TAR Trieste, sez. I, sentenza 2012-03-22, n. 201200110

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2012-03-22, n. 201200110
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201200110
Data del deposito : 22 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00555/2008 REG.RIC.

N. 00110/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00555/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 555 del 2008, proposto da:
Immobiliare San Lorenzo Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. M B, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia, n. 7;

contro

Comune di Pavia di Udine, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. R P, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7;
Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- della delibera del Consiglio Comunale di Pavia di Udine dd. 28.12.2005, con la quale è stata approvata la variante al PRGC del Comune di Pavia di Udine nella parte in cui prevede il cambio di destinazione d'uso dei fabbricati di proprietà della società ricorrente apponendovi un vincolo puntuale espropriativo, nonchè la delibera del consiglio comunale di adozione del Prg. dd. 30.5.2005.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pavia di Udine;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2012 il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 14 novembre 2008 e ritualmente depositato il successivo 3 dicembre, la Società Immobiliare San Lorenzo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, ha impugnato la variante urbanistica, meglio distinta in epigrafe, con la quale il Comune di Pavia di Udine ha impresso sul lotto di proprietà un vincolo preordinato all’espropriazione.

Ha premesso di essere proprietaria di un compendio immobiliare sito nel territorio del predetto Comune, catastalmente distinto al foglio 28, all. 14, mappali 56, 57, 306, e di avere ottenuto, in data 29 settembre 2000, la concessione edilizia n. 123/00 per la ristrutturazione di tale compendio ricadente in zona APR (Ambiti di Piano Urbanistico Attuativo), nella quale erano consentiti interventi edilizi e destinazioni d’uso residenziali, commerciali e terziarie. La ricorrente ha quindi esposto che tale titolo abilitativo non veniva ritirato presso gli uffici comunali e, di seguito, apprendeva, senza ricevere alcuna formale comunicazione da parte dell’Amministrazione, che, con delibera consiliare n. 69 del 28.12.2005, era stata approvata la Variante n. 28 al PRGC, che aveva introdotto un vincolo espropriativo sul compendio immobiliare in oggetto, includendolo nella zona omogenea “S”, destinata a servizi e attrezzature collettive, “dd-b”, ossia edifici per diritti democratici e biblioteca

Ha quindi sollevato i seguenti motivi di gravame:

1) violazione art. 7 l.n. 241/90, art. 11 d.P.R. n. 327/2001, in quanto l’introduzione del vincolo espropriativo sull’area non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento che ha condotto all’approvazione della variante urbanistica;

2) variazione degli standard prescritti dal

DPGR

126/95 - carente ed insufficiente motivazione - Eccesso di potere per illogicità della scelta - manifesta illogicità - erroneità dei presupposti di fatto, non essendo dato comprendere le ragioni che hanno indotto l’introduzione del contestato vincolo di destinazione urbanistica, che comunque esorbita dagli standard previsti per legge;

3) Eccesso di potere per illogicità – errata valutazione dei presupposti di fatti - violazione affidamento – assenza di motivazione – sviamento di potere - Violazione principi generali dell'ordinamento;

4) Richiesta danni - richiesta pagamento valore del bene – danni per mancato utilizzo

Ha concluso invocando l’annullamento degli atti impugnati ed il risarcimento del danno, previa CTU ai fini della quantificazione del risarcimento.

Si è costituito il Comune di Pavia di Udine resistendo. La difesa comunale ha in particolare osservato che la modifica della disciplina urbanistica non ha carattere puntuale, bensì generale perché investe l’intera zona nella quale ricade l’area di proprietà della società ricorrente

Non si è invece costituita la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.

Alla pubblica udienza del 7 marzo 2012, il ricorso, sulle conclusioni delle parti costituite, è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Viene all’esame del Collegio la questione della legittimità della Variante n. 28 del 2005, approvata dall’intimata Amministrazione, nella parte in cui introduce un vincolo preordinato all’espropriazione sugli immobili di proprietà della ricorrente.

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza di trattazione del ricorso, parte ricorrente evidenzia che l’Amministrazione comunale ha variato, nelle more, la disciplina urbanistica contestata con riferimento alla proprietà della ricorrente, espungendo dalla variante il vincolo preordinato all’esproprio. Parte ricorrente tuttavia insiste per l’accoglimento della domanda risarcitoria, sulla base del ritardo con il quale avrà luogo il rilascio del titolo edificatorio a causa della illegittimità degli atti impugnati. Da ciò deriva l’attuale permanenza dell’interesse sotteso al ricorso, le cui censure vanno pertanto esaminate nel merito delle loro articolazioni.

Il ricorso è infondato.

Non persuade il primo motivo di ricorso, avuto riguardo alla previsione di cui alla legge n. 52 del 19.11.91 - in ordine alla inefficacia automatica del titolo edificatorio - e alla natura di variante generale, che, in quanto tale, esclude la pretesa necessità del previo avviso di avvio del procedimento.

Per il primo aspetto, occorre invero evidenziare che l’art. 82, comma ottavo della legge su citata testualmente prevede che “Solo successivamente al ritiro della concessione può darsi inizio ai lavori”, mentre il comma nono a sua volta stabilisce che “Decorsi centottanta giorni dalla notifica del Comune per il ritiro, la concessione diviene inefficace di diritto”. La formulazione di tali disposizioni normative depone chiaramente nel senso che il ritiro del titolo edificatorio è assolutamente necessario al fine della produzione degli effetti abilitativi, secondo lo schema classico degli atti cosiddetti recettizi, di talché la posizione giuridica della ricorrente non può ritenersi qualificata per effetto del semplice rilascio della concessione edilizia n. 123/00, ancorché mai ritirata. Si palesa per tali ragioni destituito di fondamento il versante di censura che appunto valorizza il rilascio del titolo edilizio ai fini della pretesa necessità della previa instaurazione del diaframma dialogico nelle forme dell’art. 7 della l.n. 241/90.

