TAR Venezia, sez. II, sentenza 2019-02-01, n. 201900141

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2019-02-01, n. 201900141
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201900141
Data del deposito : 1 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2019

N. 00141/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02684/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2684 del 1999, proposto da
B A E C R e B R, Antonello Sabrina, A E, B S, F M, P P, P S, P G E P S,P,S,T L, P G erede G M, R G, S F E L R e S G S, S F, T G, T L, Z B, rappresentati e difesi dall'avvocato L B, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, Piazzale Roma, 468/B;

contro

Università degli Studi di Padova, in persona del Rettore in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Venezia, domiciliata ex lege in Venezia, San Marco, 63;
Ministero del Tesoro e Ministero dell'Università e Ricerca Scientifica non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

dei provvedimenti prot. 30502, 30505, 30560, 30561, 30564, 30565, 30566, 30567, 30568 e 30569del 27.7.1999 con i quali il Rettore dell'Università  intimata ha negato il diritto dei ricorrenti ad ottenere i benefici economici di cui all'art. 1, comma 1, lett. a) L. 2.10.1997, n. 334, b) nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Universita' degli Studi di Padova - (Pd);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 la dott.ssa M A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti, professori universitari di prima fascia dell’Università di Padova, deducono di godere dei benefici di cui all’art. 36 del D.P.R. 382/80, che prevede: “Il professore universitario che alla data dell’inquadramento giuridico nel ruolo godeva del trattamento economico corrispondente alla classe finale di stipendio conserva, qualora più favorevole, il diritto all’equiparazione economica alla retribuzione del dirigente generale di livello A dello Stato, in applicazione dei principi derivanti dalle norme sulle carriere e retribuzioni dei Dirigenti statali” .

La norma, in attuazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 219/75, sancisce l’equiparazione della retribuzione spettante ai professori universitari che, alla data dell’inquadramento giuridico nel ruolo, già godevano del trattamento economico corrispondente alla classe finale di stipendio, a quella dei dirigenti generali di livello A dello Stato.

Affermano i ricorrenti che il suddetto diritto è stato espressamente riconosciuto loro dall’Università con i decreti rettorali di inquadramento emessi tra il 1983 ed il 1987 e confermato da successive pronunce giurisdizionali, tra cui Consiglio di Stato, n. 391/1994.

In particolare, affermano che la pronuncia del Consiglio di Stato n. 391/1994 avrebbe chiaramente evidenziato la peculiare posizione di tale categoria di personale, a tutti gli effetti equiparata, nel trattamento retributivo, al personale dirigenziale generale di livello A dello Stato, dovendosi ricavare da tale equiparazione il diritto dei primi a vedersi riconosciuto qualsiasi assegno o emolumento pensionabile che sia attribuito ai secondi. Ciò a differenza di quanto previsto per il restante personale docente delle università, il cui trattamento economico è rimasto – a seguito della riforma del 1980 – soltanto equiparato a quello dei dirigenti dello Stato.

Non farebbe eccezione a tale regola l’indennità di posizione prevista dall’art. 1 L. 334/97.

La disposizione ha previsto che “in attesa dell’estensione del regime di diritto privato al rapporto di lavoro dei dirigenti generali dello Stato ed in coerenza con la nuova struttura retributiva stabilita per la dirigenza pubblica dai rispettivi contratti collettivi nazionali” , per gli anni 1996 e 1997, sia attribuita ai dirigenti generali e qualifiche equiparate delle Amministrazioni statali, “ferme restando la vigente articolazione in livelli di funzione e le corrispondenti retribuzioni” ed “in aggiunta al trattamento economico in godimento, fondamentale ed accessorio, a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale” , un’indennità di posizione “correlata esclusivamente alle funzioni dirigenziali attribuite” .

L’efficacia della norma è stata prorogata per due volte, per effetto dell’art. 45, c. 19, D.Lgs. 80/1998 e dell’art. 24, c. 6, L. 448/98.

I ricorrenti deducono di aver chiesto l’applicazione della disposizione all’Università, la quale ha negato il riconoscimento dell’emolumento, sulla scorta della circolare del MURST prot. 267 del 9.2.1999, con cui ne è affermata l’inapplicabilità alla categoria dei professori universitari.

I ricorrenti hanno, così, proposto il ricorso all’esame per ottenere il riconoscimento dell’emolumento, articolando un unico motivo di censura con cui evidenziano la contrarietà dell’interpretazione fatta propria dall’Università degli Studi di Padova con il principio di piena equiparazione del trattamento retributivo spettante ai professori universitari appartenenti alla categoria “ad esaurimento” prevista dall’art. 36 D.P.R. 382/1980 a quello spettante ai dirigenti generali dello Stato di livello A.

