TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2011-07-15, n. 201100251
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Testo completo
N. 00251/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00021/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
sezione autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 21 del 2011, proposto da:
Società Energy di Wieser Margareth &C., rappresentata e difesa dall'avv. I J, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Bolzano, Corso Libertà, 35;
M W, rappresentata e difesa dall'avv. I J, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Bolzano, Corso Libertà, 35;
contro
Comune di Campo Tures, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. C B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Pallaver in Bolzano, via Carducci, 3;
nei confronti di
Cassa Raiffeisen Tures-Aurina, in persona del Presidente, rappresentata e difesa dagli avv.ti I T e D R E, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Reinhart Volgger in Bolzano, via Carducci, 8;
per la condanna
del Comune di Campo Tures e della Cassa Raiffeisen Tures – Aurina, anche in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti e patiendi dalle ricorrenti per effetto dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa che si quantifica, allo stato, in complessivi Euro 494.140,00 (diconsi euro quattrocentonovantaquattromilacentoquaranta/00), oltre a rivalutazione monetaria ed interessi, ovvero della maggiore o diversa somma accertanda in corso di causa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Campo Tures e della Cassa Raiffeisen Tures-Aurina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2011 il dott. Hans Zelger e uditi per le parti i difensori: l'avv. I. Janes per la ricorrente, l'avv. C. Baumgartner per il Comune di Campo Tures e l'avv. D. R. Ellecosta per la Cassa Raiffeisen Tures-Aurina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le ricorrenti sono proprietarie tavolari degli immobili, contraddistinti con le ppmm.1, 2 e 3 della p.ed. 45, con la p.ed. 247 e 47 (ora, a seguito di accorpamento, p.ed. 47) e con la p.ed. 651 C.C. Campo Tures, ubicati all’interno della zona residenziale A1 – Centro storico del Comune di Campo Tures (BZ), soggetta ad un piano di recupero, approvato con delibera consiliare n. 15 del 25.02.1974 ed, in via definitiva, con delibera n. 4865 del 05.11.1974 della Giunta provinciale di Bolzano.
Tali immobili confinano con un edificio di proprietà della Cassa Raiffeisen Tures Aurina, contraddistinto con la p.ed. 674 C.C. Campo Tures, un tempo destinato ad attività alberghiera (“ex Gasthof Stern”). Tale edificio è stato oggetto di un intervento di demolizione e successiva ricostruzione avendo, al riguardo, ottenuto dal Comune di Campo Tures il rilascio di apposita concessione edilizia.
All’atto dell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione edilizia di cui sopra le ricorrenti non erano ancora proprietarie degli immobili, nei confronti dei quali non sarebbero stati rispettati gli standards urbanistici.
Le ricorrenti avanzano con il presente ricorso richiesta per la condanna del Comune di Campo Tures e della Cassa Raiffeisen Tures-Aurina al risarcimento dei danni patiti e patiendi per effetto dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa che quantificano in Euro 494.140,00.-
Vengono dedotti i seguenti motivi a sostegno della causa:
“Richiesta di risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 30 e ss del D.Lgs 02.07.2010 n. 104 conseguente all’illegittimo esercizio del potere amministrativo;violazione dell’art. 2043 Cod. Civ e dell’art. 832 Cod. Civ. e dell’art. 97 Cost.”
Il Comune di Campo Tures e la Cassa Raiffeisen Tures-Aurina si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso eccependo la decadenza ed la prescrizione del diritto al risarcimento del danno ex art. 2947 c.c. Chiedono comunque il rigetto della causa perché infondata.
All’udienza pubblica del 22 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) Al fine dell’inquadramento della questione in esame questo Collegio ritiene necessario analizzare e esaminare il contenuto dei disposti di cui all’art. 30 del nuovo codice di procedura amministrativa, approvato con d.lgs. n. 104/2010.
2) All’uopo è utile richiamare anche la sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 23 marzo 2011, dalla quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi e la quale sottolinea “”che l'art. 30 del codice ha previsto che l'azione di condanna al risarcimento del danno può essere proposta in via autonoma (comma 1) entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo (comma 3, primo periodo).
La norma, da leggere in combinazione con il disposto del comma 4 dell'art. 7 - il cui inciso finale prevede la possibilità che le domande risarcitorie aventi ad oggetto il danno da lesione di interessi legittimi e di altri diritti patrimoniali consequenziali siano introdotte in via autonoma - sancisce, dunque, l'autonomia, sul versante processuale, della domanda di risarcimento rispetto al rimedio impugnatorio.
