TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-06-06, n. 201300408

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-06-06, n. 201300408
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201300408
Data del deposito : 6 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00269/1997 REG.RIC.

N. 00408/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00269/1997 REG.RIC.

N. 00709/1997 REG.RIC.

N. 00235/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 269 del 1997, proposto da:
G E, rappresentata e difesa dall'avv. F B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F Zni in Ancona, via Leopardi, 2;

contro

Comune di Acqualagna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. N P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. D D'Alessio in Ancona, via Giannelli, 36;

Azienda Sanitaria Unica Regionale -

ASUR

Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. M E, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale A.S.U.R. in Ancona, via Caduti del Lavoro, 40;



ASUR

Marche - Zona Territorale n. 3 di Fano;

sul ricorso numero di registro generale 709 del 1997, proposto da:
G E, rappresentata e difesa dall'avv. F B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F Zni in Ancona, via Leopardi, 2;

contro

Comune di Acqualagna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. N P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. D D'Alessio in Ancona, via Giannelli, 36;

Azienda Sanitaria Unica Regionale -

ASUR

Marche;



ASUR

Marche - Zona Territorale n. 3 di Fano

sul ricorso numero di registro generale 235 del 1998, proposto da:
G E, rappresentata e difesa dall'avv. F B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F Zni in Ancona, via Leopardi, 2;

contro

Comune di Acqualagna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. N P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. D D'Alessio in Ancona, via Giannelli, 36;

Collegio Arbitrale di Disciplina;

Azienda Sanitaria Unica Regionale -

ASUR

Marche;



ASUR

Marche - Zona Territorale n. 3 di Fano;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 269 del 1997:

del provvedimento di trasferimento.

quanto al ricorso n. 709 del 1997:

del provvedimento di assunzione in servizio quale esecutore socio assistenziale.

quanto al ricorso n. 235 del 1998:

della sanzione disciplinare del licenziamento.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Acqualagna e dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale -

ASUR

Marche;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Primo Referendario F A nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2013 e uditi per le parti i difensori, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso n° 269/1997, la ricorrente ha impugnato i seguenti provvedimenti:

- il provvedimento sindacale del 24 dicembre 1996, nella parte in cui ha disposto il trasferimento della ricorrente medesima dal posto di cuoca, di IV qualifica funzionale, al posto di operatore socio-assistenziale, di IV qualifica funzionale;

- la nota sindacale del 23 gennaio 1997 prot. n° 533, con la quale, in risposta alla comunicazione della ricorrente in data 16 gennaio 1997, il Sindaco del Comune intimato ha ritenuto non necessario alcun addestramento professionale per l’esercizio delle mansioni di esecutore socio-assistenziale, e ha stabilito di sottoporre la ricorrente a visita medica per verificarne la idoneità fisica;

- la nota prot. n° 534 del 24 gennaio 1997, con cui la ricorrente è stata invitata a riprendere servizio entro dieci giorni, giustificando l’assenza, con monitoria che, in mancanza, la stessa sarebbe stata considerata dimissionaria;

- la nota prot. n° 903 del 10 dicembre 1997 con cui la ricorrente è stata invitata a presentarsi in ufficio per essere sentita a sua difesa ai sensi dell’art. 24, secondo comma, del C.C.N.L. del 6 aprile 1995.

Con motivi aggiunti al ricorso n° 269/1997, la ricorrente ha impugnato il provvedimento n° 2034 del 28 marzo 1997, con il quale le è stato ordinato di assumere servizio nel posto di esecutore socio-assistenziale, IV qualifica, con affiancamento ad un’infermiera professionale nel periodo dal 1 aprile 1997 al 14 aprile 1997.

Con ricorso n° 709/1997, la ricorrente ha impugnato:

- il provvedimento n° 2034 del 28 marzo 1997, già impugnato con i motivi aggiunti al ricorso n° 269/1997;

- il parere del collegio medico legale dell’Azienda Unità sanitaria locale n° 2 di Urbino, in data 4 marzo 1997;

- la nota del Segretario comunale in data 7 aprile 1997, con cui è stato deciso l’avvio del procedimento disciplinare per l’inadempimento dell’ordine di cui al provvedimento n° 2034 del 28 marzo 1997.

Con ricorso n° 235/1998, la ricorrente ha impugnato la determinazione del Collegio arbitrale del 20 dicembre 1997 con la quale è stata ritenuta legittima la sanzione disciplinare del licenziamento del 13 settembre 1997, notificata il 16 settembre 1997, nonché il provvedimento del 14 settembre 1997 di irrogazione da parte dell’ufficio per i procedimenti disciplinari della sanzione disciplinare del licenziamento e la nota dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari del 23 dicembre 1997 con la quale è stata comunicata la decorrenza del periodo di quattro mesi di preavviso ed il licenziamento a far data dal 16 aprile 1998.