Evidenziano, in proposito, che, all’estensione del principio in questione anche all’emolumento previsto dall’art. 1 L. 334/96, non osterebbe il carattere provvisorio dell’attribuzione e il suo essere riconosciuto ai dirigenti come anticipazione del futuro trattamento retributivo, poiché si tratta di un emolumento pensionabile. Ove esso non fosse riconosciuto, in sede di quantificazione del trattamento pensionistico si verificherebbe un disallineamento con il trattamento spettante ai dirigenti generali incompatibile con i principi espressi dall’art. 36 D.P.R. 382/80, come interpretati dalla giurisprudenza successiva.

Si è costituita l’Università degli Studi di Padova, che ha controdedotto rispetto alla prospettazione dei ricorrenti evidenziando che le premesse su cui si è fondata l’equiparazione sul piano retributivo tra il trattamento dei professori universitari rientranti nella previsione dell’art. 36, c. 8 D.PR. 382/80 e quello dei dirigenti generali dello Stato di livello A, secondo quanto afferma la Corte costituzionale nella sentenza n. 219/75, è costituito dall’assenza di ragioni di natura ordinamentale che giustificassero la differenziazione del trattamento economico delle figure apicali appartenenti alle due categorie. Tale differenziazione, invece, risulterebbe giustificata per effetto delle riforme dell’organizzazione e dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni intervenute negli anni ’90, che hanno interessato in modo particolare l’aspetto retributivo, ancorandolo alle funzioni svolte ed al raggiungimento di risultati. Per tale ragione, la previsione dell’indennità di posizione prevista dall’art. 1, L. 334/97 non è estensibile ai professori universitari, per i quali i meccanismi di perequazione ed adeguamento del trattamento retributivo sono stati individuati all’art. 2 L. 334/97 e dal successivo art. 24 D. Lgs. 29/1993.

Si osserva, inoltre, che l’indennità prevista all’art. 1 è qualificata come indennità di posizione, correlata esclusivamente allo svolgimento di funzioni attribuite e che la differenza di funzioni caratterizzanti le carriere dei dirigenti dello Stato e dei professori universitari, impedisce l’applicazione della norma ai secondi.

Né a differente soluzione può pervenirsi tenendo conto della natura pensionabile dell’emolumento, poiché esso trova la sua causa nello svolgimento effettivo di funzioni dirigenziali che non si può configurare nel rapporto di lavoro dei professori universitari.

All’udienza del 8 novembre 2018 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

DIRITTO


I ricorrenti ritengono che il diritto all’equiparazione del loro trattamento retributivo rispetto a quello dei dirigenti generali dello Stato di livello A ad essi riconosciuto dall’art. 36, c. 8 D.P.R. 382/1980, imponga di riconoscere loro anche l’indennità prevista dall’art. 1 L. 334/97 e ciò, da un lato, sulla base del carattere assoluto ed intangibile di tale equiparazione, riconosciuto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 219/75 e dalla successiva giurisprudenza amministrativa, dall’altro, sulla base della natura pensionabile dell’emolumento, destinato, come tale, ad incidere in via definitiva sul trattamento economico della peculiare categoria di docenti di cui fanno parte.

La pretesa non appare accoglibile.

La legge 2 ottobre 1997, n. 334 ha dettato le disposizioni transitorie in materia di trattamento economico di particolari categorie di personale pubblico, nelle more dell’estensione del regime di diritto privato ai rapporti di lavori della dirigenza.

Essa prevede, all’art. 1: “1. In attesa dell'estensione del regime di diritto privato al rapporto di lavoro dei dirigenti generali dello Stato ed in coerenza con la nuova struttura retributiva stabilita per la dirigenza pubblica dai rispettivi contratti collettivi nazionali, ai dirigenti generali e qualifiche equiparate delle Amministrazioni statali, ferme restando la vigente articolazione in livelli di funzione e le corrispondenti retribuzioni, spetta per gli anni 1996 e 1997, in aggiunta al trattamento economico in godimento, fondamentale ed accessorio, a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale, un'indennità di posizione correlata esclusivamente alle funzioni dirigenziali attribuite e pensionabile ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, determinata nei seguenti importi annui lordi per tredici mensilità: a) lire 24 milioni per le funzioni di capo delle direzioni generali o di altri uffici centrali e periferici di livello pari o superiore;
b) lire 18 milioni per ogni altra funzione. In presenza di particolari condizioni di complessità o rilevanza delle posizioni, ciascun Ministro può riconoscere una maggiorazione della indennità di cui alla lettera a) fino al 30 per cento del suo importo, nel limite delle risorse assegnate dal Ministro del tesoro in proporzione alle unità di personale in servizio al 1° gennaio 1996.

