TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-08-02, n. 202415632

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-08-02, n. 202415632
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202415632
Data del deposito : 2 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2024

N. 15632/2024 REG.PROV.COLL.

N. 07559/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7559 del 2023, proposto da OPM Soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G R e G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

del provvedimento di diniego del Ministero intimato n. 38493 del 7 marzo 2023;

di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali;

oltre che per il parziale annullamento della nota ministeriale prot. n. 045 del 23 dicembre 1999 e del Decreto del Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, richiamato in seno al diniego di cui sopra ed in atto rimasto sconosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2024 il dott. L B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente OPM Soc. coop. a r.l. (“ OPM ”), nella sua qualità di assuntrice del concordato fallimentare del Fallimento della Gruppo Sarplast S.p.A. omologato dal Tribunale di Siracusa con decreto 30/10 del 2 novembre 2017, rappresentava che il Ministero degli Affari Esteri (oggi Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, “ M ”) con contratto di appalto del 21 febbraio 1989, approvato con d.m. n. 128/3685/5 del 21 dicembre 1989, aveva commissionato all’allora Tubi Sarplast S.p.A. l’esecuzione di opere per l’approvvigionamento idrico della città di Maswa e villaggi vicini in Tanzania, per il corrispettivo a corpo di lire 18.158.000.000, oltre ad IVA.

1.1. OPM, inoltre, rappresentava che l’appaltatrice Gruppo Sarplast S.p.A., in data 13 dicembre 1995, aveva da ultimo sottoscritto con riserva il certificato di collaudo relativo all’anzidetto contratto, con particolare riferimento alla richiesta della revisione dei prezzi maturata in corso di esecuzione.

Detta riserva – già espressa nel registro di contabilità e reiterata in calce al certificato di ultimazione dei lavori – era stata poi esplicata dall’appaltatore con istanza notificata in data 28 dicembre 1995.

1.2. OPM evidenziava, poi, che il M, con nota n. 6392 del 12 luglio 1996, aveva riconosciuto alla Gruppo Sarplast S.p.A. la spettanza del compenso revisionale richiesto, quantificandolo in lire 2.728.918.932.

1.3. La società ricorrente riportava che il suddetto compenso revisionale non era mai stato corrisposto dalla stazione appaltante, ragione per cui, in seguito all’intervenuto fallimento della Gruppo Sarplast S.p.A., la Curatela fallimentare aveva agito nei confronti del M per ottenere sia tale compenso, sia il risarcimento del danno correlato con alcuni asseriti inadempimenti del contratto d’appalto.

1.4. OPM, con riferimento al contenzioso intrapreso dalla Curatela fallimentare in sede civile, evidenziava che il Tribunale civile di Roma, con sentenza n. 11708/2009, aveva condannato il Ministero a pagare in favore del Fallimento, a titolo di revisione prezzi, un ammontare pari a euro 939.383,45.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4024/2014 – confermata sul punto dalla Corte di Cassazione – aveva invece declinato la propria giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria amministrativa con riferimento alla spettanza del compenso revisionale, ritenendo che non avesse valore provvedimentale la nota ministeriale n. 6392 del 12 luglio 1996, con la quale, come già esposto in precedenza, era stata riconosciuta la spettanza del compenso revisionale in favore della Gruppo Sarplast S.p.A.

1.5. Il Fallimento, quindi, diffidava l’amministrazione ministeriale a provvedere sulla richiesta di revisione prezzi e, a fronte del silenzio-inadempimento formatosi su tale istanza, aveva proposto l’azione di cui all’art. 117 c.p.a. dinanzi al T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania.

Detto giudice amministrativo, con sentenza n. 2565/2015, aveva poi dichiarato l’obbligo del M di provvedere espressamente sulla richiesta della Curatela fallimentare.

1.6. Il M, in esecuzione della predetta pronuncia giurisdizionale, adottò il provvedimento n. 259964 del 1° dicembre 2015, con il quale il riconoscimento del compenso revisionale richiesto dal Fallimento venne negato sul solo presupposto che la correlativa spettanza sarebbe stata esclusa in forza di quanto previsto dall’art. 4 dal contratto d’appalto del 21 febbraio 1989, alla cui stregua il corrispettivo pattuito era da intendersi a corpo, fisso ed invariabile.

1.6. OPM rappresentava, poi, che la Curatela fallimentare aveva impugnato dinanzi a questo Tribunale il provvedimento del M n. 259964 del 1° dicembre 2015, chiedendone l’annullamento.

