TAR Trieste, sez. I, sentenza 2013-06-24, n. 201300367

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2013-06-24, n. 201300367
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201300367
Data del deposito : 24 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00589/2006 REG.RIC.

N. 00367/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00589/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 589 del 2006, proposto da:
Latteria Soc. Coop. Agricola San Giacomo di Cordenons e Aviano s.c.r.l., Cooperativa Agricola Nord Est Latte soc. coop. a.r.l. e dalle Aziende Agricole Gardonio di G L e S s.s., P F, Battistel Gianfranco, Battistuzzi Milva, Beltramini Fabio, C O, Coden Roberta, , Lot Massimo e Pietro s.s., Orsola di Frezza Paola, Piai Donatella, Piave di Da Rios Ezio, Querinuzzi Alberto Cristian e Versolato Sandra, S. Antonio di Cancian Simone e Vidali Susi, Sacconi Elvis, Urban f.lli s.s., Venturin Claudio, Z L anzi Tomasella Maria, Zanette Domenico e Zanette Andrea quali eredi di Z L, Zanetti Livio, Cugini Bigaran, Borgo Ivano e Nevio s.s., Tomasini Vittorio Alessio e Giacomello Valeria s.s., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., tutte rappresentate e difese dall'avv. Maddalena Aldegheri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Orio De Marchi in Trieste, via Fabio Severo 20

contro

Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;

per l'annullamento

-della comunicazione AGEA dd. 14.9.2006 e dei provvedimenti AGEA dai quali risultano le operazioni di calcolo, di restituzione e di imputazione del prelievo supplementare a carico dei ricorrenti per il periodo 2005/2006, nella parte in cui detti atti incidono nella sfera giuridica degli stessi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 la dott.ssa M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso collettivo notificato il 1° dicembre 2006 e depositato il successivo 20 dicembre 2006, le acquirenti Latteria Soc. Coop. Agricola San Giacomo di Cordenons e Aviano s.c.r.l. e Cooperativa Agricola Nord Est Latte soc. coop. a.r.l. e le aziende agricole produttrici in epigrafe indicate chiedevano a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’annullamento: a) della comunicazione AGEA in data 14 settembre 2006, codice comunicazione 56759907266, ad oggetto “Regime quote latte – Lista di prelievo per acquirente – periodo 2005/2006”, allegata alla comunicazione Agea di pari data prot. n. DPAU.2006.2750 ad oggetto “Regime quote latte – Restituzione del prelievo supplementare relativo alle consegne del periodo 2005/2006”, pure impugnata, con cui la acquirente Latteria Soc. Coop. Agricola San Giacomo di Cordenons e Aviano s.c.r.l. era stata informata della quantità del prelievo supplementare per il periodo 1 aprile 2005 – 31 marzo 2006 imputata alle aziende agricole (produttrici) ricorrenti, per una somma totale di € 252.318,02, nella parte in cui incide nella sfera giuridica di ciascuna di esse;
b) della comunicazione AGEA in data 14 settembre 2006, codice comunicazione 56759961586, ad oggetto “Regime quote latte – Lista di prelievo per acquirente – periodo 2005/2006”, allegata alla comunicazione Agea di pari data prot. n. DPAU.2006.2750 ad oggetto “Regime quote latte – Restituzione del prelievo supplementare relativo alle consegne del periodo 2005/2006”, pure impugnata, con cui la acquirente Cooperativa Agricola Nord Est Latte soc. coop. a.r.l. era stata informata della quantità del prelievo supplementare per il periodo 1 aprile 2005 – 31 marzo 2006 imputata alle aziende agricole (produttrici) ricorrenti, per una somma totale di € 2.167.302,59, nella parte in cui incide nella sfera giuridica di ciascuna di esse;
c) di ogni altro atto comunque connesso, presupposto o conseguente, anche se non conosciuto al momento del deposito del ricorso, compresi i provvedimenti AGEA dai quali risultano le operazioni di calcolo, di restituzione e di imputazione del prelievo supplementare a carico dei ricorrenti per il periodo 2005/2006, nella parte in cui detti atti incidono nella sfera giuridica degli stessi.

1.1 A sostegno della richiesta avanzata deducevano:

1) Illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 5 e 9 l. n. 119/03 così come modificata ed integrata dall’art. 2, comma 3, l. n. 204/04 nonché dell’art. 3 Reg. CE n. 1788/2003 per errata quantificazione dei quantitativi di latte commercializzati in Italia, del prelievo supplementare da riscuotere ed ingiustificato aumento dello stesso – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l.n. 241/90 – Eccesso di potere per illogicità manifesta e manifesta ingiustizia, carenza di motivazione, sviamento dell’interesse pubblico e falsa rappresentazione della realtà

2) Illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 9 l. n. 119/03 così come modificato ed integrato dall’art. 2, comma 3, l. n. 204/04 per errata classificazione dei ricorrenti tra i soggetti non in regola con i versamenti e quindi illegittima quantificazione in pejus nei confronti degli stessi del prelievo supplementare – Eccesso di potere per disparità di trattamento, insufficiente ed inadeguata istruttoria, illogicità manifesta e manifesta ingiustizia, carenza di motivazione e sviamento dell’interesse pubblico

3) Illegittimità derivata per violazione e falsa applicazione di legge, per contrarietà al diritto comunitario ed in particolare all’art. 13 del REg. CE n. 1788/2003 e all’art. 16 del REg. CE n. 595/2004, della normativa italiana e, in particolare, dell’art. 2, comma 3, della l. n. 204/04 – Mancata disapplicazione della normativa italiana non conforme – Eccesso di potere

4) Illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, d.l. n. 157/04, convertito con modificazioni in l. n. 204/04, con gli artt. 3, 25 e 97 della Cost. per violazione del principio di uguaglianza, del diritto di difesa ed irragionevolezza – Illegittimità derivata per violazione di legge ed eccesso di potere.

5) Illegittimità derivata per violazione e falsa applicazione di legge, per contrarietà al diritto comunitario e, in particolare, al REg. CE n. 1788/03 del Consiglio e al REg. CE n. 595/04 della Commissione, della normativa italiana di attuazione, per il metodo con il quale viene calcolato il prelievo supplementare a carico delle aziende produttrici di latte vaccino e, in particolare, degli artt. 5, 9 e 10 l. n. 119/03, nonché dell’art. 2, comma 3, l.n. 204/04 – Mancata disapplicazione della normativa italiana non conforme – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. l.n. 241/90 – Eccesso di potere.

6) Illegittimità comunitaria derivata per violazione del Trattato UE e comunque falsa applicazione dei REg. CE n. 1788/03 e n. 595/04.

7) Illegittimità comunitaria propria e derivata per violazione e falsa applicazione del REg. CEE n. 3950/92 e 536/93 e successive modifiche ed integrazioni (REg. CE n. 1788/2003 e Reg. CE n. 595/2004) – Illegittimità derivata per illegittimità dei QRI assegnati per il periodo 2005/2006 (e precedenti) – Violazione e falsa applicazione della normativa comunitaria e nazionale per mancato conteggio delle effettive quantità di latte prodotto e commercializzato in Italia nel periodo 2005/2006 nonché comunque per violazione degli artt. 3 e ss. e 7 e ss. della l. .n. 241/90 mancanza di motivazione e violazione del procedimento tipizzato per la compensazione nazionale – Eccesso di potere.

