TAR Parma, sez. I, sentenza 2020-03-17, n. 202000059

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2020-03-17, n. 202000059
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 202000059
Data del deposito : 17 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/03/2020

N. 00059/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00226/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 226 del 2019, proposto da
S G, rappresentato e difeso dall'Avvocato D T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Reggio Emilia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliato, in Bologna, via A. Testoni n. 6;

per l'annullamento

a) della Deliberazione della Giunta comunale di Reggio Emilia I.D. n. 107 del 21.05.2019 di approvazione “ modifiche/integrazioni del nuovo Regolamento dell'Avvocatura comunale del Comune di Reggio Emilia ” nei limiti di cui in ricorso;

b) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale, ivi compresi pareri, proposte e rivalutazioni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Emilia e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2020 il dott. M P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con D.L. n. 90/2014, convertito in L. n. 114/2014, il Legislatore provvedeva alla “ Riforma degli onorari dell'Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici ” (art. 9).

La richiamata norma, per quanto di interesse nel presente giudizio, prevede il riparto delle somme recuperate “ tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni ” in caso di “ sentenza favorevole ” con “ modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva ” (comma 3);

Il Comune di Reggio Emilia (di seguito Comune), si conformava a quanto prescritto adottando il proprio “ Regolamento dell’Avvocatura comunale ” (di seguito Regolamento) con delibera di Giunta n. 150/2017 che, all’art. 8, disciplina la “ Liquidazione dei compensi professionali ”.

A seguito di una ispezione effettuata dai Servizi Ispettivi della Ragioneria Generale dello Stato dal 2 al 23 marzo 2017, veniva indirizzata al Comune una “ Relazione sulla verifica ammnistrativo-contabile ” (di seguito Relazione) contenente una pluralità di rilievi circa la conformità del Regolamento alla disciplina normativa.

Il Comune controdeduceva con nota del 7 marzo 2017, alla quale l’Amministrazione centrale replicava con atto del 5 aprile 2019 confermando i rilievi già formulati.

L’Amministrazione comunale, richiamando i contenuti della Relazione, con la delibera di Giunta n. 107/2019, oggetto di impugnazione nel presente giudizio, modificava il Regolamento introducendo al già richiamato art. 8, i seguenti commi:

- comma 8: “ Sono ricondotti a compenso esclusivamente i provvedimenti giurisdizionali che entrino nel pieno merito della controversia ”;

- comma 9: “ Non sono ricondotti a compenso: i provvedimenti giurisdizionali a valenza cautelare;
i provvedimenti giurisdizionali a valenza procedurale – di rito (ad esempio, di perenzione/estinzione del giudizio;
inammissibilità/irricevibilità/improcedibilità, cessazione della materia del contendere;
le transazioni o altri accordi stragiudiziali che blocchino l’azione in contestazione
)”.

Il ricorrente, Dirigente del “ Servizio legale – Contratti ” del Comune ed iscritto nell’Elenco Speciale degli Avvocati dipendenti da Enti Pubblici dal 23 aprile 1990, con il presente ricorso impugnava la citata delibera n. 107/2019 censurando le modifiche introdotte.

Il Comune si costituiva in giudizio formalmente con atto del 7 ottobre 2019 e, con successiva memoria del 10 gennaio 2020, eccepiva:

- l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione avendo il ricorrente sollevato questioni afferenti alla remunerazione delle prestazioni lavorative nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato;

- l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, avendo il ricorrente censurato disposizioni regolamentari senza contestazione alcuna di atti applicativi;

- l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione della presupposta Relazione del MEF, in pretesa esecuzione della quale il Comune modificava il proprio Regolamento;

- l’infondatezza nel merito delle censure sviluppate in ricorso.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito Ministero) si costituiva formalmente con atto depositato il 29 ottobre 2019, integrando le proprie difese con memoria del 14 gennaio 2020 eccependo:

- il proprio difetto di legittimazione passiva, stante la natura meramente endoprocedimentale della propria Relazione ispettiva;

- l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del presupposto, e modificato, Regolamento del 2017;

- “ in via del tutto subordinata ”, l’infondatezza nel merito del ricorso.

Ricorrente e Comune replicavano alle avverse difese con memorie depositate il 21 gennaio 2020.