La Sezione Quarta di questo Tribunale, con sentenza n. 4793 del 21 aprile 2022, annullava il gravato provvedimento “ con salvezza degli ulteriori provvedimenti che spetta all’Amministrazione assumere, valutando – previa verifica che la domanda di revisione dei prezzi sia stata presentata prima della sottoscrizione del certificato di collaudo dei lavori, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, ratificato con la legge 9 maggio 1950, n. 329 – se esistano le condizioni per la maturazione di un compenso revisionale previste dall’art. 33, comma 3 della legge citata, che consente di procedere alla revisione dei prezzi a decorrere dal secondo anno successivo all’aggiudicazione e con esclusione dei lavori già eseguiti nel primo anno, quando l’amministrazione riconosca che l’importo complessivo della prestazione è aumentato (o diminuito) in misura superiore al 10% per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenuti successivamente all’aggiudicazione stessa ”.

Detta pronuncia non è stata appellata e, dunque, è passata in giudicato.

1.7. OPM, con nota inviata a mezzo pec in data 5 dicembre 2022 (cfr. all. 16 della produzione di parte ricorrente), invitava il M, ai sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, a provvedere sulla istanza di revisione prezzi in relazione al richiamato contratto di appalto, per l’importo di euro 1.409.369,00, così come liquidato nella nota ministeriale n. 6392 del 12 luglio 1996, ovvero per la diversa somma ritenuta di spettanza, oltre interessi e rivalutazione dall’11 aprile 1994, data della sottoscrizione con riserva del certificato di ultimazione dei lavori e del certificato di collaudo.

1.8. La società ricorrente riferiva, poi, che la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del M aveva adottato la nota n. 38493 del 7 marzo 2023 (cfr. doc. 4 della produzione di parte ricorrente), con la quale era stato nuovamente negato il riconoscimento del corrispettivo richiesto da OPM a titolo di revisione prezzi.

In particolare, con detta nota il M aveva richiamato il conteggio revisionale elaborato dal direttore dei lavori dell’epoca con la nota protocollo n. 45 del 23 dicembre 1999 – asseritamente stilato sulla scorta dei criteri di calcolo previsti dalla normativa all’epoca vigente e che aveva trovato l’avallo dell’Ufficio giuridico della Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo e dell’Unità Tecnica Centrale all’epoca competenti – e approvato con decreto n. 2000/334/000771/5 del Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del 1° marzo 2000.

Sulla scorta di tale conteggio, il M – dopo aver evidenziato che l’importo complessivo della prestazione era aumentato, per l’effetto della variazione dei prezzi, di lire 846.939.034 rispetto al corrispettivo stabilito con il contratto di appalto del 21 febbraio 1989 – aveva ritenuto che l’aumento del costo della prestazione, inizialmente pari a lire 18.158.000.000, fosse quantificabile nella misura del 4,66%.

Il M, pertanto, in considerazione del fatto che l’aumento della prestazione era risultato inferiore al limite del 10% previsto dall’art. 33, comma 3, della legge n. 41 del 28 febbraio 1986, non aveva ritenuto sussistenti le condizioni per la maturazione del compenso revisionale richiesto da OPM.

1.9. OPM, con nota del 15 marzo 2023, riteneva errata la valutazione operata dal M per le seguenti ragioni “[…] posto che nella richiamata nota n. 045 del 23 Dicembre 1999 viene chiarito in maniera inequivoca che l’importo di Lire 846.939.034 ivi indicato, era stato quantificato al netto dell’alea del 10% ritenuta applicabile. Dalla Tabella riepilogativa acclusa alla nota in particolare si trae che l’importo soggetto a revisione venne determinato in Lire 10.881.081.676 (con riduzione dell’importo dell’appalto pari a Lire 18.158.000.000), l’importo revisionabile lordo in Lire 1.935.047.202, l’alea del 10% in Lire 1.088.108.168 e l’importo del compenso revisionabile netto (erroneamente depurato da detta alea) in Lire 846.939.034 […]” (cfr. doc. 17 della produzione di parte ricorrente).

2. OPM, con la proposizione del presente ricorso, impugnava la nota del M n. 38493 del 7 marzo 2023, prospettandone, da un lato, la nullità per contrasto con il giudicato formatosi sulla sentenza n. 4793/2022 di questo Tribunale, e, dall’altro, l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili e, pertanto, ne chiedeva anche l’annullamento.

2.1. La Sezione, con sentenza parziale n. 11641 del 12 luglio 2023, respingeva l’azione di ottemperanza (prima parte del ricorso) e disponeva la conversione del rito in ordinario per la prosecuzione del giudizio relativamente alla delibazione della domanda di annullamento (seconda parte del ricorso).