8) Illegittimità comunitaria propria e derivata per violazione e falsa applicazione dei REg. CEE n. 3950/92, 536/93, 1265/99, 1932/91, 1788/03 e 595/04 per: a) imputazione di prelievo supplementare sulla base di leggi italiane contrastanti con il diritto comunitario;
b) imputazione di prelievo supplementare su dati assegnati retroattivamente;
c) mancata disapplicazione della normativa interna in materia – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. e 7 e ss. l. .n. 241/90 – Eccesso di potere

9) Violazione e falsa applicazione dei REg. CEE 3950/92 e 536/93 e successive modifiche ed integrazioni nonché degli artt. 3 e ss. e 7 e ss. l. n. 241/90 per mancata comunicazione ai produttori dell’importo del prelievo supplementare, assoluta carenza di motivazione, violazione di procedimento tipizzato e comunque mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

10) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. e 7 e ss. l. n. 241/90;
dell’art. 13 del REg. CE 595/2004 – Eccesso di potere

11) Illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 9(?) del d.lgs. 27 maggio 1999, n. 165 per incompetenza relativa – Eccesso di potere

2. L’Agea si costituiva in giudizio con memoria di stile.

3. La causa veniva chiamata alla pubblica udienza dell’11 marzo 2009, all’esito della quale questo Tribunale, con sentenza 30 marzo 2009, n. 265, disponeva la sospensione del giudizio a termini degli artt. 295 e 298 c.p.c..

4. A seguito della presentazione di una nuova istanza di fissazione presentata dalle ricorrenti, la causa veniva chiamata alla pubblica udienza del 22 maggio 2013, in prossimità della quale le ricorrenti medesime, oltre a chiedere, in via preliminare, la (ulteriore) sospensione del giudizio per asserite ragioni di pregiudizialità, ribadivano con memoria, le argomentazioni difensive svolte col ricorso introduttivo.

5. Celebrata l’udienza, la causa veniva trattenuta in decisione.

6. Va, in primo luogo, disattesa l’invocata sospensione del giudizio, dato che i ricorsi riguardanti le assegnazioni di QRI precedenti e presupposte a quella in discussione nel presente giudizio e di cui le ricorrenti hanno fornito prova d’impugnazione (vedi all. 16 e 17 – fascicolo doc. ricorrenti) risultano, ad oggi, già tutti decisi con sentenza di rigetto.

6.1 Nello specifico, consta che il Tar del Lazio, oltre ad essersi pronunciato in merito all’impugnazione dell’assegnazione dei QRI per i periodi 1995/96, 1996/97 e 1997/98, quest’ultimo dato non definitivo, da valersi anche come indicazione provvisoria per il 1998/99 (sentenza n. 5040/2012), abbia definito anche i giudizi di seguito indicati:

- sentenza 4 giugno 2012, n. 5040 relativa al ricorso contraddistinto dal R.G. n. 9241/1998, con cui la società semplice Lot Massimo, Pietro e Pasquale ha impugnato la comunicazione ex art. 2, co. 5, l. n. 5 del 1998, contenente la determinazione presuntiva del numero di vacche che sarebbero state presenti nella sua azienda nei periodi 1995/96 e 1996/97 e dei quantitativi di latte che avrebbe prodotto negli stessi periodi nonché l’assegnazione dei QRI per i periodi 1995/96, 1996/97 e 1997/98, quest’ultimo dato non definitivo, da valersi anche come indicazione provvisoria per il 1998/99;

- sentenza 21 dicembre 2012, n. 10756 relativa al ricorso contraddistinto dal R.G. n. 5854/2000, con cui la società semplice Lot Massimo, Pietro e Pasquale ha impugnato l’atto – comunicato con nota inviata ai sensi dell’art. 1, commi 3 e 4, della legge n. 118 del 1999 - con cui AIMA (ora AGEA) ha assegnato i “quantitativi di riferimento individuali” (QRI) di riferimento per le annate 1997/98 e 1998/99 (e, in via provvisoria, le quote per la campagna 1999/2000)

- sentenza 21 dicembre 2012, n. 10758 relativa al ricorso contraddistinto dal R.G. n. 5849/2000, con cui l’Azienda Agricola Venturin Claudio ha impugnato l’atto – comunicato con nota inviata ai sensi dell’art. 1, commi 3 e 4, della legge n. 118 del 1999 - con cui AIMA (ora AGEA) ha assegnato i “quantitativi di riferimento individuali” (QRI) di riferimento per le annate 1997/98 e 1998/99 (e, in via provvisoria, le quote per la campagna 1999/2000;

- sentenza 19 marzo 2013, n. 2791 relativa al ricorso contraddistinto dal R.G. n. 6627/2000, con cui i signori G L e S hanno impugnato gli atti con cui l’AIMA ha comunicato ex art. 1, co. 3 e 4, l. n. 118 del 1999, ai fini della compensazione retroattiva, l’indicazione dei quantitativi di latte commercializzato per i periodi 1997/98 e 1998/99 come risultanti dai modelli L1, nonché l’assegnazione di QRI per i periodi 1997/98 e 1998/99, quest’ultimo dato con validità di assegnazione provvisoria per il 1999/2000;

- sentenza 19 marzo 2013, n. 2788 relativa al ricorso contraddistinto dal R.G. n. 6629/2000, con cui il signor C O ha impugnato gli atti con cui l’AIMA ha comunicato ex art. 1, co. 3 e 4, l. n. 118 del 1999, ai fini della compensazione retroattiva, l’indicazione dei quantitativi di latte commercializzato per i periodi 1997/98 e 1998/99 come risultanti dai modelli L1, nonché l’assegnazione di QRI per i periodi 1997/98 e 1998/99, quest’ultimo dato con validità di assegnazione provvisoria per il 1999/2000;

- sentenza 27 febbraio 2013, n. 2131 relativa al ricorso contraddistinto dal R.G. n. 6634/2000, con cui il signor P F ha impugnato gli atti con cui l’AIMA ha comunicato ex art. 1, co. 3 e 4, l. n. 118 del 1999, ai fini della compensazione retroattiva, l’indicazione dei quantitativi di latte commercializzato per i periodi 1997/98 e 1998/99 come risultanti dai modelli L1, nonché l’assegnazione di QRI per i periodi 1997/98 e 1998/99, quest’ultimo dato con validità di assegnazione provvisoria per il 1999/2000;

- sentenza 16 aprile 2013, n. 3844 relativa al ricorso contraddistinto dal R.G. 9358/2000, con cui i signori C O, P F, V B, G L e S hanno impugnato la “indicazione provvisoria dei QRI per il periodo 2000/2001”.

6.2 Nessun’altra impugnazione viene documentata dalle ricorrenti, né, tantomeno, la pendenza dei relativi (e, eventualmente, ulteriori) giudizi, fatti salvi i ricorsi proposti innanzi a questo Tar dal signor Z L e da (alcune) delle odierni ricorrenti, contraddistinti, rispettivamente, dal R.G. n. 616/2003, n. 402/2004, n. 251/2005, n. 523/2005 e n. 265/2006, pure chiamati all’odierna udienza, e, del pari, definiti con sentenza di inammissibilità/rigetto.

6.3 Le ricorrenti non offrono, inoltre, alcun ulteriore elemento conoscitivo che possa consentire a questo giudice di apprezzare la sussistenza dell’affermata pregiudizialità del procedimento penale contraddistinto dal numero R.G.N.R. 33068/2010 – R.G. G.I.P. 2865/11B pendente avanti il Tribunale di Roma.

Con riferimento a tale ultimo aspetto non si ha, infatti, allo stato notizia di accertamenti che abbiano stabilito la sussistenza di ipotesi di reato tali da far dubitare della veridicità delle dichiarazioni rese nel tempo dai produttori e dai primi acquirenti (in particolare, modelli L1) riguardanti le produzioni commercializzate nelle varie annate lattiere e tali, di conseguenza, da mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema delle “quote latte”.

