TAR Trento, sez. I, sentenza 2012-11-21, n. 201200341

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2012-11-21, n. 201200341
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 201200341
Data del deposito : 21 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00083/2012 REG.RIC.

N. 00341/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00083/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 83 del 2012, proposto da:
SOS Feriendorf Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti G L e M D ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Trento, via Serafini, n. 9

contro

- Comune di Caldonazzo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Sergio D’Amato ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Trento, via Suffragio, n. 22;
- Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio

per l'annullamento

- della determinazione del Dirigente del Servizio espropriazioni e gestioni patrimoniali della Provincia autonoma di Trento n. 1037, del 5 dicembre 2011, nella parte in cui, ai sensi dell’art. 31 della l.p. 19.2.1993, n. 6, è stata disposta ’espropriazione a favore del Comune di Caldonazzo della superficie di 837 mq. della p.ed. 857, in C.C. Caldonazzo, di proprietà della società ricorrente;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, quale anche la deliberazione della Giunta comunale di Caldonazzo n. 84, del 25.3.2010, con cui è stato deciso di chiedere alla Provincia la determinazione di esproprio di Via al Lago e di Via Lungo Lago, nonché la nota comunale prot. n. 6536, del 29.9.2011, con cui è stata richiesta l’emissione del decreto d’esproprio.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Caldonazzo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 il cons. A C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Società ricorrente è proprietaria nel Comune di Caldonazzo di un vasto compendio immobiliare di oltre 80.000 mq., catastalmente individuato, attualmente, dalla p.ed. 857, e composto da edifici adibiti a strutture ricettive di assistenza sociale e dall’estesa area a verde di pertinenza.

Fin dagli anni 1957/1959 una minima parte dell’area (corrispondente alle disusate pp.ff. 5525/12, 3814/1 e 5525/6) è stata gravata da una “ servitù di passo e ripasso, senza limitazione di tempo di stagione, a piedi, con carri, mezzi a trazione animale, meccanici e motorizzati di qualsiasi natura e portata, esclusi solo autocarri con rimorchio, per la larghezza di metri 6 ”, e ciò “ allo scopo di poter costruire, quando che sia, la strada del lungo lago ” (cfr., doc. n. 6 e n. 8 in atti di parte resistente). Detta servitù è stata iscritta a favore di alcune individuate particelle limitrofe (nn. 3792, 5525/4, 5525/6 e 5525/11), di proprietà dapprima della Società consortile Lago di Caldonazzo e quindi, dal 1971, del Comune di Caldonazzo (cfr., doc. n. 10 in atti di parte resistente).

La ricorrente asserisce di aver delimitato il percorso dell’intavolata servitù di passo rispetto alla sua più ampia proprietà erigendo, sui lati est e ovest, un muretto con soprastante recinzione in ferro e di aver da allora sempre provveduto alla manutenzione e alla pulizia di detto spazio pianeggiante largo 6 m. e lungo circa 140 m., privo di illuminazione e di asfaltatura, che qualifica “ andito ”, come stabilito nell’art. 2 del contratto di compravendita di data 21.11.1957.

2. Con deliberazione n. 84, del 25.3.2010, la Giunta comunale di Caldonazzo ha attivato la procedura di regolazione tavolare - ai sensi dell’art. 31 della legge provinciale sugli espropri 19.2.1993, n.

6 - per Via al Lago e Via Lungo Lago, due percorsi pubblici e/o di uso pubblico realizzati tra il 1975 e il 1980 che interessano numerose proprietà private fra cui, per 837 mq., anche la proprietà della ricorrente e corrispondente alla parte gravata dalla individuata servitù di passo.

Il Sindaco ha quindi chiesto alla Provincia l’emissione del decreto che autorizza l’espropriazione. Con provvedimento n. 1037, del 5.12.2011, il Dirigente del Servizio espropriazioni e gestioni patrimoniali della Provincia autonoma di Trento ha infine emesso il decreto di esproprio che interessa, quindi, per 837 mq., anche parte del compendio della ricorrente.

