TAR Brescia, sez. I, sentenza breve 2016-12-29, n. 201601791

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza breve 2016-12-29, n. 201601791
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201601791
Data del deposito : 29 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/12/2016

N. 01791/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01291/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 1291 del 2016, proposto da:
-O-, rappresentati e difesi dagli avvocati M G, S C e V M, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. in Brescia, via C. Zima 3, ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;

contro

Comune di Stezzano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati E T e P L, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Brescia, via Romanino 16;

per l'annullamento

previa sospensiva, della deliberazione della giunta comunale n. 199 del 27/09/2016;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Stezzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 il dott. Giorgio Calderoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I. Con l’atto introduttivo del giudizio, depositato il 22 novembre 2016, i ricorrenti, Signor G. e Signor I. - che dichiarano di essere conviventi more uxorio e di risiedere da undici anni in Comune di Stezzano - espongono in fatto che il pomeriggio del giorno 4 ottobre 2016 il Signor G. (il quale si era rivolto all’ufficio servizi demografici di quel Comune onde avere delucidazioni sulla documentazione da predisporre in vista della costituzione di una unione civile con il sig. I., ai sensi della Legge 76/2016) fu informato da un’impiegata di quell’ufficio, oltre che dei documenti a ciò necessari, anche della circostanza che “ con deliberazione assunta qualche giorno prima, la giunta comunale aveva disposto che le unioni civili fossero costituite in una stanza adiacente a quell’ufficio ”;
stanza che gli fu poi mostrata.

Il Sig. G. fece rilevare immediatamente “ come la stanza mostratagli, angusta e indecorosa, non fosse affatto idonea ad accogliere la cerimonia di costituzione dell’unione quale se l’era prefigurata con il compagno, alla presenza di parenti e amici, e come essa fosse assai diversa dalla sala di rappresentanza del municipio riservata alla celebrazione dei matrimoni civili ”.

Quindi, i ricorrenti chiesero e ottennero di prendere visione della delibera in questione e di ogni precedente in materia di matrimonio civile adottato dal Comune di Stezzano, tra cui:

- deliberazione di giunta 29.10.2010, n. 125, che aveva esteso la facoltà di celebrazione dei matrimoni, oltre che nella casa comunale costituita da Villa Grumelli Pedrocca, in altre due dimore storiche, Villa Caroli Zanchi e Villa Moroni, site entrambe all’interno del territorio comunale;

- deliberazione del consiglio comunale 1.06.2011, n. 29, di approvazione di un apposito regolamento per la disciplina della celebrazione del matrimonio civile, a norma del quale si destinava, per la celebrazione dei matrimoni nella casa comunale, la sala di rappresentanza del palazzo;
in particolare, all’art. 7 di tale regolamento si stabiliva che “ nelle celebrazioni nelle sale comunali il Comune garantisce che la sala sia allestita con un tavolo, un numero adeguato di sedie per gli sposi ed i testimoni e i divani abitualmente presenti nel locale. I richiedenti possono, a propria cura e spese, arricchire la sala con ulteriori arredi ed addobbi che, al termine della cerimonia, dovranno essere tempestivamente ed integralmente rimossi, sempre a cura dei richiedenti ”;

- successiva deliberazione della giunta comunale n. 66 del 23.04.2015, con cui furono stabilite le tariffe per la celebrazione dei matrimoni civili introducendo un distinguo di costi tra persone residenti e non residenti, i primi onerati della somma di € 50 per la celebrazione a palazzo comunale ed € 100 per quelle a Villa Caroli Zanchi e Villa Moroni;
i secondi, invece, rispettivamente, delle somme di € 150 ed € 250.

Infine, con l’impugnata deliberazione 27 settembre 2016, n. 199, la Giunta comunale adottò un atto di indirizzo per la “celebrazione delle unioni civili”, in cui si prevede la possibilità d’una cerimonia di costituzione delle unioni a Villa Caroli Zanchi e a Villa Moroni (al medesimo costo previsto per la celebrazione del matrimonio civile), limitando tuttavia la costituzione delle unioni civili, nel palazzo municipale, al locale sopramenzionato, adiacente all’ufficio servizi demografici: locale che, dopo alcuni articoli apparsi sulla stampa e su siti internet , è stato svuotato e modificato negli arredi.

