TAR Firenze, sez. II, sentenza 2012-01-25, n. 201200149

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2012-01-25, n. 201200149
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201200149
Data del deposito : 25 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00529/2008 REG.RIC.

N. 00149/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00529/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 529 del 2008, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv.ti C B e C B, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Firenze, via M. Ficino 19;

contro

Comune di Poggibonsi, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. L A, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, via delle Cinque Giornate 31;

per l'annullamento

del provvedimento del Dirigente Settore Servizi alla Persona del Comune di Poggibonsi -OMISSIS-, con cui è stata decretata a carico della ricorrente, con effetto dal -OMISSIS-, la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio E.R.P. a locazione semplice situato in Poggibonsi (Si) -OMISSIS-, e per la condanna del Comune di Poggibonsi al risarcimento dei danni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Poggibonsi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2011 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente -OMISSIS- ha agito per l’annullamento del provvedimento di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di E.R.P. sito in Poggibonsi alla via -OMISSIS- 6, pronunciato nei suoi confronti dal Comune di Poggibonsi il -OMISSIS- ma con decorrenza degli effetti retrodatata al -OMISSIS-, e questo al dichiarato scopo di rinnovare ora per allora l’originario provvedimento di decadenza adottato, appunto, il -OMISSIS- e annullato da questo stesso T.A.R. – solo dopo essere stato eseguito – con sentenza n. -OMISSIS-, passata in giudicato. La -OMISSIS- ha chiesto, altresì, la condanna dell’amministrazione procedente al risarcimento dei danni che assume esserle derivati sia dall’atto impugnato, sia, ancor prima, dall’esecuzione dell’originario provvedimento di decadenza, avvenuta nel settembre del 1998.

Con sentenza non definitiva n. -OMISSIS-, il tribunale ha dichiarato irricevibile, per tardività dell’impugnazione, la domanda di annullamento del nuovo provvedimento di decadenza, contestualmente ordinando la prosecuzione del giudizio in ordine alla domanda risarcitoria. All’uopo, è stata disposta consulenza tecnica medico-legale sulla persona della ricorrente, il cui espletamento ha peraltro richiesto la sostituzione dei primi due consulenti nominati, il primo (dott. Stefano Castagnoli) per non essersi presentato all’udienza fissata per il conferimento dell’incarico, la seconda (dott.ssa Guendalina Rossi) a seguito dei reiterati ritardi nell’assolvimento del proprio ufficio, che hanno comportato la relativa segnalazione al Presidente del Tribunale di Firenze ed al Consiglio dell’Ordine dei Medici della Provincia di Firenze.

Depositata la relazione di C.T.U. il 25 maggio 2011, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione definitiva nella pubblica udienza del 6 dicembre 2011, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche.

2. La domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente -OMISSIS- ha per oggetto i danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente patiti in conseguenza dell’esecuzione del provvedimento decadenziale del -OMISSIS-, annullato da questo tribunale con la sopra citata sentenza n. -OMISSIS-, e dell’illegittimità della nuova declaratoria di decadenza assunta dal Comune di Poggibonsi il -OMISSIS-, a nove anni di distanza dal primo provvedimento e, secondo la prospettazione, occasionata unicamente dalla richiesta stragiudiziale di danni formulata dalla -OMISSIS- nel marzo del 2007.

Il pregiudizio patrimoniale di cui si chiede il ristoro è costituito da una pluralità di voci, e, in particolare, dalle spese sostenute dalla ricorrente per la locazione provvisoria di un immobile all’indomani del rilascio dell’alloggio di via -OMISSIS-, per un totale di euro 3.207,45;
dalle spese notarili per l’acquisto della nuova abitazione della -OMISSIS-, pari ad euro 1.859,24, e dalle spese di istruttoria inutilmente versate all’ATER;
dal mancato guadagno di euro 60.395,00, corrispondente alla differenza fra il prezzo di mercato dell’alloggio di via -OMISSIS- e il prezzo di vendita stabilito dall’ATER, inserito nella proposta di acquisto all’epoca sottoscritta dalla ricorrente;
dai maggiori oneri finanziari sopportati per l’acquisto di un diverso immobile di abitazione, per complessivi euro 24.939,95;
dall’incremento di valore del perduto alloggio di E.R.P. a far data dal 1997, per ulteriori 78.115,00. È chiesto, infine, il rimborso delle spese per consulenze medico-legali affrontate in vista del presente giudizio.

Sotto il profilo del pregiudizio non patrimoniale, la ricorrente afferma invece che l’esecuzione del provvedimento di decadenza già annullato le avrebbe procurato una sindrome ansioso-depressiva, oramai stabilizzata, con postumi permanenti valutabili nella misura del 10%, oltre all’inabilità temporanea parziale protrattasi per almeno dieci anni. Al danno biologico, sarebbero poi connessi il danno morale soggettivo e quello esistenziale, quest’ultimo dipendente dalla perdita ingiustificata del punto di riferimento rappresentato dall’abitazione di via -OMISSIS-.