7. Il ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.

8. Va, innanzitutto, dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dalle acquirenti Latteria Soc. Coop. Agricola San Giacomo di Cordenons e Aviano s.c.r.l. e Cooperativa Agricola Nord Est Latte soc. coop. a.r.l. per le ragioni sinteticamente rappresentate ai difensori delle parti nel corso dell’udienza su indicata e qui di seguito riportate.

Al riguardo si evidenzia, infatti, che per costante orientamento giurisprudenziale dei TT.AA.RR. (ex multis Tar Lazio, II-ter, 22 gennaio 2004, n. 610) e del Consiglio di Stato (ex multis Sez. VI, 3 aprile 2009, n. 4134), dal quale questo Collegio non ha motivo per discostarsi, le ditte acquirenti sono solo sostituti del produttore, che è l’unico soggetto percosso dall’obbligazione di prelievo supplementare che grava sulle quantità di latte consegnato in eccedenza alla quota di riferimento individuale assegnata e non compensata alla conclusione delle operazioni di compensazione nazionale effettuate dall’AGEA.

Alle acquirenti dianzi indicata spettava, esclusivamente, il compito di trattenere, ai sensi delle norme in allora vigenti, le somme a titolo di prelievo supplementare, versandole poi all’AGEA dopo i conteggi sul calcolo provvisorio effettuato al momento del ritiro, oppure restituendole agli stessi produttori.

Non hanno, in proprio, alcun interesse concreto e diretto a opporsi a un obbligo gravante sui produttori, risultando, anzi, indifferente per esse l’individuazione del soggetto cui restituire le somme provvisoriamente trattenute.

Il Consiglio di Stato, nella pronuncia innanzi citata, ha sottolineato, invero, che la posizione del c.d. “primo acquirente” è una posizione derivata, e che “l’individuazione dello stesso quale soggetto latore di uno specifico obbligo nei confronti dello Stato, discende dalla necessità di assicurare il rispetto delle disposizioni in materia di prelievo supplementare”

Non ricorre l’interesse dell’appellante – ha affermato il Consiglio - ad ottenere un giudizio demolitorio che “investendo l’an della debenza, rientra unicamente nella sfera giuridica del produttore”.

Per le ragioni esposte, l’impugnazione delle dette acquirenti va, dunque, dichiarata inammissibile per carenza d’interesse a ricorrere.

9. Per le ragioni di seguito illustrate e sulla scorta della ricostruzione della disciplina normativa effettuata nella pronuncia emessa in relazione al ricorso contraddistinto dal R.G. n. 251/2005, chiamato all’odierna udienza, che qui deve intendersi integralmente richiamata, il Collegio ritiene che il gravame proposto dalle aziende agricole produttrici s’appalesa, in ogni caso, sfornito di elementi di fondatezza, se non addirittura inammissibile per genericità e/o per carenza d’interesse.

10. Con il primo e il secondo motivo di gravame le produttrici/ricorrenti lamentano che:

- l’AGEA non si è attenuta alla normativa italiana e comunitaria in materia, con il risultato che il prelievo da riscuotere è stato illegittimamente calcolato nel totale in misura superiore quantomeno di circa il 45% rispetto a quanto dovuto (anche se il dato può essere approssimativo per difetto, data l’assoluta assenza di motivazione degli atti impugnati);

- nella tabella AGEA aggiornata al 13/7/06, denominata “Riepilogo dati nazionali – periodo 2005-2006” (all. 6) e contenente i dati utilizzati per le operazioni di restituzione e imputazione di prelievo, per la parte relativa alle “consegne” il quantitativo nazionale di riferimento delle stesse risulta del tutto illegittimamente decurtato di un quantitativo pari a 29.801 tonnellate (punto c), a causa, verosimilmente, di uno spostamento di quote dal quantitativo nazionale garantito per le consegne al quantitativo nazionale garantito per le vendite dirette, che ha fatto sì che AGEA, per calcolare l’esubero nazionale delle consegne, non si sia basata sul QGG assegnato dalla UE, pari a tonnellate 10.284.048 per le consegne, ma, appunto, ad un non meglio identificato quantitativo nazionale di riferimento pari a tonnellate 10.254.247, con ciò esponendo ad un esubero nazionale pari a tonnellate 610.916, anziché quantomeno tonnellate 596.378, con un aumento ingiustificato di circa il 2,5% del valore totale dello stesso;

- risultano illegittimi anche i conteggi in base ai quali AGEA è arrivata a calcolare in 10.865.163 tonnellate il quantitativo rettificato di latte prodotto e commercializzato in Italia;

- in base alla legge, l’acquirente, entro la fine di ogni mese, deve presentare le dichiarazioni del latte acquistato nel mese precedente. Può rettificare tali dichiarazioni solo entro i 20 gg. successivi alla dichiarazione. Ciò significa che trascorsi 50 gg. dalla fine di ciascun mese di consegna i dati produttivi diventano definitivi. Dalla verifica dei riepiloghi regionali delle dichiarazioni mensili di consegna del latte vaccino – campagna 2005/2006 ricavata dal Sistema di Supporto alle decisioni AGEA ogni mese emergono delle inspiegabili anomalie. Le produzioni dei singoli mesi non si consolidano, infatti, mai nel tempo, ma continuano sensibilmente ad aumentare di mese in mese. Ne deriva la mancanza di attendibilità, anche in considerazione del consistente divario che si riscontra tra la produzione totale risultante alla scadenza dei termini entro cui gli acquirenti potevano rettificare i dati pari a tonn. 10.639.395 e quella risultante alla data del 1° giugno 2006 pari a tonn. 10.867.290, poi ridotto a tonn. 10.865.290 a seguito della rettifica delle produzioni con il calcolo della materia grassa. Tale aumento di produzione, pari a 225.768 tonn., per un importo totale pari a € 69.784.888,8, non trova giustificazione, dato che non risultano effettuati controlli sulla produzione da parte delle Regioni;

- è illegittimo anche il metodo applicato da AGEA per calcolare l’esubero nazionale per la mancata e corretta compensazione tra le produzioni eccedentarie e quelle deficitarie. AGEA ha utilizzato il minor quantitativo di 277.602 tonn. (anziché 290.002 risultante dalla somme delle tonnellate delle aziende senza produzione e di quelle che hanno prodotto meno dell’assegnato), ossia un quantitativo inferiore di 12.400 tonn. rispetto a quello di cui avrebbe potuto disporre applicando la legge, con la conseguenza che l’esubero produttivo dalla medesima calcolato risulta superiore a quello che doveva essere calcolato in base alle produzioni esposte dalla stessa amministrazione per un valore totale sull’importo del prelievo pari a € 3.832.840;

- è illegittimo il metodo seguito per calcolare il prelievo totale da riscuotere, che è stato ingiustificatamente aumentato del 5%, peraltro non dichiarato in Comunità europea;

- è illegittimo il prelievo loro imputato e qui impugnato, in quanto tra i produttori in regola debbono essere annoverati non solo i produttori per i quali gli acquirenti hanno materialmente versato il prelievo supplementare, ma anche quelli per i quali gli acquirenti hanno presentato una fidejussione, così come quelli per i quali gli acquirenti non hanno potuto eseguire versamenti in base ad un’ordinanza giurisdizionale che ha loro inibito ogni forma di trattenuta e di versamento del prelievo supplementare, come quella ottenuta dai ricorrenti (vedi all. 3 – ord. Trib. Pordenone). E’ evidente, dunque, che, non avendoli considerati in regola e non avendoli esclusi dall’annullamento del prelievo supplementare, il prelievo è illegittimo per violazione delle norme di cui assumono la violazione. Ritengono, in definitiva, che i calcoli per le restituzioni/annullamenti eseguiti da AGEA per il periodo 2005/2006, al fine di calcolare l’effettivo prelievo supplementare imputabile alle aziende, sia in contrasto con l’ art. 2, comma 3, l. n. 204/04.

