TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-07-22, n. 201027743
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 27743/2010 REG.SEN.
N. 08506/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 8506 del 2009, proposto da:
R G, rappresentato e difeso dagli avv. F G S, M C S, con domicilio eletto presso F G S in Roma, via G. Paisiello, 55;
contro
- Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso la quale domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
F C, n.c.;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Michele Di Domenico, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Di Domenico, con domicilio eletto presso Michele Di Domenico in Roma, via Fontanile Arenato, 288;
per l'annullamento
- della valutazione di non idoneità delle prove scritte del ricorrente (individuato con la busta n. 857), quale risulta dal verbale n. 248 del 15 luglio 2008, della Commissione per l’esame teorico – pratico di concorso per la nomina a notaio, i cui risultati sono stati affissi nei locali del Ministero della Giustizia il giorno 9 luglio 2009, e della conseguente non ammissione del ricorrente a sostenere le prove orali del concorso a 230 posti di Notaio, bandito con decreto ministeriale del 10 luglio 2006 pubblicato su G.U. n. del 18 luglio 2006, IV s.s., n. 54;
- del verbale n. 7 relativo alla riunione dell’8 novembre 2007 della Commissione giudicatrice, relativo alla determinazione dei criteri di valutazione delle prove di concorso;
- nonché di ogni altro atto presupposto, conseguenziale, o comunque connesso, e, ove occorra, in particolare, il verbale n. 584 del 30 giugno 2009 e allegati, della Commissione esaminatrice.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 28 aprile 2010 la d.ssa S M e uditi altresì gli avv.ti delle parti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
FATTO
1. Espone parte ricorrente di aver preso parte alle prove scritte della selezione concorsuale precedentemente indicata, risultando non idonea ai fini dell’ammissione alle prove orali in esito alla correzione del terzo elaborato (atto inter vivos ), nel quale sono state riscontrate le seguenti carenze e gravi insufficienze:
- il candidato costituisce l’acquirente T, facendogli menzionare esplicitamente la sua situazione patrimoniale coniugale (“..dichiara di essere coniugato in regime di comunione legale dei beni”), ma omette di far intervenire in atto la di lui coniuge, al fine di consentire la valida costituzione di ipoteca sull’immobile compravenduto;in parte teorica non vi è nessuna giustificazione della soluzione adottata, né alcuna altra considerazione o osservazione in relazione a detta fattispecie;
- nell’ambito dell’accollo di mutuo, il candidato fa esplicito riferimento alla natura fondiaria di tale mutuo, salvo poi prevedere che “il presente accollo interno verrà notificato al creditore signor..”, mostrando così di ignorare che, in base alla normativa in materia di credito fondiario, il creditore può essere soltanto un istituto di credito”;
- nell’ambito della delegazione di pagamento nei confronti del creditore Sempronio, quest’ultimo consente alla cancellazione dell’ipoteca iscritta a suo favore, senza che risulti avvenuto il pagamento del suo credito ;
- nell’ambito della dilazione di pagamento della somma di euro 500.000,00 a cui smobilizzo vengono emessi i pagherò cambiari, manca totalmente la descrizione di questi ultimi, al fine di consentire la relativa iscrizione dell’ipoteca a garanzia, con conseguente annotazione sui titoli;la tecnica redazionale dell’atto è assai modesta e confusa;l’atto è costellato da numerose cancellature e correzioni, non accompagnate dalle dovute postille;
- la parte teorico motiva non sviluppa i temi proposti dalla traccia e si dilunga in espressioni ultronee e non pertinenti ”.
Questi i dedotti motivi di doglianza:
- dalla lettura del verbale n. 7 dell’8.11.2007, contenente i criteri di correzione, risulta che i criteri per la valutazione dell’idoneità, a differenza di quelli relativi all’individuazione di nullità o gravi insufficienze, non sono affatto rigidi e precisi, risolvendosi semplicemente 1) nella “rispondenza al contenuto della traccia”, ovvero 2) nell’ “aderenza ai principi e alle norme dell’ordinamento giuridico vigente, nonché alle tecniche redazionali.
Per converso, - la Commissione, nell’applicazione della disposizione di cui all’art. 11, comma 7, del d.lgs n. 166/2006 (come del resto pubblicamente denunciato da uno dei membri della Commissione, sia con esposto al Ministro, sia nell’allegato al verbale n. 584 del 30 giugno 2009), non si è attenuta ad un metro di giudizio univoco e ha fatto arbitrariamente rientrare nei casi di esclusione qualunque insufficienza o inesattezza;
- il gravato verbale n. 7 dell’8 novembre 2007, va oltre a quanto previsto dal suddetto comma 7, disponendo che “analogamente il candidato sarà dichiarato non idoneo allorquando le mancanze..dovessero risultare dalla lettura del terzo elaborato”. Le norme in argomento, a dire del ricorrente, impongono alla Commissione che abbia proceduto alla correzione di tutti e tre gli elaborati di un giudizio complessivo di “idoneità” ovvero di “non idoneità”;la ratio della disposizione è quella di garantire a chi, come il dr. G, ha realizzato due eccellenti elaborati e un terzo di non pari livello (a giudizio della Commissione) la possibilità di conoscere le reali motivazioni che lo hanno escluso dalle prove orali del concorso;
- nel merito, relativamente al mancato intervento del coniuge in regime di comunione legale dei beni, all’atto di costituzione dell’ipoteca sull’immobile compravenduto, la più recente dottrina ritiene l’ipoteca comunque validamente iscritta;relativamente alla problematica della cancellazione dell’ipoteca, richiama il verbale n. 584 del 30 giugno 2009, dal quale si evince, in materia, il mutamento di orientamento della Commissione;quanto all’accollo del mutuo, il riferimento al “..signor” ben poteva essere interpretato come riferito al rappresentante della banca; l’avere specificato che la delegazione avveniva, ai sensi dell’art. 1269, era comunque rispondente alle indicazioni della traccia;nella parte teorica, il ricorrente ha trattato tutti gli argomenti richiesti.
