TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2018-05-11, n. 201805233

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2018-05-11, n. 201805233
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201805233
Data del deposito : 11 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/05/2018

N. 05233/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01632/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1632 del 2018, proposto da
P F, S B, A M e L S, rappresentati e difesi dagli avvocati E B e F N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E B in Roma, via Oslavia, 14;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante p.t., Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica, rappresentate e difese dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliate ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la declaratoria di illegittimità

del silenzio serbato sulle domande, tutte trasmesse a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno tra il 4 ed il 23 gennaio 2017 (e reiterate tra la fine del mese di luglio e l’inizio di agosto del medesimo anno), per il transito in altra amministrazione statale (mobilità) ai sensi dell’art. 12, IV comma, D.lgs. 177/2016;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Vista la memoria difensiva depositata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2018 la dott.ssa R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso iscritto al R.G. n. 1632 del 2018, i sigg. P F, S B, A M e L S, odierni esponenti, hanno impugnato il silenzio serbato dal Dipartimento per la Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri sulle proprie istanze, trasmesse a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno tra il 4 ed il 23 gennaio 2017 (e reiterate tra la fine del mese di luglio e l’inizio di agosto del medesimo anno), presentate in qualità di ex dipendenti del Corpo Forestale dello Stato per la partecipazione al procedimento di mobilità per il passaggio alle dipendenze di altra amministrazione statale.

1.1 Gli odierni deducenti rappresentano che, in attuazione alla delega di cui all’art. 8 della legge 124/2015 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, il Governo italiano emanava il D.lgs. n. 177/2016, con il quale disponeva l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato in altra amministrazione statale.

Il comma 3 dell’art. 12 del D.lgs. su richiamato demandava alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’individuazione delle Amministrazioni statali verso le quali era consentito il transito;
il successivo comma 4 prevedeva che, nei 20 giorni successivi alla pubblicazione del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, i soggetti coinvolti dalla riforma potessero presentare domanda per il transito in altra amministrazione statale tra quelle individuate dal decreto.

1.2 In data 23 novembre 2016, anteriormente alla pubblicazione del suddetto decreto sulla Gazzetta Ufficiale, l’Offerta di mobilità veniva pubblicata sul portale “Mobilità.gov”, con la precisazione che le istanze volte ad esprimere le preferenze di assegnazione dovevano essere presentate entro le ore 24.00 del 13 dicembre 2016, pena l’irricevibilità delle stesse.

1.3 Gli odierni esponenti, tuttavia, presentavano le proprie istanze di mobilità nei 20 giorni successivi alla pubblicazione del d.P.C.M. sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta in data 3 gennaio 2017, non ottenendo alcuna risposta dall’Amministrazione.

1.4 Successivamente i ricorrenti apprendevano che la stessa Amministrazione aveva risposto, sia pure negativamente, ad analoghe istanze presentante da alcuni colleghi, ritenendole irricevibili perché tardive;
ciò stante, riproponevano le precedenti domande di mobilità, senza ricevere tuttavia riscontro alcuno.

1.5 Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti hanno chiesto quindi la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione intimata nonché ordinarsi alla stessa di provvedere ai suoi obblighi, con nomina di un Commissario che provveda in caso di ulteriore inadempimento.

2. Questo l’articolato motivo di illegittimità dedotto:

Violazione e falsa applicazione artt. 97 Cost. - Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa;
Violazione e falsa applicazione art. 2 legge 7.8.1990 n. 241 e s.m.i.;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 12, IV comma, del D.lgs. 177/2016.

Il silenzio e l’inerzia mantenuti dall’Amministrazione resistente oltre il termine prefissato ex lege sarebbero illegittimi per violazione dei principi e delle norme cui deve essere sempre improntata l’azione amministrativa (art. 97 Cost. e l. n. 241/1990 e s.m.i.);
il privato sarebbe titolare di una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni non soltanto delle determinazioni che l’Amministrazione ritiene di dover adottare, ma anche della perdurante inerzia di questa al riguardo;
l’Amministrazione inopinatamente avrebbe omesso di avviare e concludere il procedimento relativo alle istanze di mobilità presentate dai ricorrenti.

3. Si è costituita in giudizio la difesa erariale per l’Amministrazione intimata per chiedere il rigetto del ricorso siccome infondato o comunque per dichiararne l’inammissibilità.

4. Alla Camera di Consiglio del 7 maggio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare va dichiarata l’inammissibilità del ricorso con riguardo al sig. L S per difetto di interesse a ricorrere, essendo stata la sua posizione regolarmente definita a seguito della presentazione tempestiva della domanda di mobilità;
il suo nominativo, difatti, risulta nell’elenco, pubblicato sul portale “Mobilità.gov”, del personale che ha scelto di rimanere assegnato, in caso di mancato accoglimento dell’istanza, all’Amministrazione individuata con il provvedimento di cui al comma 2 dell’art. 12 del D.lgs. n. 177/2016.

2. Con riguardo agli altri ricorrenti, deve verificarsi la correttezza del procedimento di introduzione della causa, in relazione alla applicabilità del rito di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a.

A tal proposito, giova considerare che, ai sensi dell’art. 31, comma 2, del codice, decorsi i termini previsti per la decisione amministrativa, il ricorso avverso il silenzio va proposto nel lasso temporale che va dal momento dell’inadempimento fino ad un anno dalla scadenza dei termini, e comunque senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente.