3. Con il presente ricorso la Società Sos Feriendorf ha impugnato detti provvedimenti, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi di diritto:

I - “violazione degli artt. 24, 25 e 26 della l.p. 30.11.1992, n. 23;
degli artt. 7, 8, 9 e 10 della l. 7.8.1990, n. 241;
dell’art. 31 della l.p. 19.2.1993, n. 6;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, per manifesta illogicità, contraddittorietà in ingiustizia, omessa ed erronea motivazione”, posto che non sarebbe stato comunicato agli interessati l’avvio del procedimento espropriativo;

II - “violazione dell’art. 31 della l.p. 19.2.1993, n. 6, in relazione all’art. 4 della l.p. 30.11.1992, n. 23;
eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria, travisamento dei fatti per erronea rappresentazione della realtà;
motivazione erronea e contraddittoria”, posto che sull’area di causa non insisterebbe l’opera pubblica “strada” con le caratteristiche ritenute sussistenti dal Comune.

4. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata confutando le argomentazioni contenute nel ricorso con l’asserzione che il tratto di causa di Via Lungo Lago sarebbe stato costruito dal Comune a metà degli anni ’70 del secolo scorso. Conclusivamente ha pertanto chiesto la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.

5. Alla pubblica udienza di data 8 novembre 2012, sentita l’illustrazione da parte dei procuratori presenti delle opposte posizioni difensive, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per le assorbenti argomentazioni dedotte con il secondo motivo.

Nondimeno, all’esame del merito va premesso che non rilevano le eccezioni sollevate dalla difesa comunale sulla produzione documentale di parte ricorrente del 18 ottobre 2012, in quanto, per la decisione del ricorso, è sufficiente l’esame della documentazione versata in atti dall’Amministrazione resistente e sulla base della quale è stato attivato lo speciale procedimento espropriativo conclusosi con il provvedimento provinciale gravato.

2a. Giova anzitutto rammentare che è stata impugnata la determinazione del Dirigente del Servizio espropriazioni e gestioni patrimoniali della Provincia autonoma di Trento n. 1037, del 5 dicembre 2011, con la quale è stata espropriata, su richiesta ed a favore del Comune di Caldonazzo, una parte della proprietà di cui alla p.ed. 857, per un totale di mq. 837, in applicazione dell’art. 31 della legge provinciale sugli espropri 19.2.1993, n. 6, che disciplina lo speciale procedimento della “ regolazione tavolare di vecchie pendenze ”.

2b. Su questa speciale disciplina il Tribunale ha avuto più occasioni di esprimersi (si vedano le sentenze 27.10.2011, n. 262;
12.10.2011, n. 245;
11.6.2010, n. 159;
24.2.2010, n. 62;
7.5.2009, n. 152;
23.4.2009, n. 126;
6.3.2009, n. 72;
26.2.2009, n. 64 ;
10.11.2008, n. 286;
11.12.2007, n. 192;
24.5.2007, n. 91), chiarendo - con una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 31 citato - i presupposti per la sua applicazione e che è qui opportuno ricordare.

Innanzitutto, si tratta di una disposizione specialissima che, attraverso un procedimento semplificato nelle regole e nei tempi rispetto all’altrimenti articolato procedimento espropriativo ordinario, permette di sanare, rectius di “ regolarizzare ”, anche nelle risultanze tavolari, situazioni ormai consolidatesi, di fatto, per il decorso di un lasso di tempo ultraventennale, senza interferire con la disciplina civilistica sui modi di acquisto della proprietà.

La disposizione in esame è infatti inserita nella legge provinciale sugli espropri, dal cui iter si differenza sia per l’espressa esclusione delle sole garanzie procedimentali proprie e peculiari dell’istituto espropriativo ordinario, sia per la mancata previsione del pagamento di una qualsiasi indennità (“ a prescindere dalla procedura prevista dalla presente legge e dal pagamento dell’indennità ” recita l’ultima parte del comma 1).

Ne consegue che l’esclusione della corresponsione di un indennizzo è giustificata dal solo fatto che, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 31, i diritti (non di proprietà ma) all’indennità di espropriazione e al risarcimento del danno si sono medio tempore prescritti. In caso contrario, infatti, la norma fa salvi i diritti riconosciuti dall'autorità giudiziaria, salvaguardando dunque il diritto dominicale e le azioni a difesa della proprietà, se non ancora prescritte.