3. Il Comune di Poggibonsi, in via preliminare, eccepisce la prescrizione del diritto al risarcimento, avuto riguardo al fatto che la prima richiesta risarcitoria sarebbe stata formulata dalla -OMISSIS- con lettera del -OMISSIS-.

L’eccezione non può essere accolta, per ragioni che attengono alle note vicende della c.d. “pregiudiziale” amministrativa.

3.1. Le ricorrente -OMISSIS-, lo si è detto, imputa innanzitutto i danni dei quali chiede il risarcimento all’esecuzione del provvedimento di decadenza adottato nei suoi confronti il -OMISSIS-. Tale provvedimento è stato impugnato con ricorso notificato il 1 aprile 1998, vale a dire in epoca anteriore alla generale attribuzione al giudice amministrativo, ad opera dell’art. 35 D.Lgs. n. 80/98, come modificato dall’art. 7 della legge n. 205/00, dello strumento di tutela ulteriore costituito dal risarcimento del danno, di modo che, al tempo, la tutela risarcitoria dell’interesse legittimo era riconosciuta, sotto le mentite spoglie del diritto soggettivo “affievolito”, nelle sole ipotesi in cui fossero configurabili interessi oppositivi. Essa, di conseguenza, risultava sottoposta al duplice passaggio giurisdizionale, nell’ordine: dinanzi al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo e, con esso, la “riespansione” del diritto;
e dinanzi al giudice ordinario per la proposizione della domanda di risarcimento.

In questa fase, la giurisprudenza – in ossequio, ancora una volta, alla teoria classica dell’affievolimento del diritto ad interesse – si era consolidata nel senso di ritenere che il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale della domanda risarcitoria andasse identificato nella data del passaggio in giudicato della pronunzia di annullamento del giudice amministrativo, quello essendo, ai sensi dell’art. 2935 c.c., il momento a partire dal quale il diritto poteva esser fatto valere (per tutte, cfr. Cass. SS.UU. 21 luglio 1999, n. 483).

La scelta iniziale della -OMISSIS-, di agire in primo luogo dinanzi al G.A. per ottenere l’annullamento del primo provvedimento di decadenza, con facoltà di proporre la domanda risarcitoria una volta passata in giudicato l’eventuale sentenza di annullamento, appare dunque del tutto coerente con il contesto normativo e pretorio appena descritto (a maggior ragione se si pensa che, nello stesso anno 2003, in cui la -OMISSIS- otteneva dal T.A.R. l’annullamento del provvedimento di decadenza, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con decisione -OMISSIS-, affermava l’inammissibilità dell’azione risarcitoria “esclusivamente ed autonomamente intrapresa”, avallando così la strategia difensiva messa in atto dalla odierna ricorrente).

La regola della “pregiudiziale”, del resto, sebbene superata dalle Sezioni Unite della Cassazione – in una con il definitivo superamento del dogma della irrisarcibilità degli interessi legittimi – con le note sentenze nn. 500 e 501 del 1999, è stata strenuamente sostenuta dal giudice amministrativo, una volta investito dal legislatore della tutela risarcitoria nell’ambito della sua giurisdizione: è appena il caso di accennare che le tappe più significative del prolungato contrasto fra i due ordini giurisdizionali si collocano in tempi ancora recenti (le tre ordinanze “gemelle” delle Sezioni Unite del giugno 2006, l’intervento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 12/2007, la definitiva chiusura della Cassazione con la sentenza SS.UU. n. 30254/2008), e che le incertezze interpretative in materia possono dirsi sopite solo a seguito dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104/2010, il cui art. 30 sancisce espressamente l’autonomia della domanda risarcitoria da quella di annullamento, pur continuando, ma sul differente piano del contribuito alla causazione del danno, ad attribuire rilievo alla mancata tempestiva impugnazione del provvedimento illegittimo e foriero di effetti illeciti);
e, soprattutto, del successivo de finale riconoscimento, ad opera del supremo consesso della giustizia amministrativa, dell’assenza della pregiudiziale anche sulla scorta del quadro normativo antecedente all’entrata in vigore della codificazione processuale (cfr. Cons. Stato, A.P., 23 marzo 2011, n. 3).

3.2. Dunque, solo oggi può dirsi che il superamento della pregiudiziale di annullamento costituisca un’acquisizione consolidata da parte dei giudici amministrativi, che, in materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, hanno continuato a riaffermare la regola del decorso a far data dal passaggio in giudicato della sentenza demolitoria del provvedimento illegittimo e causativo di danno (tra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 ottobre 2008, n. 5453). È evidente, peraltro, che il venir meno della pregiudiziale implica l’abbandono di tale impostazione e la generale applicazione del principio per cui la decorrenza della prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno coincide con la data del provvedimento lesivo, e non più con quella del passaggio in giudicato della sentenza che lo ha annullato, derivandone, a stretto rigore, la fondatezza dell’eccezione di prescrizione qui sollevata dal Comune di Poggibonsi (l’originario provvedimento di decadenza risale, lo si è detto, al marzo 1998, la prima richiesta stragiudiziale di danni è del marzo 2007).

