TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2017-01-03, n. 201700051

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2017-01-03, n. 201700051
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201700051
Data del deposito : 3 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2017

N. 00051/2017 REG.PROV.COLL.

N. 08921/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8921 del 2016, proposto da:
Provincia di Pescara, rappresentata e difesa dall'avvocato G M S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A C in Roma, piazza di Montecitorio, n.1;

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, Ministero dell’interno, Ministero dell'economia e delle finanze, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per l'accertamento:

- dell’illegittimità del silenzio e della mancata conclusione del procedimento di cui all’art. 7, comma 9- quinquies , del d.l. 78/2015, finalizzato alla emanazione del decreto che stabilisca o consenta di stabilire le somme dovute alla Provincia di Pescara per l'esercizio delle funzioni "non fondamentali”;

- dell’illegittimità del silenzio serbato rispetto all’obbligo di cui all’art. 1, comma 765, della l. 208/2015 di nomina di un commissario ad acta .


Visto il ricorso;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle intimate amministrazioni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 20 dicembre 2016 il cons. A B e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con l’odierno gravame la Provincia di Pescara ha agito per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio e della mancata conclusione del procedimento di cui all’art. 7, comma 9- quinquies , del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 125.

Recita la disposizione che “Al fine di dare compiuta attuazione al processo di riordino delle funzioni delle province disposto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, le regioni che, ai sensi dell'articolo 1, comma 95, della medesima legge, non abbiano provveduto nel termine ivi indicato ovvero non provvedano entro il 31 ottobre 2015 a dare attuazione all'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014, con l'adozione in via definitiva delle relative leggi regionali, sono tenute a versare, entro il 30 novembre per l'anno 2015 ed entro il 30 aprile per gli anni successivi, a ciascuna provincia e città metropolitana del rispettivo territorio, le somme corrispondenti alle spese sostenute dalle medesime per l'esercizio delle funzioni non fondamentali, come quantificate, su base annuale, con decreto del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 ottobre 2015. Il versamento da parte delle regioni non è più dovuto dalla data di effettivo esercizio della funzione da parte dell'ente individuato dalla legge regionale”.

Al riguardo, la ricorrente ha specificato che la Regione Abbruzzo ha sì adottato entro il termine fissato dal legislatore statale la l.r. 20 ottobre 2015, n. 32, “Disposizioni per il riordino delle funzioni amministrative delle Provincie, in attuazione della L. 56/2014”, ma non ha effettivamente provveduto all’adozione delle modalità di trasferimento delle funzioni trasferite, subordinato all’attuazione di specifiche modalità, da individuarsi con atti futuri.

La ricorrente ha ulteriormente evidenziato come la materia sia stata innovata dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità 2016, che, all’art. 1, commi 765, 766 e 767, per l’attuazione dell'accordo sancito l'11 settembre 2014 tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata, ha previsto nuovi procedimenti, e l’intervento di un commissario ad acta .

E ciò in vista di assicurare l’effettività del trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie relative alle funzioni non fondamentali delle province.

In particolare, la legge n. 208 del 2015, art. 1, ha distinto, al riguardo, tra l’ipotesi, di cui ai commi 765 e 766, che le regioni non abbiano provveduto a dare attuazione all'accordo nei termini previsti, e fatta comunque salva la successiva adozione delle leggi regionali, e l’ipotesi, di cui al comma 767, che la legge attuativa dell'accordo sia stata adottata in via definitiva, ma che non sia stato completato il trasferimento delle risorse.

Nel predetto contesto normativo, la ricorrente lamenta come, per un verso, il Dipartimento degli affari regionali non abbia adottato entro il termine del 31 ottobre 2015, e neppure successivamente, il decreto ai sensi del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, che avrebbe consentito alla Provincia ricorrente di ricevere quanto dovuto dalla Regione a titolo di spese sostenute per lo svolgimento delle funzioni non fondamentali, per altro verso, il Presidente del Consiglio dei ministri non abbia nominato, entro il previsto termine del 31 gennaio 2016, il commissario ad acta di cui alla l. 208/2015, art. 1, comma 765.

Ciò posto, la ricorrente indirizza avverso il gravato silenzio-inadempimento le censure di violazione dell’art. 7, comma 9- quinquies , del d.l. 78/2015, e dell’art. 1, comma 765, della l. 208/2015, ritenendo illegittima la mancata adozione del D.P.C.M. dopo lo spirare del termine del 31 ottobre 2015 e del provvedimento di nomina del commissario ad acta dopo lo spirare del termine del 31 gennaio 2016, provvedimenti che avrebbero consentito alla Provincia il soddisfacimento del proprio diritto di credito.