Detta autonomia è confermata, per un verso, dall'art. 34, comma 2, secondo periodo, che considera il giudizio risarcitorio quale eccezione al generale divieto, per il giudice amministrativo, di conoscere della legittimità di atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l'azione di annullamento;e, per altro verso, dal comma 3 dello stesso art. 34, che consente l'accertamento dell'illegittimità a fini meramente risarcitori allorquando la pronuncia costitutiva di annullamento non risulti più utile per il ricorrente. In definitiva, il disegno codicistico, in coerenza con il criterio di delega fissato dall'art. 44, comma 2, lettera b, n. 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha superato la tradizionale limitazione della tutela dell'interesse legittimo al solo modello impugnatorio, ammettendo l'esperibilità di azioni tese al conseguimento di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa.
Alla stregua di tale dilatazione delle tecniche di protezione, viene confermata e potenziata la dimensione sostanziale dell'interesse legittimo in uno con la centralità che il bene della vita assume nella struttura di detta situazione soggettiva. L'interesse legittimo va, quindi, inteso come la posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita interessato dall'esercizio del potere pubblicistico, che si compendia nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene. Anche nei riguardi della situazione di interesse legittimo, l'interesse effettivo che l'ordinamento intende proteggere è quindi sempre l'interesse ad un bene della vita che l'ordinamento, sulla base di scelte costituzionalmente orientate confluite nel disegno codicistico, protegge con tecniche di tutela e forme di protezione non più limitate alla demolizione del provvedimento ma miranti, ove possibile, alla soddisfazione completa della pretesa sostanziale.
In questo quadro normativo, sensibile all'esigenza di una piena protezione dell'interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, risulta coerente che la domanda risarcitoria, ove si limiti alla richiesta di ristoro patrimoniale senza mirare alla cancellazione degli effetti prodotti del provvedimento, sia proponibile in via autonoma rispetto all'azione impugnatoria e non si atteggi più a semplice corollario di detto ultimo rimedio secondo una logica gerarchica che il codice del processo ha con chiarezza superato.
L'art. 30, comma 3, del codice stabilisce che, nel determinare il risarcimento, "il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti".
La disposizione, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell'art. 1227, comma 2, del codice civile, afferma che l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza.
E tanto in una logica che vede l'omessa impugnazione non più come preclusione di rito ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile. Dall'esame coordinato delle richiamate disposizioni si evince che il legislatore, se da un lato non ha recepito il modello della pregiudizialità processuale della domanda di annullamento rispetto a quella risarcitoria, dall'altro ha mostrato di apprezzare la rilevanza causale dell'omessa impugnazione tempestiva che abbia consentito la consolidazione dell'atto e dei suoi effetti dannosi.
E tanto sulla scorta di una soluzione che conduce al rigetto, e non alla declaratoria di inammissibilità, della domanda avente ad oggetto danni che l'impugnazione, se proposta nel termine di decadenza, avrebbe consentito di scongiurare.
In definitiva, nell'ambito di un giudizio risarcitorio relativo alla liceità dell'agere amministrativo, l'omessa impugnazione del provvedimento non può essere adeguatamente affrontata in termini processuali come condizione di ammissibilità della domanda per via dell'estensione analogica di un termine decadenziale previsto per l'impugnazione, termine per sua natura eccezionale e, quindi, sottoposto al rispetto di un canone di stretta interpretazione.
La soluzione adottata dal diritto comunitario, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, nel senso dell'autonomia processuale delle due tecniche di protezione, assume un rilievo pregnante nel nostro ordinamento alla luce dell'art. 1 del codice del processo amministrativo che richiama espressamente i principi della Costituzione e del diritto europeo volti ad assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva.
In questo quadro la norma introduce un giudizio basato sulla cd. causalità ipotetica, in forza del quale non deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui è tenuto, secondo correttezza.
Si vuole, a questa stregua, circoscrivere il danno derivante dall'inadempimento entro i limiti che rappresentano una diretta conseguenza dell'altrui colpa.
Applicando detto criterio interpretativo, si deve allora ritenere che la mancata impugnazione di un provvedimento amministrativo possa essere ritenuto un comportamento contrario a buona fede nell'ipotesi in cui si appuri che una tempestiva reazione avrebbe evitato o mitigato il danno (in questo senso, Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7124;sez. VI, 22 ottobre 2008 , n. 5183;sez. V, 31 dicembre 2007, n. 6908;sez. IV 3 maggio 2005, n. 2136).
Quindi, deve concludersi per l’ammissibilità, nell’ambito dei presupposti sopra analizzati, della domanda di risarcimento danni anche in assenza di impugnazione di un provvedimento lesivo di interessi legittimi ovvero nei casi di cui all’art. 30 del cod. proc. amm. di diritti soggettivi.””