La conclusione è, tuttavia, inaccettabile sul piano della giustizia sostanziale, giacché come autorevolmente e condivisibilmente affermato, “la svolta giurisprudenziale che ha reso possibile la riparazione del danno da attività provvedimentale illegittima, senza la preventiva impugnazione dell'atto amministrativo, non può, paradossalmente, aver pregiudicato nella sostanza, anzichè migliorarla, la posizione del privato che lamenta un danno quale conseguenza di quell'atto”;
la “falsa convinzione” della pregiudizialità dell’annullamento – del tutto giustificata nella fattispecie, posto che, lo si ribadisce, l’impugnazione della prima dichiarazione di decadenza risale all’aprile del 1998 – non può pertanto “impedire di ritenere che ove sia stata proposta domanda di annullamento dell'atto amministrativo, quale (male-inteso) prodromo alla condanna al risarcimento per la lesione del diritto di proprietà (domande attribuite, all'epoca dei fatti, a giurisdizioni diverse), essa sia stata comunque idonea a interrompere la prescrizione dell'azione di risarcimento, e che il decorso sia rimasto sospeso per tutta la durata di quel giudizio” (così si esprime Cass., SS.UU., 8 aprile 2008, n. 9040).

Altrettanto giustificata appare, del resto, l’attesa che ha preceduto la presentazione della richiesta risarcitoria da parte della -OMISSIS-, se si considera che la sentenza n. -OMISSIS- di questo T.A.R. è pressoché coeva alla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 4/2003.

La pretesa risarcitoria, dunque, è da ritenere azionata fin dal momento in cui la -OMISSIS- ha ritenuto di adire questo tribunale per la rimozione dell'atto, l’annullamento del quale si rivela oggi rimedio superfluo sotto il profilo sostanziale, senza neppure la necessità teorica di fare ricorso al meccanismo processuale della translatio iudicii , invocato da Cass. SS.UU. n. 9040/2008, cit., e questo in virtù della concentrazione dell’intero contenzioso – quello per l’annullamento e quello per il risarcimento – dinanzi allo stesso giudice amministrativo. La richiesta stragiudiziale del marzo 2007 opera, dunque, quale idoneo atto interruttivo della prescrizione, seguito dalla tempestiva proposizione del presente ricorso, notificato nel marzo 2008.

4. Nel merito, il Comune resistente – prima di contestare le singole voci di danno allegate dalla controparte – osserva che l’impugnativa proposta dalla -OMISSIS-, con l’atto introduttivo di questo stesso giudizio, avverso il secondo provvedimento di decadenza adottato nei suoi confronti, e risalente al -OMISSIS-, è stata dichiarata irricevibile dal tribunale con la sentenza non definitiva n. -OMISSIS-. Questo significherebbe che, trattandosi di provvedimento munito di effetti retrodatati al -OMISSIS-, l’estromissione della ricorrente dall’alloggio di via -OMISSIS- è stata sempre assistita da una valida ed efficace dichiarazione di decadenza, venendone con ciò esclusa in radice la fondatezza di qualsiasi pretesa risarcitoria.

4.1. Completando il ragionamento avviato in precedenza, la questione va affrontata e risolta a partire dal nuovo ruolo che alla pregiudiziale di annullamento, stavolta riferita al provvedimento comunale del -OMISSIS-, è oggi assegnato dal legislatore e dalla giurisprudenza.

Si è accennato al fatto che il codice del processo amministrativo, pur mostrando di voler affermare l’autonomia processuale della domanda di risarcimento danni dalla domanda di annullamento, è giunto a una soluzione in qualche misura “intermedia”, valutando il mancato esperimento degli strumenti di tutela previsti, ivi compresa l’azione di annullamento, come fatto concreto da apprezzare, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, per escludere il risarcimento dei danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza: in questo senso, il terzo comma dell’art. 30 cod. proc. amm., cui fa riscontro – per le controversie in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture – il secondo comma del successivo art. 124, contenente l’ancor più esplicito rinvio all’art. 1227 cod. civ..

