TAR Palermo, sez. III, sentenza 2016-06-29, n. 201601556
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N. 01556/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01041/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1041 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP), in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Comande', con domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, Via N. Morello n.40;
contro
Assessorato Regionale della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliata in Palermo, Via A. De Gasperi 81;
per l'annullamento
quanto al ricorso principale :
- degli artt. 4, 9, 13, 14, 15, 16 e 17 del Decreto dell'Assessore Regionale per la Salute n. 2277 del 29 dicembre 2014, pubblicato sulla G.U.RS. n. 4 del 23 gennaio 2015, ove interpretati nel senso che le disposizioni dagli stessi introdotte, in aggiunta ai recepiti indirizzi operativi di cui al Documento della Conferenza delle Regioni e Province autonome del 4 settembre 2014, siano applicabili alle strutture private accreditate che svolgano attività connesse alle tecniche di PMA anche in assenza della prescritta contrattualizzazione, costituente presupposto per il finanziamento delle relative attività con oneri a carico del S.S.R.;
- in ogni caso dell'art. 17 del Decreto dell'Assessore Regionale per la Salute del 29 dicembre 2014, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 4 del 23 gennaio 2015;
- di ogni altro atto, connesso, presupposto e/o consequenziale ad oggi non conosciuto dalla ricorrente;
quanto al primo ricorso per motivi aggiunti :
- dell'art. 1 del Decreto dell'Assessore alla Salute n. 109 del 28 gennaio 2015 pubblicato sulla G.U.R.S. n. 13 del 27 marzo 2015, ove interpretato nel senso che le tariffe relative alle 3 differenti tipologie di fecondazione eterologa ivi determinate trovino applicazione anche per le prestazioni erogate in regime esclusivamente privatistico dalle strutture private accreditate;
- del Decreto dell’Assessore alla Salute n. 638 del 15 aprile 2015, ove interpretato nel senso che le disposizioni dallo stesso introdotte siano applicabili alle strutture private accreditate che svolgano attività connesse alle tecniche di PMA anche in relazione alle prestazioni da queste ultime erogate in regime privatistico e senza oneri a carico del S.S.R.;
- in ogni caso, degli artt. 1, 2, 5, 7, 9 e 10 del Decreto dell'Assessore alla Salute n. 638 del 15 aprile 2015;
quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti :
-dell’art. 1 del Decreto dell'Assessore alla Salute n. 109 del 28 gennaio 2015 pubblicato sulla G.U.R.S. n. 13 del 27 marzo 2015, come sostituito dall’art. 1 del Decreto dell’Assessore alla Salute n. 1385 del 7 agosto 2015, comunicato alla ricorrente con nota della Segreteria Generale della Presidenza della Regione Siciliana prot. n. 40387 del 31 agosto 2015, trasmessa il 2 settembre 2015, ove interpretato nel senso che le tariffe relative alle 3 differenti tipologie di fecondazione eterologa ivi determinate trovino applicazione anche per le prestazioni erogate in regime esclusivamente privatistico dalle strutture private accreditate;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 la dott.ssa L M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo, notificato il 20 marzo 2015 e depositato il successivo 26 marzo, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata (in seguito denominata “AIOP”), nella sua qualità di associazione di categoria che cura gli interessi di numerose case di cura private che operano nel territorio siciliano ha impugnato, chiedendone l’annullamento, alcuni articoli del Decreto dell'Assessore Regionale per la Salute n. 2277 del 29 dicembre 2014, che contiene gli indirizzi operativi per l’erogazione delle prestazioni di procreazione medicalmente assistita (PMA) con tecniche eterologhe.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1) Illegittimità degli artt. 4, 9, 13, 14, 15, 16 e 17 del D.A. Salute del 29 dicembre 2014, ove intesi nel senso che le disposizioni introdotte si applichino alle strutture private accreditate anche non contrattualizzate, per: violazione e falsa applicazione dell’art. 117, comma 3 e comma 2 lett. L). Eccesso di potere per irragionevolezza, manifesta illogicità e disparità di trattamento.
Il ricorrente sostiene che la non chiara formulazione del decreto impugnato sembra destinare l’applicazione di tutte le sue disposizioni, e non solo degli indirizzi clinici di cui all’allegato 1 del decreto, alle strutture pubbliche e private che erogano trattamenti di PMA eterologa, a prescindere dall’effettiva contrattualizzazione con le ASP competenti.