Con sentenza n° 1455 del 27 ottobre 2000, questo Tribunale Amministrativo, previa riunione dei ricorsi, ha dichiarato improcedibile il ricorso n° 269/1997, in parte dichiarato improcedibile, in parte accolto il ricorso n° 709/1997 e, per l’effetto, annullato il provvedimento del Sindaco di Acqualagna 28 marzo 1997 prot. n° 2033, dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso n° 235 del 1998.

Con sentenza n° 3891 del 3 luglio 2012, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello interposto dall’odierna ricorrente, affermando la giurisdizione del giudice amministrativo, e, per l’effetto, ha annullato con rinvio la sentenza n° 1455 del 27 ottobre 2000.

Con ricorso per riassunzione, la ricorrente ha riproposto le doglianze articolate con le impugnative n° 269/1997, n° 709/1997 e n° 235/1998, e ha domandato l’annullamento dei provvedimenti impugnati, vinte le spese.

Per resistere alle impugnative riassunte, si è costituito in giudizio il Comune di Acqualagna, che, con memoria e documenti, ne ha domandato il rigetto, vinte le spese.

Si è costituita, altresì, la Azienda Sanitaria Unica Regionale -

ASUR

Marche, che, con memoria di costituzione e difensiva, ha chiesto respingersi il ricorso, siccome infondato, vinte le spese.

Alla pubblica udienza del 4 aprile 2013, sentiti i difensori delle parti, come da verbale, i ricorsi riassunti sono passati in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, ritiene il Collegio di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

Per consolidato principio di diritto, il thema decidendum nel giudizio riassunto in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato la sentenza impugnata, disponendo la rimessione al giudice di primo grado, è determinato dalle statuizioni della sentenza di annullamento con rinvio e dall’oggetto del giudizio di appello.

Il giudice del rinvio non può conoscere di una domanda nuova o diversa, né di una domanda che, pur non essendo nuova, non abbia formato oggetto del giudizio innanzi al Consiglio di Stato, che definisce i termini della rimessione.

Peraltro, la sentenza del Consiglio di Stato che riforma una sentenza declinatoria della giurisdizione del giudice amministrativo lascia impregiudicato il merito della controversia, rispetto al quale il dictum del Consesso di ultima istanza non preclude la piena cognizione dei fatti e delle questioni ritualmente sollevate dalle parti.

In applicazione dei principi summenzionati, nell’odierna controversia, dev’essere rilevato il giudicato interno sulla statuizione della sentenza di questo Tribunale Amministrativo n° 1455 del 27 ottobre 2000 con la quale è stato accolto il ricorso proposto avverso il provvedimento del Sindaco di Acqualagna in data 28 marzo 1997, di applicazione della sanzione disciplinare del rimprovero scritto, considerato che il relativo capo di sentenza non è stato riformato dal Consiglio di Stato, e come tale è da ritenersi definitivo.

La preclusione del giudicato investe, altresì, gli atti propedeutici all’emanazione del provvedimento del Sindaco di Acqualagna in data 28 marzo 1997, afferenti al procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare del rimprovero scritto, ed in particolare la nota prot. n° 534 del 24 gennaio 1997 e la nota prot. n° 903 del 10 dicembre 1997, da ritenersi caducati per effetto dell’annullamento, con la sentenza n° 1455 del 27 ottobre 2000, del provvedimento con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare del rimprovero scritto.

Considerato che l’annullamento con rinvio, di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n° 3891 del 3 luglio 2012, è stato disposto in ragione dell’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stato, altresì, accolto l’appello avverso il capo della sentenza di primo grado che ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso n° 269/1997 e in parte al ricorso n° 709/1997, quanto all’impugnativa dei provvedimenti di trasferimento ad altre mansioni permanendo nella medesima qualifica funzionale, la cognizione giurisdizionale nell’odierno giudizio deve svolgersi sui motivi di ricorso, oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza annullata, non coperti da giudicato interno, riproposti con il ricorso per riassunzione, in ordine ai quali il vincolo discendente dalla sentenza di annullamento con rinvio attiene alla sussistenza della giurisdizione e delle condizioni dell’azione.

Venendo al merito dei ricorsi, i motivi riproposti con l’odierno ricorso per riassunzione e non preclusi dal giudicato interno, non possono essere accolti.