Peraltro, anche in relazione alla configurabilità di una connessione sostanziale tra i rimedi impugnatorio e risarcitorio, tale da soddisfare sul piano della causalità giuridica le medesime esigenze già perseguite attraverso l’abbandonato principio della pregiudizialità processuale, la sopra citata decisione A.P. n. 3/2011 ha riconosciuto come i principi affermati dal D.Lgs. n. 104/2010 fossero, in realtà, ricavabili anche dal quadro normativo vigente prima dell'entrata in vigore del codice. La regola sancita dall’art. 30 co. 3 cod. proc. amm. ha infatti, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, natura ricognitiva di principi già evincibili alla stregua, appunto, dell’art. 1227 co. 2 cod. civ., da interpretarsi in chiave evolutiva quale disposizione che onera in creditore non soltanto di astenersi dall’aggravare il danno ricevuto, ma anche di attivarsi per contenere il danno, con la possibilità di estendere la valutazione della condotta del creditore – contrariamente all’interpretazione invalsa della norma, e in ossequio a una più ampia accezione del canone solidaristico sotteso al principio di buona fede oggettiva – all’eventuale scelta di non avvalersi dello strumento di tutela impugnatorio, valutazione da condursi non in astratto, ma avuto riguardo alle specificità del caso concreto.

4.2. Stabilito, dunque, che il giudizio di incidenza della mancata tempestiva proposizione dei rimedi impugnatori va trasferito sul piano dei comportamenti del danneggiato che abbiano contribuito ad aggravare il pregiudizio imputabile all’amministrazione-danneggiante, giova intanto chiarire come, nella specie, la situazione soggettiva rivendicata dalla ricorrente -OMISSIS- rivesta le sembianze dell’interesse legittimo oppositivo, e non dell’interesse pretensivo, come impropriamente sembra volerla qualificare il provvedimento comunale del novembre 2007. Sul punto, basti osservare che la decadenza interviene a rimuovere una posizione di vantaggio già riconosciuta all’interessata in relazione al bene della vita costituito dalla disponibilità dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, di modo che l’annullamento dell’originario provvedimento del -OMISSIS-, a differenza di quanto sembra ritenere l’amministrazione procedente, determina l’immediata “riespansione” (per utilizzare una terminologia tradizionale) di quella posizione;
con la conseguenza che, pur trattandosi di annullamento per vizi formali, ai fini della riconoscibilità astratta di un danno risarcibile non occorre affatto attendere il riesercizio del potere, come predicato dalla giurisprudenza con riferimento ai soli interessi pretensivi, ed, al contrario, è possibile ravvisare nella condotta del Comune di Poggibonsi l’inottemperanza agli effetti conformativi della sentenza n. -OMISSIS- di questo T.A.R. per tutto il tempo in cui, dopo l’annullamento, e fino all’adozione del nuovo provvedimento di decadenza, non ha ripristinato il godimento dell’alloggio di E.R.P. in favore della ricorrente vittoriosa.

Occorre poi considerare che i danni originati da attività amministrativa illegittima non sono, di norma, provocati dal provvedimento in sé, ma dall’insieme delle condotte, anche precedenti e successive al provvedimento, tenute dall’amministrazione agente, ed è rispetto a tale condotta complessiva che va operato il giudizio di illiceità della fattispecie (così, ancora, Cons. Stato A.P. n. 3/2011). Se così è, non v’è dubbio che l’attività complessivamente posta in essere dal Comune di Poggibonsi in danno della ricorrente -OMISSIS-, e consistita nell’adozione e successiva esecuzione dell’illegittimo provvedimento di decadenza del -OMISSIS-, costituisce in astratto idonea causa efficiente dei pregiudizi dei quali la ricorrente medesima chiede il ristoro, tutti dipendenti dalla perdita dell’abitazione di via -OMISSIS-;
e il rinnovo del provvedimento decadenziale nel 2007, con effetti ora per allora, non è comunque in grado di elidere, in termini strettamente causali, quanto già realizzato dal Comune sulla base dell’illegittimo provvedimento iniziale.

Si vuol dire che, nella misura in cui il provvedimento del 1998 ha prodotto ed esaurito a suo tempo l’effetto di conseguire il rilascio dell’alloggio da parte della -OMISSIS-, dando luogo a una situazione di potenziale illecito, il rinnovo della decadenza nel 2007 è atto ab origine destinato a rimanere privo di effetti materiali, di modo che la sua eventuale caducazione non avrebbe arrecato alcun beneficio alla -OMISSIS-;
quanto agli effetti giuridici “sananti” attribuiti dal Comune al nuovo provvedimento, essi incontrano il limite del fatto compiuto ( factum infectum fieri nequit ), non essendo ipotizzabile che, in presenza di un illecito istantaneo oramai perfezionatosi, l’ingiustizia del danno possa venire rimossa ex post , per di più ad opera dello stesso autore dell’illecito.

All’irrilevanza causale della intempestiva impugnazione del provvedimento del novembre 2007 fa poi da contraltare la non rimproverabilità alla danneggiata del ritardo nell’impugnazione, secondo le coordinate impartite dall’A.P. n. 3/2011, essendo palese che la rimozione di quel provvedimento non avrebbe consentito di evitare alla -OMISSIS- i pregiudizi – oramai consolidati – derivanti dalla perdita dell’alloggio di via -OMISSIS-.