2. L'indennità di cui al comma 1, nelle stesse misure e con i medesimi criteri, spetta al personale delle carriere prefettizia e diplomatica con qualifica equiparata a dirigente generale, nonché ai dirigenti generali della Polizia di Stato e gradi e qualifiche corrispondenti delle Forze di polizia, ai generali di divisione e di corpo d'armata e gradi corrispondenti delle Forze armate, senza effetti ai fini della determinazione dell'indennità di ausiliaria e dell'attribuzione di qualsiasi altro beneficio economico per promozione e scatti conferibili il giorno antecedente alla cessazione dal servizio, nonché ai dirigenti generali equiparati per effetto dell'articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72 , che non fruiscano di compensi o indennità aventi analoga natura, fatto salvo il trattamento di miglior favore, con onere a carico dei bilanci degli enti di appartenenza.”.

All’art. 2, con riguardo al trattamento economico del personale dirigente non contrattualizzato, ha previsto: “1. Il bilancio triennale 1998-2000, e le relative leggi finanziarie, nell'ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di personale di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato, nonché dei professori e ricercatori universitari, con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto dei Ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi di trattamento comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell'articolo 1, comma 2.” .

È stato chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato Sez. VI, Sent.,18-09-2009, n. 5609, Cons. Stato Sez. VI Sent., 25/11/2008, n. 5776) come gli articoli 1 e 2 della legge 2.10.1997, n. 334 delineino un contesto applicativo che non si presta a letture estensive.

È stato, infatti, rilevato come l’art. 1 e l’art. 2 prevedano due meccanismi distinti di adeguamento del trattamento economico in considerazione delle modifiche ordinamentali che hanno interessato la riforma del pubblico impiego, specificando le categorie di personale cui si applicano i regimi retributivi espressamente disciplinati.

L’art. 1, infatti, istituisce per i dirigenti generali e qualifiche equiparate delle Amministrazioni statali una speciale indennità, "a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale" ;
quanto sopra, "in attesa dell'estensione del regime di diritto privato al rapporto di lavoro" dei dirigenti generali stessi, con esplicita indicazione delle categorie di personale (carriera prefettizia, diplomatica, di Polizia ed altri corpi militari), a cui si estende il medesimo trattamento.

Per i professori e ricercatori universitari, nonché per altre categorie di personale, l'art. 2 della medesima legge n. 334/1997 ipotizza un "riequilibrio del trattamento economico" , tramite somme da stanziare nel bilancio triennale 1998-2000 senza prevedere eccezioni o salvezze per categorie speciali.

L’art. 36, c. 8, L. 312/80 ha attribuito ai professori che, all’atto del passaggio al nuovo regime, avessero già conseguito l’ultima fascia stipendiale, il diritto all’equiparazione al trattamento previsto per i dirigenti generali dello Stato di livello A.

Tale disposizione mirava a consentire al suddetto personale di mantenere quell’aspettativa ad un’ “identica potenzialità di sviluppo di carriera” rispetto a quello della dirigenza statale (ossia, allo “sbocco verso il medesimo tetto retributivo stabilito per i funzionari direttivi dello Stato”) , alla quale era stata riconosciuta rilevanza dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 219/75, la quale, tuttavia, aveva anche precisato che il Legislatore restava libero di dettare una disciplina difforme, che tenesse conto della differenza delle funzioni svolte dalle due categorie di soggetti, ove venissero meno i presupposti dell’equiparazione retributiva che era stata fino a quel momento perseguita dalla Legislazione ordinaria. Una tale scelta, secondo quanto afferma la Corte costituzionale, non sarebbe stata in contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost.

Ebbene, dal tenore letterale dell’art. 1 L. 334/97 ed alla luce dell’intervenuta modifica del quadro ordinamentale, emerge come quella piena equiparazione del trattamento retributivo prevista dal citato art. 36, soffra di un’eccezione.

La norma – che, come si è evidenziato, non è suscettibile di interpretazioni estensive – afferma che l’indennità di posizione da attribuirsi ai dirigenti generali, sia “correlata esclusivamente alle funzioni dirigenziali attribuite” e viene, infatti, differenziata nel suo importo, in considerazione del tipo di incarico e delle funzioni effettivamente svolte ( “a) lire 24 milioni per le funzioni di capo delle direzioni generali o di altri uffici centrali e periferici di livello pari o superiore;
b) lire 18 milioni per ogni altra funzione”
) .