3) Tornando al caso di specie questo Collegio prende atto che le ricorrenti chiedono la condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni patiti e patiendi per effetto dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e quindi per lesione di interessi legittimi (emissione di una concessione edilizia per l’esecuzione di interventi di ristrutturazione edilizia sull’immobile confinante con quello delle ricorrenti).
Il Collegio accerta, inoltre, che le ricorrenti, sviluppando i motivi a sostegno della causa, estendono la domanda di risarcimento danni sostenendo di aver dovuto subire anche la lesione di diritti soggettivi, che consisterebbero nella violazione delle distanze tra le costruzioni, delle altezze ed di altre violazioni di godimento del diritto di proprietà. Ciò, principalmente, anche allo scopo di sottolineare la tempestività della proposizione della causa in atto, sia in relazione ai termini di decadenza sia in relazione ai termini di prescrizione.
4) Le parti resistenti sollevano in primis l’irricevibilità del ricorso in quanto all’atto della notifica sarebbero stati spirati sia i termini di decadenza (120 gg. dalla conoscenza del provvedimento) sia i termini di prescrizione in relazione alla violazione di diritti soggettivi (5 anni da quando si era verificato il fatto).
Il Collegio accerta che all’atto della notifica del ricorso erano spirati i termini di decadenza, in quanto, la concessione edilizia, con la quale erano stati autorizzati i lavori di ristrutturazione edilizia, era nota alle ricorrenti sicuramente all’atto dell’acquisto dell’immobile, avvenuto con contratto stipulato in data 5.12.2006, dato che in tale data la sagoma dell’edificio ristrutturato era già realizzata. Tale fatto non viene contestato dalle parti.
Questo Collegio si richiama alla giurisprudenza consolidata in base alla quale la pubblicazione delle concessioni all’albo pretorio del Comune non fa decorrere i termini per la impugnazione delle stesse, ma il termine decadenziale per la proposizione dei ricorsi al Giudice amministrativo decorre dall’effettiva conoscenza delle stesse.
È, però, anche giurisprudenza consolidata che la piena conoscenza si perfeziona all’atto dell’ultimazione del rustico, cioè delle strutture portanti, incluso il tetto, e muri perimetrali ( La piena conoscenza, per i proprietari dei fondi vicini, si realizza con l'ultimazione dei lavori, o almeno con il completamento dell'involucro esterno della costruzione, o quando la costruzione riveli in modo inequivoco le essenziali caratteristiche dell'opera. T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 23 marzo 2011 , n. 85) .
5) Resta, quindi, da esaminare la questione se le ricorrenti possono vantare, per la richiesta di risarcimento danni, la violazione di diritti soggettivi, dato che in tal caso la domanda va proposta, ai sensi dell’art. 2947 c.c., entro i termini di prescrizione, cioè entro 5 anni dalla lesione di tali diritti soggettivi (art. 30, comma 2, c.p.a.).
Rileva il Collegio che il Giudice amministrativo è investito di giurisdizione esclusiva nelle controversie aventi ad oggetto tutti gli aspetti dell’uso del territorio – art. 133, lett. f c.p.a. - e che il mancato rispetto delle distanze tra fabbricati, il mancato rispetto delle altezze ivi previste ovvero la realizzazione di parcheggi, di strade di accesso a rampe di garages incidono anche sui diritti soggettivi, garantiti dal codice civile ai sensi dell’art. 869 e seguenti.
Nel caso di specie la violazione di tali diritti viene dedotta dalle ricorrenti non quale domanda esplicita, in quanto richiedono la condanna al risarcimento danni “per effetto dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa”. Tuttavia, in sede di sviluppo dei motivi le ricorrenti deducono anche la lesione di tali diritti soggettivi. Per cui, questo Collegio ritiene necessario esaminare la richiesta di risarcimento danni anche sotto il profilo della denunciata lesione di diritti vertendo la causa nell’ambito della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
6) Esaminando la documentazione prodotta dalle parti, tale domanda è, comunque, irricevibile per quanto attiene l’intervento di ristrutturazione edilizia dello stabile della controinteressata Cassa Raiffeisen, visto che (doc. n. 30 e 31 controinteressata), i lavori per la realizzazione della sagoma, erano stati terminati già in data 10.11.2006;quindi, all’atto della proposizione della domanda (11.1.2011), i termini per la richiesta dei danni (causati dalla lesione di diritti soggettivi) erano già spirati (infatti, non possono essere aggiunti altri 120 giorni dopo il verificarsi della prescrizione, in quanto tali 120 giorni per la proposizione della domanda di cui all’art. 30 c.p.a. si riferiscono unicamente alla lesione degli interessi legittimi e non anche dei diritti soggettivi, per i quali resta fermo il termine di prescrizione dei 5 anni).
