TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2017-09-08, n. 201709643

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2017-09-08, n. 201709643
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201709643
Data del deposito : 8 settembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/09/2017

N. 09643/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01797/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1797 del 2009, proposto da:
Sky Italia s.r.l., società con socio unico soggetta all’attività di direzione e coordinamento esercitata da News Corporation, in persona del procuratore speciale avv. L S, rappresentata e difesa dall’avv. prof. G F F, presso il cui studio in Roma, via di Ripetta, 142, ha eletto domicilio;

contro

Agcom – Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, è domiciliata;

per l'annullamento

- della delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 644/08/CONS del 12.11.2008, notificata il 22.12.2008, recante ordinanza-ingiunzione alla società Sky Italia s.r.l. per la violazione dell’art. 1, co. 3, l. 2 aprile 2007, n. 40, in tema di costi di recesso;

- della nota del Direttore della Direzione tutela dei consumatori dell’Agcom n. 9/08/DIT del 20.3.2008, notificata il 21-27.3.2008, con cui è stata contestata alla società Sky Italia l’anzidetta violazione e del relativo verbale di accertamento n. 9/08/DIT in pari data, se e in quanto atti presupposti;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, e in specie, quale atto presupposto, dell’art. 6 delle Linee guida della Direzione tutela dei consumatori esplicative per l’attività di vigilanza da effettuare ai sensi dell’art. 1, co. 4, l. n. 40/2007, con particolare riferimento alle previsioni di cui all’art. 1, commi 1 e 3, della medesima legge, pubblicate il 28.6.2007 sul sito Agcom e in estratto nella G.U. n. 161 del 13.7.2007, come integrate in data 14.8.2008.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 14 luglio 2017 il cons. M.A. di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso passato per le notificazioni il 18.2.2009 (dep. il 5.3) la società Sky Italia, illustrate le vicende relative al procedimento intrapreso il 27.3.2008 dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, diretto ad accertare la violazione dell’art. 1, co. 3, l. n. 40/2007 per effetto dell’inserimento nelle proprie condizioni generali di abbonamento, a partire dall’aprile 2007, di una disciplina del recesso anticipato basata su meccanismi ritenuti “deterrenti e penalizzanti”, ed esposte le proprie politiche commerciali – riferite sia al periodo anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina (abbonamenti aventi durata minima annuale con rinnovo tacito, in modo da fornire agli utenti prodotti di qualità grazie a investimenti correlativamente sostenibili) sia a quello successivo (condizioni generali dell’aprile 2007 e correttivi apportati a giugno 2007, successivamente confermati), con previsione di costi decrescenti a seconda del periodo di pregressa durata dell’abbonamento (da 180 a 60 euro) e fermi i “costi operatore” (60 euro per decoder e 30 per smart card ) – ha chiesto l’annullamento della deliberazione n. 644/08/CONS del 12.11.2008 (unitamente agli altri atti indicati in epigrafe), con cui l’Autorità al termine del citato procedimento le ha irrogato la sanzione pecuniaria di euro 348.000,00. A sostegno del ricorso ha dedotto:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. n. 40/2007, dell’art. 3 d.lgs. n. 206/05 e dell’art. 1341 c.c.;
violazione degli artt. 3, 41, 97, 117.2, lett. e), Cost.;
violazione dei principi di proporzionalità, flessibilità e gradualità;
eccesso di potere per travisamento, omessa o insufficiente considerazione dei dati istruttori, manifeste illogicità e irragionevolezza, insufficienza e perplessità della motivazione
: l’Autorità avrebbe dato una lettura “indebitamente restrittiva” del principio di giustificazione dei costi di recesso, avendo escluso che all’operatore potessero essere riconosciuti “tutti i costi comunque sostenuti per il servizio”, in linea con la tutela della libertà d’impresa e con le stesse previsioni della l. n. 40/07 (dirette a riequilibrare la posizione del consumatore quale contraente debole, ma senza incentivarne comportamenti opportunistici);
gli orientamenti assunti in consimili fattispecie (anche da altri soggetti pubblici come la Ofcom britannica e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato) dimostrerebbero l’irragionevolezza dell’interpretazione dell’Agcom, posta altresì a base della delib. n. 484/08/CONS, specie tenuto conto della “prolungata inerzia” di detta Autorità nell’affrontare il tema e degli esiti di alcuni analoghi procedimenti inerenti agli operatori di telefonia;
sotto altro profilo, gli elementi esposti a sostegno della sanzione non sarebbero tali da superare le obiezioni della ricorrente, non rinvenendosi nei principali ordinamenti europei una disciplina del recesso anticipato analoga a quella ipotizzata dalla stessa Autorità;