2.1.1. Con specifico riferimento alla domanda di annullamento (Parte II del ricorso), con la quale la società ricorrente contestava la legittimità tanto del citato provvedimento di diniego n. 38943/2023 ( in toto ), quanto quella parziale della nota ministeriale n. 45 del 23 dicembre 1999 e del d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 con il quale era stata approvata l’anzidetta nota, articolava i seguenti sette motivi di ricorso.

2.1.2. La società ricorrente, con il primo, secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, contestava la legittimità della nota ministeriale n. 38943/2023 per “ 1) Violazione dell’art. 33, comma 3, della legge 28 febbraio 1986, n. 41;
2) eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto;
3) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste;
4) eccesso di potere per difetto di istruttoria;
5) violazione art. 3 L. n. 241/1990 – difetto di motivazione
”.

In particolare, con tali motivi di censura veniva contestata la legittimità della anzidetta nota ministeriale in quanto dall’istruttoria che l’amministrazione ministeriale aveva svolto a suo tempo – e i cui esiti erano confluiti nel conteggio revisionale di cui alla nota n. 45/1999 – emergeva come per ciascuno dei tredici stati di avanzamento dei lavori emessi tra il 1990 e il 1993 vi erano state variazioni percentuali in aumento dei prezzi comprese tra il 12,32% e il 25,17%. Per tale ragione, l’importo revisionale lordo spettante all’appaltatore era stato calcolato nella misura di lire 1.935.047.202, come risulta dalla tabella riepilogativa allegata alla medesima nota ministeriale n. 45/1999.

Pertanto, ad avviso della parte ricorrente, il M, nel rigettare la richiesta di compenso revisionale, sarebbe incorsi in errore, ponendo a base del diniego un atto (la più volte richiamata nota n. 45/1999) che invece riconosceva la spettanza del compenso richiesto nella misura di lire 846.939.034, donde l’illegittimità della nota ministeriale n. 38943/2023 anche per contraddittorietà manifesta e travisamento dei presupposti di fatto.

OPM, inoltre, contestava la legittimità della impugnata nota n. 38943/2023 anche per difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il M non avrebbe esplicitato le ragioni per le quali aveva inteso superare la quantificazione del compenso revisionale operata con la pregressa nota n. 6392 del 12 luglio 1996, recante un importo superiore a quello della nota del direttore dei lavori n. 45/1999 (ossia, pari a lire 2.728.918.932).

2.1.3. La società ricorrente, con il sesto e settimo motivo di ricorso, lamentava poi la parziale illegittimità della nota del direttore dei lavori n. 45/1999 e del relativo decreto di approvazione, n. 2000/334/000771/5 del Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del 1° marzo 2000, per “ 6) Violazione e falsa applicazione art. 33, comma 3 L. n. 41/1986;
7) illegittimità derivata
”.

In particolare, con tali mezzi di gravame veniva parzialmente contestata la legittimità dei predetti provvedimenti prospettando che anche gli stessi fossero in contrasto con l’art. 33, comma 3, della legge n. 41/1986 sotto un distinto profilo.

Più in dettaglio, la società ricorrente, dopo aver richiamato che detta previsione normativa stabiliva che per il riconoscimento del compenso revisionale l’incremento del prezzo dell’appalto dovesse essere superiore al 10% dell’importo complessivo, evidenziava che tale soglia percentuale non abilitasse l’amministrazione aggiudicataria a falcidiare l’importo del compenso revisionale in applicazione di una alea del 10%, come avvenuto nel caso di specie alla luce dei conteggi operati dal direttore dei lavori con la gravata nota n. 45/1999.

Del pari illegittimo, per le medesime ragioni, sarebbe anche il successivo d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, che aveva approvato l’erroneo conteggio contenuto nella suddetta nota n. 45/1999.

2.2. In data 16 maggio 2023, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo si costituivano in resistenza nel presente giudizio.

2.3. La società ricorrente, con memora depositata in data 16 giugno 2023, precisava le censure articolate con il presente ricorso e instava per il suo accoglimento.

2.4. Il M, con memoria depositata in data 27 giugno 2023, eccepiva l’inammissibilità delle censure articolate avverso il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 (cfr. pag. 13 della testé citata memoria defensionale), nonché l’infondatezza della restante parte del ricorso.

