TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2010-09-24, n. 201001056
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Testo completo
N. 01056/2010 REG.SEN.
N. 00507/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 507 del 1999, proposto da:
D'A A M, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola B, con domicilio eletto presso Nicola B Avv. in Campobasso, via Roma N.114;
contro
Regione Molise, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata per legge in Campobasso, via Garibaldi, 124;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento del 2.3.99: rigetto dell’istanza di premio di primo insediamento in favore dei giovani agricoltori.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Molise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/06/2010 il dott. M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
La parte ricorrente ha presentato istanza per la concessione del premio di primo insediamento in favore dei giovani agricoltori, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento Ce n.2328 del 1991, così come attuato dalla delibera del consiglio regionale n.47 del 1995, ed in modo più dettagliato dalla delibera di giunta regionale n.266 del 1998.
La disciplina indicata ha previsto, tra i requisiti per accedere al beneficio, che il giovane agricoltore “si insedi quale agricoltore a titolo principale o inizi ad esercitare l’attività agricola a titolo principale dopo un insediamento come agricoltore a tempo parziale”.
Ciò premesso non è affatto contestato che, in periodo antecedente alla presentazione dell’istanza, la parte ricorrente abbia già chiesto ed ottenuto l’attribuzione della partita IVA per l’esercizio di impresa agricola.
Secondo l’istante, tuttavia, “se da una parte è vero che l’articolo 35 del d.p.r. n.633 del 1972 sancisce che tutti soggetti che intraprendono l’esercizio di impresa devono farne dichiarazione all’ufficio IVA, il quale attribuisce al contribuente il numero di partita, dall’altra è ancor più vero che alcuni soggetti intenzionati a svolgere un’attività imprenditoriale chiedono ed ottengono l’attribuzione di partita IVA ma, di fatto, non iniziano mai l’attività”.
Quindi, nonostante tale dichiarazione di inizio attività ai fini fiscali, la Regione non avrebbe dovuto presumere l’effettivo esercizio di essa, ma avrebbe dovuto compiere più approfondite indagini, tese a verificare la corrispondenza, di fatto, della dichiarazione alla realtà.
Il ricorso è infondato.
Come noto, è principio generale quello secondo cui le dichiarazioni unilaterali di una parte hanno più che valore presuntivo circa i fatti in esse affermati, qualora siano sfavorevoli alla parte dichiarante.
L’effetto minimo è comunque quello dell’inversione dell’onere della prova dei fatti dichiarati o confessati (si pensi, appunto, alla confessione o alla dichiarazione unilaterale di debito).
Ne consegue che, nel caso in esame, l’amministrazione non è incorsa in alcun vizio istruttorio o motivazionale, nel porre a fondamento del proprio rigetto la dichiarazione resa in passato dallo stesso istante, circa l’inizio, in autonomia (quindi con piena responsabilità civile e fiscale), di attività di impresa, tanto più che essa è stata resa proprio ai fini fiscali.
Né nel ricorso si producono allegazioni probatorie idonee e sufficienti a fornire la dimostrazione della natura fittizia di tale dichiarazione.
Nella domanda di ammissione al beneficio, peraltro, non si afferma neanche un pregresso esercizio di attività di impresa agricolo a tempo solo parziale (non risultando barrata la relativa casella opzionale).
La particolare natura della controversia giustifica la compensazione delle spese di giudizio.