All’esito della pubblica udienza dell’11 febbraio 2020, la causa veniva decisa.

Preliminarmente deve affrontarsi la questione di giurisdizione introdotta dal Comune che sostiene l’eccezione richiamando pressoché integralmente la sentenza del TAR Napoli 20 novembre 2015, n. 5413 laddove, in presenza di analoga fattispecie, affermava che la contestazione dei criteri di riparto delle spese di giudizio integrerebbe “ una questione che investe direttamente le obbligazioni corrispettive - prestazione lavorativa e correlativa remunerazione - caratterizzanti il rapporto di lavoro di carattere subordinato, a cui le parti di quest’ultimo sono tenute secondo lo schema del sinallagma contrattuale ”.

La posizione non è pacifica in giurisprudenza.

Lo stesso TAR napoletano, con posizione che si condivide, in presenza dell’impugnazione di un “ regolamento per la corresponsione dei compensi professionali al personale togato (di cui all’art. 9 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, l. 11 agosto 2014 n. 114) ”, tratteneva la giurisdizione affermando che “ infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il provvedimento oggetto di impugnazione è infatti un atto di natura regolamentare, con il quale l’amministrazione ha provveduto, in attuazione di quanto disposto dall’art. 9 del d.l. n. 90/2014 alla regolamentazione dei criteri di riparto dei compensi professionali spettanti agli avvocati dipendenti della Provincia e dei criteri di assegnazione degli affari contenziosi e consultivi. Vengono dunque in rilievo nel provvedimento impugnato aspetti relativi alla organizzazione delle funzioni istituzionalmente attribuite all’Avvocatura provinciale (e quindi l’esercizio di potestà pubblicistiche in materia di organizzazione degli uffici), la cui cognizione deve ritenersi devoluta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo ” (TAR Campania, Napoli, Sez. V, 23 ottobre 2015, n. 5025).

Riconosciuta la giurisdizione amministrativa, deve rilevarsi l’infondatezza dell’eccepito (da parte del Comune) profilo di inammissibilità per omessa impugnazione della presupposta Relazione Ispettiva del 31 maggio 2017, a seguito dell’ispezione effettuata nei giorni 2-23 marzo 2017: atto vincolante che, si afferma, avrebbe imposto le modifiche in questa sede impugnate.

Circa la specifica questione, si evidenzia che il ricorrente contesta la fonte regolamentare in questione relativamente ai contenuti delle illustrate disposizioni che limitano, nei sensi che saranno di seguito illustrati, i compensi riconosciuti agli Avvocati comunali: questione in relazione alla quale assume centralità l’interpretazione della locuzione “ sentenza favorevole ” contenuta nell’art. 9 del D.L. n. 90/2014, in presenza della quale operano le disposizioni in materia di ripartizione delle spese legali recuperate fra gli Enti e i Professionisti.

L’Amministrazione comunale, richiamando i contenuti della Relazione, nella parte in cui fornirebbe spunti interpretativi riferiti alla citata locuzione “ sentenza favorevole ”, ne afferma il carattere vincolante.

Ne deriverebbe che le modifiche successivamente introdotte al testo del Regolamento costituirebbero un atto dovuto, resosi necessario per adeguare il Regolamento alle prescrizioni dettate dalla Ragioneria Generale.

Ciò determinerebbe la qualificazione della citata Relazione ispettiva in termini di atto presupposto la cui omessa impugnazione determinerebbe l’inammissibilità per difetto di interesse del ricorso.

La posizione non è condivisa dal Collegio.

Il potere ispettivo della Ragioneria esercitato nell’occasione trova fonte nell’art. 3 della L. n. 1037/1939, ove dispone che “ all'ispettorato generale di finanza è affidato il compito di verificare: 1) che l'effettuazione delle spese proceda in conformità delle rispettive leggi e norme di attuazione e nel modo più proficuo ai fini dello Stato;
2) che le gestioni dei consegnatari di fondi e beni dello Stato siano regolarmente condotte;
3) che, in genere, abbiano regolare funzionamento i servizi che interessano in qualsiasi modo, diretto o indiretto, la finanza dello Stato
”, nonché, nell’art. 60 del D. Lgs. n. 165/2001 che al 5° comma dispone che “ il Ministero dell'economia e delle finanze, anche su espressa richiesta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate ”.