Si è costituita, per resistere, l’Avvocatura generale dello Stato.
Parte ricorrente ha depositato una memoria.
La parte pubblica ha depositato una memoria unica per tutti i ricorsi chiamati alla pubblica udienza del 28 aprile 2010, alla quale il presente ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, va dato atto della rinuncia all’intervento da parte del dr. Di Domenico.
1.1. È altresì opportuno procedere alla individuazione del pertinente quadro normativo di riferimento;e, di seguito, dei criteri dalla Commissione esaminatrice stabiliti ai fini della valutazione delle prove scritte.
1.2. Stabilisce l’art. 10, comma 2, del D.Lgs. 24 aprile 2006 n. 166 che la Commissione, prima di iniziare la correzione, definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove stesse.
Il successivo comma 6 affida al Presidente del predetto organismo il compito di assicurare, all'interno delle sottocommissioni che procedono alla correzione, una periodica variazione dei componenti, compatibilmente con le esigenze organizzative;ed attribuisce al medesimo Presidente, allo scopo di garantire omogeneità di valutazioni, la facoltà di convocare riunioni plenarie o sedute allargate della commissione in modo che possano assistere alla correzione anche altri commissari che, nell'occasione, non hanno diritto di voto e di intervento (comma 7).
Quanto alle modalità di correzione degli elaborati, l’art. 11 prevede (comma 1) che ciascuna sottocommissione proceda, collegialmente e nella medesima seduta, alla lettura dei temi di ciascun candidato, al fine di esprimere un giudizio complessivo di idoneità per l'ammissione alla prova orale.
Prosegue il comma 2 indicando che, “salvo il caso di cui al comma 7, ultimata la lettura dei tre elaborati, la sottocommissione delibera a maggioranza se il candidato merita l'idoneità”.
La previsione normativa da ultimo indicata stabilisce, poi, che “nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla commissione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”.
1.3. Quanto sopra osservato, va ulteriormente rilevato come dalla lettura delle riportate disposizioni legislative è dato evincere che costituisce onere della Commissione la (pre)determinazione dei criteri di valutazione, alla stregua di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 11 del D.Lgs. 166/2006.
Tale adempimento, peraltro, riceve accentuata rilevanza ove la fondamentale disposizione di cui al comma 2 dell’art. 11 venga letta in combinato disposto con la previsione di cui al successivo comma 7, atteso che:
- se è vero che è rimessa all’organo concorsuale la “generale” fissazione dei “criteri che regolano la valutazione degli elaborati”;
- la (consentita) possibilità di escludere un candidato dalla partecipazione alle prove orali, nel caso in cui dal primo o dal secondo elaborato emergano “nullità” o “gravi insufficienze”, postula, con ogni evidenza, che siffatte categorie vengano adeguatamente precisate mediante l’individuazione delle tipologie di “errori” suscettibili di essere ricondotte nell’ambito della generica declaratoria di legge.
In altri termini, alla declaratoria generale dei criteri di valutazione accede l’ulteriore onere della specificazione contenutistica delle fattispecie della “nullità” e della “grave insufficienza”: ovvero di quegli elementi che, in ragione della insuperabile, ovvero accentuatamente grave, presenza di inesattezze, consentano di procedere senz’altro alla esclusione del candidato dalla procedura selettiva.
1.4. Il modus procedendi al riguardo seguito dalla Commissione è esplicitato nel verbale n. 7 dell’8 novembre 2008, nell’ambito del quale è contenuta la declaratoria dei criteri per la valutazione degli elaborati.
In primo luogo, il predetto organismo ha stabilito che, ai sensi del comma 7 dell’art. 11 del D.Lgs. 166/2006, “non si procederà alla lettura del secondo o del terzo elaborato, dichiarando non idoneo il candidato:
a) in caso di nullità, comprese quelle formali, a meno che dal complessivo esame dell’intero elaborato si evinca inequivocabilmente che tali nullità derivino da meri errori materiali;
b) nel caso in cui l’elaborato presenti una delle seguenti “gravi insufficienze” e precisamente:
- travisamento della traccia o contraddittorietà tra le soluzioni adottate o tra le soluzioni medesime e le relative motivazioni;
- gravi errori di diritto nella scelta delle soluzioni e/o nell’illustrazione delle parti teoriche;
- totale mancanza delle ragioni giustificative della soluzione adottata e/o delle argomentazioni giuridiche a supporto dei ragionamenti svolti nell’elaborato;
- gravi carenze della parte teorica anche per omessa trattazione di punti significativi della stessa;
- evidente inidoneità nell’analisi e nella risoluzione dei problemi e/o dei temi posti nella traccia;
- gravi errori di grammatica e/o di sintassi”.
Nel soggiungere che “analogamente, il candidato sarà dichiarato non idoneo allorquando le mancanze indicate ai punti a) e b) che precedono dovessero risultare dalla lettura del terzo elaborato”, la Commissione ha altresì proceduto all’individuazione, ai sensi del comma 2 dell’art. 10 del D.Lgs. 166/2006, dei criteri “generali” di correzione cui attenersi nella valutazione degli elaborati.
