TAR Venezia, sez. II, sentenza 2010-06-30, n. 201002743
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 02743/2010 REG.SEN.
N. 01995/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1995 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da S V e R S, rappresentati e difesi dagli avv.ti F C e P V G, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia, S. Croce, 466/G, come da procura a.l. a margine del ricorso,
contro
Comune di Porto Viro, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
dell’ordinanza n. 81, emessa l'1.9.2009 dal Responsabile del Servizio V Settore Urbanistica del Comune di Porto Viro e notificata il 3.9.2009, con la quale si ordina ai ricorrenti di procedere nel termine di 90 giorni alla demolizione delle opere di ampliamento dell’immobile a uso residenziale sito in Porto Viro, via Golena S. Antonino n. 7, in quanto abusivamente realizzate.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2010 il referendario M P e udito l’avvocato Carricato per i ricorrenti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti, comproprietari dell’immobile sito in Comune di Porto Viro, ricevevano il 3.9.2009 la notifica del provvedimento impugnato con il quale il Responsabile del Settore Urbanistica ingiungeva loro di demolire le opere di ampliamento dell’edificio di proprietà, in quanto abusivamente realizzate in area soggetta a vincolo paesaggistico.
I ricorrenti deducono l’illegittimità dell’ordinanza gravata:
1) per eccesso di potere per difetto di motivazione, per irragionevolezza e manifesta ingiustizia nell’utilizzo del potere amministrativo;per violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Secondo la prospettazione dei ricorrenti l’Amministrazione comunale ha omesso di motivare l’esistenza di un interesse pubblico alla eliminazione delle opere eseguite, nonostante siano trascorsi quasi dieci anni tra l’epoca della loro realizzazione (1999/2000) e l’accertamento della loro abusività (13.7.2009), lasso di tempo che ha determinato il sorgere di un legittimo affidamento in capo ai privati;
2) per violazione e falsa applicazione degli artt. 143, comma 3, e 146 del D.lgs. n. 42/2004 e dell’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001;per incompetenza;per violazione dell’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001. Infatti, essendo contestata ai ricorrenti la costruzione, in ampliamento dell’abitazione, di nuovi locali a uso residenziale in area soggetta a vincolo paesaggistico ex art. 142 del D.lgs. n. 42/2004, l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto informare l’Autorità preposta alla tutela del vincolo prima di procedere all’ordinanza di demolizione;
3) per violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 poiché non viene esattamente individuata l’area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio comunale in caso di mancata ottemperanza all’ordinanza demolitoria.
Con istanza ex art. 25, comma 5, della legge n. 241/1990, depositata il 26.10.2009, i ricorrenti chiedevano l’ostensione degli atti e dei documenti relativi al procedimento amministrativo conclusosi con l’ordinanza impugnata e segnatamente dell’esposto che aveva dato origine al detto provvedimento, nonché del verbale del sopralluogo eseguito il 13.7.2009 dalla Polizia Municipale.
Con l’ordinanza n. 149 del 25.11.2009 il Collegio, in parziale accoglimento dell’istanza di accesso, ordinava al Comune di Porto Viro l’ostensione del verbale di violazione urbanistico- edilizia del Corpo di Polizia Municipale n. 7 del 13.7.2009.
Con motivi aggiunti, depositati il 18.3.2010, i ricorrenti, alla luce della documentazione acquisita all’esito della rammentata istanza di accesso, deducono l’illegittimità del provvedimento impugnato sotto ulteriori profili:
eccesso di potere per travisamento dei fatti;violazione dell’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001 poiché nel caso di specie l’accertamento dell’abuso è avvenuto il 21.4.2009 e, quindi, non risulta rispettato il termine di 30 giorni previsto dalla citata disposizione di legge per la comunicazione all’Autorità giudiziaria, alla Regione e al Dirigente del competente ufficio tecnico comunale della presunta violazione urbanistico – edilizia;
violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 perché il Comune di Porto Viro non ha informato la Soprintendenza competente per territorio prima di procedere all’emanazione dell’ordine di demolizione delle opere abusive, nonostante le stesse ricadano in area soggetta a vincolo paesaggistico;
violazione dell’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001 per mancato rispetto della procedura prevista dalla legge per l’accertamento degli abusi edilizi;violazione dell’art. 357, comma 2, lettera f) c.p.p.;violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001;eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Il Comune di Porto Viro, nonostante la regolarità della notifica, non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 6 maggio 2010 il difensore comparso ha insistito sulle sue conclusioni. Quindi la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Oggetto del presente giudizio è la demolizione della costruzione in ampliamento di nuovi locali abitativi per una superficie lorda di mq. 65,00, comportante una volumetria di 182 mc., abusivamente eseguita dai ricorrenti sull’immobile di loro proprietà sito in Comune di Porto Viro, in via Golena S. Antonin n. 7.
