TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2014-12-02, n. 201412165

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2014-12-02, n. 201412165
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201412165
Data del deposito : 2 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01122/2009 REG.RIC.

N. 12165/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01122/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1122 del 2009, proposto da L G, rappresentato e difeso dall'avv. C A, con domicilio eletto presso C A in Roma, viale Liegi, 49;

contro

Ministero Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa adozione di misure cautelari,

del decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza - notificato al ricorrente il 21 novembre 2008, con il quale è stata irrogata la sanzione disciplinare della destituzione del servizio, a decorrere dal 17 marzo 2000, giorno della sospensione cautelare dal servizio, disposta ai sensi dell'art. 9, 1° co., del DPR 737/1981 e della presupposta deliberazione del 28 marzo 2006 con la quale il Consiglio provinciale di disciplina presso la Questura di Roma ha proposto al Capo della Polizia di infliggere al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 novembre 2014 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio l’Ispettore della Polizia di Stato L G ha rappresentato che il provvedimento impugnato è stato adottato in quanto egli avrebbe posto in essere un comportamento in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento, con grave abuso di autorità e di fiducia, così arrecando grave pregiudizio all'immagine dell'amministrazione della Pubblica Sicurezza, perché, in concorso e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ai fini di lucro, formava un falso permesso di soggiorno rilasciato ad una cittadina cinese, recante la sottoscrizione apocrifa del funzionario in servizio presso la questura di L'Aquila e l'apposizione di un timbro autentico in dotazione presso la predetta autorità, approfittando delle condizioni di illegalità della predetta cittadina cinese e favorendone l'illecita permanenza nel territorio dello Stato.

A tale conclusione il Capo della Polizia è giunto condividendo la Delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina, istituito presso la questura di Roma in data 17 ottobre 2008, con la quale è stata proposta, nei confronti dell'ispettore L, l'irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, ai sensi dell'art. 7, nn. 2, 3, e 4 del DPR 737/1981.

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, la parte ricorrente le ha impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe e deducendo i seguenti motivi di ricorso.

I) - Violazione dell'art. 21 del DPR 25 ottobre 1981, n. 737 e dell'art 21 septies della 1. 241/90;
nullità assoluta ed insanabile del provvedimento per omessa sottoscrizione della deliberazione del Consiglio di Disciplina.

L'art. 21 del DPR 737/1981 (Deliberazione del consiglio di disciplina) prevede che la motivata deliberazione del Consiglio di disciplina debba essere firmata dal presidente, dall'estensore e dal segretario.

Nel caso di specie, la deliberazione del Consiglio di Disciplina del 17 ottobre 2008 non è stata sottoscritta dal Presidente del collegio, dott. M C.

La mancata sottoscrizione da parte di uno dei componenti di tale Organo comporta il mancato perfezionamento della fattispecie e la mancata produzione degli effetti giuridici a causa della nullità assoluta ed insanabile del provvedimento, ex art. 21 septies della l.n. 241/90.

II) - Violazione dell’art. 3 l.n. 241/90;
eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento fatti, difetto istruttoria;
eccesso di potere e violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 7, co. 1, nn. da 1 a 6 del DPR 737/1981, e dell’art. 7, u.c., l.n. 1204/1971, come modificata dall’art. 1 l.n. 53/2000, in relazione all'adozione della sanzione espulsiva.

Il principio di proporzionalità delle sanzioni è sindacabile e la graduazione delle sanzioni in proporzione agli addebiti deve essere ritenuta emanazione di principi di cui all'art. 97 della Costituzione.

La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati, in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche per manifesta illogicità della determinazione adottata, manifesta irragionevolezza, evidente sproporzione e travisamento dei fatti.

Nell’adottare il provvedimento impugnato l’Amministrazione ha omesso di valutare circostanze essenziali per formulare il giudizio di proporzionalità, quali la condotta lavorativa dell’interessato, l’assenza di precedenti disciplinari e la stima goduta nell'ambiente.

Ciò induce a ritenere che l’Amministrazione non abbia motivato il giudizio di proporzionalità del licenziamento in relazione alle mancanze commesse ed alle altre circostanze del caso concreto.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, sostenendone e ne ha chiesto il rigetto.

A sostegno delle proprie ragioni, l’Amministrazione ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l’infondatezza delle censure contenute nel ricorso.