Al riguardo, veniva stabilito che la valutazione delle soluzioni adottate dai candidati, “per ogni questione prospettata nelle singole prove”, sarebbe intervenuta “considerando prioritariamente:
- la rispondenza al contenuto della traccia;
- l’aderenza ai principi e alle norme dell’ordinamento giuridico vigente nonché alle tecniche redazionali”.
Dal contenuto del verbale è dato argomentare che:
- se le nullità o le gravi insufficienze emergono dalla lettura del primo o del secondo elaborato, la Commissione ha escluso, sulla base della presupposta previsione di legge, di passare all’esame – rispettivamente – della seconda o terza prova sostenuta dal candidato;
- se le stesse tipologie inficianti (evidentemente non riscontrate all’interno delle prime due prove) vengano a configurarsi nel terzo elaborato, si procederebbe “analogamente” a declaratoria di non idoneità.
Diversamente, la declaratoria dei criteri “generali” di correzione trova operatività laddove gli elaborati (rectius: tutti e tre gli elaborati) non presentino le illustrate “nullità” o “gravi insufficienze”;venendo allora in considerazione la rispondenza contenutistica alla traccia fornita, nonché l’“aderenza ai principi e alle norme dell’ordinamento giuridico vigente nonché alle tecniche redazionali”.
1.5. La formulazione dell’art. 11, invero, ben avrebbe autorizzato ad inferire che – sul presupposto della previa enucleazione dei criteri generali di valutazione degli elaborati (e, con essi, dell’ordine di prioritaria considerazione dalla Commissione stabilito con riferimento a particolari tipologie di mende potenzialmente suscettibili di refluire sul giudizio da esprimere) – l’individuazione delle nullità e delle gravi insufficienze integrasse un posterius logico , nel quadro di un rapporto da genus a species che, in ragione dell’accentuata gravità di taluni errori, potesse rendere operativa l’immediata declaratoria di non idoneità.
Se una diversa (e rovesciata) sistematica individuativa dei criteri di valutazione ben avrebbe potuto informare (probabilmente con carattere di congruità logica maggiormente apprezzabile) l’enucleazione del paradigma di riferimento ai fini dell’esame delle prove scritte, deve tuttavia escludersi che il diverso (quanto inverso) modus procedendi seguito nella fattispecie dalla Commissione presenti elementi di censurabilità sotto il profilo della legittimità.
Una delle novità introdotte dal D.Lgs. 166/2006 è, infatti, rappresentata dalla consentita possibilità di pervenire ad un giudizio di non idoneità anche in difetto della disamina di tutti e tre gli elaborati formati a fronte delle previste prove scritte, laddove – come più volte osservato – emergano fattispecie di “nullità” o di “grave insufficienza”.
Se tali ipotesi meritavano espressa e separata contemplazione ad opera della Commissione in sede di enucleazione dei criteri di valutazione (come appunto dal predetto organismo effettuato nel corso della citata seduta dell’8 novembre 2008), corrispondentemente i criteri (generali) di valutazione degli elaborati non recanti nullità o gravi insufficienze hanno formato oggetto di distinta individuazione, con determinazione invero indenne da mende suscettibili di condurre ad un apprezzamento di illegittimità dell’operato dell’organismo concorsuale.
Va rammentato, in proposito, come la Sezione, con una nutrita serie di decisioni relative a ricorsi proposti avverso gli esiti delle prove scritte riguardanti la precedente tornata concorsuale (concorso a 200 posti di notaio indetto con decreto dirigenziale 1° settembre 2004), abbia ribadito il costante – quanto condivisibile – insegnamento giurisprudenziale per cui i criteri di valutazione delle prove scritte (relativamente a concorsi che, come quello notarile, richiedenti un’elevata specializzazione) non necessitano di particolare analiticità: per tale vicenda apprezzando la funzionalità “alla finalità per la quale la Commissione li ha previsti” dei seguenti criteri:
- travisamento della traccia o contraddittorietà tra le soluzioni adottate, o tra le soluzioni medesime e le relative motivazioni;
- gravi errori di diritto nella scelta delle soluzioni e/o nell’illustrazione delle parti teoriche;
- gravi carenze nella parte teorica, anche per omessa trattazione di punti significativi della stessa;
- vizi formali sanzionati con nullità da leggi;
- gravi e reiterati errori di grammatica e sintassi.
Nel rilevare la presenza di elementi di apprezzabile e convincente continuità (e contiguità) logica fra la declaratoria ora illustrata ed i criteri enucleati dalla Commissione relativamente alla tornata concorsuale ora all’esame, non può non darsi atto della condivisibile – e particolare – attenzione riservata dalla Commissione alle fattispecie di “più gravi” carenze suscettibili di escludere la lettura di tutti gli elaborati: e ciò in quanto l’immediata estromissione dalla procedura concorsuale ex novo introdotta dal comma 7 dell’art. 11 ben meritava una congrua enucleazione delle presupposte ragioni giustificative.
1.6. Ciò osservato (e, quindi, con riferimento agli elaborati non affetti dalle gravi mende sopra illustrate) la “griglia” di valutazione “generale” si dimostra correttamente enucleata attraverso l’individuazione dei criteri sopra riportati: e, quindi, attraverso la verificabilità:
- della rispondenza dell’elaborato alla traccia fornita;
- dell’aderenza delle soluzioni prospettate ai principi e alle norme dell’ordinamento giuridico;
- del rispetto delle tecniche redazionali che assistono la formazione degli atti notarili.
È evidente che, all’interno delle macrocategorie come sopra fissate dalla Commissione non possono non trovare applicazione anche le species dal medesimo organismo elaborate quale tipologie sintomatiche della presenza di “nullità” o “gravi insufficienze”: evidentemente, laddove le imperfezioni presentate dall’elaborato non dimostrino un grado di criticabilità tale da imporre un’immediata declaratoria di non idoneità al prosieguo della procedura selettiva.