E’ perciò su tale fondamento che la Corte Costituzionale si è pronunciata su di un’identica norma contenuta nell’art. 32 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10, rinviando la questione al giudice del merito affinché sia ricercata “ un’interpretazione adeguatrice ” del testo normativo (cfr., sentenza 1.7.2005, n. 250).

2c. In definitiva, come ha già avuto modo di osservare questo Tribunale, con detta speciale procedura “ atipica ” di espropriazione (o di asservimento) di beni immobili privati, sui quali devono insistere “ opere pubbliche ovvero opere private di pubblico interesse ”, con cui l’Amministrazione acquisisce anche tavolarmente il diritto di proprietà (o di servitù) di aree di cui ha già il possesso, si è inteso “ apprestare tutela ad un fatto consolidatosi nel tempo a favore della collettività, che deve in ogni caso presentare un decorso pacifico, continuo ed ininterrotto ”. Conseguentemente, tale particolare istituto, “ risolvendosi in un trasferimento coattivo senza indennizzo ”, deve “ essere applicato in maniera rigorosa ” e non può, quindi, “ trovare utilizzazione in ipotesi che superino i limiti normativamente tracciati, per le quali debbono trovare all’opposto applicazione le procedure espropriative ordinarie ” (cfr., sentenze sopra indicate).

3a. Tornando alla vicenda di causa, il Collegio osserva che dal provvedimento provinciale impugnato e dalle motivazioni della deliberazione comunale ad esso presupposta emerge che sui terreni oggetto della procedura espropriativa, così come su altri limitrofi, sarebbe stata realizzata “ nel periodo compreso fra gli anni 1975 e 1980 … l’opera pubblica Via al Lago e Via Lungo Lago ” e che l’Amministrazione comunale “ si fa carico della manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade, che recentemente sono state completamente rinnovate;
sono asfaltate e dotate dei seguenti servizi pubblici: illuminazione pubblica, rete di raccolta delle acque nere e bianche, rete acquedottistica, reti elettriche, altre reti infrastrutturali”.

3b. Per contro, la ricorrente replica asserendo che nel tratto di sua proprietà, gravato - come è già stato detto - dalla fine degli anni ’50 di una servitù di passaggio a favore di alcuni terreni contigui di proprietà comunale, il passaggio così come oggi esistente insisterebbe di fatto fin dagli anni ’60, quando la proprietà avrebbe “ materializzato ” la servitù di passo creando “ uno spiazzo pianeggiante avente una larghezza di circa 6 m., delimitato, sui lati est e ovest, da un muretto con soprastante recinzione in ferro ”.

A ciò soggiunge che, da allora, detto andito di passaggio è in terra battuta e privo di segnali stradali, così come di illuminazione e di qualsivoglia altra infrastruttura di superficie;
che, inoltre, è a fondo cieco in quanto solo un viottolo collega la parte finale di esso con altri terreni di proprietà comunale.

Queste ultime affermazioni, invero, non solo non sono state smentite dal Comune, ma sono anche comprovate dalla documentazione fotografica dimessa in atti.

4a. Il Collegio deve ora osservare che dalla documentazione prodotta dal Comune non emerge alcun supporto alle perentorie affermazioni contenute nei provvedimenti impugnati circa l’esistenza di una strada pubblica realizzata dal Comune sul terreno di proprietà della ricorrente.

In particolare, dalla planimetria di progetto della strada di collegamento fra l’abitato di Caldonazzo e l’omonimo Lago, la cui esecuzione è stata autorizzata dalla Provincia con deliberazione n. 1007 del 15.2.1974, si evince che nella proprietà della deducente una striscia di terreno spianato era già esistente, che la zona di interesse per la presente vicenda riguardava le sezioni 25 e seguenti, e che nella parte iniziale di essa (segnatamente tra la sezione 25 e la metà della sezione 26 e tra la metà della sezione 28 e la sezione 30) il progetto aveva previsto solamente un modesto arretramento (demolizione e ricostruzione, con recupero dell’inferiata), del muretto ad est (cfr., doc. n. 16b in atti del Comune). Alcuna altra opera è indicata sulla planimetria in esame per quanto riguarda il tratto di interesse: ne consegue che le opere di costruzione e di allargamento della strada previste nel progetto in esame hanno interessato solo in minima parte (con un modesto allargamento ottenuto arretrando pochi metri del muretto ad est) l’area di proprietà della deducente, sulla quale già esisteva un tracciato viario certamente non realizzato dall’Amministrazione.

