TAR Potenza, sez. I, sentenza 2017-07-12, n. 201700481
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Testo completo
Pubblicato il 12/07/2017
N. 00481/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00890/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 890 del 2015, proposto da:
A V, rappresentato e difeso dall’avv. Filomena D’Addario, con domicilio ex art. 25, lett. a), cod. proc. amm. presso la Segreteria di questo Tribunale;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., non costituito in giudizio;
Ricorso ex artt. 112-115 Cod. Proc. Amm.,
per l’esecuzione del giudicato, formatosi sul Decreto n. 861 del 26.9.2013 emesso dalla Corte d’Appello di Potenza;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2017 il Cons. Pasquale Mastrantuono e udito l’avv. Urselli per dichiarata delega dell'avv. D'Addario;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. A V con atto del 23.12.2002 veniva citato dinanzi al Tribunale di Grottaglie ed il relativo giudizio risultava ancora pendente dinanzi alla Corte d’Appello al momento della proposizione del ricorso ex art. 2 L. n. 89/2001.
Con Decreto n. 861 del 26.9.2013 la Corte d’Appello di Potenza condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore del sig. A V, della somma di € 3.250,00, oltre interessi legali dalla data di presentazione del ricorso ex art. 2 L. n. 89/2001, cioè dal 10.9.2012, fino al soddisfo, nonché al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 650,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Tale Decreto è stato in data 18.8.2014 munito di formula esecutiva ed in data 29.1/4.2.2015 notificato al Ministero della Giustizia presso la sede di Roma Via Arenula n. 70.
Successivamente, il sig. A V ha proposto il presente ricorso, notificato il 19.10.2015 e depositato il 29.10.2015, con l’allegazione della certificazione ex art. 114, comma 2, cod. proc. amm. attestante il passaggio in giudicato del predetto Decreto, volto ad ottenere il pagamento delle suddette somme ed anche la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento: della rivalutazione monetaria;del risarcimento del danno non patrimoniale, causato dal disagio psicologico e senso di ingiustizia, conseguente alla mancata corresponsione delle citate somme, da liquidarsi in via equitativa;delle penalità ex art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm., sia con decorrenza dalla notifica del titolo esecutivo fino alla proposizione del ricorso in esame, sia per l’ulteriore ritardo successivo alla presente Sentenza nella misura di € 50,00 per ogni giorno successivo alla scadenza del termine assegnato da questo Tribunale.
La Corte d’Appello di Potenza, a ciò delegata dal Ministero della Giustizia, ha comunicato di aver pagato i suindicati crediti.
Nella Camera di Consiglio del 5.7.2017 il difensore del ricorrente ha confermato tale circostanza, chiedendo che fosse dato atto della cessazione della materia del contendere, ed ha depositato la nota delle spese di questo giudizio, con la quale è stato anche evidenziato che il Ministero della Giustizia risulta ancora debitore di € 189,73.
Con riferimento alla sorte capitale, relativa al danno derivante dall’irragionevole durata del suindicato processo, al Collegio non rimane altro che dichiarare, ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., la cessazione della materia del contendere.
Al riguardo, va precisato che il Ministero della Giustizia non può essere condannato al pagamento della suddetta somma di € 189,73, indicata nella nota spese deposita nella Camera di Consiglio del 5.7.2017, in quanto la parte ricorrente ha determinato tale somma, inserendo anche le spese relative a questo giudizio e calcolando gli interessi legali, senza specificare il giorno della ricezione della nota della Corte d’Appello di Potenza, con la quale sono stati chiesti i documenti, per provvedere al pagamento del debito di cui è causa.
Invece, risultano infondate le ulteriori domande, proposte dai ricorrenti.
Infatti, come già statuito da questo Tribunale (cfr. da ultimo Sent. n. 5 del 13.1.2017), le somme, liquidate con i Decreti ex L. n. 89/2001, vanno qualificate come crediti di valuta, ai quali possono essere aggiunti solo gli interessi legali, mentre la rivalutazione monetaria ai sensi dell’art. 1224, comma 2, C.C., spetta solo se il creditore dimostra di aver subito un danno superiore agli interessi legali. Ciò tenuto pure conto di quanto statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la Sentenza n. 19499 del 16.7.2008, ai sensi della quale nelle obbligazioni pecuniarie il “maggior danno” ex art. 1224, comma 2, C.C. a titolo di rivalutazione monetaria, riconoscibile in via presuntiva a qualunque creditore che ne domandi il risarcimento, consiste nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell’art. 1284, comma 1, C.C.. Ma, nella specie, la parte ricorrente non ha provato che nel periodo tra la pubblicazione del Decreto e la notifica del ricorso in esame il tasso dei predetti titoli di Stato è stato superiore agli interessi legali, né di aver subito un danno maggiore della suddetta differenza.
Parimenti, va disattesa la domanda, volta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, da liquidarsi in via equitativa, in quanto dopo la modifica del comma 3 e la soppressione del comma 4 dell’art. 112 cod. proc. amm. da parte dell’art. 1, comma 1, lett. cc), nn. 1 e 2, D.Lg.vo n. 195/2011, nell’ambito del giudizio di ottemperanza può essere disposta esclusivamente la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali, connessi alla mancata esecuzione del giudicato (cfr. TAR Basilicata Sent. n. 894 del 24.12.2014).
Infine, va respinta la richiesta delle penalità di mora ex art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm. con decorrenza dalla notifica del titolo esecutivo, in quanto la IV^ Sezione del Consiglio di Stato: 1) con la Sentenza n. 5580 del 9.12.2015 ha statuito che le penalità di mora ex art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm. non possono retroagire al periodo anteriore alla comunicazione e/o notificazione della sentenza del giudizio di ottemperanza, in quanto le predette penalità assolvono ad una funzione coercitivo-sanzionatoria e non ad una funzione riparatoria, cioè costituiscono una pena e non un risarcimento, poiché hanno una finalità esclusivamente deterrente;2) con la Sentenza n. 5786 del 21.12.2015 ha precisato che, poiché le penalità di mora nel processo amministrativo sono uno strumento per contrastare non la "inottemperanza", ma il "protrarsi della stessa”, nonostante l'intervenuto accertamento di essa, decorrono non dalla notifica del ricorso per l’ottemperanza, ma, eventualmente, dallo spirare del termine concesso all'Amministrazione per adempiere.
Tale orientamento giurisprudenziale, ai sensi del quale la condanna al pagamento delle penalità ex art. 114, comma 4, lett. e), Cod. Proc. Amm. non può decorrere da una data anteriore alla Sentenza, emessa dal Giudice Amministrativo sull’azione di ottemperanza, è stato ora recepito dall’art. 1, comma 781, L. n. 208/2015, che ha integrato l’art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm., statuendo espressamente che le penalità di mora decorrono “dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza”.
Tenuto conto sia della sollecitudine dimostrata dalla Corte d’Appello di Potenza, che ha corrisposto quanto dovuto appena venuta in possesso delle somme destinate al pagamento dei crediti ex L. n. 89/2001, sia della parziale infondatezza, sia della scarsa complessità del ricorso proposto, sussistono giusti motivi per disporre l’irripetibilità delle spese di causa da parte del ricorrente.