Con riferimento ad alcune prescrizioni organizzative contenute nel decreto, deduce che la loro imposizione anche a strutture che operano in regime privatistico senza oneri a carico del SSR comporterebbe un indebita lesione della libertà di iniziativa economica e autonomia organizzativa delle strutture sanitarie private, oltre che la violazione del riparto di competenze tra Stato e regione in materia di ordinamento dello stato civile da un lato e organizzazione sanitaria dall’altra.
2) Illegittimità dell’art. 17 del D.A. Salute del 29 dicembre 2014 per: violazione e falsa applicazione dell’art. 8 bis del d.lgs. n. 502/1992. Violazione e falsa applicazione dell’allegato 1 del Decreto del Ministero della salute del 21 luglio 2004 recante le linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità manifesta e contraddittorietà con le altre disposizioni recate dallo stesso D.A. del 29 dicembre 2014 e dal D.A. n. 109/2015 adottato dalla medesima Amministrazione.
L’Associazione ricorrente sostiene che l’art. 17 del D.A n. 2277/2014, che prevede la creazione di un centro unico di prenotazione regionale per le coppie che necessitano della fecondazione eterologa, sia incompatibile con le caratteristiche stesse delle prestazioni di PMA e con la disciplina nazionale e regionale che regola le modalità di presa in carico delle coppie che richiedono di sottoporsi al trattamento, ed in particolare rispetto alle Linee guida nazionali di procreazione medicalmente assistita, emanate con il D.M. 21 luglio 2004.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti l’AIOP ha impugnato alcune previsioni contenute nel D.A. n. 638 del 15 aprile 2015, con il quale l’Assessorato resistente ha provveduto, tra l’altro, a ripartire la somma di € 3.800.000 da destinare al pagamento delle prestazioni rese da centri di PMA pubblici e privati accreditati del network regionale per le tecniche omologhe ed eterologhe.
Nel gravame sono formulati i seguenti motivi:
1) illegittimità degli artt. 1, 2, 5 e 7 del D.A. salute del 15 aprile 2015 n. 638 per: violazione e falsa applicazione dell'art. 8 bis del d.lgs. 509/1992. Violazione e falsa applicazione dell'art. 32 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell'art. 18 della l. 40/2004 e ss.mm.ii. Eccesso di potere per disparità di trattamento, irragionevolezza e illogicità manifesta. Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del D.A. n. 109/2015 non revocato sul punto.
Il primo motivo di impugnazione si sotto-articola nelle seguenti due censure:
1.1) Illegittimità della determinazione di un budget unico per la fecondazione omologa e la fecondazione eterologa.
Secondo parte ricorrente, il D.A. n. 338/2015 sarebbe illegittimo nella parte in cui fissa il budget per la fecondazione omologa e per quella eterologa, destinando a tale scopo per l'anno 2015
una somma pari ad € 3.800.000,00.
L’assegnazione è contestata tanto sotto il profilo dell’inadeguatezza dell’importo quanto per la previsione di un unico budget per ambedue le tecniche di fecondazione assistita.
Poiché si tratta di tecniche di procreazione rivolte a coppie con problemi di concepimento tra di loro diversi, cui corrispondono diversi ambiti di applicazione delle tecniche di intervento, l’Assessorato avrebbe dovuto stanziare due budget autonomi e distinti
1.2) Illegittimità della determinazione delle percentuali di riparto del budget tra strutture pubbliche e private accreditate e contrattualizzate.
L’AIOP contesta la scelta di destinare il 70% (comprensivo dello start up ) delle somme disponibili ai centri pubblici e solo il restante 30% alle strutture private;la decisione è censurata sotto il profilo della disparità di trattamento tra pubblico e privato in termini di libertà di scelta del soggetto erogatore del servizio sanitario nonché della irragionevolezza.
Inoltre, non sarebbe logica la decisione, a fronte delle limitate risorse interne messe a disposizione delle coppie siciliane per il cofinanziamento regionale delle prestazioni di PMA, di prorogare l’autorizzazione preventiva all’esecuzione di dette prestazioni in strutture sanitarie di altre regioni (cfr. art. 7 del DA 638/2015).
2) Illegittimità dell'art. 17 del D.A. del 29 dicembre 2014 e illegittimità in via autonoma e derivata dell'art. 9 del D.A. n. 638/2015 per: violazione e falsa applicazione dell'art. 8 bis del d.lgs. 509/1992. Violazione e falsa applicazione delle linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita di cui al decreto del ministero della salute del 21 luglio 2004 e ss.mm.ii.. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità manifesta e contraddittorietà con le altre disposizioni recate dallo stesso D.A. del 29 dicembre 2014 e dal D.A. n. 109/2015 adottato dalla medesima amministrazione.