Deve ritenersi venuto meno, per ragioni che non hanno formato oggetto di statuizioni del Consiglio di Stato, e sulle quali, quindi, l’odierna pronuncia non incontra il limite del dictum della sentenza di rimessione, l’interesse ai motivi svolti avverso il provvedimento sindacale del 24 dicembre 1996, nella parte in cui ha disposto il trasferimento della ricorrente dal posto di cuoca, di IV qualifica funzionale, al posto di operatore socio-assistenziale, di IV qualifica funzionale, nonché avverso la nota sindacale del 23 gennaio 1997, prot. n° 533, nella parte in cui in risposta alla comunicazione della ricorrente in data 16 gennaio 1997, il Sindaco del Comune intimato ha ritenuto non necessario alcun addestramento professionale per l’esercizio delle mansioni di esecutore socio-assistenziale.

Ed infatti, con provvedimento n° 2034 del 28 marzo 1997, impugnato con motivi aggiunti al ricorso n° 269/1997 e con ricorso n° 709/1997, il Segretario comunale del Comune intimato, in sede di spontaneo riesercizio del potere, in seguito a nuova istruttoria ed in base a nuove ed autonome valutazioni, suffragate dall’esito della visita medica sulla ricorrente, ha rinnovato, con emenda del rilevato profilo di incompetenza, l’assegnazione della ricorrente al posto di esecutore socio-assistenziale, IV qualifica funzionale, ordinandole di assumere servizio, e disponendo, altresì, in riscontro all’istanza di addestramento professionale, avanzata dalla ricorrente, il suo affiancamento ad un’infermiera professionale nel periodo dal 1 aprile 1997 al 14 aprile 1997.

Per tale ragione, l’interesse a far valere le doglianze, svolte avverso i provvedimenti sindacali del 24 dicembre 1996 e del 23 gennaio 1997, prot. n° 533 si è spostato sul provvedimento n° 2034 del 28 marzo 1997, con il quale, sulla base di una nuova istruttoria e di nuove valutazioni, è stato impresso l’assetto di interessi che la ricorrente assume essere per sé lesivo.

I motivi del ricorso per riassunzione, con i quali si ripropongono doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere avverso il provvedimento n° 2034 del 28 marzo 1997, sono infondati.

Non sussistono i lamentati profili di illegittimità derivata per l’illegittimità dei provvedimenti, impugnati con il ricorso n° 269/1997, con i quali è stato disposto il contestato trasferimento sul posto di esecutore socio-assistenziale, atteso che tali provvedimenti non costituiscono il presupposto unico ed imprescindibile dell’emanazione dell’impugnata determinazione del Segretario comunale n° 2034 del 28 marzo 1997, e che, emendato il lamentato vizio di incompetenza, non residuavano profili di illegittimità suscettibili di trasmettersi in via derivata su tale ultima determinazione.

Le doglianze di incompetenza e violazione degli artt. 51, 36 e 4 della legge n° 142/1990, dedotte avverso il provvedimento del Segretario comunale n° 2034 del 28 marzo 1997 sono infondate, considerato che gli atti di gestione del personale rientrano nelle competenze dirigenziali e che, pertanto, nel caso concreto, il principio di separazione tra atti di indirizzo e controllo, di competenza degli organi politici, e atti di gestione, di competenza degli organi amministrativi, deve ritenersi rispettato.

Le doglianze di eccesso di potere per illegittimità, contraddittorietà, violazione del principio di buona amministrazione ed eccesso di potere sotto altro profilo, sono infondate.

Dev’essere osservato che l’assegnazione dell’odierna ricorrente ad un posto diverso da quello al quale la stessa era addetta non ha comportato un demansionamento, né un trasferimento territoriale, essendo rimasta immutata sia la qualifica funzionale, sia la struttura presso la quale la stessa è stata chiamata ad adempiere le proprie mansioni.

Per tale ragione, nessuna violazione della garanzia apprestata dall’art. 56 del d.lgs. n° 29/1993, vigente ratione temporis , può ritenersi integrata.

La pretesa della ricorrente rivolta ad ottenere l’assegnazione ad altre mansioni o il collocamento in disponibilità è priva di fondamento.

Per principio giurisprudenziale condiviso dal Collegio, l’adibizione del lavoratore a mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, nell’ambito della medesima area di inquadramento, non è illegittima e non esonera il dipendente dall’obbligo di adempiere alle prestazioni lavorative.

Per tali ragioni, non essendo stata disposta alcuna dequalificazione professionale, nemmeno lamentata dalla ricorrente, essendo stata accolta l’istanza della ricorrente di espletare un periodo di addestramento professionale, non essendo stato lamentato un inadempimento agli obblighi del datore di lavoro di pagamento della retribuzione, di copertura previdenziale e di garanzia del posto di lavoro corripondente alla qualifica funzionale di inquadramento, il principio di buona fede imponeva alla ricorrente di eseguire le prestazioni lavorative nei modi e nei termini precisati dal datore.

