TAR Brescia, sez. I, sentenza 2014-03-26, n. 201400300

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2014-03-26, n. 201400300
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201400300
Data del deposito : 26 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00462/2013 REG.RIC.

N. 00300/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00462/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 462 del 2013, proposto da:
L F, rappresentato e difeso dall'avv. R L, con domicilio eletto presso R L in Brescia, via del Sebino, 48;

contro

Ordine degli Avvocati di Brescia, rappresentato e difeso dall'avv. Y M, con domicilio eletto presso Maria Ughetta Bini in Brescia, via Ferramola, 14;
Procura Generale Presso il Tribunale Ordinario di Brescia;

l’annullamento previa sospensione

del provvedimento 2 aprile 2013, notificato il 23 aprile 2013, con il quale il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Brescia ha respinto la richiesta presentata da L F per essere iscritto all’albo degli avvocati di Brescia nella sezione speciale “avvocati stabiliti”;

di ogni atto preordinato, connesso, presupposto ovvero conseguente;

nonché la condanna

dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ordine degli Avvocati di Brescia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 il dott. F G S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L F, odierno ricorrente, allegando di essere iscritto quale advocat presso il corrispondente Ordine professionale della città di Barcellona -come è noto capitale della regione autonoma della Catalogna, nel Regno di Spagna- e di ivi esercitare la relativa professione legale, domandava il 14 febbraio 2013 all’Ordine degli avvocati di Brescia di ivi essere iscritto nella sezione speciale dell’Albo riservata agli “avvocati stabiliti”, ovvero a coloro i quali, in possesso della relativa abilitazione professionale conferita loro da altro Stato dell’Unione Europea, acquistano - dopo un certo periodo di attività in Italia di intesa con un professionista nazionale- l’abilitazione anche per il nostro ordinamento, ai sensi della direttiva 16 febbraio 1998 98/5/CE e del decreto di attuazione, d. lgs. 2 febbraio 2001 n°96 (v. ricorso, p. 2 § 1;
si tratta di fatti non controversi in causa).

A fronte di ciò, L F riceveva peraltro (doc. 2 ricorrente, copia di essa) una comunicazione dell’Ordine intimato, che gli domandava di fornire chiarimenti sulla sua attività effettiva nel Regno di Spagna;
compariva a tal fine avanti il Consiglio stesso il giorno 11 marzo 2013, ma in tal sede dichiarava di nulla voler comunicare, ritenendosi a ciò non tenuto in base alle norme vigenti;
all’esito del procedimento, riceveva quindi il provvedimento negativo meglio indicato in epigrafe, nel quale il Consiglio stesso, non mettendo in discussione la generale disciplina degli avvocati stabiliti, negava ch’egli, nel caso concreto avesse titolo per la richiesta iscrizione, ravvisando un caso di abuso del diritto europeo;
riteneva infatti, attesa la mancata prova di un effettivo esercizio della professione nel Paese d’origine, di trovarsi di fronte ad un trasferimento richiesto al solo fine di eludere l’esame di Stato, com’è ancora noto previsto nel nostro ordinamento ma non, all’epoca dei fatti, in quello spagnolo (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato;
v. in part. p. 7 in fine).

Avverso il suddetto diniego, L F ha proposto nella presente sede ricorso, articolato in tre complesse censure, riconducibili ad un unico motivo di violazione dell’art. 6 del d. lgs. 96/2001, nei termini di cui appresso.