L’attribuzione di tale indennità al personale che gode dei benefici di cui all’art. 36, è, pertanto, impedita dal chiaro disposto della norma che ne consente il riconoscimento “ esclusivamente ” in ragione delle funzioni “dirigenziali attribuite” , in coerenza, peraltro, con la natura dell’indennità di posizione che è ordinariamente correlata alla tipologia dello specifico incarico ricoperto, in considerazione dell’importanza e della complessità della struttura di assegnazione e delle connesse responsabilità gestionali.

Si tratta, quindi, di una parte della retribuzione riconosciuta non in relazione allo status dirigenziale, ma alla particolare funzione svolta, che – pacificamente – non è assimilabile a quella espletata dai professori universitari.

Pertanto, presupponendo l’attribuzione effettiva delle funzioni dirigenziali, la norma non si presta ad essere estesa anche alla particolare categoria “ad esaurimento” dei professori universitari che alla data di entrata in vigore del DPR 382/80 avessero già raggiunto la classe finale di stipendio, mancando per essi, il presupposto in forza del quale l’indennità è riconosciuta.

Deve, peraltro, osservarsi che se, come si è detto, l’equiparazione retributiva prevista dall’art. 36, c. 8 DPR 382/80, trovava il suo fondamento nella equivalenza del ruolo riconosciuto alle due categorie di funzionari pubblici (e nell’ottica di tutela dell’aspettativa dei professori universitari giunti alla classe finale di stipendio di veder ancorata la propria retribuzione a quella del personale dirigenziale apicale), quindi nell’ottica di un’equiparazione di status, tale fondamento non è, invero, smentito dalla disposizione in esame, ove, invece, l’attribuzione dell’indennità di posizione si riferisce all’effettivo svolgimento della funzione.

Ed, infatti, la disposizione s’inserisce in un contesto ordinamentale profondamente diverso da quello in cui è maturato il principio di equiparazione delle retribuzioni ai sensi dell’art. 36, c. 8 DPR 382/80, in cui la retribuzione della dirigenza statale era collegata alla qualifica (a sua volta, determinata dall’anzianità di servizio) e che ha subito un radicale mutamento con la riforma intervenuta nella materia ad opera del D.Lgs. 29/93, in una con il mutato ruolo attribuito alla dirigenza nel quadro dei rapporti tra politica ed amministrazione.

Solo per restare nell’ambito del trattamento retributivo, l’art. 24 del D. Lgs. 29/93, fin dalla sua originaria formulazione, ha previsto che “La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità” , prevedendo una specifica corrispondenza di tale parte della retribuzione con l’esercizio della funzione.

Per tale ragione, la norma non appare contrastante con le ragioni del riconoscimento della tutela della posizione retributiva della categoria di personale cui appartengono i ricorrenti, enucleate dalla Corte costituzionale n. 219/75.

Come ha rilevato anche la stessa giurisprudenza costituzionale successiva, infatti, “dalla sentenza n. 219 del 1975, più volte richiamata, non si desume affatto il principio della assoluta immutabilità nel tempo della situazione di equiparazione fra le due categorie di dipendenti pubblici, perché, al contrario, in tale sentenza la Corte affermò che fosse "innegabile che resti nella discrezionalità del legislatore il differenziare il trattamento economico di categorie prima egualmente retribuite, senza per questo incorrere in violazione dei precetti costituzionali dell'artt. 3 e 36", precisando però che non potesse farsi luogo ad un mutamento del criterio della equiparazione già seguito dal legislatore "senza che ciò fosse giustificato dal superamento delle premesse che avevano determinato il precedente cennato giudizio di valore".

In altri termini non si escluse che il limite alla discrezionalità della legge e cioè il "giudizio di valore espresso dal legislatore ex suo more, in termini di equivalenza, fra le due categorie pur strutturalmente diverse dei docenti e dei dirigenti" potesse essere superato dal legislatore medesimo sulla base di nuove valutazioni collegate al mutamento delle situazioni da regolare.” (Corte Costituzionale, 09/11/1988, n.1019).

Il mutamento della funzione dirigenziale, che ha inciso anche sulla struttura della retribuzione, appare, infatti, una giustificazione sufficiente e non irragionevole della limitazione dell’attribuzione dell’indennità prevista dall’art. 1 L. 334/97 al solo personale dirigenziale, effettivamente incaricato delle relative funzioni e ad escluderne l’applicazione anche ai professori universitari appartenenti alla categoria “ad esaurimento” di cui all’art. 36, c. 8, D.P.R. 382/80.

La novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

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