TAR Roma, sez. II, sentenza 2019-03-19, n. 201903674

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2019-03-19, n. 201903674
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201903674
Data del deposito : 19 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/03/2019

N. 03674/2019 REG.PROV.COLL.

N. 08759/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8759 del 2017, proposto da Naga Onlus - Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Cittadini Stranieri, Rom e Sinti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Elena Tanzarella e Marta Mengozzi, con domicilio digitale ex art. 25 cpa nonché domicilio materiale presso lo studio dell’avvocato Maria Mengozzi in Roma, viale XXI Aprile 11;



contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministero dell'Interno - Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex art. 25 cpa nonché in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per l'annullamento

- del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell'Interno, del 5 maggio 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 dell' 8 giugno 2017, concernente “Modifica del decreto 6 ottobre 2011 relativo agli importi del contributo per il rilascio del permesso di soggiorno”;

- della Circolare Ministeriale n. 400/A/2017/12.214.5, del 9 giugno 2017 concernente “decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell'Interno, del 5 maggio 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 serie generale dell' 8 giugno 2017, in vigore dal successivo 9 giugno”;

- di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, tra cui specificamente, e per quanto occorrer possa, del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell'Interno, del 6 ottobre 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011, concernente “Contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno”, con riserva di motivi aggiunti per quanto non è dato conoscere.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell'Interno e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2018 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.L’associazione ricorrente (di seguito anche solo NAGA) ha impugnato gli atti indicati in epigrafe lamentandone l’illegittimità in forza di articolati motivi di diritto e chiedendone l’annullamento.

Ha altresì chiesto al Tar di rimettere questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE davanti a la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ovvero di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 comma 2 ter e e dell’art. 14 bis del d. lgs n. 286/1998 in relazione agli articoli 3, 10,11, 53, 97 e 117 comma 1 della Costituzione.

Premette di essere pienamente legittimata ad agire in giudizio avverso i provvedimenti gravati in quanto deputata a difendere e garantire i diritti fondamentali dei cittadini stranieri e segnatamente di quelli appartenenti alle etnie rom e sinti, come più diffusamente esposto nel ricorso introduttivo, nel quale vengono testualmente riportate le pertinenti previsioni dello statuto dell’associazione.

Assume in fatto poi quanto segue.

La legge 15 luglio 2009, n. 94 (recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”) ha in più punti modificato la disciplina dell’immigrazione contenuta nel d. lgs. n. 286 del 1998 (“Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”: d’ora in avanti, per brevità, “T.U.”): tra le altre modifiche, l’art. 1, comma 22, lett. b) della l. n. 94 del 2009 ha introdotto, nell’art. 5 del T.U., il comma 2 - ter, che prevede un contributo per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, che lo straniero è tenuto a versare all’atto della istanza di rilascio o di rinnovo, in aggiunta ai contributi già attualmente previsti.

Dispone infatti l’art. 5, comma 2 – ter, del T.U., come introdotto dalla l. n. 94 del 2009, che «la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, che stabilisce altresì le modalità del versamento nonché le modalità di attuazione della disposizione di cui all'articolo 14-bis, comma 2».

L’art. 14 – bis del T.U., anch’esso inserito dalla l. n. 94 del 2009 (art. 1, comma 22, lett. n), stabilisce un vincolo di destinazione per il contributo di cui si è detto: dopo aver previsto, al comma 1, l’istituzione presso il Ministero dell'Interno di un “Fondo rimpatri”, finalizzato «a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza», l’art. 14 – bis stabilisce, al comma 2, che «nel Fondo di cui al comma 1 confluiscono la metà del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter, nonché i contributi eventualmente disposti dall'Unione europea per le finalità del Fondo medesimo», mentre «la quota residua del gettito del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter, è assegnata allo stato di previsione del Ministero dell'interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno».

Infine, il comma 2 – ter dell’art. 5 del d. lgs. n. 286 del 1998 esenta dal versamento del contributo le richieste di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno “per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari”.

Tale previsione normativa ha avuto una prima attuazione per il tramite del Decreto Ministeriale 6 ottobre 2011 il quale, in applicazione delle norme citate imponeva ai richiedenti, a seconda della durata del titolo di soggiorno richiesto, nuovi e ulteriori contributi da un minimo di 80 a un massimo di 200 euro e li destinava, in parte, a attività di pubblica sicurezza del tutto estranee alla trattazione dei procedimenti in occasione dei quali venivano riscossi.

Con ordinanza 20 maggio 2014, n. 5290 l’intestato TAR ha disposto rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, perché fosse valutata la compatibilità della previsione normativa de qua di imposizione del contributo, nella misura e con la finalità indicate, con l’ordinamento dell’Unione.

La Corte di Giustizia, con sentenza del 2 settembre 2015 (CGUE, sentenza del 2.09.2015, in causa C-309/14, CGIL e INCA c. Italia) ha accertato e dichiarato la normativa italiana non conforme al diritto dell’Unione e ai suoi principi stabilendo che:

«La direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011, osta ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che impone ai cittadini di paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo di importo variabile tra EUR 80 e EUR 200, in quanto siffatto contributo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima».

Di conseguenza, il medesimo TAR, con propria sentenza del 24 maggio 2018 n. 6095/2016, confermata dal Consiglio di Stato con decisione 14 settembre 2016, n. 3903, ha accolto il ricorso e ha statuito che: «per l’effetto l’impugnato D.M. 6 ottobre 2011 deve essere annullato limitatamente ai seguenti articoli (in quanto esplicitano e/o presuppongono direttamente la rilevata radicale illegittimità dell’istituzione del contributo): - art. 1, comma 1; - art. 2, commi 1 e 2, nella sola parte in cui si riferiscono al contributo di cui al precedente art.1; - art. 3», considerando altresì, per espresso, assorbite le questioni di costituzionalità avanzate nel giudizio deciso.

Il vuoto normativo è stato colmato dal Decreto 5 maggio 2017 il quale tuttavia, secondo l’opinione della ricorrente, non risolve i profili di contrasto con il diritto comunitario già ravvisati dalla Corte di Giustizia, mantenendo un’impostazione che, per le ragioni che verranno di seguito ad essere esposte, pare connotata da profili di illegittimità.

Ed invero, l’art. 1 comma 1 del DM 5 maggio 2017 si sostituisce al corrispondente art. 1 comma 1, del Decreto del 2011.

Assume l’istante che l’impianto rimane il medesimo (in particolare l’ammontare dell’importo continua ad essere legato alla durata del titolo di soggiorno richiesto ed ad aggiungersi alla quota fissa imposta indipendentemente dal titolo richiesto), mentre l’ammontare dei contributi imposti in forza del DM 2011 viene ridotto della metà, e precisamente:

- € 40 per i permessi di soggiorno di durata superiore a tre mesi e inferiori o pari ad un anno;

- € 50 per i permessi di soggiorno di durata superiore a un anno ed inferiore o pari a due anni;

- € 100 per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e per i richiedenti il permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 27, comma 1 lett. a) del d. lgs. n. 286 del 1998 (dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia, ovvero di uffici di rappresentanze di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno stato membro dell’OMC, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro stato membro

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