Per il secondo aspetto, viene in considerazione il complessivo tenore della disciplina urbanistica introdotta con la mentovata variante n. 28 del 28.12.2005, che, come evidenziato dalla difesa comunale, ha innovato la destinazione urbanistica di numerose zone (esattamente 25) del territorio comunale per tal via palesandosi quale variante generale, che, in quanto tale, soggiace alla speciale normativa che ne disciplina l’iter formativo. Non è dato cioè rinvenire spiragli applicativi in favore dell’invocato art. 11 del testo unico espropriazione, che impone il previo diaframma dialogico nelle forme dell’art. 7 della legge n. 241/90 soltanto quando si tratti di variante specifica, avente quindi ad oggetto l’esecuzione di “una singola opera pubblica”. Si afferma infatti in giurisprudenza che “l’adozione di una variante urbanistica non deve essere preceduta dall’avviso dell’avvio del procedimento , essendo la partecipazione degli interessati all’atto generale di pianificazione territoriale sufficientemente garantita dal particolare regime di pubblicità degli atti di programmazione urbanistica in quanto atti amministrativi a contenuto generale , in linea con quanto stabilito dall'art. 13 l. n. 241 del 1990. Per cui solo in presenza di una dichiarazione di utilità implicita idonea ad alterare il precedente assetto urbanistico del territorio, al di fuori del normale procedimento di variante del p.r.g. previsto dalla legge, viene riconosciuto l'obbligo della p.a. di avvisare immediatamente dell'iniziativa i soggetti interessati” (cfr. T.A.R Marche Ancona, 21 dicembre 2001, n. 1284). La giurisprudenza, più di recente, ha ribadito che “l’avviso dell’avvio del procedimento non è dovuto quando si è al cospetto di atti di pianificazione territoriale (nella fattispecie approvazione di variante al PRG) perché in tali casi la "comunicazione" prevista per legge è effettuata mediante la pubblicazione degli atti adottati nel corso del complesso procedimento (all'Albo pretorio e/o sulla G.U.)” (cfr. T.A.R Puglia Bari, sez. III, 08 ottobre 2009, n. 2392). E’ bene precisare che il condivisibile orientamento giurisprudenziale testé rassegnato affonda le sue radici nel testo della previsione normativa di cui all’art. 11, comma 1 lett. b) del d.P.R. n. 327/2001 (Testo Unico Espropriazione), che impone l’avviso di avvio del procedimento al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all’esproprio nel caso di adozione di una variante al piano regolatore “per la realizzazione di una singola opera pubblica”, fattispecie, per le ragioni anzidette, non configurabile.

Il motivo in esame va quindi disatteso.

Parimenti non convince il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce il difetto di motivazione, in quanto dalla lettura della relazione si evincono con nettezza le ragioni poste a base della contestata previsione urbanistica. In particolare, si legge nella relazione allegata agli atti del giudizio, segnatamente al punto 20 “Lauzacco – Modifica da zona APR a zona dd-b”, che “A fronte della situazione descritta che vede una forte volumetria inutilizzata, il municipio si trova a disporre di una superficie insufficiente soprattutto rispetto alla biblioteca e all’archivio che, essendo interrato corre anche forti rischi nell’evenienza di alluvioni. Si prevede dunque di acquisire gli immobili attigui così da utilizzare il piano terra per la biblioteca. Lo spazio del tutto insufficiente occupato dalla biblioteca attuale verrebbe destinato agli uffici e la biblioteca disporrebbe di uno spazio più ampio e accessibile direttamente dalla piazza senza interferenze con le attività del municipio”.

Né può assumere l’auspicato rilievo viziante la circostanza del superamento degli standard urbanistici, in quanto in tali casi residua, secondo l’insegnamento della giurisprudenza (Consiglio di stato, sez. IV, 12 gennaio 2011 , n. 133) soltanto un più intenso onere motivazionale, il cui assolvimento trova riscontro attraverso le ampie argomentazioni poste a corredo della contestata previsione urbanistica.

Non persuade infine il terzo motivo di ricorso, in quanto il semplice rilascio del titolo edificatorio, in assenza del suo ritiro presso gli uffici comunali, non è tale da consolidare alcuna posizione di affidamento sulla effettiva legittimazione alla realizzazione del progettato intervento sia in ragione della espressa ed inequivoca previsione di legge regionale che, come visto, condiziona l’efficacia abilitante del titolo alla sua materiale ricezione da parte dell’interessato, sia in considerazione della specifica avvertenza apposta in calce al titolo stesso che ripropone la su descritta formula del comma 9 dell’art. 82 della Legge Regionale n. 52/1991.

Nemmeno fondato è il profilo di censura con il quale si lamenta la mancata attivazione della procedura semplificata mediante l’approvazione di un progetto quale variante al PRG perché contraddice la vista natura generale dello strumento pianificatorio approvato, il quale è frutto di una revisione complessiva della disciplina urbanistica vigente sul territorio comunale.

Tanto premesso, il ricorso va respinto siccome del tutto infondato.

Sussistono nondimeno giusti motivi, stante la particolarità della vicenda, per compensare tra le parti costituite le spese di lite.

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