Con tale memoria, per quel che concerne la domanda di annullamento proposta dalla parte ricorrente, veniva inter alia evidenziato che:

- la Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 4024/2014, non aveva riconosciuto il diritto della Gruppo Sarplast S.p.A. alla corresponsione del compenso revisionale, essendo stato affermato che “ la nota n. 006392 del 12/7/1996 non è una delibera e non prova l’esistenza di una delibera e, pertanto, non costituisce fonte del diritto alla revisione dei prezzi che la Curatela asserisce di vantare. Il documento prodotto dalla parte è soltanto una lettera, sottoscritta da uno sconosciuto (la firma è illeggibile) il quale non indica neppure quale carica egli rivesta in seno all’Amministrazione. E, comunque, il firmatario della lettera sicuramente non è il Ministro e sicuramente non è il ‘Consigliere di legazione […] ’ a suo tempo firmatario del contratto per delega […] . La lettera non contiene alcun provvedimento amministrativo né indica gli estremi di delibera alcuna (e, anzi, neppure afferma che una delibera sia stata emanata) ”;

- la nota n. 45 del 23 dicembre 1999 non costituisce un provvedimento ministeriale, bensì un atto del direttore dei lavori a suo tempo incaricato in relazione all’appalto per cui è causa;

- il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 era già stato trasmesso al curatore del Fallimento della Gruppo Sarplast S.p.A., nonché prodotto nel giudizio avente ad oggetto il silenzio-inadempimento del M sull’istanza dell’8 gennaio 2015 e incardinato nel 2016 dinanzi al T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania. Pertanto, non potrebbe postularsi che tale decreto fosse ignoto alla società ricorrente, come dalla stessa prospettato in ricorso;

- il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, inoltre, aveva anche riconosciuto un debito della Gruppo Sarplast S.p.A. nei confronti del M, per un importo di lire 1.119.912.000, derivante dall’applicazione di penali per ritardi nell’esecuzione dell’appalto. Il M, pertanto, nell’approvare la revisione prezzi trasmessa dal direttore dei lavori aveva operato una compensazione di tale credito con il debito derivante dalla revisione prezzi.

2.5. Il ricorrente, con memoria depositata in data 19 gennaio 2024, controdeduceva alle eccezioni sollevate dal M e insisteva per l’accoglimento del ricorso.

La società ricorrente, in particolare, contestava l’affermazione del M relativa al fatto che il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 fosse stato trasmesso al curatore del Fallimento della Gruppo Starplast S.p.A. e che fosse stato prodotto in giudizio dinanzi al T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania.

Veniva, inoltre, evidenziato che la richiesta del compenso revisionale era stata formulata già con la riserva iscritta nel registro di contabilità e poi nel certificato di ultimazione dei lavori;
pertanto sarebbe stato rispettato il termine previsto dall’art. 2 del d.lgs. C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501. Peraltro, la gravata nota ministeriale n. 38943/2023 non avrebbe motivato il diniego opposto ad OPM sulla scorta della non tempestiva della domanda relativa al compenso revisionale, con la conseguenza che mettere in dubbio l’ammissibilità della richiesta in parola con riguardo a tale aspetto integrerebbe gli estremi di una motivazione postuma, come tale inammissibile.

In ogni caso, ancorché la richiesta revisionale fosse stata formulata mediante iscrizione di una specifica riserva, detta formale qualificazione non assumerebbe alcun rilievo nel caso di specie, in quanto sul piano sostanziale la richiesta di corresponsione del compenso revisionale era comunque stata tempestivamente formulata nei confronti della stazione appaltante.

2.6. All’udienza pubblica del 21 febbraio 2024 la causa veniva discussa e trattenuta in decisione.

2.7. La Sezione, con ordinanza n. 3581 del 23 febbraio 2024, atteso che con il presente gravame erano stati impugnati anche la nota n. 45/1999 e il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 e considerato che risultava contestato tra le parti che quest’ultimo decreto fosse stato conosciuto dalla Curatela del Fallimento della Gruppo Starplast S.p.A., ordinava al M di depositare documentazione oggettivamente riscontrabile e pertinente al fine di comprovare la fondatezza della allegazione relativa alla già intervenuta conoscenza, da parte del dante causa della società ricorrente, del citato d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000.

2.8. Il M, in data 3 aprile 2024, depositava in giudizio una certificazione rilasciata in data 28 marzo 2024 dal T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania, Sezione Prima, con la quale veniva attestato che nel fascicolo cartaceo del ricorso R.G. n. 1226/2015 era stato depositato il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, come documento allegato alla memoria di costituzione del M.

2.9. La società ricorrente, con memoria depositata in data 17 maggio 2024, affermava innanzitutto di non aver conosciuto il contenuto del d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 prima della proposizione del presente giudizio a causa di un mero disguido. Tale disguido sarebbe stato causato “ dalla circostanza che il Decreto in questione, con il quale la revisione prezzi venne riconosciuta nell’importo di L. 846.939.034, sia nei precedenti giudizi che nella corrispondenza tra le parti, non era stato mai assunto dall’Amministrazione, né avrebbe potuto sul piano logico oltreché giuridico, a giustificazione del mancato riconoscimento della revisione ” (cfr. pag. 2 della memoria della società ricorrente del 17 maggio 2024).

