TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2021-04-15, n. 202104431

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2021-04-15, n. 202104431
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202104431
Data del deposito : 15 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/04/2021

N. 04431/2021 REG.PROV.COLL.

N. 11450/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11450 del 2020, proposto da
P S, C F, G S G, N S, N M, S P, G S, S G, D V, S F, R A, M D V, G V, F R, V L R, G M, G A, A R, V S, S L, S B, P C, M C, L C, A D R, M F, S G, A G, C L F, M M, L M, A M, R G P, B S, M S, F F, G C, G A, A P, R G, G D S, S P, M Fdella, Carmelo Marsala, Mauro Ruscello, Vito Procida, Paolo Domenico Rutigliano, Alessandro Farrelli, Pietro Bruno, Tommaso Diego Mario Lo Muoio, Vincenzo Ventrone, Domenico Schillaci, Giuseppe Mistretta, Antonio Corlianò, Giuseppe Antonio Puleo, Mauro Antonio Romano, Nicola Cassano, Lorenzo Cappello, Salvatore Buffa, Francesco Paolo Scaglione, Francesco Scherma, Antonio Piazza, Vittorio Palermo, Alberto Facioni, Salvatore Caronna, Orazio Di Marco, Salvatore Cicala, Rosario Bonfissuto, Giovanni Norrito, Claudio Salerno, Alberto Roncone, Francesco Sisto, Salvatore Barà, Gianluca Verdone, Claudio Varrica, Rosolino Carlino, Giuseppe Rosario Casesi, Girolamo Cipponeri, Gerardo Amendola, Roberto Perrone, Andrea Signorello, Davide Genna, Nicola Letazio, Calogero Racalbuto, Ricciardi Serina, Vincenzo Castelluccio, Giuseppe Via, Gianfranco Dominici, Simone Emiliano Riva, Massimo Marinaro, Giuseppe Iarrera, Roberto Magni, Vincenzo Li Volsi, Massimo Convertino, Rosario Giami, Agostino Iovane, Domenico Miceli, rappresentati e difesi dall'avvocato Carmelo La Fauci Belponer, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

silenzio-inadempimento delle amministrazioni resistenti formatosi sulle diffide inviate, via p.e.c., nelle date 13.7.2020, 28.7.2020, 30.7.2020, 13.09.2020, 16.09.2020, 16.10.2020, 21.10.2020, 22.10.2020, 10.11.2020, 12.11.2020, 17.11.2020 e nota Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Funzione Pubblica - Ufficio Relazioni sindacali - prot. 72478 del 12.11.2020.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2021 il dott. C V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Il presente ricorso è stato introdotto dai soggetti in epigrafe, tutti militari attualmente in servizio, assegnati alla DIA di Palermo, i quali hanno maturato, alla data del 31.12.1995 (data di entrata in vigore della c.d. Legge “Dini”, n. 335/1995), un’anzianità contributiva non superiore a 18 anni. Essi evidenziano in ricorso, in primo luogo, che il trattamento pensionistico che percepiranno “…sarà calcolato con il sistema misto retributivo-contributivo, di gran lunga peggiorativo sotto il profilo economico rispetto a quello retributivo puro.”.

Nonostante siano trascorsi 25 anni dall'entrata in vigore della Legge n. 335/1995 la previdenza complementare per il personale militare, della GdF e per quello appartenente alle Forze di Polizia non è stata ancora attuata e non è stato ancora adottato neanche il provvedimento amministrativo di avvio del procedimento di cui all'art. 7 comma 1 D.lgs.n. 195/1995.

I ricorrenti hanno impugnato il silenzio-inadempimento delle amministrazioni resistenti formatosi sulle diffide inviate, via p.e.c. (nelle date del 13.7.2020, 28.7.2020, 30.7.2020, 13.09.2020, 16.09.2020, 16.10.2020, 21.10.2020, 22.10.2020, 10.11.2020, 12.11.2020, 17.11.2020) nelle quali si chiedeva alle Amministrazioni in epigrafe di dare attuazione, entro il termine di legge, a forme di previdenza complementare a beneficio dei dipendenti, cosi come previsto dagli articoli: 7 d.lgs.n. 195/1995;
26, comma 20, Legge n. 448/1998;
3 d.lgs.n. 124/1993;
67 d.P.R. n. 254/1999;
74 Legge n. 388/2000;
1 Legge n. 243/2000.

