TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-11-06, n. 202316392
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Pubblicato il 06/11/2023
N. 16392/2023 REG.PROV.COLL.
N. 11135/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11135 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati T P e P F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Giustizia, Csm - Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto del Ministro della Giustizia del 14/09/2020, notificato il 30.09.2020, di non conferma nell'incarico di giudice onorario di pace in servizio come giudice di pace nella sede di Pomigliano d'Arco e della delibera protocollo P10896/2020 del 30.07.2020, adottata dal Consiglio Superiore della Magistratura nella seduta del 30.07.2020, notificata il 30.09.2020, relativa alla pratica n. 270GP/2018 ed avente ad oggetto “Procedura di conferma nell'incarico, per un primo mandato di durata quadriennale, ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 92/2016” nonché di ogni altro atto connesso e presupposto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Csm - Consiglio Superiore della Magistratura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2023 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente ha impugnato il decreto del Ministro della giustizia del 14 settembre 2020 e la presupposta delibera del CSM del 30 luglio 2020, con i quali l'amministrazione ha disposto la non conferma dell'esponente nell'incarico di Giudice onorario di pace in servizio presso la sede di Pomigliano d'Arco.
L'istante ha lamentato l'illegittimità degli atti in ragione di articolati motivi di diritto e ne ha chiesto l'annullamento.
Si sono costituiti in giudizio il CSM ed il Ministero della giustizia, contestando il ricorso e, quanto al secondo, eccependo altresì il proprio difetto di legittimazione passiva.
La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica dell'11 ottobre 2023.
Premesso che il coinvolgimento in giudizio del Ministero della giustizia è imposto dall'avvenuta impugnazione (in uno alla presupposta delibera del CSM) del decreto ministeriale di non conferma, si rileva l'infondatezza del gravame.
Giova ricordare i fatti di causa e, in particolare, l'iter procedurale sfociato negli atti impugnati. L’istante, Giudice onorario di pace in servizio presso l'Ufficio del Giudice di pace di Pomigliano d'Arco, ha presentato domanda di conferma nell'incarico per un ulteriore mandato quadriennale, ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 31 maggio 2016 n.92.
Il Consiglio Giudiziario presso la Corte di appello di Napoli, sezione autonoma per i magistrati onorari, ha espresso giudizio favorevole alla conferma in data 6 novembre 2017.
In data 22 gennaio 2020, l’ottava commissione del CSM ha trasmesso al ricorrente, ai sensi dell'articolo 10 bis della legge sul procedimento amministrativo, la comunicazione indicata in atti, rappresentando circostanze ostative alla conferma e convocando l'esponente per l'audizione personale per la data del 10 marzo 2020.
Nel corso del procedimento, l'istante ha rappresentato l'inapplicabilità della previsione di cui all’articolo 2, comma 5, del ridetto d.lgs. 92/2016 e ha dedotto l'irrilevanza delle sanzioni disciplinari pregresse, in quanto precedenti all'entrata in vigore del suddetto testo normativo (e della stessa circolare del 28 luglio 2016).
Il CSM, per converso, nel corso della seduta del 30 luglio 2020, ha adottato la delibera impugnata, nella quale, in sintesi, ha ritenuto:
- che la previsione di cui al comma 5, articolo 2 del decreto legislativo n.92/2016 determina una presunzione assoluta di non conferma nel caso in cui il magistrato onorario interessato abbia subito, nel corso della sua attività professionale, due condanne disciplinari per sanzioni non inferiori alla censura;
- che la norma non può che riferirsi, anche e soprattutto, a condanna disciplinari anteriori all'entrata in vigore del testo normativo de quo;
- che l'aver dunque subito due condanne disciplinari non inferiori alla censura costituisce indice presuntivo di inadeguata professionalità, incompatibile con l'esercizio delle funzioni onorarie e dunque con un giudizio di positiva conferma.
Tanto ricordato, la determinazione amministrativa appare del tutto immune dai vizi lamentati in ricorso.
Invero, dal sistema normativo (introdotto dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 92/2016 in attuazione della delega di cui alla legge n. 57 del 2016, pedissequamente trascritto nella memoria depositata dalla difesa erariale), emerge, in modo chiaro, che ai fini della conferma del magistrato onorario, particolare rilievo deve essere attribuito, da una parte, al giudizio sul merito, dall'altra parte, alla perdurante sussistenza dei prerequisiti dell'indipendenza, dell'imparzialità e dell'equilibrio (il tutto come desumibile dal rapporto redatto dal Capo dell'ufficio con riguardo all'attività svolta dal giudice onorario).
La stessa circolare del CSM del 19 gennaio 2016 stabilisce che il parere dell'Organo di autogoverno deve motivare sull’idoneità degli aspiranti ad assolvere degnamente e a soddisfare con assiduità ed impegno alle esigenze di servizio, desunta da provate garanzie di professionalità e da accertati requisiti di credibilità e indipendenza.
Tali essendo i presupposti della conferma del magistrato onorario, ne deriva la piena correttezza della decisione assunta dal CSM e, di risulta, del conseguente decreto ministeriale. L'amministrazione ha valorizzato le condotte disciplinarmente rilevanti commesse dall'istante, pur precedenti all'entrata in vigore della legge de qua, ma certamente decisive ai fini del giudizio di conferma.