Circa “ i compensi dell’avvocatura interna ” (pag. 30 e ss. della Relazione), gli Ispettori rilevavano il mancato adeguamento del Regolamento alle prescrizioni del D.L. n. 90/2014, censurandolo nella parte in cui riconduceva al concetto di “ sentenza favorevole ” tutti i provvedimenti “ pronunciati dall’Autorità arbitrale o giudiziaria in sede civile, penale, amministrativa, tributaria sia di merito che di rito (in quanto non incidano su atti impugnati” - ivi compresa la decisione su ricorso straordinari, previo parere del Consiglio di Stato, dai quali derivi un vantaggio od una minor spesa per l’Amministrazione ” e, in presenza di più gradi di giudizio, di “ provvedimenti successivi a quelli oggetto di impugnazione anche quando comportano un vantaggio o una minore spesa per l’Amministrazione rispetto alle precedenti pronunce ”.

Tuttavia la Ragioneria, definendo il procedimento ispettivo a seguito dell’esame delle osservazioni formulate dal Comune, con nota del 7 marzo 2018, non dettava alcuna prescrizione tale da vincolare la successiva condotta dell’Ente locale, limitandosi a precisare che “ nel rimettere all’autonoma iniziativa di codesto Ente l’adozione delle misure atte a definire le descritte questioni ancora sospese, si comunica di ritenere conclusa per quanto di competenza, la presente trattazione fatte salve le eventuali determinazioni della Procura regionale della Corte dei Conti”.

Conclusione coerente con il suesposto dato normativo (art. 60, comma 5 del D. Lgs. n. 165/2001) che in presenza di eventuali irregolarità rilevate in sede ispettiva, nel rispetto dell’autonomia costituzionalmente garantita dell’Ente locale, si limita a prevedere la denunzia “alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate ”.

Alla Relazione in questione, pertanto, in quanto atto di indirizzo inidoneo a vincolare le successive determinazioni del Comune, non può essere riconosciuta una diretta lesività: circostanza che esclude la sua necessaria impugnazione a pena di inammissibilità del ricorso.

Sul piano pregiudiziale, ciò determina, sotto un primo profilo, il difetto di legittimazione passiva del Ministero che dovrà pertanto essere estromesso dal giudizio.

Sotto altro profilo, l’irrilevanza dell’eccezione di inammissibilità dallo stesso sollevata in via subordinata per omessa impugnazione del Regolamento precedentemente approvato con delibera n. 150/2017 (modificato con la delibera n. 107/2019, impugnata nel presente giudizio).

Infondata è, altresì, l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse sollevata dal Comune in ragione dell’impugnazione del solo atto regolamentare senza contestazione di alcun atto applicativo.

La questione è già stata affrontata e risolta in giurisprudenza affermando, in presenza di analoga fattispecie, che l’atto normativo disciplinante i criteri di riparto dei compensi fra Ente ed Avvocati in forza al medesimo, è atto “ idoneo ad incidere, in via diretta ed immediata, sulla sfera giuridica dei ricorrenti ” (TAR Campania, n. 5025/2015, cit ).

Quanto al merito del ricorso, si premette che il ricorrente, sul ritenuto presupposto che la modifica contestata trovi fondamento nei rilievi formulati dalla Ragioneria Generale in sede di Relazione, stante l’esplicito richiamo operato nelle premesse del provvedimento impugnato, con il primo motivo di ricorso (punto II), le confuta analiticamente sotto 5 profili, sviluppando le proprie doglianze in altrettanti paragrafi (punti II a-e).

Con il secondo motivo (capo III), articolato anche questo in 5 paragrafi (punti III a-e), il ricorrente sviluppa le proprie censure in ordine “ alla nozione di sentenza favorevole al fine della liquidazione degli onorari” formulando considerazioni in ordine ad un parere espresso dalla Corte dei Conti – Sezione di Controllo per la Regione Sicilia (n. 88/2019) e richiamando le posizioni espresse dalla Presidente dell’UNEAP – Unione Nazionale Autorità Enti Pubblici in merito al medesimo parere.

Ciò premesso, con il primo motivo, il ricorrente deduce VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 9 DEL D.L. 24

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