TAR Roma, sez. 4T, sentenza 2023-07-14, n. 202311900
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Pubblicato il 14/07/2023
N. 11900/2023 REG.PROV.COLL.
N. 08063/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8063 del 2019, proposto da Il Calesse S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato A V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Gualtiero Serafino, 8;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
della nota 22.03.2019 n. 51864, notificata il 28.03.2019 con la quale ROMA CAPITALE - Dipartimento Prog. E Attuaz. Urbanistica – Ufficio di Scopo Condono, rigettava la richiesta di riesame prot. QI del 21.11.2018 del condono prot. 0/521929 per abusi edili in Via dell'Acqua traversa 143 – Roma, nonché di ogni altro atto, ancorchè non cognito, ad esso presupposto, connesso e/o conseguente, se ed in quanto illegittimo e lesivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e tempestivamente depositato nei termini di legge, la ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, recante diniego di condono ( rectius : diniego di riesame di un precedente provvedimento negativo avente analogo contenuto) ex d.l. n. 269/03 motivato dall’esistenza di plurimi di vincoli paesaggistici insistenti nella zona interessata dalla realizzazione dell’abuso, consistente nell’ampliamento in termini di superficie e cubatura di un manufatto abusivo già oggetto di preesistente sanatoria.
2. Ad avviso della ricorrente, il diniego sarebbe illegittimo in quanto:
- l’insanabilità delle opere presupporrebbe la ricorrenza – congiuntamente e non alternativamente – di due elementi, costituiti dall’esistenza del vincolo e dalla non conformità urbanistica dell’opera, sicché non osterebbe all’accoglimento dell’istanza di condono il solo riferimento al bene paesaggistico da tutelare, allorché il manufatto sia conforme agli strumenti urbanistici, accertamento, quest’ultimo, omesso dall’amministrazione resistente;
- quest’ultima avrebbe omesso di richiedere il nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del vincolo e chiamata ad esprimersi sulla compatibilità dell’opera con il medesimo;
- da ultimo e in via pregiudiziale (con richiesta al Collegio di sollevare la relativa questione in via incidentale), la legge regionale n. 12/04, di cui il provvedimento avrebbe fatto applicazione, sarebbe costituzionalmente illegittima nella misura in cui estende, in violazione delle disposizioni sul riparto di competenze legislative tra Stato e regioni, le ipotesi di insanabilità delle opere abusive oltre quanto previsto dalla normativa statale.
3. Si è costituita in giudizio Roma Capitale concludendo per il rigetto del ricorso.
4. All’udienza del 13 giugno 2023, il Collegio ha rilevato d’ufficio la possibile inammissibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto un atto meramente confermativo di un precedente diniego non impugnato;indi, previa discussione sul punto, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame della questione dell’ammissibilità del ricorso in quanto infondato nel merito alla stregua delle considerazioni che seguono:
- secondo l’orientamento giurisprudenziale che il Collegio intende condividere, “con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, va precisato che il condono previsto dall'art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003 è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato decreto (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti” (Cons. St., sez. VI, 9 giugno 2022, n. 4685);
- nel caso di specie, non si è in presenza di un abuso di minore rilevanza, atteso che si tratta di un consistente ampliamento di superficie, non riconducibile, secondo le definizioni di cui al d.p.r. n. 380/01, ad un intervento di restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria, con conseguente irrilevanza della questione relativa alla conformità urbanistica dell’opera;infatti, “non sono condonabili gli abusi comportanti un aumento di superfici e di volumetria rientrante nelle tipologie di illecito di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell'allegato 1 al d.l. n. 269/2003, per le quali il comma 26 dell'art. 32 del testo normativo in esame e l'art. 3, comma 1, lett. b), l. reg. Lazio n. 12/2004 in riferimento alle zone vincolate (come quelle oggetto di causa) escludono la sanatoria” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 5 gennaio 2023, n. 219).
- quanto al lamentato vizio di carattere procedimentale, relativo alla mancata attivazione del sub-procedimento consultivo, la giurisprudenza ha precisato che “è legittimo il diniego di condono disposto in assenza del parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, in quanto il decreto-legge n. 269 del 2003 esclude in via generale la sanabilità delle opere abusive oggetto del terzo condono nelle zone vincolate” (Cons. St., Sez. VI, 11 ottobre 2021, n. 6827);“soltanto se fossero state assenti le condizioni ostative indicate nel sopra riportato art. 32 del citato decreto-legge n. 269 del 2003, l'amministrazione comunale avrebbe dovuto necessariamente chiedere il parere dell'organo tenuto per valutare la possibilità di rilasciare all'interessato un provvedimento favorevole” (Cons. St., sez. VI, 9 giugno 2022, n. 4685);
- infine, per quanto concerne la pretesa illegittimità costituzionale della legge regionale di cui l’amministrazione avrebbe fatto applicazione, in disparte il fatto che il provvedimento gravato si fonda anche e soprattutto sulla normativa statale (da interpretarsi nel senso di cui ai punti che precedono), con conseguente irrilevanza della questione, quest’ultima è già stata dichiarata infondata da Corte cost., 30 luglio 2021, n.181.
6. Per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente secondo il principio di soccombenza.