4b. A ciò aggiungasi che la nota con la quale la Provincia ha comunicato al Comune l’approvazione del progetto della strada di causa aveva specificato che “ della strada lungo lago venga eseguito esclusivamente il tratto compreso fra le sezioni n. 1 e la sezione n. 12 ”, soggiungendo che “ il tratto fra la sezione n. 13 e la sezione n. 37 ” - fra cui, pertanto, anche la parte che qui interessa - “ venga lasciato inalterato ed a fondo bianco in modo da non avere una strada a scorrimento ma solo di accesso pedonale alle spiagge libere ed alla proprietà Kinderdorf ”.

4c. Né torna utile all’Amministrazione citare il documento pertinente lo “ stato finale dei lavori eseguiti ”, redatto il 25 ottobre 1977: detto atto descrive i lavori svolti (demolizioni, rifacimenti, muri di cinta, pavimentazioni stradali, formazione di scarpate) e ne indica le quantità ma, tuttavia, si presenta generico con riferimento ai singoli tratti stradali in cui dette opere sono state eseguite;
a ciò aggiungasi il fatto, inequivoco, che nel tratto di proprietà della Società Feriendorf la “ strada ” doveva essere “ lasciata inalterata e a fondo bianco ”, così come si presenta ancora oggi.

4d. Ne consegue che l’Amministrazione non ha provato la sussistenza di uno dei due presupposti su cui sono fondati i provvedimenti impugnati: la realizzazione della “ strada ” a cura del Comune di Caldonazzo a metà degli anni ’70. A tacere del fatto che nulla è stato dimostrato, nemmeno in corso di giudizio, in relazione alle ulteriori affermazioni contenute nella deliberazione comunale in esame, e cioè che la “ strada ” sarebbe “ stata recentemente completamente rinnovata ” e che l’Amministrazione si farebbe carico della relativa “ manutenzione ordinaria e straordinaria ”.

5a. Quanto al secondo presupposto, ossia l’asserita esistenza di un uso pubblico, si deve osservare che può essere definita giuridicamente " strada " anche un’area di proprietà privata ove essa sia asservita all’uso pubblico.

Quest’ultimo, però, non può essere meramente affermato ma esige di essere dimostrato tramite la prova, oltreché dell'intrinseca idoneità del bene, dell’uso continuo e pubblico ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico, generale interesse (cfr., in termini, C.d.S., sez. IV, 15.6.2012, n. 3531).

Segnatamente, la costituzione su di una strada privata di una servitù di uso pubblico può avvenire, alternativamente, a mezzo della cosiddetta dicatio ad patriam - costituita dal comportamento del proprietario di un bene che mette spontaneamente ed in modo univoco il bene a disposizione di una collettività indeterminata di cittadini, producendo l'effetto istantaneo della costituzione della servitù di uso pubblico -, ovvero attraverso l'uso del bene da parte della collettività indifferenziata dei cittadini, protratto per il tempo necessario all'usucapione (cfr., C.d.S., sez. V, 28.6.2011, n. 3868).

Simmetricamente, la giurisprudenza civile ha puntualizzato che “ affinché un'area assuma la natura di strada pubblica, non basta né che vi si esplichi di fatto il transito del pubblico (con la sua concreta, effettiva e attuale destinazione al pubblico transito e la occupazione sine titolo dell'area da parte della pubblica amministrazione) … né l'intervento di atti di riconoscimento da parte dell'amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta ”, ma che è invece necessario, ai sensi dell'art. 824 c.c., che la strada risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base a un atto o a un fatto (fra anche l’usucapione) idoneo a trasferire il dominio, “ ovvero che su di essa sia stata costituita a favore dell'Ente una servitù di uso pubblico e che essa venga destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita dell'Ente, all'uso pubblico, ossia per soddisfare le esigenze di una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale ” (cfr., Cass. Civ., sez. II, 7.4.2006, n. 8204;
sez. I, 26.8.2002, n. 12540).