In altri termini, alla fissazione dei suindicati criteri “generali” di valutazione accede la complementare valutabilità, all’interno di essi, di quelle puntuali specificazioni – evidentemente ove non presenti con il carattere di accentuata (quanto insanabile) gravità di cui al comma 7 dell’art. 11 – suscettibili di informare l’apprezzamento del contenuto delle prove al fine di pervenire:
- ad un giudizio di non idoneità reso in esito alla correzione di tutti e tre gli elaborati;
- ovvero, alla graduazione del punteggio nel caso di valutata “idoneità” ai fini dell’ammissione alle prove orali.
In tal senso – e pur sempre ferma la rammentata esplicitazione dei criteri “generali” di valutazione – la disamina degli elaborati fuori dall’ipotesi di cui al comma 7 ben avrebbe potuto tenere conto di:
- profili di non puntuale aderenza alla traccia insuscettibili di indurne il travisamento;
- errori di diritto “non gravi” nella scelta delle soluzioni e/o nell’illustrazione delle parti teoriche;
- carenze “non gravi” nella parte teorica;
- vizi formali non recanti nullità
- occasionali – e comunque non gravi – errori di grammatica e sintassi.
Tale ricostruzione logica del processo valutativo avrebbe senz’altro ricevuto – non può omettere la Sezione di ribadire – migliore esplicitazione laddove la Commissione, nella predeterminazione dei criteri, avesse seguito un ordine espositivo inverso rispetto a quello seguito: ovvero, avesse riservato prioritaria considerazione ai criteri “generali” demandando ad una successiva definizione contenutistica le fattispecie suscettibili di determinare l’applicabilità dell’ipotesi sancita dal comma 7 dell’art. 11 del D.Lgs. 166/2006.
Peraltro, come del resto precedentemente osservato, anche in presenza di un difforme procedimento logico di individuazione dei criteri di che trattasi, deve tuttavia escludersi che le determinazioni assunte dalla Commissione nella seduta dell’8 novembre 2008 si prestino a censure sotto il profilo della legittimità.
Un consolidato indirizzo giurisprudenziale ha definito tale attività frutto dell'ampia discrezionalità amministrativa di cui è fornita la commissione per lo svolgimento della propria funzione: conseguentemente escludendo che le relative scelte siano assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo (impingendo esse nel merito dell'azione amministrativa) salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ( ex pluribus , Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2008 n. 5862, 8 giugno 2007 n. 3012, 11 aprile 2007 n. 1643, 22 marzo 2007 n. 1390, 17 settembre 2004 n. 6155, 17 maggio 2004 n. 2881, 10 dicembre 2003 n. 8105, 2 marzo 2001 n. 1157).
Ribadita, doverosamente, l’esclusa sindacabilità nel merito della scelte in materia compiute dall’organismo concorsuale, vanno considerate, quali coordinate di apprezzabile legittimità dell’operato posto in essere dalla Commissione:
- l’operata distinzione, in osservanza del disposto normativo, fra mende suscettibili di determinare un immediato giudizio di non idoneità ed imperfezioni valorizzabili solo in esito all’esame di tutti e tre gli elaborati;
- la pure effettuata categorizzazione – congruamente esplicitata sotto il profilo contenutistico – delle tipologie inficianti nel quadro delle categorie fissate dal comma 7;
- e, da ultimo, la parimenti evidenziata consistenza delle generali condizioni di valutazione delle prove scritte (suscettibili – fuori, si ripete, dalla riscontrata presenza di insanabili imperfezioni – di determinare l’espressione di un giudizio di non idoneità a fronte di una complessiva disamina degli elaborati, ovvero, nella diversa ipotesi di un positivo apprezzamento delle prove, di condurre alla graduazione del relativo punteggio).
1.7. Il dr. G, ha poi dedotto che, illegittimamente, in diretta violazione delle norme sopra illustrate, la Commissione avrebbe deciso di procedere all’esclusione del candidato, ai sensi dell’art. 11, comma 7, cit., anche nell’ipotesi in cui nullità ovvero gravi insufficienze “dovessero risultare dalla lettura del terzo elaborato”.
Reputa il Collegio che, ancorché il tenore della disposizione testé menzionata faccio esclusivo riferimento al primo ovvero al secondo compito, l’ipotesi individuata dalla Commissione costituisca, a ben vedere, una implicazione logica del sistema di correzione introdotto dal d.lgs. n. 166/2006, tale da giustificare l’interpretazione estensiva operata.
Siffatta interpretazione appare inoltre aderente ai canoni della coerenza, imparzialità e uniformità di giudizio, laddove invece l’interpretazione letterale può prestare il fianco a rilievi di illogicità e disparità di trattamento.
Posto, infatti, che l’ordine di esame degli elaborato è fissato dalla Commissione stessa, e che la deliberazione di procedere alla correzione del successivo elaborato non esprime in sé un giudizio di idoneità, quanto di assenza di nullità e/ gravi insufficienze, nella ricostruzione offerta da parte ricorrente la presenza di errori escludenti nella terza prova costringerebbe la Commissione a formulare un giudizio completo su tutti e tre gli elaborati semplicemente per il fatto che detti errori sono stati rinvenuti nel terzo, e non già nel primo o nel secondo, senza che appaia chiara la finalità di una siffatta, espressa valutazione.
E’ chiaro, infatti, che anche ove i primi due compiti meritassero l’idoneità, la presenze di errori gravi nel terzo compito precluderebbe comunque l’ammissione all’orale.