Con ordinanza del 12 marzo 2009 n. 1182, è stata respinta la domanda cautelare proposta dal ricorrente.

All’udienza del 13 novembre 2014 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. - Dall’esame degli atti di causa emerge che con decreto del 15 luglio 2008, il Questore di Roma ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti dell'Ispettore della Polizia di Stato Giovanni L, in relazione ad una vicenda che traeva origine dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 2587 del 5.6.2008, con la quale era stato rigettato il ricorso presentato dal dipendente avverso la sentenza della Corte d'Appello di L'Aquila, di conferma della pronuncia del Tribunale di L’Aquila di condanna del ricorrente alla pena di anni i e mesi 6 di reclusione ed euro 1000,00 di multa, con il beneficio della sospensione della pena, per i reati di cui agli artt. 81, 110, 471, 476, 482 c.p. e 12 della legge n. 286/98, perché, in concorso con altri, al fine di trarne profitto, aveva formato permessi di soggiorno falsi, agevolando la permanenza di soggetti stranieri, illegalmente presenti sul territorio nazionale (cfr. doc. 4 dell’Amministrazione resistente).

Il 24.7.2008, il funzionario istruttore ha formulato la contestazione degli addebiti per l'infrazione di cui all'art.7, nn.2, 3 e 4 del D.P.R. n.737/1981;
l’incolpato ha presentato giustificazioni in data 11.8.2008;
ed il funzionario istruttore, con relazione del 10.9.2008, ha concluso l'inchiesta disciplinare, rimettendo tutti gli atti al Questore il quale, il 15.9.2008, ha deferito il L al Consiglio Provinciale di Disciplina che, all’esito del procedimento, lo ha giudicato disciplinarmente responsabile ed ha proposto l’irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione (cfr. doc. 12 dell’Amministrazione resistente).

In accoglimento di tale proposta, il Capo delta Polizia ha emesso il decreto di destituzione impugnato.

2. Ciò premesso, il Collegio ritiene, anzitutto, infondata la prima delle censure proposte dal ricorrente, con la quale è stata affermata la nullità del decreto impugnato a causa dell’omessa sottoscrizione della deliberazione del Consiglio Provinciale di Disciplina da parte del suo Presidente.

In realtà, dall’esame degli atti depositati in giudizio dall’Amministrazione resistente, emerge che tale atto, così come il verbale della relativa seduta (cfr. doc. 1 e 12 dell’Amministrazione resistente) sono stati sottoscritti dai soggetti indicati nell'art. 21, comma 1, del d.P.R. n. 737/1981, anche se essa risulta illeggibile nella copia fotostatica rilasciata all'interessato in allegato al decreto del Capo della Polizia.

3. Altrettanto infondata è la censura con la quale è stata contestata la sproporzione della sanzione irrogata rispetto al caso concreto.

Al riguardo, va rilevato che l'Amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale nell'apprezzare autonomamente le varie ipotesi disciplinari, con valutazione insindacabile nel merito da parte del giudice amministrativo, se non per macroscopici vizi logici.

Nel caso di specie, avuto riguardo alla gravità degli addebiti contestati, la sanzione inflitta non risulta sproporzionata o inficiata da errori macroscopici o vizi manifesti, tenuto conto della natura dei reati per i quali il L è stato condannato e considerato che il dipendente è stato sanzionato (in relazione alle condotte penalmente rilevanti sopra descritte) ai sensi dell'art.7, n.2 (atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento), n.3 (per grave abuso di autorità e di fiducia) e n.4 (dolosa violazione dei doveri che abbiano arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati).

Inoltre, come correttamente rilevato dall’Amministrazione resistente, poiché detti illeciti sono strettamente connessi alla qualifica di appartenente alla Polizia di Stato, dalla condotta del dipendente è derivato il venir meno del rapporto fiduciario che deve esistere e persistere tra lo stesso e l'Amministrazione della pubblica sicurezza.

4. Va, infine, respinta la censura di difetto di motivazione degli atti impugnati, considerando che il provvedimento sanzionatorio costituisce l’atto finale del procedimento disciplinare che reca l’indicazione delle ragioni poste a base delle scelte compiute dall’Amministrazione e risulta motivato per relationem alla delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina da intendersi integralmente trascritta (come precisato nell’atto impugnato), oltre che al verbale della trattazione orale, da cui emergono chiaramente le ragioni per le quali al ricorrente è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

6. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo

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