Né alcun rilievo potrebbero rivestire le asserzioni con le quali la ricorrente lamenta che l’assistenza agli anziani richiederebbe “una particolare e naturale inclinazione”, considerato che la mancanza di una “particolare e naturale inclinazione” per le mansioni rientranti nella qualifica di appartenenza del lavoratore non costituisce causa oggettiva di impossibilità sopravvenuta suscettibile di rilevare quale fatto estintivo dell’obbligazione alla prestazione lavorativa.

Sono infondate le deduzioni impugnatorie articolate avverso il parere del Collegio medico legale dell’Azienda Unità sanitaria locale n° 2 di Urbino, in data 4 marzo 1997, con il quale la ricorrente è stata dichiarata “idonea alle mansioni di assunzione, idonea alle mansioni affidate”.

L’impugnato verbale n° 6 del 4 marzo 1997 del Collegio medico legale è adeguatamente motivato sulle valutazioni per le quali la ricorrente è stata dichiarata idonea alle mansioni, essendo stati enucleati i dati desunti dalla anamnesi e dagli accertamenti medici espletati, che hanno evidenziato “buone condizioni generali”, nonché assenza di patologie di rilievo.

Né potrebbe accedersi alla prospettazione con la quale la ricorrente lamenta che non sia stata esperita una “accurata analisi della personalità e del carattere della dipendente condotta da esperti psicologi”.

Una volta accertata dal Collegio medico legale l’idoneità della dipendente alle mansioni, nessuna ulteriore indagine poteva ritenersi esigibile, tanto meno al fine di dar seguito alla dedotta “riluttanza e repulsione allo svolgimento della predetta attività” di assistenza agli anziani (vds. ricorso per riassunzione, pag. 14), deduzione insuscettibile di ricevere alcuna protezione giuridica, in ragione del vulnus ai principi sui quali si fonda l’ordinamento costituzionale, insito nel rifiuto di espletare mansioni dovute sia in base a precisi obblighi inerenti al rapporto lavorativo, sia per ineludibili doveri solidaristici di fonte costituzionale.

Sono infondate le doglianze dedotte avverso i provvedimenti con i quali è stata irrogata la sanzione del licenziamento disciplinare, ovvero la determinazione del Collegio arbitrale del 20 dicembre 1997 con la quale è stata ritenuta legittima la sanzione disciplinare del licenziamento del 13 settembre 1997, il provvedimento del 14 settembre 1997 di irrogazione da parte dell’ufficio per i procedimenti disciplinari della sanzione disciplinare del licenziamento e la nota dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari del 23 dicembre 1997 con la quale è stata comunicata la decorrenza del periodo di quattro mesi di preavviso ed il licenziamento a far data dal 16 aprile 1998.

E’ infondata la deduzione per la quale la motivazione della determinazione del Collegio arbitrale, concernente l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione, nel caso concreto, dell’art. 34 del d.gs. n° 29/1993, sarebbe stata resa in ultra petitum .

L’impugnata determinazione è rivolta a motivare in ordine alla valutazione del comportamento tenuto dalle parti, senza che la motivazione possa ritenersi esorbitante rispetto alla vicenda concreta.

Analogamente è a dirsi quanto alle deduzioni proposte per contestare nel merito la ridetta motivazione con la quale il Collegio arbitrale ha argomentato in ordine all’insussistenza dei presupposti per l’applicazione, nel caso concreto, dell’art. 34 del d.gs. n° 29/1993.

Non essendo stata impugnata, nell’odierno giudizio, nemmeno quale atto presupposto, la deliberazione del consiglio comunale di Acqualagna n° 124 del 20 dicembre 1996, avverso la quale non sono mosse specifiche critiche dalla ricorrente, ed essendo accertata la legittimità del provvedimento di trasferimento al posto di esecutore socio-assistenziale, quarta qualifica funzionale, la pretesa al collocamento in disponibilità appare priva di fondamento.

E’ infondata la doglianza con la quale si lamenta che, in considerazione della sanzione disciplinare del rimprovero scritto inflitta alla ricorrente, l’irrogazione del licenziamento disciplinare sarebbe avvenuta in violazione del principio del ne bis in idem .