Il decreto n. 638/2015 si appaleserebbe illegittimo nella parte in cui estende anche alla fecondazione omologa la disposizione, contenuta nell'art. 17 del D.A. del 29 dicembre 2014, già impugnata con il ricorso introduttivo e relativa alla creazione di un centro unico di prenotazione regionale per le coppie che necessitano di sottoporsi a trattamenti di PMA.
3) Illegittimità: 1) dell'art. 1 del D.A. salute n. 109 del 28 gennaio 2015 pubblicato sulla GURS n. 13 del 27 marzo 2015 ove inteso nel senso che le tariffe dallo stesso previste trovino applicazione con riferimento alle prestazioni erogate dalle strutture private accreditate in regime privatistico e senza oneri a carico del SSR e 2) del D.A. salute n. 638 del 15 aprile 2015 ove inteso nel senso che la disciplina con lo stesso introdotta trovi applicazione con riferimento alle prestazioni erogate dalle strutture private accreditate in regime privatistico e senza oneri a carico del SSR per: violazione e falsa applicazione. dell'art. 117, comma 3 e comma 2 lett. L). Eccesso di potere per irragionevolezza, manifesta illogicità e disparità di trattamento.
L’Associazione ricorrente impugna il D.A. n. 109/2015 qualora sia interpretato che le tariffe ivi stabilite debbano trovare applicazione anche in relazione alle prestazioni di PMA erogate dalle strutture in regime privatistico e dunque senza oneri a carico del SSR.
Il medesimo decreto è, altresì, impugnato nella misura in cui sia interpretato nel senso che la disciplina ivi recata trovi applicazione anche in caso di ricorso alle prestazioni di PMA al di fuori del regime di contrattualizzazione con il servizio sanitario regionale.
Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, l’Aiop ha impugnato l’art. 1 del D.A. n. 1385 del 7 agosto 2015, che ha sostituito l'art. 1 del D.A. n. 109 del 2015, ove interpretato nel senso che le tariffe indicate si applichino anche per le prestazioni erogate in regime esclusivamente privatistico.
L’Assessorato della salute si è costituito in giudizio, depositando memoria difensiva e documenti ed eccependo in primo luogo l’inammissibilità dei gravami nella parte in cui vengono impugnate disposizioni oggetto di censura nella misura in cui interpretate nel senso di introdurre obblighi anche a carico dei soggetti non contrattualizzati, trattandosi di doglianze che non sarebbero espressive di un concreto interesse ad agire.
Nel merito, l’Amministrazione regionale esclude che vi sia la possibilità che le previsioni impugnate possano essere interpretate nel senso paventato dalla ricorrente e che vi possa essere una interferenza nelle scelte organizzative di strutture che agiscono privatamente.
In relazione all’art. 7 del D.A. n. 368/2015, che ha prorogato il termine per il rilascio dell’autorizzazione assessoriale preventiva per le prestazioni extraregione, ne sostiene la legittimità, in ragione del carattere transitorio della previsione e della copertura dei relativi oneri attraverso le risorse rese disponibili dallo Stato ai sensi della Legge n. 40/2004.
Quanto alla creazione di un centro unico di prenotazione regionale, l’Assessorato nega la sussistenza di un conflitto con le linee guida in materia di procreazione medialmente assistita.
L’Assessorato, inoltre, reputa legittima la determinazione di un budget unico per la fecondazione omologa ed eterologa, in quanto tra l’altro coerente con la sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 2014.
Quanto alla determinazione della Regione di destinare il 70% delle risorse (comprensive anche dello start up ) alle strutture pubbliche e il restante 30% a quelle private, l’Assessorato resistente sostiene che trattasi di una scelta di merito, che come tale sarebbe sottratta al sindacato di legittimità, e richiama in proposito la decisione di questo T.A.R. n. 891 del 7 aprile 2016.
In vista dell’udienza di trattazione del giudizio, l’AIOP ha prodotto una memoria difensiva replicando in ordine all’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Assessorato ed insistendo nell’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2016, uditi per le parti i difensori presenti come da verbale e su loro conforme richiesta, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La controversia ha ad oggetto il decreto dell’Assessorato della Salute n. 2227 del 29 dicembre 2014, con il quale la Regione Sicilia ha recepito il “documento sulle problematiche relative alla fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2014”, adottato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome il 4 settembre 2014;è oggetto di impugnazione anche il successivo D.A. n. 109 del 28 gennaio 2015, come modificato dal D.A. n. 638/2015, recante la disciplina delle tariffe per le prestazioni di fecondazione eterologa.