Nel caso in specie, la circostanza può essere ritenuta accertata, atteso che i ricorrenti rivolgevano istanze all’Amministrazione tra il 4 ed il 23 gennaio 2017 (e reiterate tra la fine del mese di luglio e l’inizio di agosto del medesimo anno), senza fissazione di un termine espresso, sicché alla fattispecie doveva ritenersi applicabile il termine generale di giorni 30 previsto all’art. 2, comma 2, della l. n. 241/1990, mentre l’amministrazione non provvedeva in alcun modo.

Essendo stato il ricorso in epigrafe notificato in data 1° febbraio 2018, ne discende che il termine decadenziale di un anno, decorrente dalla scadenza dei termini per provvedere, è stato, nella specie, osservato.

3. In merito alla vicenda sostanziale che giustifica la pretesa, va sottolineato come le parti ricorrenti agiscano a tutela di una propria posizione giuridica.

In particolare, qualificandosi e agendo come dipendenti del Corpo forestale dello Stato che hanno presentato istanza per la partecipazione al procedimento di mobilità per il passaggio alle dipendenze di altra amministrazione statale, essi perseguono l’interesse a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni che l’Amministrazione ritiene di dover adottare, oltre che della perdurante inerzia da essa mantenuta al riguardo.

I ricorrenti, dunque, agiscono, da un lato, per tutelare una propria situazione giuridica garantita dall’ordinamento e, dall’altro, per vedere posto in essere dall’amministrazione resistente un atto dovuto.

Come la giurisprudenza ha reiteratamente affermato, in simili evenienze è necessario che “il comportamento omissivo dell'Amministrazione sia stigmatizzato da un soggetto qualificato, in quanto, per l'appunto, titolare di una situazione di specifico e rilevante interesse che lo differenzia da quello generalizzato di per sé non immediatamente tutelabile. Ove ciò accada, l'eventuale inerzia serbata dall'Amministrazione sull'istanza assume una connotazione negativa e censurabile dovendo l'Ente dar comunque seguito (anche magari esplicitando l'erronea valutazione dei presupposti da parte dell'interessato) all'istanza” (così, Consiglio di Stato, sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2318).

4. Quanto al comportamento tenuto dall’Amministrazione, dalla documentazione agli atti risulta che, a seguito della trasmissione delle istanze, non è stato tuttavia adottato alcun atto a riscontro delle medesime;
invero, non può sostanziare un adempimento, sia pure tardivo, all’obbligo della p.a. di provvedere, il deposito nel presente giudizio di memorie, sia pure analitiche e diffuse, da parte dell’intimata Presidenza del Consiglio, trattandosi, a tutta evidenza, di scritti defensionali e non di provvedimenti amministrativi a definizione del procedimenti avviati dai ricorrenti con le ripetute istanze.

L’amministrazione intimata ha dunque violato l’obbligo di provvedere in merito alle istanze in esame.

5. Nel merito, dunque, il ricorso è fondato e merita accoglimento, entro i termini di seguito precisati.

5.1 L’art. 2, comma 1, primo periodo, della legge n. 241/1990 stabilisce che “ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”.

Nel caso di specie, contemplando il comma 4 dell’art. 12 del D.lgs. n. 177/2016 un avvio del procedimento ad istanza di parte, sussisteva in capo alla pubblica amministrazione l’obbligo giuridico di provvedere. Difatti, come la giurisprudenza ha reiteratamente affermato, “la P.A. ha sempre l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, positivo o negativo, che dia puntuale contezza delle relative ragioni, in ossequio ai principi di affidamento, legittima aspettativa, trasparenza, partecipazione, correttezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost.” (T.A.R. Lazio, Sez. III, sentenza n. 1397 del 2.02.2010). Nel caso concreto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, non fornendo alcuna risposta alle istanze presentate dai ricorrenti, ha omesso di concludere il procedimento.

5.2 Contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione resistente nella memoria depositata in data 19 aprile 2018, a nulla rileva che le domande di mobilità siano state presentate oltre il termine stabilito a pena di irricevibilità dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in quanto, in forza dell’art. 2, comma 1, secondo periodo, della legge n. 241/1990, le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare un provvedimento espresso, sia pure in forma semplificata, anche laddove la domanda del ricorrente sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata.

Il legislatore, pertanto, ha voluto imporre all’Amministrazione, senza alcuna eccezione, l’obbligo di provvedere sulle istanze dei privati, indipendentemente dal loro grado di ricevibilità, ammissibilità, procedibilità o fondatezza.

5.3 Per consolidato orientamento interpretativo (T.A.R. Lazio, Sez. II, 5.06.2017 n. 6597;
C.d.S., Sez. VI, 23.2.2010, n. 3487), “l'obbligo giuridico di provvedere è infatti rinvenibile anche al di là di una espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un'istanza e, dunque, anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento, ovvero tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'amministrazione”.

6. Nei confronti dei sigg.ri P F, S B e A M il ricorso va, quindi, accolto, sussistendone tutti i presupposti, dichiarando l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione intimata e ordinando alla stessa di provvedere sulle istanze dei ricorrenti, impregiudicata restando la risposta sulle questioni sottostanti, entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notifica della presente sentenza.

7. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

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