Ritenendo, tuttavia, quest’ultimo intervento non sufficiente a emendare la stessa delibera giuntale da violazione di legge e conseguenze discriminatorie, i ricorrenti ne chiedono l’annullamento, previa sospensione, deducendo, in sintesi, le seguenti censure:

a) eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, manifesta ingiustizia del provvedimento impugnato e sua inadeguatezza a modificare una precedente deliberazione del consiglio comunale: previo richiamo all’art. 1 della legge della L. 76/2016 (secondo cui “ La presente legge istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione ... ”) e alla sentenza 10/5/2011, in causa C-147, Römer della Corte di Giustizia - Grande Sezione, i ricorrenti sostengono:

- che sussisterebbe l’equiordinazione valoriale (nello Stato laico) del matrimonio eterosessuale all’unione omosessuale;

- che non sarebbe consentito a una pubblica amministrazione di discriminare due soggetti in ragione dei loro orientamenti sessuali;

- non vi sarebbe alcuna valida ragione organizzativa tale da giustificare la scelta di assegnare alle due (costituzionalmente equiordinate) funzioni dell’ufficio dello stato civile due differenti stanze;

- che tale scelta contrasterebbe con i canoni di “buon andamento” e “imparzialità” dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost.;
con il combinato disposto degli artt. 8 (“diritto al rispetto della vita privata e familiare”) e 14 (“divieto di discriminazione”) della CEDU;
con gli artt. 1 della Carta dei diritti fondamentali UE sull’inviolabilità della dignità umana e 21 sul divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale;

- che l’impugnata deliberazione di giunta contrasterebbe con quella consiliare del 2011 e che competente a disciplinare la costituzione dell’unione civile sarebbe, ex art. 42, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 267/2000, lo stesso Consiglio comunale;

- che la stessa deliberazione giuntale non si risolverebbe in una mera misura logistica relativa al palazzo municipale, ma determinerebbe le modalità di esercizio di una funzione, stabilendo che la celebrazione delle unioni civili sia effettuata da soggetti (i consiglieri comunali che hanno comunicato la propria disponibilità e, in caso di indisponibilità dei consiglieri, il dipendente comunale cui sono state delegate le funzioni di ufficiale di stato civile) differenti da quello (sindaco) cui è attribuito il compito di officiare i matrimoni eterosessuali;

b) violazione degli artt. 2 e 3 Cost., stante lo svolgimento della pubblica funzione de qua secondo modalità differenti e deteriori rispetto a quella riservata a persone con orientamento eterosessuale, cui è concessa la possibilità di accedere ad altri e più pregevoli spazi loro riservati, mentre il nuovo istituto delle unioni civili sarebbe permeato dal medesimo fondamento solidaristico del matrimonio, come si evincerebbe dalla recente sentenza Corte Cost. n. 174/2016 (punto 3.2);

c) mancato rispetto del disposto del comma 20 della L. 76/2016, che recita: “ Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti ”).

Il legislatore non avrebbe inteso estendere il matrimonio civile alle coppie formate da persone dello stesso sesso, ma avrebbe scelto di riservare a esse un nuovo istituto (l’unione civile), pur nella consapevolezza che, stante la pari dignità sociale di ogni forma di relazione familiare (da tempo affermata sia dalla Corte Costituzionale sia dalle Corti sovranazionali), non avrebbe potuto introdurre un trattamento discriminatorio tra le coppie formate da persone dello stesso sesso.

Di qui, la disposizione recata dal surriportato comma 20, il quale - ferma restando la non equiparazione tra i due istituti - determinerebbe esclusivamente <
la piena e, per così dire, “rapida” regolamentazione di quello nuovo >
al fine di porlo al riparo da trattamenti deteriori rispetto al matrimonio civile: con la conseguenza, rispetto al caso di specie, che il “Regolamento comunale per la celebrazione dei matrimoni civili” del Comune di Stezzano si applicherebbe inderogabilmente - stante la suddetta fonte normativa di rango superiore - anche alla costituzione delle unioni civili, cosicché “ la circostanza che il luogo individuato per la costituzione delle unioni civili sia diverso da quello assegnato ai matrimoni civili dall’art. 3 del citato regolamento rende, ex se, illegittima la delibera di giunta comunale n. 199/2016 ”.