2. La surriferita disciplina è impugnata dalla ricorrente AIOP sotto diversi profili.
Per quanto riguarda il D.A. n. 2227/2014, gravato con il ricorso introduttivo, sono oggetto di contestazione le parti del decreto in cui si introducono taluni adempimenti a carico delle strutture sanitarie che svolgono le attività connesse alle tecniche di PMA (procreazione medicalmente assistita).
In primo luogo, parte ricorrente contesta l'irragionevolezza delle disposizioni del D.A. (e, segnatamente, di quelle di cui agli articoli 4, 9, 13, 14, 15, 16 e 17), laddove si interpretino nel senso di ritenere applicabili gli adempimenti ivi indicati pure in capo alle strutture sanitarie private non contrattualizzate, e che quindi effettuano trattamenti di PMA senza oneri per il servizio sanitario regionale.
Si tratta di previsioni riguardanti i limiti e i criteri di accesso alle prestazioni di fecondazione assistita (artt. 4 e 9), l’istituzione e la descrizione dei compiti di una “cabina di regia” per il controllo delle attività in tema di PMA (artt. 14 e 15), la dotazione organica delle strutture che effettuano fecondazione eterologa (art. 16) e l’istituzione in via sperimentale di un numero verde, per permettere la realizzazione di un centro unico di prenotazione regionale per le coppie che necessitano della procreazione assistita (art. 17).
Analoga censura viene formulata, con successivi motivi aggiunti, con riferimento all’art. 1 del D.A. n. 109/2015 e del D.A. 368/2015, in relazione alla possibile applicazione alle strutture non operanti in regime di contrattualizzazione del SSR del regime tariffario per le prestazioni di PMA.
E’ possibile, sul punto, prescindere dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità sollevata nelle difese dell’Assessorato resistente, attesa la chiara infondatezza della doglianza.
La lettura interpretativa fornita dall’Associazione ricorrente sull’ambito di applicazione delle disposizioni impugnate risulta contraddetta tanto sotto il profilo testuale quanto in ragione delle finalità delle parti del decreto oggetto di impugnazione.
Infatti, le disposizioni citate contengono un testuale riferimento, nella quasi totalità dei casi, alla prestazioni rese con oneri a carico del SSR ed è comunque chiaro, per la tipologia di prescrizioni dettate, che si tratta di oneri organizzativi intimamente legati allo svolgimento di trattamenti in regime di copayment con il SSR. Il che esclude che tali oneri possano essere imposti a strutture che operano in regime esclusivamente privatistico.
3. Quanto al regime tariffario di cui all'art. 1 del D.A. n. 109 del 2015, è improcedibile l’originaria impugnazione di cui al primo ricorso per motivi aggiunti, atteso che la disposizione è stata sostituita dall’art. 1 del D.A. n. 1385 del 7 agosto 2015, ulteriormente gravata con il secondo ricorso per motivi aggiunti.
L'impugnazione in questione, che concerne la possibile interpretazione della citata norma nel senso che le tariffe ivi previste si applichino anche alle prestazioni erogate in regime privatistico e quindi senza oneri per il SSR si palesa, per le medesime ragioni sopra esposte, infondata.
4. Deve, pertanto, escludersi che dalle norme impugnate possa discendere una qualche forma di limitazione all’autonomia organizzativa e alla libertà di iniziativa economica delle strutture che non operano in regime di contrattualizzazione;in proposito, è possibile richiamare il chiaro contenuto dell'art. 3 del D.A. 109 del 2015, che ribadisce che l'erogazione a carico del s.s.r. è consentita solo ai soggetti pubblici e alle strutture private accreditate e contrattualizzate inseriti nel cd. “network regionale”, mentre quelle autorizzate ma non contrattualizzate possono eseguire solo tecniche di procreazione assistita in regime privato.
5. Con il secondo motivo formulato nel ricorso introduttivo, l’AIOP impugna l’art. 17 del D.A. n. 2277/2014, che prevede la creazione di un “CUP”, istituito presso l'Ospedale Cannizzaro di Catania, per le coppie che chiedono di accedere ai trattamenti di fecondazione eterologa, che l’AIOP ritiene di ostacolo al rispetto del principio della libera scelta, tra soggetto pubblico e privato, dell'operatore cui affidarsi.
