TAR Catania, sez. III, sentenza 2018-10-19, n. 201801980

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2018-10-19, n. 201801980
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201801980
Data del deposito : 19 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/10/2018

N. 01980/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01133/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1133 del 2014, proposto da
G F, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio eletto presso lo studio Stephen A. Distefano in Catania, via Umberto, 272;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - Centro Nazionale Amministrativo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

- dell’ingiunzione di pagamento n. 101 del 17-2-2014 emanata dal Comando Gen. Arma dei Carabinieri - Centro Nazionale Amministrativo per recupero somme indebitamente percepite a carico del ricorrente, notificata il 28-2-2014 e ricevuta il 6-3-2014;

- di ogni altro atto, comunque presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - Centro Nazionale Amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2018 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame il ricorrente ha impugnato l’ingiunzione di pagamento n. 101 in data 17 febbraio 2014, da questi ricevuta in data 6 marzo 2014 e con la quale il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha recuperato l’importo di € 12.844,04 per somme indebitamente percepite.

Al riguardo deve, in primo luogo, precisarsi che il ricorrente ha fruito di un periodo di aspettativa di giorni 674 dal 4 maggio 2002 al 7 marzo 2004.

L’Amministrazione ha effettuato il recupero di cui si tratta richiamando l’art. 26 della legge n. 187/1976, secondo cui, durante l’aspettativa per infermità non dipendenti da causa di servizio, lo stipendio e gli altri assegni di carattere fisso e continuativo competono per intero per i primi dodici mesi e sono ridotti per i successivi sei mesi, fermi restando il diritto agli interi assegni per carichi di famiglia e la durata dei successivi periodi, durante i quali nessun assegno è dovuto.

In buona sostanza, l’Amministrazione ha riconosciuto il diritto dell’odierno ricorrente al trattamento economico integrale per 365 giorni (€ 21.540,11), il diritto al trattamento economico ridotto alla metà per 183 giorni (€ 5.399,789) e nessun diritto al trattamento economico per giorni 126, per un complessivo importo da percepire pari ad € 26.939,89, a fronte di € 39.775,44 effettivamente percepiti.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) è stato violato l’art. 2 del regio decreto n. 639/1910, in quanto l’ingiunzione non è stata vidimata e resa esecutoria dal Tribunale nella cui giurisdizione risiede l’Ufficio che l’ha emessa;
b) il ricorrente ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio ai fini della concessione dell’equo indennizzo, su cui l’Amministrazione si è definitivamente pronunciata con parere negativo n. 18048/2009 in data 21 ottobre 2009;
c) in caso di pronunciamento negativo sulla causa di servizio oltre il ventiquattresimo mese dalla data di collocamento in aspettativa, non è prevista alcuna ripetizione delle somme erogate;
d) è pendente innanzi a questo Tribunale il giudizio per il riconoscimento della causa di servizio (R.G. n. 975/10), di talché appare necessaria la riunione del citato ricorso con quello oggi in esame;
e) ai sensi degli artt. 2948, n. 4, e 2943 c.c., risulta prescritto il diritto dell’Amministrazione a ripetere gli emolumenti in questione, posto che il termine quinquennale di prescrizione è stato interrotto con nota del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n. 44/25-2705-4 in data 22 agosto 2005 e che l’ingiunzione di pagamento è stata ricevuta dal ricorrente soltanto in data 6 marzo 2014.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito in primo luogo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, posto che il ricorrente è cessato dal servizio in data 8 marzo 2004 e che l’art. 3 del regio decreto n. 639/1010 dispone che avverso l’ingiunzione di pagamento possa proporsi opposizione davanti all’autorità giurisdizionale ordinaria. In subordine, l’Amministrazione ha chiesto il rigetto del ricorso in punto di merito.

Con successiva memoria il ricorrente ha ribadito e ulteriormente articolato le proprie difese, sollecitando, in particolare, il rigetto dell’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione sollevata dall’Amministrazione resistente.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio deve, innanzitutto, affermare la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla presente controversia.

Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza (sul punto, cfr. T.A.R. Veneto, Venezia, III, n. 198/2011, nonché Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 448/1993), le controversie in tema di recupero di emolumenti indebitamente corrisposti a pubblici dipendenti riguardano rapporti di impiego e ricadono, quindi, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, allorquando, come nella fattispecie in esame, esse si riferiscano a categorie di dipendenti non contrattualizzati e in quanto tali siano ancora soggette alla cognizione di tale giudice.

Né vale opporre al riguardo che l’art. l’art. 3 del regio decreto n. 639/1010 dispone che avverso l’ingiunzione di pagamento possa proporsi opposizione davanti all’autorità giurisdizionale ordinaria.

La giurisprudenza (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, n. 1203/2018 e T.A.R. Lombardia, Milano, II, n. 1887/2015) ha, infatti, affermato che in materia di opposizione all'ingiunzione per la riscossione di entrate patrimoniali dello Stato, la disposizione di cui all' art. 3 del regio decreto n. 639/1910 non reca deroga alle norme regolatrici della giurisdizione nel vigente ordinamento giuridico e, pertanto, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario vertenze che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti ed alla normativa ad essi relativa, debbano essere riservate alla cognizione di altro giudice.

Ciò precisato, a giudizio della Sezione il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

Risulta, invero, inconferente il richiamo effettuato dal ricorrente alla previsione di cui all’art. 2, secondo comma, del regio decreto n. 639/1910, secondo cui l’ingiunzione è vidimata e resa esecutiva dall’autorità giudiziaria ordinaria, atteso che tale potere è stato soppresso dall’art. 229 del decreto legge n. 51/1998, il quale ha, altresì, disposto che gli atti in questione sono esecutivi di diritto.

Neppure può condividersi la tesi di parte ricorrente secondo cui in caso di pronunciamento negativo sulla causa di servizio oltre il ventiquattresimo mese dalla data di collocamento in aspettativa, non è prevista alcuna ripetizione delle somme erogate.

La previsione indicata, infatti, è contemplata dall’art. 16, terzo comma, del d.p.r. n. 51/2009, il quale, fa espresso riferimento all’ipotesi di “personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale”, con la conseguenza che essa non risulta applicabile alla fattispecie in esame.

A nulla rileva, poi, che sia pendente innanzi a questo Tribunale il giudizio per il riconoscimento della causa di servizio (R.G. n. 975/10), atteso che la pendenza di tale controversia, da un lato, non influisce sulla certezza, liquidità ed esigibilità dello specifico credito vantato dall’Amministrazione e, dall’altro, consente di escludere che il credito presuntivamente vantato del ricorrente presenti tali caratteristiche, di talché non è possibile ipotizzare alcuna compensazione legale (sul punto, cfr., fra le tante, Cass. Civ., Sez. Un., n. 23225/2016), né può ritenersi che sia opportuna ai fini della decisione una riunione delle due cause.

Va, infine, osservato che, come affermato dalla giurisprudenza (sul punto, cfr. Consiglio di Stato, IV, n. 1714/2017), nel caso di erogazione da parte della Pubblica Amministrazione di somme non dovute ai suoi dipendenti, il diritto alla ripetizione dell’indebito ex art. 2946 c.c. è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, decorrente dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate.

Posto che nella specie il termine prescrizionale è stato interrotto con nota del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n. 44/25-2705-4 in data 22 agosto 2005 e che l’ingiunzione di pagamento è stata ricevuta dal ricorrente in data 6 marzo 2014, la menzionata prescrizione decennale non risulta essere mai maturata.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Tenuto conto della natura della controversia, le spese di lite possono essere compensate.

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