10.1 Il Collegio osserva, invero, che i vizi denunciati censurano in via generalizzata la procedura, senza individuare concreti effetti a danno delle ricorrenti. Non è, infatti, dato sapere se e come il preteso illegittimo meccanismo delle quote latte abbia concretamente prodotto effetti compressivi sulla loro sfera giuridica, dato che le medesime nulla hanno dedotto con riferimento ad eventuali errori commessi nella assegnazione e/o nella compensazione e imputazione del prelievo supplementare per la parte di loro interesse.

In giurisprudenza è stato, però, già rilevato, anche con specifico riguardo alle questioni inerenti le cd. “quote latte”, che il processo amministrativo non è posto a garanzia oggettiva della legalità, ma, piuttosto, finalizzato alla specifica ed individuale tutela di posizioni giuridiche soggettive lese, derivandone che i ricorrenti possono dedurre specifici errori a proprio danno (vedi Tar Piemonte, Sez. II, 11 ottobre 2012, n. 1062;
id. 25 ottobre 2012, n. 1125;
Tar Piemonte, Sez. I, 4 dicembre 2009, n. 3265).

In nessun caso è, quindi, possibile rivendicare un non tutelabile interesse alla correttezza oggettiva e generalizzata del procedimento.

Ne deriva che le generiche censure dedotte dalle ricorrenti non possono, all’evidenza, assumere alcun rilievo.

11. E, invece, infondato il terzo motivo di gravame (in parte collegato al secondo motivo), con cui le ricorrenti lamentano che il legislatore italiano non ha rispettato i criteri obiettivi elencati in ordine di priorità dall’art. 16 del REg. CE n. 595/04, in quanto, dopo aver stabilito all’art. 9 l. n. 119/03 dei criteri di priorità astrattamente in linea con il regolamento comunitario, ha successivamente introdotto ex art. 2, comma 3, l. n. 204/2004 un criterio di restituzione/annullamento (che peraltro deve essere applicato in via prioritaria su tutti gli altri già previsti) che non è assolutamente previsto nel citato Regolamento comunitario.

11.1 Al riguardo, pare, invero, al Collegio sufficiente rappresentare che la disposizione nazionale censurata è pacificamente riconducibile alla previsione di cui all’art. 9, comma 1, lett. a), Reg. CE 1392/2001 ovvero al criterio del “riconoscimento ufficiale che la totalità o una parte del prelievo è indebitamente riscossa”.

Il motivo va, quindi, disatteso.

12. Con il quarto motivo d’impugnazione (in parte collegato al secondo e al terzo motivo), le ricorrenti lamentano che l’art. 2, comma 2, l. 204/04, laddove inteso nel senso che solo chi ha effettivamente versato è considerato in regola e può beneficiare dell’annullamento prioritario del prelievo supplementare calcolato in eccesso, penalizza tutti quei soggetti che, per varie ragioni (mancanza di disponibilità economica o provvedimento cautelare favorevole), non hanno effettuato il versamento mensile, violando gli artt. artt. 3 e 25 della Cost..

12.1 Al di là della genericità che contraddistingue anche tale doglianza, il Collegio ritiene, in ogni caso, che la stessa sia manifestamente infondata, in quanto le situazioni riguardate dal legislatore sono sostanzialmente differenti.

Si sarebbe tradotto, infatti, in indebito arricchimento, laddove avessero potuto beneficiare della restituzione (non del semplice annullamento come impropriamente riferito dai ricorrenti) del prelievo versato in eccesso anche coloro che non lo avevano effettuato.

13. Con il quinto motivo, le ricorrenti deducono che il superamento del QGG dovrebbe essere verificato a monte e, in caso positivo, che il medesimo debba essere ripartito, sotto forma di prelievo supplementare, tra tutti i produttori che hanno contribuito a sforarlo, previa eventuale riassegnazione a livello nazionale delle quote non prodotte.

Rilevano, inoltre, che la l.n. 119/2003, che ha sostituito, abrogandola, tutta la precedente normativa in materia, non può essere ritenuta propriamente di “attuazione” dei REg. Comunitari n. 1788/03 del Consiglio e n. 595/04 della Commissione, perché entrata in vigore precedentemente.

Trattasi, in ogni caso, di normativa nazionale confliggente con il sovraordinato diritto comunitario, che avrebbe dovuto essere disapplicata, in particolare, per quanto concerne:

- il metodo del calcolo e dell’imputazione finale del prelievo supplementare ai produttori adottato dal legislatore italiano (di cui, principalmente, agli artt. 5, 9 e 10 l..n. 119/03), anche e soprattutto a seguito dell’emanazione dell’art. 2 del d.l. n. 157/04, convertito con modificazioni dalla l. n. 204/04, che ha parzialmente modificato l’art. 9 della l. n. 119/03 (ritengono che, diversamente da quanto disposto nei regolamenti comunitari, il calcolo del prelievo versato in eccesso avvenga sulla base dei versamenti mensili e non sulla base dei versamenti finali da effettuarsi dai primi acquirenti al termine di ogni periodo di commercializzazione, successivamente alle operazioni di conteggio definitivo delle consegne di latte e quindi del conteggio definitivo dell’eventuale prelievo dovuto da un lato dallo Stato membro alla Comunità e dall’altro dai produttori allo Stato membro);

- il sistema di restituzione del prelievo introdotto dall’art. 2, comma 3, del d.l. 157/04, convertito in l. n. 204/04, che ritengono del tutto contrastante con quanto previsto dall’art. 13 del REg. CE n. 1788/2003 e dall’art. 16 del REg. CE n. 595/2004. Ribadiscono, infatti, che il legislatore nazionale ha introdotto una categoria prioritaria di restituzione del tutto incompatibile con i criteri fissati dall’art. 16 del Reg. CE n. 595/04, poiché basata appunto sul versamento mensile.

Ritengono che il sistema apprestato dal legislatore italiano in base all’art. 2, comma 3, del d.l. 157/04 si sostanzi in una doppia compensazione di cui – a loro avviso – beneficerebbero, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 4 del REg. CE n. 1788/03, i soli produttori che hanno versato somme in eccesso.

Ritengono, inoltre, che, per non subire il prelievo, basti effettuare il versamento mensile e ciò a prescindere dal superamento o meno del QRI.

Ritengono che l’obbligo di accantonare una somma pari al 5% dell’importo versato in eccesso prima delle eventuali restituzioni sia in contrasto con la normativa comunitaria.

Lamentano nuovamente il contrasto con le norme comunitarie sotto il profilo del mancato rispetto dei criteri oggettivi stabiliti dall’art. 16 del Reg. CE n. 595/2004 da parte delle categorie prioritarie individuate la legislatore italiano ai sensi dell’art. 9 l. n. 119/03. Ritengono che ciò abbia comportato un grave danno per esse ricorrenti, perché si sono viste quantificare un prelievo supplementare superiore rispetto a quello che sarebbero state tenute a versare in base alla normativa comunitaria, visto che AGEA, in applicazione della normativa italiana, ha fatto ricadere il prelievo supplementare interamente sui soggetti non in regola con i versamenti. A tal riguardo, ricordano di non essere state in regola con i pagamenti, in quanto hanno ottenuto un provvedimento ex art. 700 c.p.c., in base al quale è stato ordinato al I acquirente di non procedere al versamento.