5. Venendo all’elemento soggettivo della fattispecie, il collegio non intende discostarsi dall’indirizzo che, in un’ottica di semplificazione degli oneri probatori gravanti sul danneggiato, fa ampio uso delle presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., valorizzando all’uopo dati indiziari quali la gravità della violazione, il carattere vincolato dell'azione amministrativa giudicata, l'univocità della normativa di riferimento, l’apporto partecipativo dello stesso danneggiato al procedimento (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1346).

Mutuando tali principi, nel caso che ne occupa la colpa dell’amministrazione resistente è certamente ravvisabile nella violazione delle regole generali attinenti alla motivazione del provvedimento e alla partecipazione degli interessati, come accertato dalla sentenza n. -OMISSIS-, che fonda l’annullamento del provvedimento decadenziale del -OMISSIS- sulla omessa considerazione delle documentate controdeduzioni procedimentali della -OMISSIS-, e sull’essere la decadenza motivata con rinvio all’immotivato parere della Commissione per l’assegnazione degli alloggi di E.R.P.. Il rigoroso rispetto di tali regole fondamentali non avrebbe implicato sforzi particolari e sarebbe stato a maggior ragione necessario, stante la delicatezza della materia trattata e la diretta incisività degli effetti del provvedimento sulle condizioni di vita dell’interessata;
né, del resto, il Comune ha invocato l’esistenza di circostanze esimenti a suo discarico.

6. A seguito del forzoso rilascio dell’abitazione di via -OMISSIS-, la ricorrente lamenta di aver in primo luogo patito danni di natura psicofisica, e, segnatamente, di essere rimasta vittima di una sindrome ansioso-depressiva con postumi permanenti.

Il consulente tecnico d’ufficio, all’esito delle indagini condotte attraverso colloqui con la ricorrente ed anche attraverso la somministrazione a quest’ultima di test clinici, ha accertato essere la -OMISSIS- portatrice da molti anni di un disturbo ansioso-depressivo, che ha presentato nel corso del tempo alcune fasi acute, una delle quali collocabile tra il 1997 e il 1998, e caratterizzata da accentuazione del disturbo con crisi di panico e agorafobia. Tale peggioramento della patologia pregressa coincide, come si vede, con il periodo di tempo interessato dall’adozione e dall’esecuzione del primo provvedimento di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di via -OMISSIS-, e il C.T.U. ha adeguatamente evidenziato, in relazione a tale aspetto, il ruolo concausale svolto dal rilascio dell’abitazione (unitamente ad altri elementi turbativi di quel periodo, quali i difficili rapporti della -OMISSIS- con il figlio e la nuora, e la situazione lavorativa della ricorrente). Esclusa, peraltro, l’esistenza di danni permanenti, il consulente ha concluso per la ragionevole riconoscibilità – in rapporto di derivazione causale dall’abbandono forzato della casa di via -OMISSIS- – di un pregiudizio temporaneo a carico della ricorrente, consistente nel contributo all’aggravio del disturbo preesistente, e ne ha modulato durata e intensità come segue: dall’inizio del 1997 al maggio 1998, per una percentuale invalidante aggiuntiva del 15%;
dal giugno 1998 al giugno 1999, per una percentuale aggiuntiva del 30%;
dal luglio al dicembre 1999, per una percentuale aggiuntiva di nuovo del 15%.

6.1. Il collegio condivide l’operato del C.T.U., le cui conclusioni, adeguatamente motivate, possono essere poste a fondamento della decisione, necessitando solo di alcune precisazioni, anche alla luce delle osservazioni delle parti.

In primo luogo, la decorrenza dell’aggravamento imputabile all’illecita condotta del Comune di Poggibonsi deve essere spostata dall’inizio del 1997 al mese di settembre dello stesso anno, per farla coincidere con il momento in cui alla ricorrente venne formalmente comunicato l’avvio del procedimento di decadenza che si sarebbe concluso con l’adozione del provvedimento nel marzo dell’anno successivo. Non vi sono, infatti, elementi per affermare che prima della comunicazione di avvio, ricevuta il 6 settembre 1997 (si veda la risposta della -OMISSIS- in data 11 settembre 1997), la ricorrente potesse avere avuto reale contezza delle intenzioni del Comune.

Dal canto suo, la ricorrente fa rilevare la discrepanza nella quale il C.T.U. sarebbe incorso nel quantificare il grado invalidante del disturbo ansioso-depressivo da cui ella è affetta. Il rilievo è corretto, giacché alla pagina 23 della relazione tecnica si legge che l’inabilità addebitabile al disturbo “base” sarebbe quantificabile nella misura del 25 – 35%, mentre più avanti il grado di inabilità ante 1997 è quantificato nella diversa misura del 30 – 40%;
tuttavia, la contraddizione non inficia le conclusioni del consulente, posto che, ai fini della decisione, quel che interessa non è tanto il grado della patologia-base (considerato che lo scostamento tra le due diverse indicazioni è comunque contenuto), quanto la misura differenziale dell’aggravamento imputabile all’attività illegittima del Comune resistente.