Non rileva, nel caso di specie, il fatto che in sede di discussione della vertenza in udienza pubblica le ricorrenti hanno contestato un atto sostitutivo di notorietà prodotto dal Comune (doc. n. 18) - dal quale risulta che l’ultimazione della sagoma sarebbe avvenuta già in data 8.11.2005 - chiedendo la sospensione del giudizio al fine di poter proporre querela di falsità del documento in parola.
Questo Collegio ritiene di poter decidere la controversia indipendentemente dal documento del quale è dedotta la falsità (cfr. art. 77, comma 2, cod. proc. amm.). Invero, rimangono in atti comunque i sopra citati documenti n. 30 e 31 della parte controinteressata, dai quali può essere desunta la data di ultimazione del rustico in questione, avvenuta in data 10.11.2006. Quindi, considerando solamente tale data di ultimazione della sagoma dello stabile, è scontato che all’atto della notifica del ricorso in esame era già intervenuta la prescrizione del termine di cui all’art. 2947 c.c. per la richiesta del risarcimento danni. Quindi tale richiesta è irricevibile.
7) Resta, dunque, da esaminare unicamente la questione se le ricorrenti possano vantare aspettative di risarcimento danni per la paventata lesione di diritti soggettivi derivante dalla realizzazione di parcheggi e di strade di accesso a rampe dei garages a servizio dell’edificio della controinteressata. Le ricorrenti sostengono che tali manufatti sarebbero stati realizzati solo nel 2007, per cui non sarebbe intervenuta la prescrizione per la proposizione della domanda di risarcimento danni per questa parte degli interventi, comportante anch’essi trasformazione urbanistica. Il periodo di realizzazione delle opere di urbanizzazione (parcheggio ed accesso ai garages) non viene contestato dalle parti resistenti.
8) La richiesta di condanna al risarcimento danni, per questa parte residua della domanda avanzata dalle ricorrenti, è infondata.
9) In effetti, l’art. 30 c.p.a. dispone che il giudice, nel determinare il risarcimento danni, deve valutare tutte le circostanze di fatto ed il comportamento complessivo delle parti e deve, comunque, escludere il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.
Ora, nel caso di specie appare determinante che la prima concessione edilizia, autorizzante l’esecuzione degli intereventi di ristrutturazione edilizia, era stata emessa dal Comune di Campo Tures in data 6.5.2006 (doc. 20 controinteressata) seguita da una convenzione tra l’allora proprietario degli immobili, oggetto del contendere, ora di proprietà delle ricorrenti, e la intestataria della concessione edilizia Cassa Raiffeisen Tures-Aurina con la quale venivano definite alcune questioni in relazione all’esecuzione dei lavori e alla deroga da standard urbanistici (doc. n. 21 controinteressata).
All’atto dell’acquisto degli immobili da parte delle ricorrenti, perfezionato con contratto di compravendita del 12.4.2007, tutti i lavori riguardanti lo stabile, anche di rifinitura, erano già ultimati come può essere desunto dalla licenza d’uso dd. 28.12.2006. Parimenti erano già realizzati o in fase di realizzazione le predette opere per la realizzazione di infrastrutture e per l’accesso ai garages.
Quindi, all’atto dell’acquisto dell’immobile da parte delle ricorrenti erano noti e concretamente visibili tutti gli aspetti dell’edificio ristrutturato dalla controinteressata nonché delle altre opere sopra elencate, ivi comprese le eventuali lesioni di interessi o diritti. L’immobile, in aggiunta, veniva acquistato dalle ricorrenti “nello stato di fatto e di diritto in cui attualmente si trovano” con specifico riferimento anche al piano di recupero approvato (doc. 2 ricorso). Dal contratto di compravendita sopra citato, inoltre, non risulta nessun cenno, né da parte del cedente e né da parte delle acquirenti, in relazione ad eventuali lesioni di diritti, che, comunque, sarebbero state verificabili, se esistenti, ictu oculi.
La vendita degli immobili, in ogni modo, non esaurisce le responsabilità scaturenti dall’eventuale mancato intervento del venditore a tutela di diritti eventualmente lesi, rimanendo, appunto, a carico del venditore le dovute garanzie a tutela del compratore (cfr. artt. 1476 e ss. c.c.). Quindi eventuali danni dovrebbero essere chiesti al venditore per aver esso occultato eventuali lesioni (il chè non pare si sia verificato per essere essi facilmente riconoscibili, come precisato sopra).