Lamentano, inoltre: la carenza di motivazione (art. 3 l. n. 241/1990) in ordine al superamento da parte dello Stato italiano del QGG assegnato a livello comunitario;
la mancata disapplicazione da parte di AGEA delle disposizioni di legge nazionale contrastanti con i REg. CEE 3950/92 e 536/93 e s.m.i., con gli artt. 38 e 39 del Trattato e con i principi di diritto comunitario richiamati. La mancata disapplicazione perpetra, di per sé, un’illegittimità.

13.1 Il Collegio, in disparte i profili d’infondatezza già evidenziati nel corso dello scrutinio di precedenti e, per lo meno in parte, analoghe censure, osserva, invero, che le ricorrenti rivendicano nuovamente un non tutelabile interesse alla correttezza oggettiva e generalizzata del procedimento, senza pur tuttavia individuare concreti effetti a loro danno.

Le censure sollevate sono, quindi, prive di rilievo.

14. Ancora estremamente generico e, in quanto tale, privo di rilievo s’appalesa il sesto motivo di gravame, con cui le ricorrenti lamentano che i Regolamenti comunitari in materia (Reg. CE 1788/03 e 595/04), che hanno reiterato nel settore lattiero-caseario il contingentamento delle produzioni, violano gli artt. 32 (ex 38) e 33 (ex 39) del Trattato, in quanto non risultano idonei a garantire le finalità della PAC, dettate dall’art. 33 del Trattato, in particolare per il fatto che vengono interpretati nel senso di imporre agli Stati membri il pagamento di un prelievo sui quantitativi di latte raccolti o venduti direttamente che eccedono il QGG assegnato agli Stati stessi e non nel senso che detto pagamento sia dovuto solo se ed in quanto la commercializzazione all’interno dell’UE supera il QGG fissato per l’intera comunità.

Le ricorrenti continuano, infatti, ad omettere di allegare e provare sotto quale specifico profilo le loro individuali posizioni vengono pregiudizievolmente incise dalle illegittimità denunciate.

Il motivo va, dunque, disatteso, così come l’invocato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia CE.

15. Va disatteso anche il settimo motivo d’impugnazione, con cui le ricorrenti contestano che:

- il QRI non è stato definitivamente assegnato prima dell’inizio della campagna lattiera (la comunicazione era chiaramente non definitiva basandosi sulle precedenti comunicazioni di QRI, sospese in sede giurisdizionale, effettuate ex l. n. 5/98 e d.m. 17/2/98 con validità retroattiva a partire dal periodo 1995/96), assegnazioni che non hanno mai tenuto conto della reale produzione aziendale dei conferenti, che hanno riproposto l’illegittima ripartizione della quota latte in quota A e quota B e che hanno riproposto l’illegittimo taglio della quota B già dichiarato incostituzionale con sent. n. 520 del 28/12/95. Il tutto nonostante l’emanazione del REg. CE 1788/2003;

- manca la motivazione in ordine all’esatto conteggio dei quantitativi di latte prodotti e commercializzati in Italia e quindi l’accertamento in concreto del superamento del QGG. Non sono stati, quindi, messe nelle condizioni di verificare se il prelievo loro imputato è effettivamente dovuto;

- Agea non ha dato prova del prelievo imputato;

- la correttezza delle operazioni di compensazione;

- la correttezza delle operazioni di calcolo del prelievo supplementare in funzione delle restituzioni da applicare in caso di prelievo versato in eccesso.

15. 1 Il motivo è infondato.

15.2 Quanto alla doglianza che attiene alla retroattività delle decisioni in materia di quote latte si osserva quanto segue.

Dalla ricostruzione della disciplina normativa cui s’è fatto rinvio emerge che, a fronte della difficoltà di avvio del regime delle quote latte nello Stato italiano (sia per l’assenza di dati certi che per il mancato coinvolgimento delle Regioni nell’accertamento e nelle procedure di riduzione dei QRI da assegnare ai produttori), il legislatore nazionale ha dovuto introdurre una serie di misure, reiterate più volte, per accertare i dati di produzione e commercializzazione del latte, unitamente alla possibilità per gli interessati di proporre istanze di riesame in caso di controversie sul punto.

In particolare, tale attività di accertamento, seppure nella parte in cui erano state riscontrate anomalie (con riferimento, ad esempio, al contenuto formale e sostanziale dei modelli L1 sottoscritti dai produttori e dagli acquirenti), è stata reiterata più volte, prima con la legge n. 5 del 1998 (attuata dal DM 17 febbraio 1998) e poi dalla legge n. 118 del 1999 e dai successivi decreti ministeriali di attuazione (i citati DD.MM. 21 maggio 1999 n. 159, 15 luglio 1999 n. 309 e 10 agosto 1999 n. 310).

La Corte di Giustizia della Comunità europea, sul punto della compatibilità comunitaria delle norme nazionali che prevedono l’assegnazione retroattiva delle QRI, ha dato, però, risposta positiva, in termini di legittimità, con sentenza del 25 marzo 2004 C-480, con statuizioni che costituiscono un vincolo per il giudice nazionale.

Ed invero, la Corte di Giustizia CE, con la citata pronuncia, ha chiarito che gli artt. 1 e 4 del regolamento n. 3950/92, che istituiscono il regime del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, nonché gli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93, che stabiliscono le modalità di applicazione del detto prelievo, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro, a seguito di controlli, rettifichi i quantitativi di riferimento individuali attribuiti ad ogni produttore e conseguentemente ricalcoli, a seguito di riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, i prelievi supplementari dovuti successivamente al termine di scadenza del pagamento di tali prelievi per la campagna lattiera interessata.

La Corte europea è arrivata a tale conclusione dopo aver ricostruito la ratio del regime di prelievo supplementare sul latte, finalizzato a ristabilire l’equilibrio fra domanda e offerta sul mercato lattiero, caratterizzato da eccedenze strutturali, limitandone la produzione;
tali misure si iscrivono nell’ambito delle finalità di sviluppo razionale della produzione lattiera e di mantenimento di un tenore di vita equo della popolazione agricola interessata, contribuendo ad una stabilizzazione del reddito di quest’ultima.

Da ciò consegue – ha spiegato la Corte - che il prelievo supplementare non può essere considerato come una sanzione analoga alle penalità previste negli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93, che stabiliscono le modalità di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Infatti, il prelievo supplementare sul latte costituisce una restrizione dovuta a regole di politica dei mercati e di politica strutturale.

Peraltro, come risulta dall’art. 10 del regolamento CE n. 3950/92, il prelievo supplementare fa parte degli interventi intesi a regolarizzare i mercati agricoli ed è destinato al finanziamento delle spese del settore lattiero. Ne consegue che, oltre al suo obiettivo manifesto di obbligare i produttori di latte a rispettare i quantitativi di riferimento ad essi attribuiti, il prelievo supplementare ha anche una finalità economica, in quanto mira a procurare alla Comunità i fondi necessari allo smaltimento della produzione realizzata dai produttori in eccedenza rispetto alle loro quote.

Venendo alla situazione nazionale del regime delle “quote latte”, la Corte di Giustizia ha poi rilevato che i quantitativi di riferimento individuali inizialmente attribuiti dalle autorità italiane contenevano numerosissimi errori, dovuti in particolare al fatto che la produzione effettiva in base alla quale tali quantitativi erano stati attribuiti era stata certificata dai produttori stessi (tra gli errori rilevati, si rammenta che la commissione governativa d’indagine ha accertato, in particolare, che più di 2000 aziende agricole avevano dichiarato di produrre latte senza che risultasse il possesso di mucche).