La ricorrente critica, altresì, il C.T.U. per avere modificato le proprie conclusioni, da un lato ridimensionando il ruolo rivestito dalla vicenda della casa come fattore di stress e di disturbo psicofisico, tenuto anche conto della concomitante perdita del lavoro;
e, dall’altro, errando nel calcolo della percentuale di inabilità parziale dovuta al peggioramento della malattia preesistente, e non motivando adeguatamente le proprie conclusioni. Ad aggravare lo stato di salute della -OMISSIS- avrebbe inoltre contribuito la presente vicenda giudiziaria, fattore non adeguatamente valutato dal consulente del tribunale.

A confutazione di tali assunti, valga innanzitutto sottolineare che il C.T.U. mostra di aver ampiamente valutato l’incidenza della perdita della casa, laddove (pag. 21 della relazione) ne evidenzia il valore di evento stressante in sinergia con una serie di fattori connessi, quali le complicazioni di natura economica e la pendenza del contenzioso legale, il tutto nell’ottica di una persona le cui passate esperienze di vita rendevano particolarmente significativa la disponibilità di un’abitazione autonoma. Il rilievo attribuito dal consulente ad altri elementi turbativi emersi nello stesso periodo appare, peraltro, giustificato dal fatto che i referti sanitari dell’epoca non fanno menzione del “problema casa”, il che non ha impedito al C.T.U. di assegnare ad esso il giusto rilievo nell’insieme dei fattori concomitanti;
così come i limiti della documentazione oggettiva, pur evidenziati dal consulente, non hanno impedito di ritenere che la perdita dell’abitazione abbia costituito concausa efficiente del peggioramento fatto registrare dalle condizioni di salute della -OMISSIS- fra il 1997 e il 1999.

Quanto al calcolo delle percentuali di inabilità, il C.T.U. dà atto di aver rivisto “il peso relativo al danno legato all’evento” “alla luce delle osservazioni dei CTP di parte resistente, della nuova documentazione acquisita e di una rivalutazione dei valori tabellari”. D’altro canto, in assenza di incongruenze manifeste nella consulenza d’ufficio, appare chiaro che il margine di opinabilità delle regole scientifiche che i consulenti, d’ufficio e di parte, sono stati chiamati ad applicare, sia tale da precludere in radice il raggiungimento di conclusioni univoche e condivise;
ne discende che, alla stregua dei criteri che ordinariamente presiedono alla distribuzione dell’onere della prova, la residua incertezza in ordine a quale sia l’opzione tecnica preferibile fra quelle indicate, rispettivamente, dal C.T.U. e dai C.T.P. di parte ricorrente, non può che riverberarsi negativamente su quest’ultima, onerata della rigorosa dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, ivi compresa la gravità del pregiudizio patito.

6.2. Sulla base delle conclusioni di cui alla relazione di C.T.U., ed in applicazione delle tabelle per la liquidazione del danno alla persona in uso presso il tribunale di Milano, che per diritto vivente costituiscono il valore da ritenersi equitativamente corretto, e cioè “in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad alimentarne o ridurne l'entità” (cfr. Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408), in favore della ricorrente a titolo di danno non patrimoniale va liquidato l’importo di euro 19.470,00, al valore attuale della moneta, così determinato: a partire dalla base di 110,00 euro per ciascun giorno di inabilità temporanea assoluta, 4.455,00 euro per il periodo dal settembre 1997 al maggio 1998 (270 giorni x 110,00 euro = 29.700,00 euro x 15% = 4.455,00);
12.045,00 euro per il periodo dal giugno 1998 al giugno 1999 (365 giorni per 110,00 euro = 40.150,00 x 30% = 12.045,00);
euro 2.970,00 per il periodo dal luglio al dicembre 1999 (180 giorni x 110,00 euro = 19.800,00 euro x 15% = 2.970,00).

6.3. Nella oramai invalsa ottica della omnicomprensività del danno non patrimoniale e della sua non scomponibilità in distinte sottocategorie autonome (cfr. Cass. SS.UU. 11 novembre 2008, n. 26972), l’importo suddetto comprende la liquidazione del danno morale soggettivo, la cui esistenza ben può essere presunta in relazione alla natura della patologia sofferta dalla ricorrente, giustificandosi in tal modo l’individuazione della misura di riferimento di 110,00 euro per giorno di inabilità (la “forbice” tabellare va da un minimo di 91,00 a un massimo di 136,00 euro).

Nulla spetta alla ricorrente in ordine alla rivendicata componente “esistenziale” del danno, non essendovi prova che la vita della -OMISSIS- abbia subito un vero e proprio stravolgimento a seguito dello sfratto dall’abitazione di via -OMISSIS-, al di là del pur presumibile cambiamento di abitudini che, di per sé, non può tuttavia considerarsi significativo ai fini di una ulteriore personalizzazione del danno non patrimoniale (cfr. Cass. 13 maggio 2011, n. 10527);
mentre i profili attinenti al danno psicosomatico ed al costante stato di preoccupazione sofferto dalla ricorrente debbono reputarsi assorbiti dalla liquidazione delle componenti biologica e morale del danno.