Ai fini della determinazione del risarcimento danni rileva principalmente il comportamento delle ricorrenti dopo l’acquisto dell’immobile.
In effetti, le ricorrenti avevano proposto in data 15.4.2009 (due anni dopo l’acquisto), in applicazione del disposto dell’art. 105 della legge urbanistica provinciale 11.8.1997 n. 13, reclamo alla Provincia autonoma di Bolzano censurando il rilascio delle concessioni edilizie e la realizzazione delle opere di urbanizzazione, sopra più volte citate. Tale esposto è stato dichiarato inammissibile con delibera della Giunta Provinciale di Bolzano n. 2269 del 14.9.2009 “ per avere le odierne ricorrenti formulate le lagnanze in modo completamente generico e non specifico e senza collegare le eventuali violazioni al concreto intervento edilizio, cosicché non è nemmeno comprensibile quale eventuale intervento abusivo sia da attribuire al singolo committente” (doc. 29 e 30 Comune).
Neanche tale rigetto della Provincia Autonoma di Bolzano è stato impugnato in sede giudiziaria.
Non migliore sorte ha avuto il ricorso ex art. 686bis c.c. proposto davanti al Tribunale di Bolzano, Sezione staccata di Brunico, in data 9.2.2009, il quale è stato dichiarato inammissibile in data 11.6.2009 (in quanto non aveva i requisiti per poter essere accolto).
10) Quindi, appare al riguardo determinante la circostanza che le ricorrenti non solo non hanno proposto i rimedi giurisdizionali adeguati, così come non hanno compiuto atti di contenuto concreto volti a stimolare iniziative atte a perseguire una tutela specifica dell'interesse ovvero del diritto lesi.
Si deve allora convenire che il comportamento delle ricorrenti ha assunto un ruolo eziologico decisivo nella produzione di un pregiudizio che il corretto utilizzo dei rimedi rammentati, inquadrato nella condotta complessiva esigibile, avrebbe plausibilmente consentito di evitare, alla luce dei vizi denunciati, della gravità del pregiudizio lamentato e del tasso di effettività della tutela che i mezzi non sperimentati avrebbero consentito di ottenere.
L’inerzia osservata dalle ricorrenti, nella coltivazione di rimedi giudiziali e di iniziative stragiudiziali, lungo tutto l'arco temporale nel corso del quale le concessioni edilizie hanno comportato la realizzazione delle opere di urbanizzazione in atto, i cui effetti erano, comunque, già facilmente riscontrabili all’atto dell’acquisto degli immobili, integra una chiara violazione degli obblighi cooperativi che gravano sulle ricorrenti stesse.
Tali lesioni derivanti, a giudizio delle ricorrenti, dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, facilmente riconoscibili, non formavano oggetto di qualsiasi trattativa all’atto della stipula del contratto di compravendita in data 12.4.2007 (doc. n. 2 e 3 ricorso);ciò neanche alla luce del fatto che il cedente degli immobili aveva concluso prima della vendita una convenzione con l’odierna controinteressata in relazione agli interventi di ristrutturazione oggetto del contendere, e dalla quale risulta che il venditore era perfettamente a conoscenza delle prescrizioni contenute nel piano di recupero, ora aggredite dalle ricorrenti.
Tali circostanze avrebbero dovute formare casomai oggetto di trattative in sede di acquisto, eventualmente anche in relazione alla determinazione del prezzo.
All’uopo è da sottolineare, in aggiunta, che le prescrizioni del piano urbanistico e dei piani di recupero, una volta approvate e pubblicate nelle forme previste, hanno valore di prescrizioni di ordine generale di contenuto normativo, come tali assistite da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari, sicché i vincoli da esse imposti non possono qualificarsi come oneri non apparenti gravanti sull'immobile secondo la previsione dell'art. 1489 c.c. ( Cassazione civile , sez. II, 16 settembre 2004 , n. 18653).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, la richiesta di risarcimento danni deve essere dichiarata irricevibile, rispettivamente prescritto il relativo diritto, per quanto attiene gli interventi di ristrutturazione edilizia dell’edificio di proprietà della controinteressata ed infondata per quanto attiene la realizzazione delle opere di urbanizzazione e di accesso ai garages;danni che, comunque, risultano essere formulati in modo del tutto generico e non specifico in relazione a queste opere.
Si può quindi anche prescindere dall’esame delle altre eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti.
Le spese seguono la soccombenza.