5b. Nella specie, risulta che:

- a detta della ricorrente l’accesso all’area di passaggio de qua è chiuso da una stanga (visibile dalla documentazione fotografica dimessa) chiusa con lucchetto, del quale l’Amministrazione possiede la chiave solo per poter accedere dapprima all’area gravata dalla servitù di passo e, quindi, tramite un viottolo, ad un fondo del Comune (situato oltre la proprietà della deducente) sul quale insiste una stazione di pompaggio della fognatura;

- il Comune conferma di aver autorizzato la posa della stanga ma sostiene che essa preclude l’accesso solo nel periodo estivo, quando sono presenti gli ospiti minori di Sos Feriendorf, mentre nel resto dell’anno essa rimane aperta per consentire il libero transito. In proposito produce una nota, inviata alla direzione della Società ricorrente nel dicembre 2006, con cui il Sindaco, su segnalazione di un censito (che, invero, lamentava una serie di inadempienze del Comune in ordine alla donazione di terreni ricevuta dalla Società consortile Lago di Caldonazzo) ha chiesto di rimuovere la stanga per “ garantire il passaggio al pubblico ” (cfr., doc. n. 13 in atti del Comune).

5c. Orbene, i principi giurisprudenziali esposti rendono ancor più evidente l’insufficienza dei dati allegati in questa sede dal Comune di Caldonazzo per suffragare la dedotta esistenza dell’uso pubblico. L’Amministrazione intimata, in altri termini, ha affidato ad una sola nota, con cui in un’occasione ha chiesto di aprire la stanga della quale un terzo lamentava la frequente chiusura, il compito di integrare la probatio della sussistenza di una servitù di uso pubblico.

Ne consegue che il Comune di Caldonazzo non ha adeguatamente provato:

- né l'avvenuto acquisto del tratto in questione per usucapione per decorso del termine ventennale;

- né ha rigorosamente dimostrato la sussistenza degli “ indici di riferimento ” individuati dalla giurisprudenza per integrare l’asservimento all’uso pubblico da tempo immemorabile da parte della collettività dei cittadini, fra i quali rileva l'uso continuo della strada da parte di un numero indeterminato di persone, il comportamento in relazione ad essa dell’Amministrazione nei settori dell'edilizia e dell'urbanistica, la sua inclusione in un centro abitato e l'effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio (cfr., Cass. Civ., sez. II, 28.9.2010, n. 20405).

6. Appare quindi evidente la non sufficienza degli elementi prodotti a fondare l’asserzione che l’area di causa sia di fatto destinata all’uso pubblico, ovvero che l’esistente servitù di passo ( da non confondere con quella di uso pubblico ) a favore esclusivo di alcuni terreni di proprietà del Comune si sia estinta per confusione in una più ampia servitù di uso pubblico acquistata per usucapione dallo stesso Ente civico.

7. In conclusione, il ricorso è fondato per i dedotti profili di violazione di legge e di difetto di istruttoria: in altri termini, l'Amministrazione comunale, prima di emettere il provvedimento di richiesta della procedura di regolazione tavolare, avrebbe dovuto accertare attraverso una adeguata istruttoria - i cui contenuti ed esiti avrebbero dovuto essere riportati nella motivazione del provvedimento adottato - se effettivamente sussistessero tutti i requisiti per poter qualificare il tratto in questione gravato da servitù di passo come strada destinata ad uso pubblico. Istruttoria e motivazione che, nel caso di specie, sono invece del tutto mancate.

Pertanto, previo assorbimento delle questioni non espressamente esaminate, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti comunali impugnati e con l’annullamento, in parte qua, della determinazione provinciale 5 dicembre 2011, n. 1037, indicata in epigrafe.

8. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata nel dispositivo nei confronti del resistente Comune, potendo restare compensate nei riguardi della Provincia autonoma di Trento.

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