7. A titolo di danno patrimoniale, la ricorrente chiede in primo luogo il rimborso delle somme corrisposte per procurarsi la locazione provvisoria di un alloggio nel periodo immediatamente successivo alla sfratto. Tali somme, quantificate in complessivi euro 3.207,45, da rivalutare con decorrenza dall’ottobre 1998, rappresentano senz’altro una voce di danno emergente in rapporto causale diretto con la perdita dell’abitazione di via -OMISSIS-, e lo stesso Comune non ne contesta la spettanza. In applicazione del principio della compensatio lucri cum damno , l’importo richiesto va peraltro ridotto di euro 650,00, da rivalutare, corrispondenti al corrispettivo per la locazione dell’appartamento di via -OMISSIS-, che la ricorrente avrebbe comunque dovuto versare nello stesso periodo, ove lo sfratto non fosse stato eseguito (in difetto di prova, da parte del Comune, di un corrispettivo maggiore, può presumersi che il canone versato dalla -OMISSIS-, pari a lire 36.800 mensili nel 1970, ammontasse a non meno di euro 50,00 mensili nel 1998). Nell’insieme, tale voce di danno assomma dunque ad euro 2.557,45, che, rivalutati, divengono euro 3.380,95.

7.1. Ancora, la ricorrente -OMISSIS-, premesso di avere a suo tempo sottoscritto la proposta di acquisto dell’alloggio di via -OMISSIS-, posto in vendita dall’ente proprietario ai sensi della legge n. 560/93, chiede il ristoro del mancato guadagno consistente nella differenza tra il prezzo d’acquisto all’epoca stabilito dall’ATER in lire 73.712.000, pari a 34.262,16 euro, e il valore di mercato dell’alloggio, stimato in euro 94.657,00 al settembre del 1998. A questo, dovrebbe aggiungersi l’incremento di valore conseguito negli anni dall’immobile, stimato a sua volta in euro 78.115,00.

La pretesa può essere accolta per quanto di ragione.

7.2. È incontestato che la ricorrente, nell’agosto del 1997, aveva formulato all’ATER la proposta di acquisto dell’alloggio di via -OMISSIS-, al prezzo indicato dall’ente venditore, e che la compravendita non si è perfezionata essendo intervenuta, nelle more della procedura, la dichiarazione di decadenza della -OMISSIS- dall’assegnazione. Pertanto, ove l’acquisto dell’immobile non fosse stato vanificato dalla sopravvenienza dell’illegittimo provvedimento comunale del -OMISSIS-, la ricorrente non soltanto avrebbe conseguito, nell’immediato, un risparmio pari alla differenza fra il prezzo d’acquisto stabilito dall’ATER e il maggior valore di mercato, ma avrebbe anche potuto godere, in prospettiva, dell’aumento di valore dell’immobile per tutto il tempo durante il quale ne avesse mantenuta la proprietà.

Non avendo la ricorrente mai acquistato la proprietà del bene, è evidente che l’illecito perpetrato dal Comune di Poggibonsi ha inciso su una situazione non di pieno diritto, ma di aspettativa qualificata, la fattispecie dovendo essere perciò ricostruita nei noti termini della perdita, innanzitutto, della chance di acquistare l’alloggio a un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato: chance connotata da indubbia serietà, considerata l’assenza di elementi obiettivi tali da far ritenere che la compravendita con l’ATER non sarebbe andata in porto. Alla ricorrente deve dunque riconoscersi la differenza fra il prezzo pattuito per l’acquisto e il valore di mercato del bene, quest’ultimo da stabilirsi prudenzialmente, a partire dai valori indicati nella consulenza di parte ricorrente, in atti, nella misura di euro 75.000,00 al settembre del 1998;
l’ammontare così ottenuto, pari ad euro 40.737,84, da rivalutare con decorrenza dalla data del provvedimento di decadenza, va decurtato in via equitativa del 20%, in modo da adeguare la misura del risarcimento alle elevate probabilità che, realisticamente, può ritenersi che la ricorrente avesse di concludere l’acquisto. Al riguardo, si ricorda che la ricorrente aveva appena formulato la relativa proposta, sostenendo spese di istruttoria per lire 624.750, corrispondenti a euro 322,66, dei quali compete il rimborso nella stessa misura dell’80% (euro 258,00, da rivalutare).