Per converso, può bene accadere che i candidati i quali siano stati esclusi già dopo la lettura del primo compito, abbiano brillato nelle prove successive, senza che ciò, tuttavia, possa in alcun modo rilevare ai fini dell’ammissione all’orale.
Ove poi, la tesi proposta da parte ricorrente, si fondi sull’eventualità di un possibile “bilanciamento” tra l’esito delle prime prove corrette e quello dell’ultima, va detto che essa non solo non trova riscontro alcuno nella formulazione delle norme, ma, soprattutto, risulterebbe contraddittoria con il nuovo sistema di correzione che appunto, in presenza di una sola prova gravemente insufficiente, esclude la necessità di valutare le altre (quale che ne sia il pregio).
Se, invece, la tesi allude ad un possibile vulnus inferto al diritto di difesa, va osservato che l’interpretazione estensiva della Commissione non presenta alcun criticità in tal senso, posto che, ove la valutazione di grave insufficienza non venga condivisa, in sede di sindacato giurisdizionale, appare chiaro che, allora (e soltanto allora) la Commissione sarà tenuta (alla stregua del dictum del giudice) a formulare una valutazione espressa anche sulle restanti prove.
2. Quanto al merito delle soluzioni prescelte da parte ricorrente, giudicate dalla Commissione non idonee al fine di consentirne l'ammissione alle prove orali, va preliminarmente rammentato che, dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione (con conseguente sostituzione del primo alla seconda), trova espansione il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.
Come più volte affermato (anche dalla Sezione), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità:
- se emergenti dalla stessa documentazione
- ed ove tali da configurare un palese eccesso di potere,
senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2006 n. 172).
Pur in presenza del superamento dell’equazione concettuale tra discrezionalità tecnica e merito (riservato all'amministrazione nella determinazione del regolamento di interessi più opportuno, e dunque insindacabile), nondimeno il limite del controllo giurisdizionale è dato dal fatto che l'applicazione della norma tecnica non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza: ed anzi, quando contiene concetti giuridici indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilità (si confronti, in proposito, la sentenza 25 giugno 2004 n. 6209 di questa Sezione).
Si dimostra, pertanto, infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa modalità di soluzione del tema oggetto di concorso (anche ove supportata dall'allegazione di pareri “pro veritate”), atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.
Il Collegio non ignora che tale tradizionale orientamento è stato affinato sulla scorta della più recente elaborazione giurisprudenziale in tema di discrezionalità tecnica la quale ha precisato che, nel controllo giurisdizionale sull’esercizio del potere che ha quale presupposto la valutazione di un fatto, in base a conoscenze scientifiche (nella fattispecie derivanti dalla scienza giuridica), la cognizione del giudice amministrativo è comunque piena e non solo estrinseca.
Essa investe cioè non solo le modalità del procedimento valutativo ma anche l’attendibilità del giudizio espresso dall’organo amministrativo.
Il limite oggettivo di tale apprezzamento, come già accennato, rimane tuttavia pur sempre determinato “dalla opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica e dalla impossibilità per il giudice di sostituirsi all’amministrazione, in quanto il potere di valutazione sia stato attribuito dall’ordinamento all’amministrazione stessa e non si verta in tema di giurisdizione di merito” (così in termini, Cons. St., IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).
Va, inoltre, ricordato che ciò che conta, in sede di valutazione degli elaborati svolti in una procedura per l'accesso ad una professione a numero chiuso, non è solamente la esattezza delle soluzioni giuridiche propugnate e prescelte, ma anche (e soprattutto) la modalità espositiva.
Ove così non fosse, dovrebbe ammettersi che tutti i candidati estensori di elaborati recanti soluzioni corrette debbano necessariamente superare la prova concorsuale, il che non può sicuramente avvenire, posto che le finalità del concorso risiedono nella selezione dei migliori e non già di tutti coloro che dimostrino di saper comunque giungere a conclusioni esatte.
Con particolare riguardo al concorso notarile, il d.lgs. n.166/ 2006 ha poi inteso risolvere i problemi applicativi insorti in precedenza, equiparando, ai fini dell’ammissione all’orale, il voto di sufficienza a quello di idoneità (35 punti) e stabilendo (art. 11, comma 5) che il giudizio di non idoneità è motivato mentre nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione.
In precedenza, come noto, la giurisprudenza amministrativa aveva costantemente escluso, in relazione ai c.d. novantisti, che la Commissione fosse tenuta a motivare, analiticamente, il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore quorum necessario per ottenere l’ammissione all’orale.
La predetta innovazione normativa, comporta però, a parere del Collegio (stante la necessità, in precedenza evidenziata, di selezione dei migliori) che l’ammissione agli orali consegua pur sempre ad un giudizio di sufficienza qualificata, e non già ad una sorta di declassamento del precedente giudizio di idoneità, come del resto dimostrato per tabulas dal fatto che la fissazione dello standard di ammissione è avvenuta facendo slittare il giudizio di sufficienza verso l’alto, rilevando, al riguardo, il solo voto che, in precedenza, era considerato di “eccellenza”.
3. Ciò osservato in linea di principio, va tuttavia rilevato, quanto alla vicenda concorsuale in esame, che – secondo quanto documentalmente illustrato e verbalizzato da un componente della Commissione esaminatrice (con ampio risalto, anche mediatico, delle relative considerazioni) – la Commissione stessa avrebbe, nel corso delle operazioni di valutazione degli elaborati, provveduto ad un progressivo “aggiustamento” e/o “affinamento” del metro di giudizio preordinato alla verifica della correttezza delle soluzioni prospettate dai candidati a fronte delle tracce ai medesimi fornite.