Analoga censura è formulata, con motivi aggiunti, in relazione all’art. 9 del D.A. n. 638/2015, che ha modificato l’art. 17, estendendone l’applicazione anche all’ipotesi di fecondazione omologa.
Anche tali doglianze non possono essere accolte.
Deve preliminarmente ravvisarsi che la disposizione contemplata all’art. 17 del D.A. 2277/2014 ha, al momento, carattere eminentemente programmatico, in quanto si limita ad incaricare la menzionata azienda ospedaliera ad istituire in via sperimentale un numero verde a scopo solidaristico, sia per l’offerta di donazione di gameti sia “ per permettere la realizzazione di un centro unico di prenotazione per le coppie che necessitano della fecondazione eterologa ”.
Parte ricorrente ha, sul punto, correttamente fatto presente che l'accesso alla fecondazione eterologa non è frutto di una scelta immediata della coppia ma è preceduta da una complessa attività medica, che presuppone la raccolta di dati anamnestici e clinici e la formulazione della diagnosi, accompagnata da una attività di consulenza e assistenza informativa dei pazienti.
Dall’analisi della disposizione in esame, tuttavia, non è dato ricavare una immediata portata lesiva rispetto al paventato rischio che l’istituendo CUP possa risolversi in una limitazione della libertà di scelta del centro cui rivolgersi per il trattamento di PMA.
Non si evince, infatti, che le funzioni del CUP afferiranno all’attività di apertura della cartella clinica e all’anamnesi della coppia, così vincolando la coppia a sottoporsi al trattamento di fecondazione presso la struttura individuata dal CUP.
Poiché, allo stato, al CUP non risultano assegnati compiti siffatti, la sua istituzione in sé considerata non si pone in contrasto con le linee guida in materia di PMA di cui al D.M. 21 luglio 2004, che pure prevedono l’obbligo per le strutture che offrono trattamenti di PMA di fornire anche una specifica attività di sostegno e di consulenza, funzionale alla corretta scelta del percorso terapeutico da intraprendere.
Le linee guida non escludono, infatti, la possibilità che le Regioni forniscano un’attività consulenziale ulteriore, al fine di veicolare le prime conoscenze in favore delle coppie che successivamente valuteranno presso quale soggetto avviare il vero e proprio percorso terapeutico.
La previsione impugnata, quindi, allo stato non si palesa in grado di interferire negativamente rispetto alla libera scelta della struttura sanitaria cui fare successivamente ricorso.
6. Con il primo ricorso per motivi aggiunti, l’associazione ricorrente contesta, sotto diversi profili, la decisione dell’Assessorato di non corrispondere per i trattamenti di fecondazione eterologa un budget a sé stante ma di assegnare un unico importo, destinato a finanziare tanto l’accesso alla PMA omologa che all’eterologa.
Si tratta, nello specifico, di una somma pari a € 3.800.000,00, assegnata con vincolo di destinazione alla Regione Sicilia dal Ministero della salute, a norma dell’art. 18 della legge n. 40/2004.
Il budget viene inoltre suddiviso attribuendone il 70% della somma alle strutture pubbliche e il restante 30% a quelle private.
In proposito, deve preliminarmente escludersi che la Regione sia tenuta ad approntare, nelle more del futuro inserimento delle tecniche di PMA tra le prestazioni costituenti livelli essenziali di assistenza, risorse ulteriori rispetto a quelle assegnate dal Ministero.
Sul punto, il Collegio non ha ragione di discostarsi da quanto già statuito con la decisione di questo Tribunale n. 891 del 7 aprile 2016, nella quale si è affermato che nelle more dell’inserimento delle tecniche PMA nei LEA “ non è ipotizzabile che la Regione possa approntare autonome risorse in aggiunta a quelle assegnate, con vincolo di destinazione dallo Stato, anche considerata la grave crisi finanziaria e gli obblighi di bilancio gravanti sulla stessa Regione impegnata a garantire il regime di prosecuzione del Piano di rientro nello specifico settore della sanità regionale ”.
7. Quanto alla scelta di costituire in via unitaria un budget per coprire indistintamente i trattamenti di PMA, essa viene contestata dall’AIOP perché ritiene le due tecniche di procreazione non sarebbero tra loro assimilabili, sia per la diversità del tipo di trattamento sia in relazione ai diversi tempi per avviare e completare le tecniche di procreazione assistita, molto più lunghi in caso di fecondazione eterologa.