Il predetto intervento è stato eseguito dai sigg.ri Vianello e Stoppa in assenza del permesso di costruire o di altro titolo autorizzatorio, in zona soggetta a vincolo paesaggistico ex art. 142 del D.lgs. n. 42/2004.
Il ricorso è infondato e va respinto per le seguenti ragioni.
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione poiché non motiva la sussistenza di un interesse pubblico all’eliminazione delle opere abusive, nonostante sia decorso quasi un decennio tra l’epoca della loro realizzazione, asseritamente avvenuta nel 1999/2000, e l’emissione del provvedimento sanzionatorio.
La censura è infondata e va disattesa.
E infatti, per giurisprudenza costante, dalla quale il Collegio non ravvisa valide ragioni per discostarsi, il presupposto per l'adozione dell'ordine di demolizione di opere edilizie abusive resta essenzialmente la constatata realizzazione dell' opera in assenza del titolo abilitativo (o in totale difformità da esso), con la conseguenza che nella ricorrenza del predetto requisito l'ingiunzione demolitoria costituisce praticamente un atto dovuto" (cfr. Cons. Stato sez. V, n. 3443/02 ).
Quanto al profilo della valutazione degli interessi urbanistici ed ambientali, i provvedimenti che irrogano sanzioni previste dalla legge in materia edilizia non necessitano in generale di alcuna specifica motivazione in ordine all' interesse pubblico a disporre il ripristino della situazione conforme a legge, con la sola eccezione che di seguito verrà specificamente affrontata, in cui tra l'illecito e la sanzione demolitoria sia decorso un notevole lasso di tempo (TAR Veneto, Sez. II - sentenza 13 marzo 2008 n. 605;TAR Veneto, Sez. II - sentenza 26 febbraio 2008, n. 454;.TAR Lombardia - Milano, Sez. II - sentenza 8 novembre 2007 n. 6200), né il Comune ha discrezionalità nello stabilire le sanzioni derivanti dall'inosservanza della normativa urbanistica e di tutela ambientale.
Deve essere disattesa anche la censura relativa al difetto di congrua motivazione, in ragione del notevole lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere abusive all’ordine di ripristino.
Al riguardo il Collegio evidenzia che i ricorrenti asseriscono di avere realizzato in economia i lavori di ampliamento della loro abitazione nel corso degli anni 1999/2000 e al fine di comprovare tale affermazione producono degli appunti manoscritti relativi a somme corrisposte per i predetti lavori, delle matrici di assegni, degli estratti- conto del mese di agosto 1999 e delle bolle di consegna dalle quali non è possibile evincere neanche il nome delle ditte che tali consegne avrebbero effettuato. Ne discende, pertanto, che tutti i documenti prodotti al fine di comprovare l’esatta epoca di realizzazione del predetto ampliamento, che provengono dai ricorrenti, non sono suscettibili di alcun riscontro oggettivo, fatta eccezione per gli estratti- conto bancari che riportano però dei generici prelevamenti privi di ogni causale.
Tanto premesso in ordine alla mancanza di ogni certezza circa l’epoca di realizzazione delle opere abusive oggetto dell’ordinanza demolitoria, va, inoltre, soggiunto che l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato e dei T.A.R. richiamato dai ricorrenti secondo il quale la repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di tempo ragguardevole, richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi, si riferisce ad ipotesi nelle quali la sanzione ripristinatoria interviene a distanza di circa venti anni dalla realizzazione dell’abuso.
Nel caso di specie, per tutte le considerazioni suesposte e, in particolare, per la mancanza di ogni certezza in ordine all’epoca di esecuzione dei lavori rispetto alla data di accertamento della loro abusività, nonché per l’entità ( 65 mq. di superficie lorda e 182 mc. di volumetria) e la tipologia dell’abuso (realizzato in area sottoposta a vincolo ambientale), il Collegio non ritiene che ricorrano i presupposti per applicare al caso di specie il richiamato orientamento giurisprudenziale.