15.3 In questo ambito, le misure adottate inizialmente dall'AIMA nel contesto di riferimento nazionale non sono state considerate sproporzionate rispetto al fine perseguito né lesive del principio di tutela del legittimo affidamento in quanto se il quantitativo di riferimento individuale che un produttore può pretendere corrisponde al quantitativo di latte commercializzato durante l’anno di riferimento, lo stesso operatore agricolo, che in linea di principio conosce il quantitativo che ha prodotto, non può nutrire un legittimo affidamento sul mantenimento di un quantitativo di riferimento inesatto.

Ha poi rilevato la Corte come non possa configurarsi un legittimo affidamento in ordine al mantenimento di una situazione manifestamente illegale rispetto al diritto comunitario (vale a dire la mancata applicazione del regime di prelievo supplementare sul latte) nel senso che i produttori di latte degli Stati membri non possono legittimamente aspettarsi di poter continuare a produrre latte senza limiti, dopo tanti anni dall'istituzione di tale regime.

Da qui, la conformità a diritto comunitario del regime introdotto dal legislatore nazionale.

15.4 Successivamente, anche la Corte Costituzionale, con decisione n. 272 del 7 luglio 2005, ha smentito la tesi secondo cui la rideterminazione sarebbe soggetta al vincolo della irretroattività.

Nella predetta pronuncia, si è, infatti, affermato che "non sono fondate le q.l.c. dell'art. 1 commi 3 e 4 d.l. 1 marzo 1999 n. 43, conv., con modificazioni, in l. 27 aprile 1999 n. 118, censurato, in riferimento agli art. 3, 5, 117 e 118 cost., in quanto attribuirebbe ad AIMA il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali in violazione delle competenze regionali e per di più con effetto retroattivo. Il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali - attribuito in via transitoria ad AIMA - ai fini dell'esecuzione della compensazione nazionale, si giustifica, sul piano costituzionale, per l'esigenza di perseguire interessi territorialmente infrazionabili, mentre rientra nella discrezionalità del legislatore nazionale determinare le concrete modalità di gestione delle funzioni assegnate ad AIMA nei limiti in cui le stesse siano strettamente funzionali al raggiungimento delle suddette finalità, senza che assuma rilievo la natura retroattiva di talune previsioni, in quanto le stesse si giustificano, in ossequio alle prescrizioni comunitarie e di quanto già riconosciuto dalla Corte di giustizia, alla luce della necessità di adeguare i quantitativi individuali e il sistema di compensazione alle risultanze delle verifiche svolte dagli organi a ciò preposti".

È stato, poi, chiaramente affermato che "la rettifica della compensazione delle <quote-latte>, disposta anche retroattivamente per il periodo precedente dal testo dell'art. 3, comma 1, del d.l. 31 gennaio 1997, n. 11, appare sorretta costituzionalmente, (e non contrasta con le competenze regionali), dalla normativa comunitaria come interpretata dalla Corte di giustizia europea, secondo cui si deve intendere consentito alle autorità nazionali di effettuare anche ex post le rettifiche necessarie a fare in modo che la produzione esonerata da prelievo supplementare di uno Stato non superi il quantitativo globale assegnato a tale Stato".

15.5 Quanto alla lamentata incertezza delle situazioni giuridiche si osserva quanto segue.

Si lamenta che sarebbe violato il principio di certezza del diritto, in quanto la P.A. avrebbe preteso di applicare il regime delle quote di produzione prescindendo da un’iniziale e certa assegnazione dei QRI o meglio pensando di poter comunicare ora per allora il QRI, senza tenere conto della reale produzione delle aziende italiane al momento in cui ha iniziato a dare applicazione al regime delle quote.

La prospettazione non può essere condivisa per le ragioni che seguono:

- va, invero, osservato che, prima della legge n. 5 del 1998 che ha introdotto le modalità di comunicazione individuale della QRI, l’informazione sulle quote individuali a disposizione dei singoli produttori avveniva sulla base di quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 468 del 1992 ovvero in forma collettiva attraverso modalità di pubblicità differenziata (pubblicazione del decreto ministeriale del 1992 sulla GURI per i produttori non aderenti ad associazioni ovvero, per i produttori aderenti ad associazioni, attraverso la formazione di bollettini articolati per provincia e trasmessi alle regioni che li mettevano a disposizione degli operatori in ciascun capoluogo di provincia);

- si osserva, peraltro, che nulla è stato dedotto in ordine alla mancata conoscenza da parte dei produttori della QRI ad essi assegnata sulla base delle pubblicazioni effettuate ai sensi del citato art. 2 della legge n. 468 del 1992, né è mai stato chiarito se la QRI assegnata in via retroattiva e comunicata in via individuale agli interessati, ai sensi della legge n. 5 del 1998, sia risultata inferiore a quella inizialmente attribuita;

- in ogni caso, non può non osservarsi come la Corte di Giustizia CE, con la più volte citata sentenza del 25 marzo 2004, pur richiamando i principi di certezza del diritto e di affidamento, ha comunque concluso che la normativa nazionale in tema di assegnazione retroattiva delle QRI non è in contrasto con il diritto comunitario nella misura in cui ciò garantisca la corretta applicazione del sistema delle c.d. “quote latte”;

- a ciò si aggiunga che la Corte di Giustizia della CE, proprio con riferimento al principio di “certezza del diritto”, ha avuto modo in più occasioni di affermare (per tutte, CGCE, Sez. II, 3 settembre 2009 – C 2/08) che tale principio (della certezza del diritto) non può ragionevolmente giustificare né comunque essere di ostacolo all’applicazione effettiva delle norme comunitarie poiché ciò dovrebbe essere considerato in contrasto con il principio di effettività, allo stesso modo di derivazione comunitaria;

- con riferimento alle pubblicazioni delle quote tramite bollettini, non si può, in ogni caso, ritenere che i produttori non siano stati posti nelle condizioni di conoscere la propria quota di riferimento - decurtata - sin dal 1995 (relativamente quindi alla campagna 1995/96 ovvero all’annata in cui si è proceduto al taglio della quota “B”): sul punto va infatti rilevato che, come già anticipato, tale modalità di pubblicazione tramite bollettini era espressamente prevista da una fonte di rango primario (si consideri che, per l’annata 1995/96, il primo bollettino è stato pubblicato in data 31 marzo 1995 ed il secondo, ai sensi del d.l. n. 124 del 1996, in data 29 marzo 1996, e che in tale ultimo bollettino è stato peraltro riportato – in via definitiva - un “quantitativo globale garantito” maggiore rispetto a quello indicato nel bollettino dell’anno precedente – cfr pag. 22 della relazione della Corte dei Conti n. 3/2002);
e d’altra parte va considerato che gli acquirenti - ai quali veniva consegnato il latte dai produttori - dovevano essere a conoscenza delle quote assegnate ai conferenti, avendo essi l’obbligo, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 468 del 1992, di trattenere le somme nel caso di consegne che oltrepassassero la quota di riferimento risultante dai bollettini;
deve di conseguenza ritenersi che i produttori, anche in ragione dei rapporti esistenti con gli acquirenti, già dal 1995 avevano a disposizione un’altra fonte di conoscenza dell’ammontare del proprio QRI;

- a ciò si aggiunga che, a fronte della (presunzione di) conoscenza della quota assegnata per l’annata 1995/96, a nulla vale il fatto che, negli anni successivi, la comunicazione della QRI possa essere stata recapitata in ritardo in quanto era previsto che il produttore interessato dovesse comunque far riferimento alla c.d. “quota storica” ovvero al QRI assegnata per l’annata precedente (nel senso che, in assenza di una tempestiva comunicazione del QRI per l’annata di riferimento, il produttore, nell’ambito della programmazione aziendale, non avrebbe comunque potuto fare affidamento su una quota diversa da quella assegnata per l’annata precedente) (in termini Tar del Lazio sentenza n. 4864/2012).