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. n. 40/2007 e delle “Linee guida” per l’attività di vigilanza da effettuare ai sensi dell’art. 1, co. 3, l. cit.;
violazione dei principi di proporzionalità, flessibilità e gradualità;
eccesso di potere per travisamento, omessa o insufficiente considerazione dei dati istruttori, manifeste illogicità e irragionevolezza, insufficienza e perplessità della motivazione
: sarebbero erronee sia la metodologia dell’analisi svolta dall’Agcom – incentrata su una pretesa “prassi” osservata dalle società di revisione indipendenti nella definizione del concetto di “pertinenza del costo” al recesso, laddove le contabilità “analitiche” (o “industriali”), a differenza dei principi contabili di redazione del bilancio, non avrebbero rilevanza giuridico-contabile (essendo ogni impresa del tutto libera di farvi ricorso) – sia la determinazione di inibire richieste di retrocessione di voci di costo ulteriori rispetto all’importo massimo di euro 9,96, determinazione a dire della ricorrente adottata in assenza di istruttoria su tutte le voci di costo che Sky avrebbe potuto addebitare ai propri clienti anche alla luce dei criteri dettati dalla stessa Autorità (si tratterebbe a es. dei costi amministrativi di chiusura dell’utenza e di quelli sostenuti per “trattare” le smart card e i decoder , risultando in particolare del tutto censurabile la scelta di escludere dal rimborso le attività, a suo dire pertinenti alla cessazione del contratto, di rigenerazione di questi dispositivi e quelle afferenti alle smart card );
sotto altro profilo, l’Autorità sarebbe incorsa in “specifici errori in fatto”, comportanti il “travisamento finale”: così per la contestazione dell’addebito degli sconti per le promozioni dopo il giugno 2007 (questione che a dire della ricorrente, oltre a essere stata apprezzata in modo erroneo, non atterebbe al recesso anticipato e sarebbe stata presa in considerazione dal legislatore con la previsione di una specifica clausola di salvezza), come per i rilievi concernenti l’assenza di decalage del costo di decoder e smart card nel corso del tempo e il duplice addebito dei costi di installazione e assistenza, e per altri aspetti del rapporto (utilizzo delle smart card , ineliminabilità delle promozioni, analogie con il modus operandi degli operatori del digitale terrestre e con quello degli operatori telefonici quanto all’addebito dei costi di recesso);
l’Autorità avrebbe, in sintesi, correlato l’effetto “legante” alla disciplina del recesso anziché al complessivo sinallagma, senza avvedersi delle paradossali conseguenze anticoncorrenziali della lettura da essa propugnata (avente l’effetto di disincentivare la mobilità);
sarebbero altresì illegittime le menzionate Linee guida (par. 6.3), anche nell’integrazione del 14.8.2008 (nella misura dell’estensione ai contratti c.d. business ), se intese nel senso voluto dall’Autorità, non dovendo essere confuso il concetto di “costi giustificati sostenuti dall’operatore” con quello di “penali” (prese in considerazione dalla nuova disciplina);

III) Violazione e falsa applicazione della l. n. 40/2007, della dir. n. 2005/29/CE e del d.lgs. n. 206/05;
in subordine, contrasto della l. n. 40/2007 con la dir. 2005/29/CE e con la dir. 98/34/CE e richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
: l’art. 1, co. 3, cit., per come interpretato dall’Agcom, contrasterebbe con la dir. 2005/29/CE e in particolare col divieto di introdurre ulteriori restrizioni (il legislatore nazionale avrebbe cioè introdotto una nuova fattispecie di “pratica commerciale scorretta” in assenza delle condizioni legittimanti), e con la dir. 98/34/CE, essendo mancata la previa notificazione alla Commissione europea (in caso di dubbio, andrebbe sollevata questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 del Trattato);

IV) Violazione e falsa applicazione dell’art. 98 d.lgs. n. 259/03;
violazione del principio di tipicità e tassatività delle sanzioni amministrative
: in sede di determinazione della sanzione l’Autorità avrebbe erroneamente fatto applicazione del comma 16 anziché del comma 11 dell’art. 98 d.lgs. n. 259/03, con la conseguenza che in concreto, in assenza di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di cui alla delib. n. 484/08 cit. (presupposto richiesto dal comma 11 cit.), non avrebbe potuto essere irrogata alcuna misura sanzionatoria;

V) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 l. n. 689/81 : da ultimo, sarebbe erronea la quantificazione della sanzione pecuniaria.

Si è costituita in resistenza l’Agcom.

All’odierna udienza, in vista della quale le parti hanno depositato memorie (Agcom l’11.3 e Sky il 13.3.17;
la ricorrente ha prodotto altresì note di replica il 17.3.17), il giudizio è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. La ricorrente impugna la deliberazione n. 644/08 del 12.11.2008 con cui l’Agcom le ha irrogato, “ai sensi dell’art. 98, comma 16, del decreto legislativo 1° agosto 2004, n. 259” (come modificato dalla l. n. 286/06), la sanzione pecuniaria di euro 348.000,00 “per la violazione dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 40/07” (all. 1 ric.).