Con nota prot n. 73478 del 12.11.2020 la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Funzione Pubblica - Ufficio Relazioni sindacali, dopo aver qualificato come avente "natura negoziale" l'avvio della previdenza complementare nel settore in esame, ha rappresentato di aver reiterato "formalmente" - in occasione del rinnovo contrattuale del comparto sicurezza per il triennio 2019-2022 - alle parti contraenti “la necessità, stante il lasso di tempo intercorso, di portare la questione della previdenza complementare all'attenzione delle parti” . Deduce parte ricorrente che, tuttavia, a tale nota non veniva allegato né il sollecito “formalmente” inviato in occasione del citato rinnovo, né quelli asseritamente inviati in precedenza né l'avvio da parte del Ministro della Funzione Pubblica (le cui competenze sono, oggi, confluite in quelle della Presidenza del Consiglio dei Ministri) ex art. 7 comma 1, D. Lgs. n. 195/1995, né l'avvio della procedura derogatoria prevista dall'art. 26, comma 20, Legge n. 448/1998. La nota stessa si conclude con l'affermazione della natura concertativa della procedura in esame e dell'esistenza, in capo agli appartenenti al comparto in esame, della titolarità di un mero interesse indiretto alla conclusione della stessa.

Parte ricorrente si duole della posizione assunta dal Dipartimento della Funzione Pubblica, che avrebbe natura soltanto dilatoria e non sarebbe satisfattiva dell’interesse pretensivo vantato dagli odierni ricorrenti né rispettosa del diritto, di cui sono titolari i militari in epigrafe, di ottenere l'adempimento di uno specifico obbligo gravante sul datore di lavoro pubblico (si cita Corte di Cassazione SS.UU. Civili n. 22807/2020).

Ad avviso dei ricorrenti, quindi, da un lato, si è formato il silenzio-inadempimento sulle diffide sopra indicate e, dall'altro, si sarebbe anche “materializzato” un danno patrimoniale conseguente al ritardo nell'attuazione della previdenza complementare.

Deducono inoltre i ricorrenti che il procedimento amministrativo in esame si snoda, per il personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento militare nonché a quelle ad ordinamento civile (quindi: Arma Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza, Polizia):

a) nell'avvio - da parte del Ministro per la Funzione Pubblica (oggi Presidenza del Consiglio dei Ministri) - delle procedure per l'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica di cui all'art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 195/1995;

b) nella predisposizione di uno schema di provvedimento concordato (con allegati appositi prospetti relativi ai costi) ovvero di un accordo con relativa sottoscrizione;

c) nell'approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri del suddetto schema di provvedimento;

d) nell'emanazione del Decreto Presidente della Repubblica, atto formalmente presidenziale ma sostanzialmente normativo.

La protratta inazione delle Amministrazioni coinvolte costituisce, secondo parte ricorrente, condotta illegittima che viola l’art. 97 Cost., l'art. 2 legge n. 241/1990 e l'art. 41 della Carta di Nizza.

In sostanza, i ricorrenti lamentano la mancata attivazione delle procedure volte all’avvio della previdenza complementare per le forze armate, prevista dal D.Lgs. 195/1995, come modificato dal D.Lgs. 129/2000, deducendo che l’unica negoziazione avviata tra la parte pubblica e la delegazione sindacale al fine di addivenire ad un accordo, risalente all’anno 1999, non si era conclusa positivamente.

Sussistono, ad avviso dei ricorrenti, tutti i presupposti per la declaratoria d'illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dalle amministrazioni resistenti sulle diffide sopra indicate. Infatti, malgrado l'avvenuta nomina di un commissario ad acta a seguito di ricorsi di altro personale in servizio ex art. 117 c.p.a., su pregresse istanze simili alla presente, non risulta, di fatto, adottato il provvedimento di avvio della negoziazione ex art. 7, comma I, D. Lgs. n. 195/1995 e, conseguentemente non sono stati avviati nè i procedimenti negoziali nè le procedure di concertazione/contrattazione per l'intero Comparto Difesa e Sicurezza mediante convocazione delle parti sindacali allo specifico fine di attuare la previdenza complementare nel settore Forze armate-Personale Polizia.

