TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2024-05-02, n. 202402903

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2024-05-02, n. 202402903
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202402903
Data del deposito : 2 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2024

N. 02903/2024 REG.PROV.COLL.

N. 03123/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3123 del 2023, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato O A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico legale in Napoli, via A. Diaz n. 11;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

- del decreto del Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria n. -OMISSIS- del 30 maggio 2023;

- della preordinata deliberazione del Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria del 25 maggio 2023;

- di ogni altro atto preordinato, connesso o conseguenziale, comunque lesivo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2024 la dott.ssa Valeria Ianniello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

1. Nei confronti dell’odierno ricorrente, Assistente Capo Coordinatore della Polizia Penitenziaria, è stato avviato un procedimento disciplinare tramite contestazione degli addebiti del 3 ottobre 2022, notificata il 4 ottobre successivo, ai sensi dell’articolo 6, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 449 del 1992 ( Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi procedimenti ), a seguito della sentenza del Tribunale di Napoli n. 5 del 10 gennaio 2022 – pervenuta all’Amministrazione penitenziaria il 15 settembre 2022 – di condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, per i reati di cui agli articoli 110, 319, 319- bis , 321 del codice penale e agli articoli 73, comma 1 e 4, e 80, comma 1, lettera g), del D.P.R. 309/1990, perché “ in concorso e previo accordo con altri, tutti appartenenti alla Polizia Penitenziaria si faceva dare o comunque promettere denaro per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio ” (segnatamente “ per il superamento delle prove selettive psico-fisico-attitudinali finalizzate all’arruolamento nel Corpo di Polizia Penitenziaria di Omissis, poi risultato idoneo nonostante affetto da discromatopsia … con l’aggravante dell’aver il fatto ad oggetto il conferimento di pubblico impiego ”).

2. Il Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia, con deliberazione del 6 aprile 2023, ha proposto al Capo del Dipartimento la sanzione della destituzione, avendo ravvisato nei fatti accaduti “ l’idoneità della condotta a compromettere definitivamente il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore ”.

3. Infine, con l’impugnato decreto del Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria n. -OMISSIS- del 30 maggio 2023, , nei confronti del ricorrente è stata irrogata la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, a far data dal 21 luglio 2021, per violazione “ dei doveri sanciti per il personale del Corpo di Polizia penitenziaria dalla L. 15 dicembre 1990, n. 395 e dal D.P.R. 15 febbraio 1999, n. 82, nonché di quelli generali, di fedeltà e rettitudine, riconducibili all’art. 54 Cost., secondo comma, che impongono ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche un comportamento rispettoso delle leggi e conforme alla morale ”.

4. Avverso tale provvedimento – e la presupposta deliberazione del Consiglio Centrale di Disciplina – il ricorrente muove le seguenti censure:

1) violazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 449 del 1992, dell’articolo 9 della legge n. 19 del 1990, dell’articolo 55- bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, e conseguente estinzione del procedimento disciplinare;

2) eccesso di potere per difetto di motivazione e travisamento;
violazione degli articoli 5, 6 e 11 del decreto legislativo n. 449 del 1992, per avere l’Amministrazione “ ignorato ” l’intero novero di circostanze attenuanti (coinvolgimento affettivo con la persona favorita;
estraneità all’organizzazione criminosa che aveva orchestrato l’attività corruttiva;
piena collaborazione con gli inquirenti;
nessun precedente disciplinare;
irrilevanza delle funzioni di pubblico ufficiale nell’ambito della condotta censurata), che in sede penale avevano invece determinato l’applicazione dell’articolo 323- bis del codice penale (che diminuisce la pena per chi “ si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite ”);

5. Il ricorso è infondato e non può essere accolto.

5.1. Non è fondato il primo motivo.

5.1.1. L’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 449 del 1992 stabilisce che “ quando da un procedimento penale comunque definito emergono fatti e circostanze che rendano l’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all’Amministrazione ”.

Al riguardo, la Corte costituzionale si è pronunciata con la sentenza n. 51 del 2014, nella cui massima (respingendo la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 6) si legge che “ il buon andamento dell’azione amministrativa sollecita un’interpretazione che valorizza l’intervenuta conoscenza da parte dell’amministrazione della sentenza di non doversi procedere, potendosi, così, assicurare un corretto bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti che vengono in rilievo nel procedimento. D’altra parte, anche nella giurisprudenza costituzionale è ravvisabile un’evoluzione nella valutazione del bilanciamento degli interessi che si contrappongono nel procedimento disciplinare, arrivando a ritenere irragionevole e contrario al principio di buon andamento dell’amministrazione il far decorrere il termine per instaurare il procedimento dalla conclusione del giudizio penale con sentenza irrevocabile, anziché dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione ”.

Sulla scia di tale pronuncia, il Consiglio di Stato ha evidenziato che l’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 449 del 1992 è posto a presidio dell’esigenza:

- da un lato, “ di non lasciare il dipendente in una situazione di incertezza in ordine alla pendenza di un procedimento disciplinare ”;

- dall’altro, di non precludere – nei fatti – all’Amministrazione l’esercizio del potere disciplinare, “ malgrado la non imputabilità dello scorrere del tempo necessario per venire in possesso della notizia ”.

Ne deriva che il termine di 120 giorni si deve fare decorrere “ dalla data di conoscenza effettiva della sentenza da parte dell’Amministrazione ”, e che tale momento dev’essere individuato “ nel primo momento in cui o l’Amministrazione centrale o anche lo specifico Ufficio in cui presti servizio il dipendente siano venuti a conoscenza dell’avvenuta pubblicazione delle motivazioni della sentenza ” (Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza n. 1465 del 2021).

Non può, dunque, essere condivisa la ricostruzione della parte ricorrente, laddove afferma che “ essendo divenuta definitiva in data 29.01.2022 la sentenza penale di condanna, l’azione disciplinare avrebbe dovuto essere avviata entro il successivo 29.05.2023 [recte: 2022]” (pagina 5 del ricorso).

Deve, al contrario, ritenersi che, alla data del 4 ottobre 2022, quando è stata formulata la contestazione degli addebiti, non fosse ancora decorso il termine di centoventi giorni dalla conoscenza della sentenza da parte dell’Amministrazione, avvenuta mediante comunicazione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli in data 14 settembre 2022, assunta al prot. m_dg.

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