In proposito, il ricorrente premette di ritenere fornito di giurisdizione questo Giudice, in luogo del Consiglio nazionale forense, il quale ai sensi dell’art. 36 della l. 31 dicembre 2012 n°247 avrebbe giurisdizione “ in materia di albi, elenchi e registri ”, e ciò per due motivi. In primo luogo, e in ogni caso, la giurisdizione del giudice amministrativo di legittimità sarebbe a suo dire determinata per connessione, per avere egli proposto domanda risarcitoria, sempre a suo dire comunque di competenza di questo Giudice. In secondo luogo, anche a ritenere in base alle norme la giurisdizione del C.N.F. anche sulla domanda risarcitoria, tale giurisdizione sarebbe contraria sia alla Costituzione nazionale, sia al diritto europeo, e in particolare all’art. 9 della direttiva 98/5/CE , che garantisce in materia la possibilità di presentare un ricorso giurisdizionale di diritto interno. In tal senso, sempre a dire del ricorrente, il C.N.F. sarebbe giudice non imparziale, in quanto composto da membri della stessa categoria professionale, come tali per definizione interessati alla controversia. Ove il Giudice adito non ritenesse di aderire a tale interpretazione, il ricorrente lo invita a sollevare le relative questioni di incostituzionalità ovvero di contrasto con il diritto europeo.

Ciò premesso, il ricorrente, nell’unico motivo, deduce come si è detto violazione dell’art. 6 del d. lgs. 96/2001, nel senso che a suo dire per ottenere l’iscrizione quale avvocato stabilito basterebbe il mero dato formale del possesso del titolo estero.

Con memoria 14 giugno 2013, il ricorrente ha ribadito le proprie asserite ragioni.

Resiste l’Ordine bresciano, con memoria formale 5 giugno e memorie 14 giugno 2013 e 14 febbraio 2014, e domanda che sia dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del CNF, e che il ricorso sia comunque respinto nel merito, difendendo quanto già esposto nel provvedimento.

La Sezione, all’udienza del giorno 19 marzo 2014, fissata ai sensi dell’art. 55 comma 10 c.p.a. con l’ordinanza cautelare 20 giugno 2013 n°2971, tratteneva il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. Accogliendo la relativa eccezione dedotta dall’amministrazione intimata, questo Tribunale deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in favore del Consiglio Nazionale Forense e quindi confermare, pur alla luce delle articolate deduzioni in contrario formulate dal ricorrente, il proprio orientamento già espresso nella propria sentenza sez. I 27 settembre 2013 n°806, con motivazioni ulteriori rispetto a quanto già contenuto in Cass. civ. SS. UU. 22 dicembre 2012 n°28340.

2. La “ competenza giurisdizionale ” del C.N.F. “ in materia di albi, elenchi e registri ” come si è accennato è attualmente prevista dall’art. 36 della l. 31 dicembre 2012 n°247, cd. nuovo ordinamento forense;
è norma che replica la previgente contenuta nell’ordinamento abrogato, Regio D.L. 27 novembre 1933 n°1578, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 gennaio 1934 n°36, e integra, come è noto, un’ipotesi di giurisdizione speciale antecedente alla Costituzione repubblicana, mantenuta in vigore sino ad un -tuttora non attuato- riordino generale di tali giurisdizioni in forza della VI disposizione transitoria della Costituzione stessa.

3. Non valgono in contrario, anche volendo prescindere dal tenore letterale univoco della norma, le sentenze citate dal ricorrente a p. 3 del ricorso: per limitarsi a quelle citate in modo esatto, sì da renderne rintracciabili le motivazioni complete, C.d.S. sez. IV 12 marzo 2012 e 21 agosto 2006 n°4859 e TAR Lazio Roma sez. III quater 17 luglio 2009 n°7081 negano la giurisdizione speciale del C.N.F. non già in assoluto, ma con riguardo ad un caso che esula dalla norma, l’impugnazione di regolamenti generali sull’esercizio professionale, rientrante quindi nella giurisdizione amministrativa generale.

4. E’poi attribuito al C.N.F. per espresso disposto dell’art. 6 comma 7 del d. lgs. 2 febbraio 2001 n°96 anche il ricorso che l’aspirante avvocato stabilito può presentare avverso il diniego di iscrizione all’albo italiano oppostogli, anche tacitamente, dall’ordine territoriale. Immediata interpretazione sistematica porta poi a dire che la previsione di tale rimedio, da qualificarsi giurisdizionale, ancorché di giurisdizione speciale, attua l’art. 9 della direttiva 98/5/CE, che come si è detto garantisce che le decisioni in materia siano “ soggette a ricorso giurisdizionale di diritto interno ”.