La società ricorrente osservava, poi, che con tale decreto il M aveva riconosciuto il compenso revisionale, compensandolo con il maggior credito che assumeva di vantare in forza dell’applicazione delle penali da ritardo. Tale supposta compensazione, tuttavia, era stata contestata dalla ricorrente – e precedentemente dal Fallimento suo dante causa – e, in ogni caso, non avrebbe potuto operare di diritto, dovendo necessariamente costituire oggetto di un riconoscimento giudiziale in favore del Ministero da parte dell’Autorità giudiziaria ordinaria.

Per le suesposte ragioni, quindi, OPM contestava la fondatezza della eccezione sollevata dal M relativamente alla prospettata tardività dell’impugnazione del d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, sull’assunto che detto decreto, ancorché ritenuto dalla stessa OPM conoscibile in quanto prodotto in un precedente giudizio tra le odierne parti in causa, non avrebbe spiegato alcuna efficacia lesiva fino all’adozione della gravata nota ministeriale n. 38493 del 7 marzo 2023.

2.10. All’udienza pubblica del 19 giugno 2024 la causa veniva discussa e poi trattenuta in decisione.

3. Il Collegio, in via preliminare, ritiene che il sesto e il settimo motivo di ricorso, con i quali è stata lamentata la parziale illegittimità della nota del direttore dei lavori n. 45/1999 e del d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, siano inammissibili ( recte , irricevibili per tardività), come eccepito dal M con la propria memoria del 27 giugno 2023.

3.1. In particolare, alla luce della documentazione depositata dal Ministero resistente in adempimento dell’incombente istruttorio disposto dal Collegio con la citata ordinanza n. 3581/2024, risulta che il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, con il quale è stata approvata la nota del direttore dei lavori n. 45/1999, fosse stato già depositato in un precedente giudizio intercorso tra l’anzidetta amministrazione ministeriale e il Fallimento della Gruppo Sarplast S.p.A. dante causa della società ricorrente – vale a dire, il giudizio instaurato dinanzi al T.A.R. Sicilia, Sezione Staccata di Catania, avente ad oggetto l’impugnazione del silenzio-inadempimento formatosi sull’istanza dell’8 gennaio 2015 presentata dalla predetta Curatela fallimentare al M (cfr. doc. 13 della produzione di parte ricorrente) al fine di ottenere la corresponsione delle somme richieste a titolo di compenso revisionale –.

Per tali ragioni, dunque, la società ricorrente era sicuramente posta nelle condizioni di acquisire una conoscenza effettiva tanto del d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 quanto della presupposta nota del direttore dei lavori n. 45/1999.

3.2. Le controdeduzioni svolte sul punto dalla società ricorrente con la memoria del 17 maggio 2024 non colgono nel segno.

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto da OPM, il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 e la presupposta nota n. 45/1999 – che con detto decreto è stata formalmente approvata – dispiegavano una immediata portata lesiva della sfera giuridica del Fallimento della Gruppo Sarplast S.p.A.

Infatti, se è vero che con detto d.d.g. era stato approvato un conteggio revisionale che riconosceva alla Gruppo Starplast S.p.A. la spettanza di un credito revisionale pari a lire 846.939.034, è pur vero che tale importo risultava inferiore all’importo revisionale lordo pure calcolato dal direttore dei lavori con la nota n. 45/1999 (essendo tale importo pari a lire 1.935.047.202).

Invero, il direttore dei lavori aveva ritenuto di applicare una decurtazione, a titolo di alea (contrattuale), pari al 10% dell’importo della commessa ammissibile alla revisione prezzi;
tale conteggio era stato poi approvato dal M con il suddetto d.d.g., con la conseguenza che l’amministrazione ministeriale aveva espressamente ratificato l’operato contabile del direttore dei lavori con un atto di natura provvedimentale.

Che tale determinazione del quantum revisionale risultasse immediatamente pregiudizievole per gli interessi economici della Gruppo Sarplast S.p.A. trova conferma nel fatto che OPM, con il sesto e il settimo motivo di ricorso, ha contestato la legittimità dell’impugnato d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 e della presupposta nota n. 45/1999 anche relativamente a tale aspetto (cfr. pag. 16 del ricorso).