Si sarebbe, pertanto, pervenuti alla formulazione di giudizi che, a fronte dell’identità delle soluzioni proposte:
- in taluni casi si sono orientati nel senso di ritenere che esse integrassero la presenza di “gravi insufficienze”, sì da consentire l’immediata espressione di un giudizio di “non idoneità” ai sensi del comma 7 dell’art. 11 del D.Lgs. 166/2006;
- mentre in altre ipotesi (relative a compiti solo successivamente corretti;e, quindi, in esito ad una rimeditazione in ordine alla correttezza delle soluzioni fornite), l’opinione rassegnata dalla Commissione ha (diversamente) ritenuto non gravi le mende riscontrate, ovvero addirittura corretto il percorso logico-giuridico seguito dal candidato.
In particolare, il progressivo mutamento degli orientamenti valutativi della Commissione avrebbe riguardato:
- il legato di usufrutto con facoltà di vendita (nel caso di opzione per il legato di somma di denaro riveniente da vendita di immobili, si è in un primo momento considerata errata la formula che invece è presente in più manuali di diritto delle successioni, dove si dà per implicita la partecipazione dell’usufruttuario alla procedura di vendita);
- il termine per la sottoscrizione dell’aumento di capitale in una società (è stata considerata gravemente errata, sì da determinare l’esclusione del candidato, la mancata apposizione del termine, mentre, a seguito di approfondimenti, pur permanendo il convincimento che si tratti di un’imperfezione, è stato tuttavia escluso che essa potesse integrare una “grave insufficienza”);
- il legato di contratto (è stato in molti casi ritenuto errore grave l’utilizzo del legato di contratto per il mantenimento previsto dalla traccia di diritto successorio, laddove successivi approfondimenti hanno condotto ad escludere che si potesse trattare di errore);
- la necessità del consenso alla cancellazione di ipoteca, nel caso di rinuncia all’ipoteca stessa (da ricerche condotte, sarebbe emerso che non solo la rinuncia all’ipoteca assorbe il problema, ma costituisce, anzi, la modalità più corretta a garanzia del venditore, tenendo anche presenti recenti pronunce in tema di buon fine degli assegni circolari).
3.1. Va in primo luogo osservato come il modificato orientamento della Commissione relativamente alle tematiche sopra individuate non sia confutabile in punto di fatto, atteso che la stessa difesa erariale (si confronti, al riguardo, la “memoria unica” depositata il 16 aprile 2010) non ha contestato tale circostanza;ma, piuttosto, ha affermato che essa non abbia dispiegato rilevanza alcuna in ordine alla correttezza delle operazioni di valutazione poste in essere dalla Commissione;e, quindi, circa l’espressione dei giudizi di “non idoneità” dalla medesima resi ai sensi del ripetuto comma 7 dell’art. 11.
Tali considerazioni non meritano condivisione alla luce di due distinti profili di valutazione.
3.1.1 In primo luogo, si osserva che la mutata considerazione circa la correttezza di una o più soluzioni fornite con riferimento a problematiche emergenti dalla traccia (nel senso che l’orientamento della Commissione ha in un primo tempo considerato le ipotesi formulate da taluno dei candidati quale “grave insufficienza”;per poi ritenere, a fronte di elaborati recanti la medesima prospettazione, che la soluzione fornita integrasse un errore non grave, o fosse addirittura corretta) con ogni evidenza propone la presenza di un manifesto vizio di disparità di trattamento fra partecipanti alla procedura concorsuale, nel senso che solo in considerazione della tempistica della correzione alcuni di essi sono stati immediatamente esclusi, mentre nei confronti di altri – i cui compiti sono stati esaminati successivamente alla rimeditazione operata dalla Commissione – si è, almeno, proceduto all’esame (anche) dei rimanenti elaborati (fuori, quindi, dall’applicazione del comma 7 di cui sopra), con riveniente giudizio espresso sul complesso delle prove sostenute.
È, evidentemente, inconfigurabile che il metro valutativo – la cui omogeneità rappresenta elemento cardinale della correttezza delle operazioni di valutazione all’interno di una pubblica procedura di selezione – possa incontrare così incisive e rilevanti trasmutazioni applicative senza che l’intero complesso degli elaborati (e, quindi, anche quelli immediatamente esclusi per effetto di un orientamento della Commissione da quest’ultima successivamente modificato) formasse oggetto di rivisitazione (e, quindi, di conseguente rimeditazione) al fine di riconsiderare la perdurante presenza – o meno – di gravi mende suscettibili di condurre all’esclusione del candidato.
Ben conosce la Sezione il consolidato indirizzo giurisprudenziale (alla cui formazione ha consistentemente contribuito) che ha ripetutamente escluso la sindacabilità delle scelte della Commissione (sulla predeterminazione dei criteri valutativi e sulla relativa applicazione in sede di correzione degli elaborati) in quanto tale attività impinge nel merito dell'azione amministrativa, salvo che essa non sia ictu oculi inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ( ex pluribus , Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2004, n. 6155).
E se è vero che non integra la presenza di elementi sintomatici volti a dimostrare la irragionevolezza o l'arbitrarietà dei criteri e delle modalità di valutazione delle prove scritte il fatto che la Commissione abbia approfondito e riesaminato le soluzioni tecnicamente adeguate e corrette in relazione alle prove concorsuali e alle soluzioni fornite dai candidati, è altrettanto vero che:
- se tale circostanza, per un verso, prova la indiscutibile scrupolosità dell'operato della Commissione, in piena conformità ai canoni di legalità, imparzialità e buon andamento che devono contraddistinguere l'azione amministrativa (ivi compresa l'attività valutativa propria delle commissioni di concorso)
- per altro verso un tale operato può essere considerato scorretto ed illegittimo solo se abbia dato luogo a differenze di correzione degli elaborati concorsuali in danno di taluno dei partecipanti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007 n. 3012).