Va, in ogni caso, rilevato che in giurisprudenza è già stato condivisibilmente affermato che non può tradursi in un vizio di legittimità della procedura di accertamento della quota di produzione del latte il mancato accertamento in concreto, da parte degli organismi amministrativi di controllo, di ogni singola posizione, “dovendo tali organismi, anche per la complessità delle operazioni, fare affidamento sulle dichiarazioni dei produttori e dei primi acquirenti, salvo il riscontro di anomalie accertate sulla base di incongruenze nelle stesse dichiarazioni ovvero di successivi controlli incrociati” (CdS, III, 7 dicembre 2011, n. 6451).

15.6 In definitiva, il meccanismo di prelievo supplementare che ha riguardato la campagna lattiera in esame, di per sé, non si configura come illegittimo in via derivata, salvo verificare nel caso concreto la illegittima determinazione dello stesso: ma a questo fine le ricorrenti non hanno fornito i necessari elementi di valutazione, essendosi limitate, in maniera del tutto generica e senza riportare alcun dato numerico, a censurare il meccanismo di assegnazione/compensazione delle QRI a livello nazionale (con riferimento cioè a tutti i produttori), nulla deducendo, tuttavia, con riferimento ad eventuali errori commessi nella determinazione della quota ad esse assegnata.

15.7 Le considerazioni svolte appalesano anche l’infondatezza dei profili di eccesso di potere denunciati.

15.8 Ugualmente infondato è il dedotto difetto di motivazione.

Nel caso di specie, siamo, infatti, di fronte alla semplice individuazione di un quantitativo, sulla base dell’istruttoria effettuata, con la conseguenza che la motivazione (recte: la giustificazione) non può che consistere nel richiamo per relationem alla documentazione istruttoria tenuta presente per addivenire al quantum di produzione.

15.9 il Collegio, con specifico riferimento alla dedotta illegittimità degli atti presupposti, non può che richiamare le sentenze di rigetto già in precedenza citate (oltre alla sentenza del Tar del Lazio 5040/2012, pure di rigetto, riguardante l’impugnazione dell’assegnazione dei QRI per i periodi 1995/96, 1996/97 e 1997/98, quest’ultimo dato non definitivo, da valersi anche come indicazione provvisoria per il 1998/99).

15.10 Con riguardo alla procedura di determinazione delle quote, il Collegio osserva, invece, che la Corte Costituzionale, con la decisione n. 398 del 1998, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con riferimento alla complessiva disciplina dei bollettini e alle questioni ad essa inerenti, avendo, in particolare, evidenziato che: a) la disciplina, in base alla quale erano stati emessi i bollettini in questione (ovvero quelli emessi all’esito del procedimento ex art. 2, comma 1, legge n. 46/1995 di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino, su cui l’AIMA si era basata per la rettifica della compensazione per il periodo 1995/96), non è più vigente, in parte qua, essendo stata sostituita, retroattivamente, dall'art. 2 del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5;
b) la nuova disciplina sostituisce interamente quella previgente e che, a seguito di una vera e propria rideterminazione delle quote individuali, rimuove, per il periodo 1995-1996, i bollettini adottati sulla base delle disposizioni censurate, i quali non costituiscono più "accertamento definitivo" delle posizioni individuali, poiché, come stabilito dal comma 11 dell'art. 2 del decreto-legge in parola, i quantitativi di riferimento di ciascun produttore, ai fini delle operazioni di compensazione e del pagamento del prelievo supplementare, sono ormai quelli che risultano in esito alle procedure descritte nella norma, come appare evidente sol che si considerino l'entità delle modificazioni apportate e la novità dei criteri, elencati dalle lettere a)-e) del primo comma e a)-d) del terzo comma dell'art. 2, in base ai quali l'AIMA deve pervenire a un nuovo accertamento dei quantitativi di latte prodotto e aggiornare i quantitativi di riferimento individuali.

15.11 Rispetto a tale specifico aspetto il Tar del Lazio, con la sentenza n. 4864 del 2012, ha, in ogni caso, affermato che “il D.L. 1° dicembre 1997, n. 411 convertito in legge 28 gennaio 1998, n. 5 (art. 2), nel disciplinare la procedura di accertamento della produzione di latte per le annate 1995/96 e 1996/97 (finalizzata poi all’assegnazione individuale delle relative quote - QRI), ha previsto il pieno coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome in tale fase di accertamento, come dimostra il ruolo centrale dalle stesse rivestito nella fase istruttoria e decisoria dei ricorsi per il riesame sull’accertamento della produzione e sull’assegnazione dei QRI presentati dalle aziende produttrici sulla base della normativa da ultimo citata.

Ed invero, come risulta dal contenuto del D.M. 17 febbraio 1998, adottato in attuazione del citato D.L. n. 411 del 1997, le Regioni e le Province autonome sono gli enti a cui sono stati totalmente demandati, in sede di riesame, l’accertamento della produzione commercializzata dalle ditte interessate e l’indicazione dell’ammontare dei QRI alle stesse assegnate.

Da ciò si può ritenere che le nuove modalità di accertamento della produzione e di individuazione delle QRI da assegnare ai produttori rispettino i dettami espressi dalla Corte Costituzionale n. 520 del 1995 sul coinvolgimento degli enti territoriali nella procedura di assegnazione dei QRI.

Per completezza, va altresì rammentato, con riferimento alla compatibilità del quadro legislativo nazionale con l’assetto disegnato dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza, che è poi intervenuto l’art. 2 del decreto legge n. 552 del 1996 (convertito con modificazioni dalla legge n. 642 del 1996), che ha stabilito l’acquisizione da parte del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali - prodromicamente rispetto alla determinazione riduttiva dei QRI – del parere del Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali in ordine ai criteri per la riduzione delle quote individuali prevista dall'art. 2, comma 1, della legge 24 febbraio 1995, n. 46.

Tale modifica legislativa ha reso invero inattuale la problematica concernente la dichiarata illegittimità costituzionale (Corte costituzionale, 28 dicembre 1995, n. 520) dell’art. 2 della legge n. 46/1995 per omessa previsione dell’acquisizione del parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino in quanto lesivo del principio di leale collaborazione (cfr, Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2009, n. 1632)”.

16. Con l’ottavo motivo di gravame, le ricorrenti lamentano - riproponendo censure in tutto o in parte già svolte - la mancata previa e certa assegnazione di quote individuali di riferimento, la mancata disapplicazione della normativa italiana configgente con il diritto comunitario e, conseguentemente, l’illegittimità degli atti impugnati (impositivi del prelievo supplementare), posti in essere in assenza di idonea norma legittimante, l’imposizione del prelievo in base all’indimostrato presupposto dell’avvenuto superamento della quota assegnata, che non viene individuata e che, in ogni caso, non è mai stata assegnata prima dell’inizio della campagna di commercializzazione.

16.1 Al di là del fatto che, per l’ennesima volta, le ricorrenti rivendicano un non tutelabile interesse alla correttezza oggettiva e generalizzata del procedimento, senza pur tuttavia individuare concreti effetti a loro danno, il Collegio ritiene, in ogni caso, che le censure possano essere disattese in base alle considerazioni svolte nel corso dello scrutinio delle precedenti doglianze.