Occorre considerare che la scelta dell’Assessorato presuppone logicamente l’assimilabilità dei due trattamenti sanitari di PMA omologa ed eterologa ai fini della costruzione della relativa voce di budget ed è, quindi, è espressione di una valutazione di natura tecnica.
Ne consegue che, venendo in rilievo un giudizio che è espressione della discrezionalità tecnica esercitata dall’Amministrazione regionale, il relativo sindacato concesso a questo giudice non può che limitarsi alla ricerca di profili di eventuale manifesta illogicità e incongruenza delle decisioni assunte.
Entro questo limitato ambito di analisi, la prospettazione di parte ricorrente della irragionevolezza della scelta di assegnare di un budget unitario a trattamenti qualificati come totalmente diversi non si palesa meritevole di accoglimento.
La tesi della non assimilabilità delle due tecniche di fecondazione non è assistita dal richiamo a fonti normative primarie o secondarie dalle quali ricavare una ontologica incompatibilità di una visione unitaria dei due trattamenti.
Anzi, essa appare smentita tanto dalla Conferenza delle Regioni del 4 settembre che dalla decisione della Corte Costituzionale n. 162 del 2014, nelle quali si presuppone una radice comune dei due trattamenti di fecondazione eterologa e omologa, qualificati come species appartenenti all’unico genus della procreazione medica assistita.
Non sembra corretto, in sostanza, affermare, come sostenuto dalla ricorrente, che le due tipologie di fecondazione costituiscano trattamenti del tutto diversi: la parziale disomogeneità delle due tecniche non presenta, infatti, elementi di differenziazione tali da far ritenere illogica, nell'ambito del sindacato giurisdizionale consentito, la scelta di considerarle unitariamente ai fini del riconoscimento del relativo budget.
Anche l’ulteriore circostanza, prospettata nel gravame, che la maggiore durata del trattamento di PMA eterologa potrebbe incidere negativamente sulla sua accessibilità non è utile a dimostrare l’illogicità della determinazione unitaria del budget, trattandosi di un elemento fattuale, posto tra l’altro in termini puramente ipotetici, che non è in sé sufficiente a costituire una ragione valida per affermare la diversità delle relative prestazioni.
8. Sono ulteriormente infondate le doglianze sulla ripartizione del budget nella misura del 70% (comprensivo dello start up per l’allestimento di nuove strutture) per i soggetti pubblici e del restante 30% per le strutture private.
La ripartizione è il frutto di una scelta che esprime un’ampia discrezionalità della Regione e non risulta connotata da profili di evidente illogicità.
La decisione assunta, infatti, appare del tutto ragionevole rispetto all’obiettivo perseguito di irrobustire, anche attraverso l’implementazione di nuovi centri, l'offerta da parte del servizio pubblico regionale dei trattamenti di PMA, che allo stato risulta deficitaria.
Il perseguimento dell’intento di potenziare l’offerta del settore pubblico, pertanto, non si pone in contraddizione con i principi che regolano l’accesso delle strutture private in regime di accreditamento al SSR ma, anzi, risponde perfettamente all’esigenza di garantire ai pazienti una erogazione ottimale del trattamento, attraverso l’effettiva possibilità di scegliere tra le diverse componenti pubbliche e private del servizio sanitario.
9. Non merita neppure accoglimento la censura relativa all'art. 7 del D.A. n. 638/2015, con il quale l’Assessorato si è limitato a prorogare il termine già fissato nel precedente D.A. n. 61 del 29 luglio 2014 per il rilascio dell'autorizzazione preventiva per le prestazioni extraregioni.
Si tratta di una previsione la cui copertura dei relativi oneri è supportata da apposite risorse messe a disposizione dello Stato ai sensi della legge n. 40/2004 e che risponde all’esigenza di supportare i percorsi assistenziali già attivati, fino a quando le tecniche di PMA non saranno inserite nel LEA.
La disposizione, quindi, non ha alcuna refluenza negativa rispetto alle decisioni assunte circa i trattamenti di PMA da erogarsi entro l’ambito territoriale della regione e le relative determinazioni in termini di budget.
10. Conclusivamente, alla luce di quanto complessivamente esposto, il ricorso introduttivo e il secondo ricorso per motivi aggiunti sono infondati;il primo ricorso per motivi aggiunti va dichiarato in parte improcedibile (in relazione all’impugnazione dell’art. 1 del D.A. n. 109/2015, sostituito dal D.A. n. 1385 del 2015) e per la restante parte è infondato;
11. Attesa la novità e la particolarità delle questioni affrontate, le spese del giudizio possono essere complessivamente compensate tra le parti.