Proprio tale evenienza risulta essere, nella vicenda concorsuale in esame, occorsa, laddove taluni giudizi di immediata non idoneità (formulati ai sensi del ripetuto comma 7 dell’art. 11 del D.Lgs. 166/2006) hanno riguardato esclusivamente elaborati corretti anteriormente alla rimeditazione di talune soluzioni alla quale la Commissione ha proceduto nel valutare, in successive sedute, prove che avevano contenuto sovrapponibile rispetto alle prime.
Se, con ogni evidenza, va escluso che la Commissione non potesse procedere a progressivi “affinamenti” quanto alla correttezza di talune soluzioni da fornire alle problematiche prospettate nelle tracce fornite ai candidati (tale modus procedendi comprovando, anzi, lo scrupolo con il quale il predetto organismo ha affrontato la disamina delle prove), elementari esigenze di omogeneità di giudizio (e, con essa, del metro valutativo) avrebbero dovuto imporre – necessariamente – un riesame di quegli elaborati ritenuti affetti da “gravi insufficienze” relativamente a profili poi diversamente apprezzati con connotazione non insanabilmente insufficiente.
3.1.2. Se, alla stregua di quanto sopra esposto, la Sezione ritiene illegittimo, in linea generale, l’operato della Commissione con riferimento alla omessa rinnovazione della valutazione di quegli elaborati dimostranti omogeneità di soluzioni rispetto a compiti successivamente diversamente apprezzati, devono conseguentemente essere disattese le argomentazioni con le quali la difesa erariale ha tentato di argomentare l’inammissibilità delle relative doglianze, escludendo la portata inficiante del vizio di disparità di trattamento ove manifestamente evidenziato dall’illustrato modus procedendi.
L’incondivisibilità delle tesi esposte dall’Avvocatura di Stato nella già citata memoria del 16 aprile appieno rileva ove si tenga presente – unitamente alle già rassegnate considerazioni sul punto – che la difesa erariale, a sostegno della tesi dalla medesima propugnata, ha sostenuto che “una presunta disparità di trattamento nei confronti di altro candidato per errori da quest’ultimo commessi nello svolgimento della traccia non è suscettibile di comportare l’illegittimità del giudizio reso nei confronti del ricorrente, potendo al più refluire in un vizio di legittimità del giudizio reso nei confronti dell’altro candidato”.
Il surriportato principio – anch’esso ben conosciuto dalla Sezione in quanto affermato, fra le altre, in una pronunzia dalla medesima resa (sentenza 4 maggio 2009 n. 4487) – afferisce, invero, a fattispecie affatto speculare rispetto a quella oggetto dell’odierna controversia.
In questo caso, infatti:
- non viene tanto in considerazione l’irrilevanza, per un candidato, del giudizio reso in favore di altro concorrente laddove la valutazione delle prove formate da quest’ultimo non abbia tenuto conto di errori o imperfezioni commesse dal medesimo;
- quanto, piuttosto, l’ipotesi inversa;nella quale, cioè, un candidato si dolga (come appunto nella vicenda ora all’esame) che le soluzioni fornite siano state ritenute inficiate da “gravi insufficienze”, laddove soluzioni omogenee e/o sovrapponibili, formulate da altro candidato, siano state diversamente apprezzate con accentuata “mitezza”: pervenendosi, quindi, ad una valutazione di non “gravità” dell’inesattezza o, addirittura, di correttezza della (analoga) soluzione per effetto della ( medio tempore operata ) rimeditazione in ordine alla risoluzione di particolari problematiche poste dalla traccia fornita ai candidati.
3.2. Le considerazioni sopra esposte non consentono, peraltro, di accedere, nel caso di specie, alla prospettazione con la quale parte ricorrente ha argomentato l’illegittimità dell’avversato giudizio di non idoneità.
In primo luogo va osservato che, affinché le illustrate modificazioni dei criteri relativi alla soluzione di talune problematiche poste nelle tracce fornite – e, con esse, la pure rilevata violazione del fondamentale canone di omogeneità del metro valutativo – potessero refluire, con valenza direttamente inficiante, sulla correttezza del giudizio espresso dalla Commissione sulle singole prove, sarebbe stato necessario che l’unico, o comunque principale motivo di esclusione fosse stato rappresentato, appunto, dalla considerazione riservata all’argomento oggetto, successivamente, di rimeditazione ad opera dell’organismo concorsuale.
Ove, diversamente, la motivazione del giudizio di inidoneità – espresso ai sensi dell’art. 11, comma 7, del D.Lgs. 166/2006 – abbia esplicitato la presenza di una pluralità di errori e/o vizi rilevati nell’elaborato, aventi (quel) carattere di “grave insufficienza” (ove non, addirittura, di “nullità”) tale da comportare l’immediata esclusione del candidato, deve ritenersi che il pur mutato convincimento (da parte della Commissione) in ordine alla correttezza di una soluzione non abbia assunto valenza inficiante ai fini della complessiva valutazione della prova atteso che, comunque, le rimanenti mende rilevate, ex se riguardate, rivelavano equipollente attitudine ai fini dell’applicazione della norma da ultimo citata.