17. Con il nono motivo di gravame, le ricorrenti lamentano che la procedura seguita da AGEA disattende in maniera grave la legge italiana in materia di trasparenza degli atti amministrativi, perché è stato comunicato ai soli primi acquirenti il prelievo imputato ai produttori.

Non è stato, in ogni caso, comunicato né ai produttori, né ai primi acquirenti l’avvio del procedimento.

Manca, in ogni caso, la motivazione.

Affermano, inoltre, la sussistenza di errori nel tabulato inviato da AGEA (n.d.r.: che, pur essendosi riservate di dettagliare con nota integrativa, non hanno mai prodotto), che proverebbero l’approssimazione con cui AGEA ha operato.

17.1 Ad avviso del Collegio, le generiche censure dedotte dalle ricorrenti non possono assumere alcun rilievo, in quanto le medesime denunciano, per l’ennesima volta, una situazione generale di malfunzionamento amministrativo, senza, pur tuttavia, dimostrare l’illegittimità dei singoli provvedimenti attinenti la rispettiva produzione aziendale, che – si rammenta - è l’ambito di esame devoluto al giudice amministrativo.

17.2 Quanto alla lamentata omissione della comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, il Collegio osserva, in ogni caso, che in giurisprudenza è stato condivisibilmente osservato che la stessa “non vizia il procedimento quando il contenuto di quest'ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, si da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione” (C.d.S., Sez. IV, sent. n. 2286 del 18 aprile 2012) e che “in riferimento al procedimento amministrativo, una lettura del principio partecipativo cristallizzato dall'art. 7 della L. n. 241 del 1990 attenta al significato sostanziale delle guarentigie all'uopo stabilite dal legislatore deve condurre ad escludere che la violazione formale possa sortire effetto invalidante quante volte alla mancata puntuale realizzazione dell'incombente previsto dal dato positivo non abbia fatto seguito l'effettiva frustrazione della possibilità per l'interessato di dispiegare le facoltà volte ad incidere sullo svolgimento dell'azione amministrativa (ex multis C.d.S., Sez. IV, sent. n. 1497 del 16 marzo 2012).

L’avvenuta proposizione, da parte delle ricorrenti, di analoghi ricorsi anche in relazione alle precedenti annate lattiere (anche in relazione all’assegnazione dei QRI) pare di per sé sintomatica della loro “sostanziale” conoscenza del complessivo procedimento in corso e tale, dunque, da escludere che esse possano aver subito nocumento da detta violazione formale.

Non v’è motivo di dubitare, infatti, che le medesime, laddove ne avessero avuto interesse, avrebbero potuto fornire il proprio apporto partecipativo, anche a prescindere dal ricevimento della comunicazione di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

Nemmeno in questa sede, esplicitano, tuttavia, quali elementi conoscitivi avrebbero rappresentato all’Amministrazione nel corso dell’istruttoria laddove avessero ricevuto personalmente la comunicazione di avvio del procedimento, precludendo, conseguentemente, a questo giudice di apprezzare l’indispensabilità del loro contributo partecipativo e, conseguentemente, l’effettiva sussistenza dell’illegittimità formale denunciata.

17.3 Non dimostrano, inoltre, l’effettiva sussistenza degli errori denunciati, appalesando, conseguentemente, l’apoditticità e genericità della censura sollevata.

17.4 Quanto alla dedotta mancanza di motivazione, non può, invece, che ribadirsi quanto già in precedenza affermato ovvero che la “giustificazione” dell’imposizione supplementare non può che consistere nel richiamo per relationem alla documentazione istruttoria tenuta presente per addivenire al quantum di produzione.

17.5 Il motivo va, in definitiva, disatteso, in quanto, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.

18. Con il decimo l’undicesimo motivo di impugnazione, le ricorrenti lamentano che:

- gli atti impugnati sono privi degli elementi essenziali previsti ex lege (soggetto, oggetto, volontà, forma, motivazione) e dei requisiti imposti dalla l. n. 241/90 e dalla l.n. 689/81;

- manca la notifica, in quanto, nel caso di specie, l’atto è stato inviato mediante raccomandata;

- il direttore di area (che ha sottoscritto la comunicazione impugnata di cui il prospetto costituisce atto integrante e sostanziale) non è organo dell’AGEA e non avrebbe potuto adottare siffatto atto.

18.1 Con riferimento alle carenze formali denunciate, il Collegio osserva che le stesse non sono idonee a mettere in discussione la validità e gli effetti dell’atto, non sussistendo, anzi, nessun dubbio circa la sua provenienza, la sua natura e il suo contenuto, tanto è vero che le ricorrenti hanno correttamente instaurato il contraddittorio processuale relativo alla sua impugnazione, in questo modo denotando di avere ben percepito la sua valenza.

18.2 Con riguardo alla dedotta mancanza della clausola enunciativa del contenzioso si osserva, invece, che, in giurisprudenza, è stato affermato che “l'omessa indicazione, in un provvedimento amministrativo, del termine e dell'autorità cui ricorrere, in violazione dell'art. 3, comma 4, della L. 7 agosto 1990, n. 241, rappresenta una mera irregolarità e può costituire presupposto per ravvisare un errore scusabile, ma sempre che nel singolo caso sia effettivamente apprezzabile una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell'atto, dovendosi comunque evitare che tale formale inadempimento conduca ad un'indiscriminata esenzione dall'onere di ottemperare a prescrizioni vincolanti dettate dalla legge in vigore” (C.d.S., Sez. IV, sent. n. 2155 del 16 aprile 2012).

La tempestiva e corretta instaurazione del contraddittorio processuale innanzi a questo Tribunale costituisce, tuttavia, eloquente prova del fatto che le ricorrenti hanno ben percepito la natura della comunicazione ricevuta e correttamente individuato l’Autorità giurisdizionale cui rivolgersi.

18.3 Con riferimento alla contestata competenza del dirigente firmatario degli atti impugnati, il Collegio, al di là dell’estrema genericità della censura, ritiene, in ogni caso, utile evidenziare che l’AGEA è un ente di diritto pubblico non economico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, annoverabile, dunque, per espresso disposto di legge tra le “amministrazioni pubbliche” soggette ai principi di carattere organizzativo ritraibili dal d.lgs. n. 165 del 2001 (art. 1, comma 2), primo fra tutti quello della separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e competenze gestionali.

Ne deriva che ai dirigenti, come il soggetto firmatario dei provvedimenti impugnati, “spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati” (art. 4, comma 3).

Non v’è motivo di dubitare, peraltro, della natura eminentemente gestionale dei provvedimenti in questione, dato che essi, oltre a non essere contemplati tra quelli che l’art. 9 del d.lgs. n. 165 del 1999 e l’art. 5 e ss. dello Statuto dell’AGEA rimette alla competenza del Presidente, del Consiglio di Amministrazione o del Consiglio di Rappresentanza, sono, all’evidenza, preordinati ad “assicurare il coordinamento delle funzioni in attuazione degli indirizzi deliberati dal Consiglio di amministrazione e delle direttive generali impartite dal Presidente” (art. 11, comma 3, Statuto AGEA, approvato con d.m. 14 giugno 2002) e coerenti con l’assetto organizzativo dell’Agenzia articolato in centri di costo e in centri di responsabilità amministrativa (art. 2, comma 2, Statuto cit.).

19. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile o respinto nei sensi dianzi precisati.

20. Le spese di lite possono essere compensate, dato che l’Agenzia evocata in giudizio, seppur costituita, non ha ritenuto di svolgere difese.

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