Tuttavia, stante la mancata tempestiva impugnazione del d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, i suoi effetti e quelli della presupposta e approvata nota n. 45/1999, si sono definitivamente stabilizzati, con la conseguenza che le modalità di calcolo del compenso revisionale sono divenute irretrattabili in quanto contenute in un provvedimento rimasto inoppugnato.

OPM, inoltre, avrebbe potuto a suo tempo impugnare tale provvedimento, in quanto dalla stessa conoscibile per essere stato prodotto dal M in un precedente giudizio, come innanzi evidenziato.

Peraltro, la società ricorrente ha anche versato in atti la nota n. 45/1999 (cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente), il che rende ancora più patente come fosse effettivamente in possesso di tutti gli elementi per poter contestare la legittimità del decreto con il quale era stato approvato il conteggio revisionale e le modalità di calcolo del compenso richiesto dall’appaltatore a titolo di revisione prezzi.

3.3. Risulta, invece, inconferente il rilievo relativo alla asserita non operatività della compensazione delle reciproche posizioni di debito e credito tra il M e il dante causa della società ricorrente, attesa la contestazione del credito vantato dal Ministero resistente.

Tale aspetto, invero, inerisce unicamente alle modalità di estinzione dell’obbligazione pecuniaria inerente al compenso revisionale, ma non anche ai profili della debenza e delle modalità di calcolo del quantum revisionale, la cui legittimità è quanto OPM ha inteso contestare con la proposizione del presente gravame.

3.4. Giova, in ogni caso, evidenziare che la società ricorrente possiede la legittimazione attiva ad agire nei confronti del M in quanto assuntrice del concordato fallimentare del Fallimento della Gruppo Sarplast S.p.A.

Ciò, tuttavia, non abilita OPM ad essere eventualmente rimessa in termini per contestare la legittimità di provvedimenti che la Gruppo Sarplast S.p.A. o la Curatela fallimentare avrebbero potuto, a suo tempo, tempestivamente impugnare, a nulla valendo la circostanza per cui gli stessi siano ad oggi ritenuti lesivi della sua sfera giuridico-patrimoniale, in quanto tale evenienza avrebbe dovuto essere presa in considerazione all’atto dell’assunzione del concordato fallimentare della Gruppo Sarplast S.p.A., rientrando nell’alea dell’operazione commerciale posta in essere.

4. Il Collegio, per estrema completezza, rileva l’inammissibilità della motivazione postuma con la quale il M, con i propri scritti difensivi, ha postulato la tardività della richiesta di compenso revisionale avanzata a suo tempo dalla Gruppo Sarplast S.p.A., in quanto tale aspetto esula dall’apparato motivazionale della gravata nota ministeriale n. 38493/2023.

In ogni caso, il Collegio rileva incidenter tantum che, alla luce della documentazione in atti, detta domanda era stata avanzata mediante iscrizione di specifica riserva nel registro di contabilità e nel certificato di ultimazione dei lavori (cfr. doc. 9 della produzione di parte ricorrente) e, poi, reiterata nel certificato di collaudo.

Pertanto, tale richiesta risulta essere stata tempestivamente formulata, giusto quanto disposto dall’art. 2 del d.lgs. C.p.S. n. 1501/1947, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, che prevedeva che “ Le domande di revisione devono, a pena di decadenza, essere presentate prima della firma del certificato di collaudo ”.

5. Il Collegio ritiene, poi, che il quarto e quinto motivo di ricorso non siano meritevoli di accoglimento.

OPM, con tali motivi, ha contestato la legittimità della gravata nota ministeriale n. 38493 del 7 marzo 2023 per difetto di istruttoria e di motivazione, atteso che il M non avrebbe indicato le ragioni per le quali aveva inteso superare la quantificazione del compenso revisionale operata con la pregressa nota n. 6392 del 12 luglio 1996.

In proposito, è sufficiente richiamare quanto affermato dalla Corte di Appello di Roma con la citata sentenza n. 4024/2014, nella parte in cui ha ritenuto che detta nota non fosse una delibera e non costituisse fonte del diritto alla revisione dei prezzi all’epoca invocato dalla Curatela fallimentare della Gruppo Sarplast S.p.A. Peraltro, la Corte di Appelo di Roma ha anche evidenziato che tale documento recava una firma illeggibile, comunque non riferibile al Ministero o al Consigliere di legazione delegato alla firma del contratto di appalto per cui è causa.

Atteso, dunque, che la nota n. 6392 del 12 luglio 1996 non presenta alcun valore provvedimentale e non è riferibile all’autorità ministeriale, il M non aveva alcun obbligo di motivare il gravato provvedimento dando conto delle ragioni in forza delle quali aveva inteso superare quanto contenuto in detta nota.