5. A dire del ricorrente, il quadro normativo così ricostruito non sarebbe applicabile per due ordini di ragioni, la prima inerente al caso particolare e la seconda di ordine generale: le stesse vanno quindi esaminate in ordine logico, per ampiezza crescente della relativa portata.

6. Nel caso concreto, anzitutto, secondo il ricorrente la competenza giurisdizionale del C.N.F. -ammessa e non concessa la sua conformità a norme di ordine superiore, di cui appresso- non si applicherebbe per esser stata qui proposta contestualmente una domanda di risarcimento del danno che sarebbe derivato dal diniego di iscrizione, in ipotesi illegittimo. Tale ipotesi va esaminata per prima, poiché come è evidente, se essa fosse verificata, la questione della conformità a Costituzione ovvero al diritto europeo delle norme sulla giurisdizione speciale del C.N.F. perderebbe di rilevanza.

7. Secondo il ricorrente quindi, svolgendo quanto è implicito nelle sue deduzioni e si è accennato in premesse, la domanda risarcitoria in questione apparterrebbe di per sé alla giurisdizione amministrativa, e quindi ove contestuale alla domanda di annullamento comporterebbe una vera e propria deroga alla giurisdizione speciale per ragioni di connessione.

8. L’assunto di partenza è peraltro infondato, a prescindere dal delicato problema della ammissibilità di deroghe siffatte. Infatti, non risulta comunque dal sistema normativo che la domanda risarcitoria del danno derivante da un atto amministrativo, in mancanza di norme espresse, debba essere devoluta al giudice amministrativo generale anche quando la domanda di annullamento appartenga alla giurisdizione amministrativa generale: è in particolare silente in proposito l’art. 30 c.p.a.

9. In proposito, sebbene il tema non risulti in giurisprudenza affrontato esplicitamente con riguardo alla giurisdizione del C.N.F. si confrontano due possibili soluzioni. L’una è quella che emerge dalla notissima Corte cost. 6 luglio 2004 n°204, per cui è conforme alle regole costituzionali di piena tutela entro un processo di ragionevole durata che il giudice dell’annullamento di un atto sia anche il giudice del risarcimento del danno che l’atto stesso abbia cagionato, e ciò condurrebbe a concentrare la giurisdizione nel C.N.F.

10. La seconda soluzione è stata invece elaborata dalla Cassazione – in particolare da Cass. sez. un. 4 gennaio 2007 n°15 e 16 aprile 2007 n°8958- con riferimento alla tutela risarcitoria nei confronti di altri atti amministrativi sottoposti quanto al loro annullamento ad una giurisdizione speciale, ovvero gli atti dell’amministrazione tributaria, del cui annullamento conosce appunto la Commissione tributaria: in proposito, la Suprema Corte ha affermato che a fronte di una giurisdizione speciale, che è tassativa, le domande risarcitorie spettano al Giudice ordinario, che ne conosce in generale. Quel che interessa qui è che nessuna delle soluzioni astrattamente possibili conduce a ritenere la giurisdizione di questo giudice.

11. Non valgono in contrario le sentenze citate dal ricorrente a p. 4 dell’atto, relative a casi diversi e non pertinenti: Cass. SS. UU. 12 marzo 2008 n°6534 concerne il riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e amministrativo in tema di liquidazione delle parcelle professionali;
Cass. SS. UU. 15 giugno 2006 n°13911 la giurisdizione su una domanda di risarcimento del danno derivato da una espropriazione illegittima e Cass. SS. UU. 13 giugno 2006 n°13659 la giurisdizione su una domanda di risarcimento del danno derivato dalla illegittima esclusione da un corso di dottorato.