La ricorrente domanda, conclusivamente, che l’adito Tribunale, accertato l’obbligo delle intimate Amministrazioni a provvedere alla determinazione di quanto dovuto alla Provincia di Pescara per le funzioni non fondamentali svolte fino all’effettiva assegnazione delle funzioni ad altri enti, nonchè l’illegittimità del silenzio invece serbato sulla materia, ordini alle stesse Amministrazioni di provvedere entro il termine di trenta giorni ai sensi delle ridette disposizioni.

Si sono costituite in resistenza le intimate Amministrazioni, formulando eccezioni di carattere pregiudiziale e concludendo in ogni caso per il rigetto del gravame, di cui hanno illustrato l’infondatezza.

La controversia è stata indi trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 20 dicembre 2016.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

Non sussistono i presupposti che l’ordinamento nazionale ha previsto per il ricorso al rimedio di cui all’art. 7, comma 9- quinquies , del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 125, e, indi, per ordinare l’adozione del citato decreto interministeriale.

Si osserva, in primo luogo, che tale presupposto era costituito dall’inadempimento regionale, che nella fattispecie non si è verificato, atteso che, come riferisce la stessa ricorrente, la Regione Abbruzzo ha adottato nel termine di legge la l.r. 20 ottobre 2015, n. 32, “Disposizioni per il riordino delle funzioni amministrative delle Provincie, in attuazione della L. 56/2014”, e ha ulteriormente trasferito a se, con deliberazione giuntale n. 144 del 4 marzo 2016, previo accordo con gli enti provinciali, alcune funzioni non fondamentali già di competenza delle provincie, ancorchè non definendo il rimborso delle spese nelle more sostenute dalla provincie.

Infatti, pure in disparte la questione che l’adesione alla tesi della ricorrente comporterebbe, in sostanza, un inammissibile vaglio di merito relativo alla (tempestiva) legge regionale, si osserva che la già citata deliberazione regionale giuntale n. 144 del 2016 ha istituito nel bilancio regionale i due capitoli di spesa “personale provinciale – funzioni conferite”, “personale provinciale – funzioni non fondamentali”, ai quali ha assegnato la dotazione finanziaria, pari, rispettivamente, a € 4.224.00,00 e € 5.000.000,00, per la copertura delle spese connesse alle funzioni e al personale da riallocare, ciò che rende inconfigurabile, allo stato, l’intervento correttivo-sostitutivo statale invocato dalla ricorrente.

Inoltre, deve ancora rilevarsi, a monte, che, come del resto riferiscono entrambe le parti qui costituite, il predetto meccanismo legislativo risulta ormai completamente superato.

La l. 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità 2016, all’art. 1, commi 765, 766 e 767, cui si rimanda per ragioni di economia espositiva, per l’attuazione dell'accordo sancito l'11 settembre 2014 tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata, ha infatti previsto, in vista di assicurare l’effettività del trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie relative alle funzioni non fondamentali delle province, nuovi procedimenti, e segnatamente l’intervento di un commissario ad acta , da nominarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata.

In particolare, la legge n. 208 del 2015 ha distinto, al riguardo, tra l’ipotesi, di cui ai commi 765 e 766, che le regioni non abbiano provveduto a dare attuazione all'accordo nei termini previsti, e fatta comunque salva la successiva adozione delle leggi regionali, e l’ipotesi, di cui al comma 767, che la legge attuativa dell'accordo sia stata adottata in via definitiva, ma che non sia stato completato il trasferimento delle risorse.

E, al riguardo, non può essere accolta la domanda avanzata dalla ricorrente volta alla nomina in questa sede del commissario ad acta di cui alla citata legge n. 208 del 2015: si tratta, infatti, come eccepito dalla difesa erariale, di un rimedio che, oltre a essere connotato da amplissima discrezionalità politico-amministrativa, la stessa legge riconduce nell’alveo delle determinazioni da assumere in seno alla Conferenza Unificata, organo che ha lo scopo di favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e il sistema della autonomie, con l’effetto di far escludere la legittimazione delle singole provincie ad agire in giudizio per reclamarne l’adozione.

2. Alle rassegnate conclusioni consegue il rigetto del ricorso.

Si ravvisano nondimeno giusti motivi, stante la particolarità e la novità della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

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