6. Il Collegio, invece, ritiene che il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso siano meritevoli di accoglimento per le seguenti ragioni di diritto.

6.1. Ad avviso del Collegio, la gravata nota ministeriale n. 38493 del 7 marzo 2023 risulta contraddittoria rispetto a quanto deliberato dal medesimo M con il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, sulla scorta dei conteggi revisionali operati dal direttore dei lavori con la nota n. 45/1999, nonché in contrasto con le previsioni dell’art. 33, comma 3, della legge n. 41/1986.

6.2. Giova, a riguardo, evidenziare che l’art. 33, comma 3, della legge n. 41/1986, stabiliva che “ Per i lavori di cui al precedente comma 2 aventi durata superiore all’anno, la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi è ammessa, a decorrere dal secondo anno successivo alla aggiudicazione e con esclusione dei lavori già eseguiti nel primo anno e dell’intera anticipazione ricevuta, quando l’Amministrazione riconosca che l’importo complessivo della prestazione è aumentato o diminuito in misura superiore al 10 per cento per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute successivamente alla aggiudicazione stessa. Le variazioni dei prezzi da prendere a base per la suddetta revisione per ogni semestre dell’anno sono quelle rilevate, rispettivamente, con decorrenza 1 gennaio e 1 luglio di ciascun anno ”.

6.3. Orbene, nel caso di specie, alla luce dei conteggi revisionali del direttore dei lavori di cui alla nota n. 45/1999 – che il M ha espressamente approvato con il più volte citato d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 – risulta che l’importo revisionale lordo, correlato alla variazione dei prezzi avutasi nelle more dell’esecuzione del contratto di appalto per cui è causa, sia pari a lire 1.935.047.202.

Detto importo revisionale, in particolare, è stato calcolato solo sulla base dell’importo dei lavori del contratto principale (pari a lire 10.881.081.676), quindi senza tener conto della parte di lavori oggetto della perizia di variante, atteso che con riferimento a tale ulteriore tranche di lavori il direttore dei lavori, nella nota n. 45/1999, ha espressamente affermato che “ le variazioni dei periodi danno un incremento inferiore al 10% e quindi non operativo ai fini revisionali ”.

Alla luce dei conteggi operati dal direttore dei lavori, quindi, risulta che relativamente all’importo del contratto principale, le intervenute variazioni dei prezzi avevano determinato un aumento dell’importo della prestazione superiore alla soglia del 10% stabilita dall’art. 33, comma 3, della legge n. 41/1986 ai fini della ammissibilità della revisione prezzi.

Ciò, risulta per tabulas dalla nota n. 45/1999, nella quale si afferma che “ la parte dei lavori contabilizzati con i prezzi originari e con quelli nuovi relativi alla fornitura delle tubazioni, generano un importo revisionale netto di Lit. 846.939.034. Invece i lavori contabilizzati con i prezzi della perizia n. 1 non vengono revisionati in quanto le variazioni relative ai periodi revisionali sono inferiori al 10% stabilito dalla normativa ”.

6.4. Anche il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, all’articolo 1, ha riconosciuto tale compenso revisionale, disponendo quanto segue “ È approvata la revisione prezzi trasmessa dal Direttore dei Lavori in data 23.12.99, relativa al contratto stipulato tra il MAE-DGCS e la Soc. Gruppo Sarplast in data 21.2.89, per l’importo di Lit. 846.939.034 ”.

6.5. Pertanto, atteso che il compenso revisionale lordo riconosciuto dal M è di entità tale da aver determinato un aumento dell’importo complessivo della prestazione superiore alla soglia legale del 10% – superamento che, ad avviso del Collegio, vi sarebbe stato anche laddove fosse stato preso in considerazione l’importo totale dei lavori finanziato dal Governo italiano, pari a lire 18.158.000.000 – la gravata nota ministeriale n. 38493/2023 risulta illegittima avendo denegato la spettanza del compenso revisionale prendendo erroneamente in considerazione l’importo del compenso revisionale netto al fine di stabilire se la soglia del 10% prevista dalla legge fosse stata oppur no superata. Tale compenso, tuttavia, indica solo la somma ritenuta di spettanza alla Gruppo Sarplast S.p.A. e non è, invece, utilizzabile ai fini della valutazione del superamento della anzidetta soglia del 10%, in quanto detto calcolo è stato compiuto dal direttore dei lavori prendendo in considerazione il compenso revisionale lordo e le variazioni dei prezzi correlate ai tredici stati di avanzamento dei lavori, come emerge chiaramente dalla approvata nota n. 45/1999.