Il Collegio rileva l’infondatezza del riferimento, operato in ricorso, ad una asserita violazione del principio di irretroattività (artt. 25 Cost. e 7 CEDU), perché è evidente come il giudizio sulla conferma non possa che considerare anche le sanzioni disciplinari irrogate precedentemente alla novella legislativa, trattandosi di valutare la pregressa attività del magistrato nelle funzioni.
Nel caso di specie, la prima sanzione disciplinare riportata dal ricorrente è stata irrogata con delibera consiliare del 30 novembre 2011, mentre la seconda è stata irrogata con delibera del 10 aprile 2012.
Entrambe le sanzioni sono divenute definitive, essendo stati respinti i pertinenti ricorsi presentati dal magistrato onorario (v. sentenza del Consiglio di Stato del 14 giugno 2018).
E dato che il ricorrente aveva già svolto un mandato come magistrato onorario, ne deriva la piana applicazione dell'articolo 2, comma 5, del decreto legislativo 92 del 2016 e l’adozione della determinazione di non conferma, che, per giurisprudenza amministrativa, può essere disposta dal CSM sulla base di una valutazione che, in quanto volta in via primaria a salvaguardare i valori di imparzialità, indipendenza e prestigio della funzione giurisdizionale, non ha natura disciplinare e prescinde anche dal puntuale riscontro in ordine alla imputabilità soggettiva degli specifici fatti negativi ascritti all'interessato.
La valutazione di non conferma costituisce infatti spendita del potere discrezionale intestato all'Organo di autogoverno, il quale può ritrarre dai fatti disciplinari un’inidoneità del magistrato a svolgere le delicate funzioni giudiziarie, in presenza di un vulnus all'immagine e al prestigio del corpo magistratuale che possa esser recato dal mantenimento in servizio del giudice medesimo.
Lo stesso scrutinio del giudice amministrativo su tale valutazione si ferma ad un esame estrinseco di legittimità, nei limiti della palese irragionevolezza o del grave travisamento dei fatti, senza che il TAR possa entrare nel merito della scelta del CSM.
Si aggiunga che, a ben vedere, il testo normativo prevede espressamente la mancata conferma in caso di doppia condanna disciplinare, per cui la latitudine discrezionale entro cui il CSM può muoversi è anche estremamente ridotta.
Né può essere condivisa la censura con cui si contesta la stessa norma che prevede la mancata conferma in caso di doppia condanna disciplinare, atteso che si tratta di scelta normativa del tutto ragionevole ed esente da illogicità.
Altrettanto deve dirsi per la dedotta violazione del principio di legalità della pena, di derivazione penalistica, che certo non si confà alla fattispecie in esame, dato che, si ribadisce, la procedura di non conferma non ha carattere disciplinare né natura punitiva, ma più semplicemente mira a valutare se un magistrato onorario possa continuare a svolgere le funzioni, secondo un giudizio di opportunità che tende a preservare i valori della imparzialità, dell'indipendenza e del prestigio della funzione giurisdizionale.
E la norma invocata, di quell'articolo 2 comma 5 del decreto legislativo 92/2016, non può che riferirsi alle condanne disciplinari riportate anteriormente all'entrata in vigore del testo normativo che la contiene;tanto più che si tratta di previsione che disciplina proprio il periodo transitorio ed interinale relativo al primo mandato di coloro che già erano in servizio al momento della riforma del sistema dei giudici onorari (con la conseguenza che essa, giocoforza, non può che tenere presente il periodo pregresso e le eventuali sanzioni riportate antecedentemente alla domanda di riconferma).
Da ultimo, deve pure rigettarsi la censura con cui il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, atteso che, secondo l’istante, la causa ostativa de qua si applicherebbe irragionevolmente solo nei confronti dei giudici onorari già in servizio e non sarebbe invece prevista dal nuovo sistema “a regime”.
Deve convenirsi con la difesa erariale, laddove osserva come la disposizione in questione non produca un trattamento irragionevolmente differenziato di situazioni che possano considerarsi omogenee (dal che un possibile profilo di violazione del principio di eguaglianza), ma, del tutto ragionevolmente, introduca una peculiare regolamentazione della fase di transizione alla nuova riforma organica della magistratura onoraria (di cui al decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116). Essa è volta, peculiarmente, a individuare le condizioni per consentire la perpetuazione delle funzioni onorarie, senza soluzione di continuità, per quei magistrati onorari che già operavano e che dunque sono da sottoporre a conferma.
La legittimità della procedura è stata già vagliata dal giudice amministrativo, il quale ha ritenuto che si tratta di una valutazione, ragionevole e proporzionata, che mira a valutare il mantenimento de futuro delle funzioni del giudice onorario, con un vaglio particolarmente stringente circa il profilo della salvaguardia dell’imparzialità, indipendenza e prestigio (trattandosi, per altro, di rapporto estraneo e diverso dal rapporto professionale tipico del magistrato di carriera).
Alla luce delle superiori considerazioni, tutti i motivi di ricorso sono dunque infondati e la domanda annullatoria deve essere rigettata.
Sussistono, tuttavia, i presupposti di legge per compensare interamente le spese di lite tra le parti in causa.