7.3. Quanto, invece, all’aumento di valore conseguito dall’immobile dopo il 1998, occorre anche avere riguardo alle probabilità che la ricorrente, dopo averla acquistata, mantenesse nel tempo, e fino a oggi, la proprietà dell’abitazione. In assenza di dati oggettivi in un senso o nell’altro, ritiene il collegio che le probabilità positive e negative si equivalgano, potendosi perciò riconoscere alla -OMISSIS- l’ulteriore importo di euro 62.492,00 al valore attuale (secondo la stima di cui alla perizia di parte ricorrente, ancora una volta diminuita prudenzialmente del 20%), ridotto alla metà. Contrariamente a quanto sostenuto dal Comune resistente, nessun rilievo assume, ai fini della diminuzione del danno risarcibile, il maggior valore acquistato nel tempo dall’abitazione che la -OMISSIS- ha acquistato nel luglio del 1999: per pacifica giurisprudenza, il già richiamato principio della compensatio lucri cum damno opera, infatti, solo quando il lucro sia conseguenza diretta e immediata dello stesso fatto illecito che ha prodotto il danno, cosa che, nella specie, non è (lo afferma lo stesso Comune, per sostenere che alla ricorrente non competa il rimborso degli oneri finanziari sopportati per l’acquisto: si veda infra ).

Per le voci di danno appena esaminate, alla ricorrente spettano dunque euro 32.848,00 (32.590,00 + 258,00), che, rivalutati, divengono euro 43.786,38, oltre a euro 31.246,00 all’attualità.

8. Nulla è dovuto alla ricorrente in relazione all’acquisto, nel luglio del 1999, dell’abitazione di via -OMISSIS-.

Per giurisprudenza consolidata, in materia di responsabilità civile il nesso causale tra la condotta illecita e il danno è regolato dal principio di cui agli art. 40 e 41 c.p., in base al quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, temperato dal criterio della c.d. “causalità adeguata”, sulla scorta del quale, all'interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che, secondo un giudizio probabilistico, appaiono conseguenza non inverosimile dell’antecedente (da ultimo, cfr. Cass. civ., sez. I, 23 dicembre 2010, n. 26042). Siffatta verifica non conduce a esito favorevole con riferimento alla voce di danno in questione, atteso che, se è vero che la perdita dell’alloggio di via -OMISSIS- ha determinato per la -OMISSIS- la necessità di soddisfare altrimenti le proprie esigenze abitative, non vi sono dati a supporto dell’affermazione – e la circostanza invero, neppure è stata allegata – che l’acquisto in proprietà quell’abitazione, contraendo un mutuo, presentasse i caratteri della scelta necessitata, o comunque di quella ragionevolmente preferibile fra le diverse alternative in astratto praticabili (procurarsi una nuova locazione o acquistare un alloggio con caratteristiche differenti, a un prezzo inferiore: sul punto, è bene precisare che non può il collegio, d’ufficio, supplire agli oneri inevasi dalla danneggiata, la quale avrebbe perlomeno dovuto fornire un principio di allegazione e prova in ordine all’andamento del mercato immobiliare locale all’epoca dei fatti).

In altre parole, non risulta adeguatamente dimostrato il nesso causale fra la libera, e beninteso perfettamente legittima, decisione della -OMISSIS- e l’illecito, di modo che il pregiudizio connesso alla perduta possibilità di disporre dell’appartamento di via -OMISSIS- può ritenersi esaurito dalle voci di danno liquidate ai punti precedenti.

9. In forza delle considerazioni che precedono, il Comune di Poggibonsi deve essere condannato a corrispondere alla ricorrente -OMISSIS- gli importi di euro 19.470,00 a titolo di danno non patrimoniale, e di euro 78.413,33 a titolo di danno patrimoniale, al valore attuale della moneta.

Tenuto conto del tasso di svalutazione monetaria e della redditività media del denaro nel periodo considerato, nonché dei limiti a suo tempo indicati dalla Corte di legittimità (Cass. SS.UU. 17 febbraio 1995, n. 1712), sono inoltre dovuti alla ricorrente gli interessi “compensativi”, da calcolarsi non sulla somma rivalutata, ma sull’importo devalutato al momento dell’illecito e poi rivalutato anno per anno (ovvero, sul valore medio pari alla semisomma dell’importo non attualizzato e dello stesso importo rivalutato: cfr. Cass. SS.UU. n. 1712/95, cit.);
in mancanza della prova di un danno maggiore, ed avuto anche riguardo alle variazioni del tasso legale, l’interesse annuo applicabile viene determinato nella misura del 3%. Sull’importo finale così determinato, saranno computati gli interessi legali ex art. 1282 c.c. fino al soddisfo.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune resistente, e sono liquidate come in dispositivo, ivi compresi l’anticipo versato al C.T.U. di euro 300,00 e le spese di C.T.P., per complessivi euro 1.000,00 (come da fatture in atti).

Vanno altresì poste a carico del Comune le spese di C.T.U., che vengono liquidate in complessivi euro 984,53 (pari a centoventi vacazioni), oltre a euro 301,81 per esborsi, da cui va detratto l’acconto già versato dalla ricorrente.

Copia della presente sentenza sarà trasmessa alla Procura regionale della Corte dei Conti, per le iniziative di competenza.

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