12. Ciò posto, il ricorrente sostiene altresì, con argomentazione di carattere generale, che la giurisdizione del C.N.F. sarebbe di per sé incostituzionale, ovvero contraria al diritto europeo, perché tale giudice, composto come detto in premesse da appartenenti alla stessa categoria professionale eletti dai colleghi, difetterebbe per ciò solo di imparzialità.

13. Incominciando dalla questione di costituzionalità, questo Giudice la ritiene manifestamente infondata, non trovando motivo di discostarsi dalle conclusioni raggiunte in proposito - sull’identica fattispecie della giurisdizione speciale di altro Ordine professionale- già da Corte cost. 23 dicembre 1986 n°284. Tale sentenza parte dal presupposto della rilevanza della questione, atteso che le giurisdizioni speciali esistenti all’entrata in vigore della Costituzione possono sopravvivere solo se effettivamente tali, ovvero se conformi ai requisiti di imparzialità e indipendenza che la Costituzione stessa prevede. Nel caso di specie, sempre secondo tale sentenza, tali requisiti per la giurisdizione dei Consigli nazionali degli Ordini sussistono: è assorbente in proposito il rilievo per cui una giurisdizione degli appartenenti alla categoria è modello organizzativo adottato dal Costituente stesso, con riguardo al giudizio disciplinare sui magistrati.

14. Si può poi aggiungere che, storicamente, la prima forma di garanzia da arbitri del potere di governo è vista proprio nel “giudizio dei pari”. Non vale poi in contrario ritenere, come fa il ricorrente, che, nel caso particolare delle nuove iscrizioni, gli appartenenti all’Ordine sarebbero interessati a priori, per ragioni di conservazione della propria “quota di mercato”, a respingere gli aspiranti: il numero degli iscritti agli Albi è considerevole, sì da rendere non apprezzabile l’influenza economica del caso singolo che il C.N.F. di volta in volta giudichi, e quindi insussistente l’interesse contrario a priori dei suoi componenti, fermo che concreti interessi relativi al caso di specie sarebbero rilevanti ai fini dei distinti istituti dell’astensione e della ricusazione.

15. Identiche considerazioni si possono trasferire alla distinta questione della conformità con il diritto europeo, nel quale si registrano orientamenti della Corte UE contrastanti, anche se non diffusamente argomentati: la sentenza 19 settembre 2006 C-506/04 W , invocata dal ricorrente, mette in discussione la natura giurisdizionale dell’omologo lussemburghese del C.N.F., mentre per il corrispondente organo austriaco arriva alla conclusione opposta 22 dicembre 2010 C-118/09 K .

16. Questo Tribunale deve però osservare che i diritti fondamentali sono stati da tempo recepiti nel diritto dell’Unione attraverso l’art. F § 2 del Trattato di Maastricht, in vigore dal 1 novembre 1993, per cui “ l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione di Roma del 1950 sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali ” –la nota CEDU- “ oltre che dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, come principi generali di diritto comunitario ”. Il concetto è ribadito all’art. 6 della nuova versione del Trattato, Trattato di Amsterdam in vigore dal 1 maggio 1999, per cui “ l’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri ”.

17. Un vero e proprio catalogo dei diritti fondamentali, identico per capirci a quello che è contenuto in una classica costituzione nazionale, è poi nella Carta europea dei diritti fondamentali, fatta a Nizza il 7 dicembre 2000 e recepita dall’ultima versione del Trattato europeo, entrato in vigore il 1 dicembre 2009: “ L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000… che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite dai trattati [comma 1 primo e secondo periodo]… L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite dai trattati [comma 2]. I diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali [comma 3].

18. Si può pertanto ritenere che la conformità di una norma nazionale alla Costituzione pure nazionale sotto il profilo di un diritto fondamentale come quello alla terzietà del giudice, presente sia nella CEDU all’articolo 6, che nella Carta di Nizza all’art. 47, sia sufficiente per ritenerne la conformità anche al diritto europeo, che nello specifico ha gli stessi contenuti.

19. La particolarità e complessità delle questioni trattate è giusto motivo per compensare le spese.

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