Deve essere, altresì, disattesa anche la seconda censura con la quale i ricorrenti deducono l’illegittimità del provvedimento impugnato perché l’Amministrazione comunale non ha previamente informato dell’emissione dell’ordine demolitorio l’Autorità preposta alla tutela del vincolo. E’, infatti, pacifico che l’Autorità preposta alla tutela del vincolo debba essere interpellata dall’Amministrazione comunale laddove la stessa sia richiesta di un titolo autorizzatorio per l’esecuzione di opere ricadenti in area sottoposta a vincolo paesaggistico – ambientale per ottenere il prescritto nulla osta, non laddove intenda reprimere un abuso perpetrato in assenza di qualsiasi titolo, per di più in area sottoposta ad un rafforzato grado di tutela.
Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la presunta inosservanza del comma 2 dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, che impone al Comune di indicare, nell'ingiunzione di demolizione, l'area che sarebbe acquisita di diritto al patrimonio comunale, in caso di inottemperanza dell'ordine di demolizione.
In realtà, l'ingiunzione impugnata contiene l'espressa indicazione che, in caso di inottemperanza all’ordine impartito, si procederà nei modi e termini previsti dal d.P.R. n. 380/2001, nonché dai regolamenti e strumenti urbanistici comunali e dalle relative norme regionali in materia.
I ricorrenti non possono, quindi, dolersi della violazione del comma 2 dell'art. 31, visto che l'atto ivi impugnato reca l'esplicita indicazione delle conseguenze della mancata demolizione.
Quanto all'individuazione dell'area da acquisirsi gratuitamente, in realtà l’eventuale misura della stessa, contenuta nell'ordine di demolizione, deve reputarsi meramente indicativa, in quanto la corretta determinazione potrà avvenire soltanto dopo il rituale accertamento, da parte del Comune, dell'inottemperanza all'ingiunzione, allorché sarà avviato, nell'ambito del procedimento sanzionatorio di cui all'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, un sub-procedimento specificamente finalizzato alla precisa individuazione delle aree da acquisirsi gratuitamente ai sensi del comma 3.
L'indicazione, nel provvedimento di demolizione delle aree che saranno acquisite, ai sensi del comma 2 dell'art. 31, equivale ad una sorta di avvio del procedimento finalizzato all'acquisizione gratuita delle aree (cfr. TAR Veneto, sez. II, 10.6.2009, n. 1725), per cui anche l'eventuale riferimento erroneo alle aree da acquisire, contenuto nell'ordine di demolizione, appare irrilevante ai fini della legittimità di quest'ultimo (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26.1.2010, n. 175;TAR Lombardia, Milano, sez. II, 20.2.2008, n. 377).
Il terzo motivo di censura va quindi respinto.
Sono, infine, infondate anche le censure articolate con i motivi aggiunti, depositati il 18.3.2010.
Il secondo motivo di censura, in quanto identico al secondo motivo del ricorso principale, va disatteso per le ragioni già esposte.
Devono essere, altresì, disattesi anche il primo e il terzo motivo con i quali si lamenta l’illegittimità del procedimento concluso con l’ordinanza impugnata in quanto non sarebbero stati rispettati i tempi prescritti dall’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001 per la comunicazione dell’abuso accertato
Dalla semplice lettura del predetto 4 comma, ai sensi del quale “ Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire, ovvero non sia apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all'autorità giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro trenta giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti”, è assolutamente pacifico che si tratta di termini ordinatori con funzione acceleratoria e non perentori. Ne discende che al mancato rispetto dei predetti termini la legge non ricollega alcuna conseguenza in ordine alla potestà di reprimere l’abuso accertato. Né, infine, appaiono rilevanti e pertinenti ai fini del presente giudizio le censure relative alla modalità di redazione del verbale del 13.7.2009 da parte della Polizia Municipale e alle eventuali conseguenze sul procedimento penale che ne è scaturito.
E’, infine, infondata anche la quarta censura dei motivi aggiunti giacché non è dato evincere alcun sintomo di sviamento di potere nell’esistenza di un precedente accertamento dell’abuso avvenuto in data 21.4.2009.
Sulla scorta delle predette argomentazioni il ricorso principale e quello per motivi aggiunti devono essere respinti.
Non va disposto nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione dell’Amministrazione resistente.