Alla domanda contro il silenzio inadempimento si accompagna la domanda di risarcimento dal danno da ritardo, fondata sulla seguente parabola argomentativa: tutti i ricorrenti sono in possesso del requisito soggettivo dell'anzianità contributiva al 31.12.1995, non superiore a 18 anni e saranno, perciò, titolari di una pensione calcolata con il sistema contributivo. Quindi, la ritardata attuazione dei meccanismi di previdenza complementare integra, per i ricorrenti, un danno patrimoniale tenuto conto dell'impossibilità di ottenere un risparmio in termini di tassazione IRPEF in virtù del maggiore ammontare deducibile. Infatti, gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto nonché la quota del citato T.F.R. da destinare alla previdenza complementare, non sono soggetti a tassazione ai fini IRPEF. A ciò si aggiunga il pregiudizio economico conseguente all'impossibilità di destinare al fondo pensione il T.F.R. maturato da ciascun ricorrente: adempimento, quest’ultimo, che, in tal modo, potrebbe aumentare il montante previdenziale.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni in epigrafe per eccepire, in primo luogo, il difetto di legittimazione attiva in capo ai singoli militari persone fisiche, trattandosi di posizioni soggettive facenti capo alle organizzazioni sindacali rappresentative. La difesa erariale chiede in ogni caso il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 26 febbraio 2021 il ricorso è stato assunto in decisione.

Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

Deve ritenersi sussistere, nella specie, il difetto di legittimazione attiva in capo ai singoli ricorrenti in epigrafe nominati.

Sul punto, il Collegio condivide il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Tribunale (da ultimo ribadito dalla sentenza del TAR Lazio, I Stralcio, 1 febbraio 2021, n. 1292), dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, secondo cui i dipendenti pubblici destinatari dell'attività contrattuale collettiva e del decreto presidenziale di recepimento degli esiti della procedura di concertazione sono titolari di un interesse "finale" e del tutto indiretto e riflesso, e non già di un interesse concreto, attuale e direttamente tutelabile in ordine all'avvio ed alla conclusione dei procedimenti negoziali di cui all'art. 67, d.P.R. 16 marzo 1999 n. 254, che appartiene esclusivamente alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (quanto alle forze di polizia ad ordinamento civile) e ai comitati centrali di rappresentanza, sempre quali organismi esponenziali di interessi collettivi (quanto alle forze di polizia ad ordinamento militare e al personale delle forze armate), chiamate a partecipare ai predetti procedimenti. Conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti, il ricorso avverso il silenzio - inadempimento serbato dal Governo della Repubblica circa la previsione legislativa dettata dalla legge 8 agosto 1995 n. 335 sulla previdenza complementare, da attuarsi attraverso i cd. "Fondi pensione" relativamente al personale del pubblico impiego (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 8.3.2011, n.2092;
id. n. 8008 del 2010;
ancora nn. 7448, 7456 e 7458 del 19 aprile 2010 e n. 10560 del 30 ottobre 2009 e n. 2991 del 24 febbraio 2010).

Anche il giudice d’appello ha aderito a tale impostazione, motivando il proprio convincimento anche in ragione della natura normativa dell'atto conclusivo, destinato a disciplinare una serie indeterminata di rapporti di pubblico impiego (Consiglio di Stato sez. IV, 24/10/2011, sent. n. 5697).

Per tali ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione a ricorrere, in relazione alla posizione dei ricorrenti persone fisiche, come specificati in premessa.

Si può rilevare, in via meramente incidentale, che la legittimazione ad impugnare il silenzio nella materia “de qua” va invece riconosciuta alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (quanto alle forze di polizia a ordinamento civile) ed ai Comitati centrali di rappresentanza (per le forze armate), quali organismi esponenziali di interessi collettivi, portatori, quantomeno, di un interesse legittimo procedimentale e pertanto chiamati e legittimati a partecipare ai predetti procedimenti e ad agire contro l’inerzia dei competenti organi dell’amministrazione attraverso l’unico strumento possibile, ovverosia l’azione avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., esperibile in presenza di posizione di interesse legittimo connessa all'esercizio di un potere amministrativo.

Tuttavia l’azione all’odierno vaglio è stata proposta unicamente da militari - persone fisiche e non da associazioni sindacali rappresentative, il che conferma l’inammissibilità del gravame per carenza di legittimazione attiva.

Si rinvengono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, in considerazione della natura della controversia.

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