preordinata. L’apprezzamento discrezionale, rimesso alla P.A., esige un nuova ponderazione, in ordine al fatto originariamente preso in considerazione secondo una cognizione incompleta, dato che la cura del pubblico interesse da perseguire le è, di norma, riservato e non è affidato ad altri organi pubblici - salvo casi particolari, espressamente previsti, come effetto di determinate condanne penali. A questo interesse si accompagna - dopo una pronunzia penale che non sia di assoluzione (art. 530 c.p.p.) perché il fatto non sussiste o perché l’impiegato non lo ha commesso, e perciò anche dopo qualsiasi sentenza di condanna - quello correlativo ai doveri osservati o meno dall’impiegato, in ufficio o al di fuori, e quello connesso con le esigenze della stessa amministrazione di affidare determinati compiti al dipendente, anche con riguardo alle funzioni assegnate o assegnabili. Queste osservazioni fanno emergere la considerazione che sarebbe trascurato o impedito l’apprezzamento di ogni ulteriore interesse pubblico, se, per effetto di una sentenza di condanna, intervenisse un’automatica conversione della misura cautelare in una misura di carattere afflittivo, senza una rivalutazione del fatto, definitivamente accertato, del tipo di reato e della conseguente pena inflitta, e cioè senza una rivalutazione di un insieme di variabili ad ampio spettro, pur nell’ambito di una responsabilità irretrattabilmente riconosciuta.

Per tale ragione il periodo di sospensione cautelare dal servizio adottata nei confronti dell’impiegato deve essere riconosciuto sia agli effetti giuridici sia a quelli economici se, a seguito di una sentenza penale di condanna, non sia stato instaurato un procedimento disciplinare [ovvero, come nel caso in esame, sia stato instaurato tardivamente] ;
tale conclusione deve essere mantenuta ferma - in considerazione delle affermazioni sino a qui compiute - sia nel caso sospensione discrezionale sia in quello di sospensione obbligatoria
» (sez. III, sent. n. 2630/2012).

Il Ministero della Difesa dovrà pertanto provvedere alla ricostruzione della carriera del ricorrente, ai fini giuridici ed economici, relativamente ai periodi di sospensione, con la sola esclusione del periodo di condanna effettivamente comminato dal giudice penale (anni 1, mesi 10 e giorni 3 di reclusione), come richiesto da parte ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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