Ed in vero, in seguito alla sanzione disciplinare del rimprovero scritto, la ricorrente ha posto in essere una nuova ed ulteriore condotta di assenza ingiustificata dal servizio, in relazione alla quale l’amministrazione ha promosso un nuovo procedimento disciplinare, senza che alcuna duplicazione possa, per tale ragione, ravvisarsi.

La doglianza è infondata, altresì, nella prospettazione con la quale si lamenta che lo stesso fatto sarebbe stato ricondotto “a più fattispecie disciplinari peraltro tra loro incompatibili”, nessuna incompatibilità sussistendo tra la fattispecie del “rifiuto espresso del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio” e dell’ “assenza ingiustificata ed arbitraria dal servizio per un periodo superiore a dieci giorni consecutivi lavorativi”, essendo le ridette fattispecie disciplinari ascrivibili a titolo di concorso in relazione alla condotta con la quale le violazioni siano state commesse.

Sono infondate le doglianze di violazione dell’art. 3 della legge n° 241/1990 ed eccesso di potere per illogicità manifesta proposte avverso la motivazione del provvedimento del Collegio arbitrale del 20 dicembre 1997 nella parte in cui afferma che le asserite giustificazioni dell’odierna ricorrente “sono purtroppo prive di fondamento trovando come base soltanto motivazioni personali che non possono in alcuna maniera superare o disattendere norme contrattuali come quella della diligenza e nella fattispecie la presenza nel posto di lavoro negli orari prestabiliti”.

Deve anzitutto osservarsi che non ha formato oggetto di specifici motivi di ricorso la motivazione del provvedimento del Collegio arbitrale del 20 dicembre 1997, afferente alla qualificazione della condotta dell’odierna ricorrente come grave inadempienza agli obblighi derivanti dal contratto di settore del 6 aprile 1995, né è contestato il fatto dell’assenza dal servizio sino alla data dei provvedimenti impugnati.

La motivazione concernente le asserite giustificazioni dell’assenza dal servizio non può ritenersi inficiata dalle dedotte doglianze, considerato che le giustificazioni suscettibili di assumere rilievo rispetto all’addebito contestato devono fondarsi su fatti oggettivi, collegati a situazioni giuridicamente protette dall’ordinamento.

Tali non possono ritenersi i motivi addotti dalla ricorrente, come enunciati nel reclamo del 22 settembre 1997, in cui la stessa afferma che “mai avrebbe aderito ad offerte di lavoro per assistenza di anziani, trattandosi di attività la quale esige una particolare e naturale inclinazione che sfugge, come tale a valutazioni di idoneità da parte di un collegio medico, incapace di poter accertare la intima struttura della persona, le sue inclinazioni, ed in particolare la sua riluttanza e repulsione allo svolgimento della predetta attività”.

L’ordinamento giuridico non riconosce alcuna tutela alla prospettata “riluttanza e repulsione” nei confronti di attività di assistenza a soggetti deboli, essendo, tuttalcontrario, simili motivi in aperto contrasto con gli ineludibili doveri solidaristici sui quali si fonda l’ordinamento costituzionale.

Né la mera diversità di mansioni potrebbe giustificare il rifiuto di svolgerle, trattandosi di mansioni rientranti nella medesima qualifica funzionale di appartenenza.

In una simile evenienza la giurisprudenza consolidata afferma la legittimità del licenziamento disciplinare inflitto al dipendente che, in mancanza di alcun inadempimento del datore di lavoro agli obblighi retributivi, previdenziali e di garanzia del posto di lavoro corripondente alla qualifica funzionale di inquadramento, si sia rifiutato di espletare mansioni conformi alla qualifica ricoperta, configurandosi in tale rifiuto un grave inadempimento.

Alla stregua dei principi di diritto suenunciati, i provvedimenti impugnati con il ricorso n° 235/1998, riassunto con il ricorso in epigrafe, non possono ritenersi illegittimi.

Non può essere accolta la doglianza con la quale si lamenta che il Collegio arbitrale non si sarebbe pronunciato sull’argomento, speso nel reclamo in data 22 settembre dell’odierna ricorrente, concernente “la mancata richiesta di sospensione degli atti comunali”, quale “facoltà di carattere incidentale liberamente esercitabile senza possibilità di conseguenze negative per il mancato esercizio”.

Il profilo lamentato non riveste efficacia determinante rispetto all’annullabilità dell’impugnata sanzione disciplinare, considerato che la motivazione del provvedimento del Collegio arbitrale del 20 dicembre 1997 evidenzia adeguatamente le ragioni per le quali l’applicazione della sanzione del licenziamento disciplinare è da ritenersi corretta.

Per le suesposte ragioni, i ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, devono essere respinti, perché infondati.

Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti costituite, per ragioni equitative.

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