II. Il Comune di Stezzano si è costituito in giudizio il 9 dicembre 2016, depositando documentazione e memoria difensiva, in apertura della quale sostiene che “ il ricorso avversario è privo di fondamento perché si basa in primo luogo su una erronea lettura del provvedimento impugnato ”, in quanto sarebbe evidente:

- <
che nella delibera in esame si tengono sempre distinte le parole "celebrazione", intesa come "celebrazione del matrimonio" fra persone eterosessuali, di cui al Libro Primo, Sezione IV, artt. 106 e seguenti del Codice Civile, e "costituzione di unione civile", intesa come unione fra persone dello stesso sesso, di cui alla legge n. 76 del 2016 >;

- <
che il contenuto della delibera della G. M. n. 199/2016 si applica ad entrambi gli istituti e non soltanto alle unioni fra omosessuali, come sostengono i ricorrenti, forse fuorviati da un dato testuale non adeguatamente esplicato >: dunque, la disposizione relativa all’ufficio servizi demografici si applicherebbe anche alla celebrazione dei matrimoni fra persone eterosessuali, tanto è vero che è prevista la celebrazione dei matrimoni civili e della costituzione delle unioni civili proprio nella sala dedicata, attigua all'ufficio servizi demografici, come risulterebbe dalla documentazione prodotta.

In ogni caso - prosegue il Comune - “ l'interpretazione del contenuto della delibera in questione non può che essere quella che oggi il Comune ribadisce nelle presenti difese ”.

In secondo luogo, i ricorrenti censurerebbero la delibera de qua sotto un profilo del tutto inconferente, in quanto è pacifico che competa “ al Sindaco (e non al Consiglio Comunale) il potere di delegare, come per i matrimoni fra persone eterosessuali, per la costituzione delle unioni civili fra persone eterosessuali, un soggetto diverso da sé, ovvero i "consiglieri comunali che abbiano dato la propria disponibilità o il dipendente comunale a cui siano state delegate le funzioni di Ufficiale di Stato Civile", ai sensi e per gli effetti degli artt. 1 e seguenti del D.P.R. n. 396/2000 ”.

Dunque, la delibera di Giunta non farebbe che confermare la delega del Sindaco, non potendo per questo essere ritenuta illegittima.

In terzo luogo, la delibera impugnata non violerebbe la competenza del Consiglio Comunale in materia, proprio perché in forza dell'art. 3 del D.P.R. n. 396/2000 la Giunta ha specifica competenza per istituire o sopprimere uno o più separati Uffici dello Stato Civile, nel cui ambito può regolare il funzionamento degli uffici con i relativi servizi, senza dover ricorrere ogni volta a una previa delibera del Consiglio Comunale (come testimonierebbero “ i numerosi precedenti di delibere di Giunta Comunale - di altri Comuni - in materia ”, pure prodotti).

Nemmeno potrebbe essere accolta la censura formulata dai ricorrenti circa la scelta del Sindaco di delegare ad altri la celebrazione dei matrimoni e della costituzione delle unioni civili, essendo tale facoltà di delega stata riconosciuta dal Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, nell'adunanza del 15 luglio 2016.

III. All’odierna Camera di consiglio del 14 dicembre 2016, alla quale era chiamata per la decisione la domanda cautelare proposta dai ricorrenti, il Collegio ha informato i difensori presenti dell’intenzione di procedere ex art. 60 c.p.a., in ragione dell’obiettiva rilevanza della controversia: dopodiché, terminata la discussione orale tra gli stessi difensori, la causa è stata trattenuta in decisione per la definizione immediata del giudizio, seppur con sentenza non propriamente semplificata, stante la peculiarità della questione trattata.

DIRITTO

1 . Il quadro giuridico complessivo in tema di unioni civili .

Per una migliore organicità espositiva, alla concreta disamina della fattispecie dedotta in causa occorre premettere un indispensabile riepilogo del complessivo quadro giuridico in cui essa si colloca.

le sollecitazioni di Corte costituzionale e Corte EDU

Come è noto, prima nel 2010 (sentenza n. 138) e poi nel 2014 (sentenza n. 170), la Corte costituzionale aveva sollecitato il Parlamento a garantire con legge il diritto delle coppie dello stesso sesso ad ottenere la formalizzazione della loro unione, consentendo loro di ricondurre a un rapporto giuridicamente regolato dallo Stato il desiderio di vivere liberamente una condizione di coppia.

L’anno successivo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accertato la violazione dell’art. 8 della Convenzione da parte dell’Italia, per aver omesso di adottare una legislazione diretta al riconoscimento e alla protezione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso (sentenza 21 luglio 2015, caso Oliari e a.

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