La controversia verte sulle modalità applicative della disciplina del recesso ad nutum introdotta dall’art. 1, commi 3 e 4, d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 (convertito, con modificazioni, dalla l. 2 aprile 2007, n. 40), secondo cui, per quanto qui rileva:

- co. 3: “I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica […] devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto […] senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore […]. Le clausole difformi sono nulle, fatta salva la facoltà degli operatori di adeguare alle disposizioni del presente comma i rapporti contrattuali già stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni”;

- co. 4: l’Agcom “vigila sull’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo […]. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 è sanzionata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni applicando l’articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259” (come modif. dall’art. 2, co. 136, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, conv. con modif. dalla l. 24 novembre 2006, n. 286).

Nel provvedimento all’odierno esame l’Autorità – nel richiamare (tra l’altro) le “Linee guida” sull’attività di vigilanza di cui al co. 4, predisposte dalla Direzione Tutela dei Consumatori (pubbl. il 28.6.2007), e nel dare atto delle deduzioni della ricorrente nonché delle “valutazioni” relative alla “fattispecie” (rispettivamente, parr. II e III delib. n. 644/08) – ha addebitato a Sky di aver previsto nelle “Condizioni Generali di Abbonamento (CGA), a partire dalla versione di aprile e successive, una disciplina del recesso anticipato basata su meccanismi deterrenti e penalizzanti l’esercizio del medesimo”, affermando in particolare (“valutazioni giuridiche”, par. III):

- che “in un contesto volto a favorire la mobilità e la libertà di scelta del contraente debole, e la concorrenza, il recesso non può […] essere né divenire, ex novo , la sede di imputazione di costi non causati in via immediata e diretta dall’esercizio del medesimo (principio di causalità del costo), ‘senza escludere alcuna categoria di costi dal proprio ambito di applicazione’ (come affermato da Sky): se così fosse, la legge n. 40 consentirebbe di blindare l’esercizio del recesso con voci di costo eterogenee e dal perimetro, almeno potenzialmente, infinito”, derivandone il “paradosso” della produzione di un esito anticoncorrenziale (barriera all’uscita);
questa ottica sarebbe stata accolta dalle citate Linee guida, nella parte relativa alle verifiche sulla condotta degli operatori, tenuti ad addebitare “esclusivamente le spese per cui sia dimostrabile un pertinente e correlato costo […] sopportato per procedere alla disattivazione o al trasferimento. Per essere in linea con l’intenzione della Legge n. 40/2007, il concetto di pertinenza del costo dovrà essere interpretato in senso oggettivo ed imparziale, valido per tutti gli operatori e secondo criteri di causalità/strumentalità dei costi/ricavi”;

- che la “configurazione di pricing ” introdotta da Sky “a ridosso della legge n. 40/07 […] si rileva in violazione dell’art. 1 comma 3”: la “giustificazione dei costi sottostanti al recesso […] non può che essere determinata dal principio di pertinenza”, dovendosi pertanto valutare “la corretta applicazione del criterio di causalità tra i costi sostenuti e le attività che Sky svolge, in ragione e a seguito del recesso anticipato, per le quali la stessa Sky richiedeva il pagamento di un corrispettivo. In particolare, la valutazione di causalità è volta a verificare se i corrispettivi pagati ai clienti, a seguito di recesso, sono giustificati da Sky, in primo luogo, in termini di pertinenza delle attività fornite per la finalizzazione del recesso, in secondo luogo, in termini di causalità dei costi attribuiti alle medesime attività”;

- che le attività concernenti la fase iniziale del rapporto – “costi iniziali” di installazione dell’impianto satellitare e consegna e attivazione di decoder e smart card – “non sono originate, in alcun modo, dalla decisione dei clienti di recedere e, pertanto, non sono annoverabili tra le attività pertinenti al recesso”, mentre l’assunto di Sky secondo cui si tratterebbe di attività “sussidiate” dai clienti al momento del recesso “contravviene alle più elementari regole di corretta imputazione dei costi e dei ricavi ai singoli servizi, secondo il principio di causalità”;

- che, quanto ai “costi finali”, correlati alle “attività originate dalla conclusione del contratto”, costituisce un “costo non evitabile e diretto nonché pertinente al recesso” in quanto “trova origine e causa nella decisione del cliente di recedere dal contratto” quello costituito dai corrispettivi pagati da Sky per la “gestione esterna del decoder ” (ritiro del dispositivo, per euro 7,40, e consegna alla società incaricata della “successiva logistica”, per un corrispettivo variabile tra 2,13 e 2,56 euro);
mentre non sono pertinenti al recesso i costi di “riparazione o rigenerazione” (attività rientranti in quelle “iniziali” perché funzionali al riuso del dispositivo).

Sulla base di questi rilievi (parr.

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