6.6. Invero, ricalcando la terminologia impiegata dal direttore dei lavori nella nota n. 45/1999, il Collegio rileva che il compenso revisionale da prendere in considerazione nel caso di specie al fine di stabilire se la variazione dei prezzi abbia o meno comportato un aumento dell’importo totale dei lavori in misura superiore alla soglia legale del 10%, sia unicamente quello lordo.

Il compenso revisionale netto che l’amministrazione ministeriale ha inteso riconoscere alla Gruppo Sarplast S.p.A. con il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, infatti, è il risultato dello scomputo di una quota parte del compenso revisionale lordo, in applicazione di una alea del 10% che non è suscettibile di rilevare ai fini della ammissibilità e della spettanza del compenso revisionale in parola, giusto quanto disposto dall’art. 33, coma 3, della legge n. 41/1986.

La valutazione operata in proposito dal M con la gravata nota ministeriale n. 38493/2023, oltre a non trovare conforto nel dato normativo, si pone in aperta contraddizione con i risultati dei conteggi revisionali operati dal direttore dei lavori – e che il medesimo M ha espressamente approvato –.

Il compenso revisionale riconosciuto con il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000, lo si ribadisce, è il risultato di una valutazione che ha debitamente considerato l’incidenza della variazione dei prezzi sull’importo complessivo della prestazione considerata ammissibile ai fini della revisione dei prezzi, tanto è vero che l’importo dei lavori afferenti alla perizia di variante non è stato ammesso alla revisione prezzi, in quanto la variazione sperimentata è risultata inferiore alla soglia normativa del 10% fissata dall’art. 33, coma 3, della legge n. 41/1986.

In ragione del fatto che il superamento della anzidetta soglia è stato precipuamente tenuto in considerazione ai fini della ammissione e della spettanza del compenso revisionale richiesto dalla Gruppo Sarplast S.p.A., il M non avrebbe potuto legittimamente applicare a scomputo un analogo valore percentuale per sostenere che l’importo revisionale fosse inferiore alla anzidetta soglia normativa, in quanto tale operazione risulta del tutto disancorata dal parametro normativo di riferimento, rendendo gravemente illegittimo l’operato valutativo dell’amministrazione ministeriale resistente, come avvenuto nel caso di specie.

6.6.1. Come già esposto in precedenza, per completezza di analisi, va nuovamente evidenziato che in questa sede non può essere sindacata la legittimità delle modalità di calcolo del compenso revisionale, sia perché la stessa costituisce una questione di diritto che esula dalla sfera di competenza giurisdizionale di questo giudice, sia in considerazione della intervenuta inoppugnabilità della nota n. 45/1999 e del d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000.

6.7. In conclusione, atteso che il M con il d.d.g. n. 2000/334/000771/5 del 1° marzo 2000 aveva riconosciuto la spettanza del compenso revisionale richiesto dalla Gruppo Sarplast S.p.A., quantificandolo in lire 846.939.034, sulla scorta dei conteggi eseguiti dal direttore dei lavori – che aveva precipuamente tenuto conto della soglia del 10% stabilita dall’art. 33, comma 3, della legge n. 41/1986 – la gravata nota ministeriale n. 38493/2023 risulta illegittima.

Il M con detta nota, invero, facendo leva sullo scomputo di una quota parte del compenso revisionale lordo per effetto di un elemento non contemplato dalla anzidetta prescrizione normativa ai fini della ammissibilità della revisione dei prezzi (ossia, la alea del 10%), ha rigettato in maniera ingiustificata la richiesta avanzata da OPM in merito alla spettanza del compenso revisionale, non solo contraddicendo quanto disposto in una sua precedente determinazione provvedimentale – posta peraltro a base della gravata nota ministeriale n. 38493/2023 – ma anche travisandone il contenuto in pregiudizio degli interessi della parte ricorrente.

7. In definitiva, sulla scorta delle suesposte considerazioni, il presente ricorso, relativamente alla domanda di annullamento proposta dalla società ricorrente, deve essere dichiarato irricevibile con riferimento alle censure articolate con il sesto e il settimo motivo, respinto con riguardo alle censure articolate con il quarto e il quinto motivo, e accolto in relazione al primo, secondo e terzo motivo.

Di conseguenza la gravata nota ministeriale n. 38493/2023 va annullata, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, entro sessanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza, o dalla sua notificazione se anteriore, dovrà provvedere ad una nuova valutazione dell’istanza presentata dalla parte ricorrente in data 5 dicembre 2022, nel rispetto del vincolo conformativo discendente dal presente decisum giudiziale.

8. Le spese di lite, in applicazione del criterio della soccombenza, vanno poste a carico delle amministrazioni resistenti e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

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