Ne consegue che:
- se il giudizio sia stato espresso con riferimento esclusivo o assorbente ad uno degli argomenti dalla stessa Commissione successivamente considerati suscettibili di soluzioni “diverse” (rispetto ai quali, quindi, talune soluzioni inizialmente ritenute integrare “gravi insufficienze”, siano state successivamente ritenute corrette, ovvero recanti solo imperfezioni non gravi), allora necessariamente il giudizio stesso debba essere rinnovato, in ragione della presenza della tipologia inficiante sopra rilevata;
- mentre, nel caso in cui anche una diversa considerazione riservata alla soluzione di una particolare problematica non avrebbe potuto comunque esimere la Commissione dall’esprimere un giudizio di non idoneità in ragione della compresenza di altre “nullità” e/o “gravi insufficienze”, allora il giudizio stesso, in quanto suscettibile di “resistere” in ragione di una pluralità di elementi inidoneativi, non può che essere confermato, a fronte della irrilevanza assunta dalla rimeditata considerazione di uno soltanto degli errori (ancorché esso sia stato, sia pur erroneamente, ritenuto “grave”).
Nel caso in esame, sebbene parte ricorrente abbia più volte evocato un mutamento di orientamento della Commissione ovvero una disomogeneità dei parametri di giudizio, nessuno dei rilievi svolti dalla Commissione medesima si inquadra fra gli argomenti, sopra evidenziati, relativamente ai quali vi è stato l’incontestato e, per cosi dire “certificato” revirement .
In particolare, per quanto concerne il consenso alla cancellazione dell’ipoteca, i rilievi della Commissione, nella fattispecie, non hanno riguardato l’ipotesi della rinuncia (che non risulta essere soluzione prescelta dal ricorrente), quanto la circostanza che quest’ultimo, nell’atto, ha previsto il consenso del creditore alla cancellazione del credito senza che sia intervenuto o sia dato atto del pagamento del suo credito.
Per altro verso, il giudizio riportato, illustrato dall’articolata valutazione della Commissione, sopra riportata, non presenta, a parere del Collegio, alcun vizio logico e non è comunque complessivamente inattendibile.
4. Per una migliore comprensione delle censure articolare, giova riportare il contenuto della traccia sottoposta ai candidati.
Atto inter vivos:
T, coniugato in regime di comunione legale dei beni con T, intende comprare da C, celibe, l'appartamento in Roma alla piazza di Spagna di cui C è proprietario, per il prezzo di Euro 2.000.000,00 da pagarsi secondo le seguenti modalità:
a) Euro 1.000.000,00 al momento dell'atto con assegni circolari;
b) Euro 500.000,00 mediante accollo di mutuo fondiario decennale di originarie euro 600.000,00 stipulato nel 2003, garantito da ipoteca di primo grado sull'appartamento;
c) Euro 500.000,00 senza alcuno aggravio di interessi, in dieci rate mensili costanti, ciascuna dell'importo di Euro 50.000,00 con scadenze consecutive al giorno 15 di ogni mese, a partire dal mese successivo a quello di stipula, da incorporare in corrispondenti pagherò cambiari da garantire ipotecariamente.
C è inoltre debitore di Sempronio della somma di Euro 300.000,00 a garanzia del cui pagamento, previsto per il 2010, ha concesso ipoteca di 2° grado a favore del creditore sull'immobile in oggetto.
Sempronio è disposto ad intervenire nell'atto ed a liberare l'immobile dall'ipoteca, a condizione di ricevere contestualmente da C, il quale non ha la disponibilità della somma, il pagamento del suo credito.
Il candidato rediga l'atto e tratti, nella parte teorica, degli istituti dell’ accollo, della garanzia ipotecaria sui titoli di credito, della delegazione di pagamento e della cancellazione di ipoteca anche in riferimento alle intervenute modifiche legislative.
4.1 Osserva in primo luogo il Collegio, relativamente al mancato intervento di T nella costituzione dell’ipoteca, che, nella parte teorica dell’atto, non vi è traccia della consapevolezza, da parte del candidato, dell’evoluzione giurisprudenziale di cui si discetta in ricorso.
Come già accennato, il mutamento di orientamento della Commissione si è poi registrato relativamente a quei candidati che abbiano optato non già per il consenso alla cancellazione dell’ipoteca ma per l’istituto della rinuncia.
Nel caso di specie, la Commissione ha stigmatizzato il fatto che parte ricorrente ha congegnato un atto in cui il creditore consente alla cancellazione del suo credito senza che sia intervenuto o si dia atto dell’intervenuto pagamento del suo credito.
Né rileva il tipo di delegazione di pagamento ipotizzato, in quanto, dalla traccia, si evinceva chiaramente che “ Sempronio è disposto a intervenire nell’atto e a liberare l’immobile dall’ipoteca a condizione di ricevere contestualmente da C, il quale non ha la disponibilità della somma, il pagamento del suo credito .”.
Relativamente alla notifica dell’accollo del mutuo fondiario, la tesi secondo, con l’espressione “[...] al signor”, parte ricorrente avrebbe inteso riferirsi ad un ipotetico rappresentante della banca concedente, è sviluppata solo il ricorso e non già nella parte teorica – motiva dell’atto stilato.
Irrimediabilmente generiche risultano poi le censure relative al giudizio espresso sulla parte teorica, le quali si risolvono, in realtà, nel chiedere al giudice una non consentita rivalutazione della prova ed un nuovo giudizio di merito.
Parimenti non condivisibile risulta poi la censura di disparità di trattamento, alla quale, come in precedenza argomentato, potrebbe accedersi solo ove la stessa riveli un’effettiva disomogeneità dei parametri di valutazioni applicati, rispetto a scelte, soluzioni e motivazioni effettivamente ed oggettivamente identiche.
5. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto.
La complessità della fattispecie, e la novità delle questioni, induce però a compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.